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Autore: fiore di girasole    12/04/2018    3 recensioni
JB è un produttore che darà il massimo per meritare l'ammirazione del suo ospite più atteso, il ballerino russo Sergej, il quale si dimostrerà all'altezza dei suoi pregi e difetti. Da un misto di reciproca antipatia e rispetto tra i due potrebbe nascere qualcosa. - Pubblicato fuori concorso per il contest "Asylum" organizzato da Haykaleen sul forum di Efp.
Genere: Erotico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'JB & Brad'
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Guardò l’orologio, impaziente, emozionato e fiero di sé come non lo era da tempo: mai, infatti, era riuscito così bene nel suo lavoro, in più senza sforare col tempo massimo a disposizione, e questo nonostante lo staff avesse al contrario dimostrato una grande inefficienza, facendogli perdere del tempo prezioso; e denaro, anche se non avrebbe mai ammesso di essere un materialista.
Ormai da anni il suo vero divertimento stava nelle sfide con se stesso, in un continuo mettersi alla prova, e non gli piaceva l’idea di aver sistemato tutto in tempo utile, quando avrebbe potuto ostentare la sua bravura terminando il tutto in anticipo. Questo rammarico era l’unica nota negativa ad incrinare quella sensazione di orgoglio tanto faticosamente meritato. Ma da perfezionista perennemente in ansia da prestazione – al limite dell’ipocondria – qual era, non aveva atteso molto prima di prendere una decisione drastica nei confronti dei suoi inetti collaboratori, e sbatterli fuori dal teatro senza molti convenevoli, per poi chiudervisi dentro finché non avesse terminato lui di dipingere la scenografia, sistemare le luci ed ogni dettaglio che avesse ritenuto fondamentale.
«Vediamo se è vero che chi fa da sé fa per tre», si era infatti detto per trovare lo spirito giusto con cui dedicarsi a quella che altri avrebbero considerato un’impresa titanica. Non era un qualunque addetto, si trattava nientedimeno che di Jamuel T. Braxton, il produttore, uno dei più famosi per giunta! Uno come lui avrebbe dovuto limitarsi a sedere in prima fila durante i lavori per assicurarsi che il suo denaro non venisse sperperato; non rimboccarsi le maniche al posto della gente che pagava per un lavoro che evidentemente non meritava. Per lui però quello spettacolo, soprattutto la prima di quello spettacolo, era molto più importante di qualunque compromesso, orgoglio o somma di denaro. Non capitava tutti i giorni infatti di vantare la presenza del miglior ballerino al mondo, il russo Sergej … - un cognome che Braxton non era ancora riuscito a memorizzare – e poter produrre una sua esibizione. Il ragazzo era perennemente osannato da tutti e JB si augurava ardentemente che non avesse le manie di grandezza di una primadonna. A dire il vero, di lui conosceva soltanto la fama e la bravura riconosciutagli, ma non aveva visto che pochi spezzoni di riprese dei suoi balletti, non sarebbe stato in grado di esprimere un giudizio finché non l’avesse sul serio visto danzare.

Esausto ma soddisfatto come dopo il migliore degli amplessi, Jamuel si sedette sul ruvido pavimento di legno del palco, gambe incrociate e spalle rivolte alla platea, per contemplare il suo operato.
«Superlativo!»
Dovette ammettere a se stesso di aver svolto un lavoro grandioso in maniera ineccepibile. Non fosse stato così faticoso, avrebbe continuato a fare il factotum della sua agenzia per sempre, pur di poter provare ancora quella sensazione di appagamento che purtroppo provava molto di rado. Coi collaboratori che si ritrovava, gli sarebbe convenuto anche economicamente.
«Chissà da lontano come sembra…» si disse poi, e si alzò, leggermente barcollante – non bastavano certo pochi secondi di relax a riprendersi da una settimana di duro lavoro, con una pausa ogni tanto, giusto per dormire e per i caffè lunghi (disgustosi, l’unico motivo per cui in alcuni momenti era stato tentato di mollare tutto), sopportati nella speranza che avessero davvero un’azione eccitante sull’ organismo. Scese dal palco direttamente in mezzo alla sala, senza passare da dietro le quinte, e la percorse tutta sino in fondo per poi voltarsi ad ammirare, ancora più sbalordito, la perfezione dell’accostamento dei colori che aveva utilizzato, l’idea di un’immagine tridimensionale che scaturiva dalla sapiente mescolanza dei toni tenui con quelli forti sullo sfondo piatto degli spessi pannelli in compensato. Si chiese con quale coraggio avesse abbandonato gli studi di pittura intrapresi da ragazzo, lui che aveva un talento innato per l’arte. «Ah già! Non avrei mai creduto che mi sarebbe valso a qualcosa,» rispose sbuffando alla domanda che l’inconscio gli aveva posto. E Jamuel non era tipo da fare qualcosa che non potesse in qualche modo tornargli utile. Ormai da anni viveva secondo la regola ipocrita del fa’ sempre bene ciò che può portarti dei vantaggi; il resto non vale la pena.
E stavolta perché era valsa la pena di perdere tanto tempo appresso a un progetto? Si era fatto condizionare dalla popolarità di Sergej o voleva aumentare la propria?
Si era trattato solo di curiosità.
La verità nuda e cruda era questa: intuendo che il russo fosse in qualche modo una persona speciale, non vedeva l’ora di conoscerlo e voleva pure essere certo di fargli un’ottima impressione. Senza accorgersene iniziò a fantasticarci su: quel ballerino aveva un fisico statuario da mozzare il fiato, una fluidità di movimenti terribilmente sensuale, coinvolgente e così naturale da creare attorno a sé quasi un’aura avvolgente e confortante… una sensazione catartica in grado di condizionare lo stato d’animo degli spettatori, neutralizzando qualunque negatività; e il produttore ormai voleva vedere coi proprî occhi se finalmente sarebbe riuscito a provare coinvolgimento per qualcosa che non fosse solo la sua Betty.
Quando aveva colto al balzo quest’imperdibile occasione di lavoro, non aveva detto a nessuno che, pur essendo un estimatore e cultore della musica, anche di quella classica, non s’intendesse affatto di danza, sebbene fosse convinto che senza la seconda l'altra non avrebbe senso di esistere. E lui avrebbe dovuto dimostrare di non conoscere qualcosa?! Solitamente ci si documenta prima di mettersi in gioco e ora stava facendo del suo meglio per apparire un esperto, ma in realtà si stava informando almeno su qualche termine di base per non trovarsi in difficoltà nelle conversazioni che per forza di cose avrebbe dovuto affrontare, al resto avrebbe provveduto il suo acume intellettuale.
Tirò un respiro profondo ed uscì dal teatro per tornare a casa.
«Voi!», disse rivolgendosi ai primi due collaboratori che incontrò, “Fate attenzione che nulla venga disfatto o modificato. La prossima volta che dovrò svolgere io il vostro lavoro, vi licenzierò tutti!”

