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Autore: Esch    13/04/2018    0 recensioni
5 capitoli.
Il primo e l'ultimo sono pezzi di diario: i puzzle di una donna di nome Nadia.
E' a pezzi, e si può scegliere di leggere qualsiasi capitolo a sé.
La storia può finire benissimo al primo capitolo, come al secondo, e così via.
Dipende da quanto possano essere interessanti delle sedute da una psicologa.
Nadia è una donna normale? O nasconde qualcosa dentro di sé? Perché decide di andare in terapia?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tre Lunedì 5 Dicembre 2016

"Ti vedo seria oggi".
"Il mio esser grulla è solo un aspetto di me, non sono io".
"Giusto, ma non posso fare a meno di notare il tuo malessere; non riesci a fuggirne questa volta".
"No, hai ragione: non ci riesco".
"Cosa è successo?".
"Mia madre ha quattro mesi di vita".
L'espressione, per quanto controllata dagli anni di studio e tirocigno, mi fa intravedere, seppur milletricamente, la sorpresa nel volto della psicologa.
"Ti ascolto Nadia".
"Lei non sa nulla; mia sorella, ha deciso di mentirle fino alla fine".
"E tu, sei d'accordo?".
"Nostra madre non è forte per reggere una notizia diretta del genere".
"Lo sai, anche se non glielo dite, lei se lo sentirà che sta morendo".
"Cosa intendi?".
"I malati terminali, anche se nella maggior parte dei casi non lo ammettono; ad un certo punto lo capiscono che moriranno".
"Ho capito, ma una cosa e sentirsela dire in faccia senza filtri, un altra è arrivarci da soli con i propri tempi e sensibilità, no?".
"Se fossi stata al suo posto, tu avresti voluto che ti mentissero?".
"Ovvio che no, mi sarei incazzata come una bestia, ma io non sono mamma; la conosco abbastanza per dire con certezza che la menzogna, almeno in questo caso, è la scelta migliore: per lei, ma anche per noi".
"Va bene".
"Non mi chiedi come mi sento?".
"Come ti senti?".
"Mi faccio schifo".
"Come mai?".
"Da una parte sento dolore: è mia madre nonostante tutti i problemi che mi ha causato, e di cui non ti starò di nuovo a raccontare".
"L'altra parte?".
"L'altra parte sta raccogliendo più pensieri positivi possibili per prepararsi a reggere il colpo: se con papà non ne abbiamo avuto il tempo; ora invece abbiamo ben quattro mesi per prepararci alla sua dipartita".
"E cosa c'è di cui avere schifo in questo?".
"Tra i pensieri positivi, c'è la sicurezza che finalmente smetterà di bruciare i soldi in giro in stronzate, dimenticarsi di pagare le bollette, e chiedere sempre soldi ed aiuto alle sue figlie, di continuo, senza mai imparare dai propri errori; e soprattutto la smetterà di trattare a convenienza, male noi, le sue figlie, tutte le volte che non facciamo come dice lei; mentre con il pubblico, gli altri, di comportarsi sempre come un angelo, per poi lamentarsi di quelle stesse persone con noi, facendoci due ovaie grandi come due emisferi celesti".
"Sei arrabbiata con lei, ancora".
"Come dovrei fare per non sentirmi più arrabbiata con lei?".
"Usa questi quattro mesi per non perdere l'occasione di chiudere i conti in sospeso con lei".
"In che senso?".
"Tu cosa desideri da tua madre? Cosa non ti vuole dare, che tanto ti fa infuriare? Tu sei arrabbiata con lei perché nutri ancora la speranza che lei possa anche solo cambiare di un centimetro nei tuoi confronti".
"Io vorrei solo che mi chiedesse scusa".
"Scusa per cosa?".
"Per tutto il male che mi ha fatto, convinta di farmi del bene, quando in realtà era solo per suo tornaconto.
Per tutti gli anni che non mi ha fatto uscire di casa; per tutte le volte che aizzava me contro mio padre, per poi dirmi che ero un mostro; per tutte le volte che mi ha urlato che non dovevo nascere, e se sono nata, lei poteva anche distruggermi, visto che era solo merito suo se ero venuta al mondo; per tutte le volte che lei doveva essere la prima priorità in famiglia; per tutte le volte che mi ha riempito la testa di merda e di paura; non potevo nemmeno andare fuori in bicicletta, mi era proibito... al massimo potevo girare in bicicletta nel cortile in tondo... ed io lo facevo per ore, come una stupida criceta".
"Come ti senti Nadia?".
Ho gli occhi umidi: "E' ironico quanto poco esca oggi, nonostante io lo possa fare tutte le volte che voglio... ora; prima, da piccola, avrei dato volentieri un braccio per poter uscire come facevano le mie coetaene... anche due se non fosse stato sufficiente un arto... ma ero sempre malata, ero sempre debole; la testa colma di merda, e nessuno che mi infondesse coraggio, e allora facevo l'unica cosa che potevo fare... resistere ed usare la fantasia per rendere il tutto meno vuoto e doloroso".