E finalmente pochi minuti dopo era a bordo della sua stupenda macchina sportiva, una Bugatti Veyron elegante e sensuale con la lucente carrozzeria nera ravvivata dalle fiancate rosse. Un accostamento di colori e linee atti a farne risaltare la struttura solida ed aerodinamica dovuta in parte anche all’assetto ribassato. Quell'auto offriva la garanzia della velocità ma con la sicurezza della stabilità degli spessi pneumatici – ostentati dalla sofisticata eleganza dei cerchi in lega. L’imponenza di un centauro con la grazia disinibita di una perversa ammaliatrice, era questa l’idea che gli si affacciava alla mente ogni volta che la vedeva. L'aveva chiamata Betty, una delle poche piene soddisfazioni della sua vita; l’unica cosa in grado di fargli credere in un ideale di Perfezione giacché univa caratteri intrinsecamente maschili e femminili, e a lui, bisex e per questo da sempre incapace di scegliere tra uomini e donne, l’estetica di quell’automobile garantiva anche una solida carica erotica.
Pensò di recarsi all’autodromo, come sua abitudine quando non riusciva a scrollarsi di dosso pensieri che lo angustiavano o se doveva smaltire l’eccesso di stress accumulato col lavoro. Conosceva l’anziano custode e, poiché questi era in debito con lui, sapeva che l’avrebbe fatto entrare senza problemi. Diversamente non avrebbe potuto sfogarsi in quel modo su una vera pista automobilistica ben costruita - non grigio selciato sconnesso - che coi suoi rettilinei e le sue chicanes gli dava la possibilità di sfidare se stesso e la sorte senza restrizioni. Inoltre in quel momento non potevano esserci prove per i piloti, impegnati altrove per la gara del giorno dopo.

Bellissima la sensazione dell’adrenalina che il cervello produce quando impegnato in prove estreme; e scorre nelle vene galvanizzando il cuore, che a sua volta pompa sangue più in fretta nei muscoli… e di colpo si acquisisce una capacità motoria prima inusitata…
E la velocità, che mentre ti lancia in avanti sembra sospingerti indietro, facendoti aderire a quell’essere di metallo sino ad avere l’impressione di divenire un tutt’uno, un essere senza limitazioni in quanto dotato di raziocinio, volontà, istinto e resistenza, le caratteristiche ataviche del più forte, del vincitore.

Rifiutò il casco, come sempre.
«Dobbiamo avere le stesse possibilità.» diceva, riferito a se stesso e al suo bolide insieme. Il custode lo sapeva benissimo, si era solamente imposto di chiederglielo ogni volta giusto per scrupolo e per attenersi alle rigide norme di sicurezza. Ma se era il diretto interessato a rifiutare, come poteva costringerlo?! Quel temerario, seppure lo avesse accettato, l’avrebbe poggiato sul sedile accanto, come i piloti giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale portavano con loro i paracaduti ma usandoli come cuscino sul sedile dal momento che «Se è destino che io mi schianti che differenza fa? Almeno però, finché ciò non accade, posso muovermi tranquillamente e sentirmi più libero senza quella costrizione addosso a tarparmi le ali!»
Dopodiché ingranò la prima delle sette marce che il cambio a doppia frizione della supercar gli offriva e sparì in fretta per evitare la solita dose di insulti che il custode gli rivolgeva nel sentirlo parlare così: gli fosse successo qualcosa, egli ne sarebbe stato il responsabile! Inoltre quella vettura che JB solitamente trattava al contempo come un gioiellino e la sua amante era ancora quasi un prototipo, senza dubbio una produzione limitata, come poteva metterla a rischio ogni volta?!
«Spiacente, ma non metto piede in nessun’altra macchina, voglio sempre soltanto lei e me! Ma chi si crede di essere quello lì?» esclamò ancora una volta l’uomo, dopo averne imitato la voce. L'uomo era quasi giunto al traguardo della pensione e perciò preoccupato di potersi rovinare il futuro per l’incoscienza dell’altro. Naturalmente sapeva benissimo chi fosse, e di non avere il potere di contraddirlo da quando aveva ottenuto da lui un grosso favore, che non sarebbe mai riuscito a ricambiare. Succedeva così che, allo sguardo sbieco che JB ogni volta gli rivolgeva da dietro le lenti nere degli occhiali da sole, e in più guardando il suo volto perennemente impassibile, il vecchio rinunciava ad imporsi.
Jamuel non fece molti giri: era davvero stanco e già abbastanza fiero di sé per quel giorno; e al contrario di ciò che il vecchio pensava, non era affatto un incosciente. Dopo essersi sorbito le sue ennesime lamentele ed averlo salutato con un cenno della mano, si avviò finalmente verso casa.

Vi arrivò che era ancora relativamente presto. Il Sole che volgeva al tramonto illuminava l’orizzonte donando alle colline tutt’intorno una luce arancione, di una tonalità calda e malinconica, e prometteva un’atmosfera più intima per la sera. Lui però non ci fece caso, non era il tipo e non aveva nessuno con cui condividere quella sensazione di intimità.
Col solito gesto di chi è ormai abituato ad una routine sempre uguale, premette il pulsante sul telecomando per il cancello e, non appena lo ebbe oltrepassato, proseguì ancora qualche metro prima di parcheggiare l’auto in garage. Entrò nella villetta dalla rimessa, senza passare per l’esterno.
Aveva impiegato poco per diventare ricco sfondato e ci aveva tenuto ad arredarla nel migliore dei modi, senza tuttavia costruirla troppo grande perché tanto non doveva dimostrare nulla a nessuno se non a se stesso e invece, ora come ora, che quella fosse una villa, una casetta o una reggia, a lui non faceva alcuna differenza.
Posò le chiavi dell’auto e di casa nello svuotatasche in porcellana di Limoges sulla mensolina alla sua destra, oggetto per lui futile ma che la sua domestica aveva portato pur di dare anche lei “un tocco di classicità” – così l’aveva definito – a quella casa. Quella era stata l'unica volta in cui non era riuscito ad imporsi con qualcuno, alla fine non gli pareva giusto dirle di no, in fondo lei trascorreva in quella casa molto più tempo di quanto non facesse egli stesso.

Si distese sul divano con l’idea di guardare un po’ di TV mentre ordinava qualcosa ad un ristorante cinese, ma si addormentò subito.
Quando aprì gli occhi molte ore dopo, si ricordò che quella stessa mattina arrivava il russo. Guardò l’orologio e, cazzo, era tardi, stramaledettamente tardi! Rischiava di non arrivare in tempo all’aeroporto e lui, il produttore, non poteva affatto permetterselo! Improvvisamente comprese il motivo per cui i suoi colleghi non svolgevano il lavoro in prima persona, affidandosi sempre a qualcun altro.
“Beati loro che riescono ad af-fidare i lavori più impegnativi ad altri!”, pensò tra sé e sé. JB, al contrario, aveva bisogno di fare tutto in prima persona e di agire direttamente, specie quando vi era coinvolto per più di una semplice firma su un foglio di carta.

Arrivò all’aeroporto in ritardo, cosa che odiava con tutto se stesso, ma con la faccia tosta e l’espressione austera che si ritrovava non sarebbe stato difficile per lui convincere l’altro di aver incontrato molto traffico. Alla fin fine pure questo era per lui un problema facilmente risolvibile, allora perché tutta quell’agitazione?

Riconobbe subito il ragazzo, i suoi lineamenti erano particolarmente riconoscibili per i tratti delicati ma uniti ad un’espressione altezzosa sul volto (sembrava addirittura più autoritario di lui) e tramite le foto aveva bene impresso nella memoria quella combinazione di capelli castano chiaro ed occhi verdi limpidi come l’acqua marina. Stava per avvicinarsi, ma pure l’altro doveva averlo riconosciuto, dato che iniziò a camminare nella sua direzione, senza attenderlo; d’altronde anche lui era piuttosto riconoscibile: capelli corvini, pelle nera come l’ebano, occhiali da sole neri e sguardo perennemente oscuro e indecifrabile, insomma anche un uomo così nero e inoltre dannatamente bello non passava certamente inosservato!

  
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