"Eri sempre malata, ok, ma non ti si dava mai comunque l'opportunità di poter diventare forte".
"C'era sempre mia madre in mezzo ad impedirmelo, con un ma o con un se: anche mio padre aveva rinunciato a farla ragionare".
"Lo sai vero che quelle scuse non le otterrai mai vero?".
"Lo so... ma mio dio, quanto ancora spero di riceverle... mi basterebbe una piccola scusa, detta anche sottovoce".
"Ormai Nadia, se non è cambiata prima, di certo non cambierà ora: te lo dico per esperienza, più si va avanti con l'età, e più i cambiamenti sono improbabili; salvo ovviamente una mente incredibilmente aperta e sensibile, ma da come me l'hai descritta in questi anni, non è certo il caso di tua madre".

A quel punto la mia fantasia mi da la risposta!
Mi illumino in volto ed i miei occhi vuoti prendono un tono vivace, come una candela che si accende: "Sai una cosa?".
La psicologa mi guarda perplessa, ma non gli do il tempo di rispondere perché ci penso io a farlo per entrambe: "Io mi chiedo scusa!".
"Cosa?".
La guardo con la serenità negli occhi: "Se la bimba dentro di me non può avere le sue scuse dall'agoniato genitore, allora sarò io! La me adulta di ora, a porgergli delle sincere scuse! Sì cazzo! Mi sento già meglio, come se mi fossi tolta un peso dallo stomaco! Sarò io il mio genitore amorevole! E mi chiederò scusa! Nadia! Scusami, davvero, di cuore, scusa!".
La psicologa mi guarda sorpresa con un sorriso a trentadue denti: "Non me l'aspettavo! Brava! Ottimo!".
"Avevi ragione! Una forza del genere, se non si fugge, è proprio un ariete!" Gli sorrido sincera.
"Brava, mi hai proprio spiazzato".
"Allora non sei brava come indovina...".
"Eh?".
"Beh non lo avevi previsto, quindi dovrai ripiegare solo sulla professione da psicoterapeuta" La canzono.
"Tu cadi proprio sempre in piedi".
"Prima di tornare nel mio appartamento, mi fermerò da mia mamma, per dirle che mi dispiace d'aver litigato con lei l'altro ieri, e l'abbraccerò; anche se lei come suo solito, non risponderà all'abbraccio, lasciando le sue braccia dritte e stese sui fianchi, come uno stoccafisso".
"Ha sofferto anche lei nella sua vita, se ha determinate caratteristiche".
"Lo so, ma come mi ricordi sempre, siamo qui per risolvere i miei problemi, non quelli degli altri che circolano nella mia vita".
"Esatto, lieta che tu l'abbia capito".
"E' una bella sensazione sentirsi meno elefante da circo".
"Ti ricordi vedo".
"Come posso dimenticarmi di una così bella analogia; diamine! Stai parlando con qualcuna che ha fantasia a pacchi: non posso non apprezzare una metafora così bella e profonda, e allo stesso tempo semplice e diretta".
"Non iniziare di nuovo a fuggire e resta su quello che senti ora".
Mi tocco la pancia con entrambe le mani: "Ehm, non sono abituata a sentirmi così soddisfatta e bene nell'essere me stessa... cerca di capirmi, è una sensazione quasi nuova per me".
"Non cercare scuse, e rimani lì".
"D-devo proprio?".
"Chiudi gli occhi".
Maledetta!
Non vorrei farlo, proprio no! Ho paura... non voglio esplorare il vuoto dentro di me... vedere quella cosa...
"Non vedo e sento niente" Gli rispondo seccata e visibilmente infastidita riaprendo gli occhi.
"Mi stai mentendo Nadia".
"Non ho visto nulla".
"Mmm".
Come cazzo fa? Davvero?!
"I-io...".
No! NO! Sto tremando?!
"Nadia, non sei sola, io ti ascolto e voglio aiutarti".
"I-io... io... i..." Scoppio a piangere. "Noo... non lo voglio ricordare no!" Piagnucolo come una bambina di quattro anni... : "A-aAaA...".
"Nadia, stai rivivendo un trauma...".
"aAa...". Stringo i denti come se dovessi azzannare l'invisibile; ho il collo teso peggio dei cavi di un ponte; sento male... tanto male... troppo male.
"Nadia...".
"N-adia è una brava bambina, e...eee...".
"Nadia... cosa?".
"Nadia era... io! Io ero... sono stata una brava bambina, mi credi Laura?" La Imploro: "Mi credi, vero?!".
Ha lo sguardo che non ha mai avuto mamma... uno sguardo d'amore puro, privo di qualsiasi pretesa... lo sguardo di una mamma vera.
"Ti credo Nadia; non trattenerti, lascia che le lacrime escano" Mi sorride.
Biascico solo poche lettere tra sigulti e lacrime: "Ma... mamma nooo... mamma no...".
Laura mi guarda in rispettoso silenzio: attende che il mio dolore si sfoghi ed emerga completamente fuori.
"Io... iooooOooOo..." Provo a mettere due parole in croce con molta fatica: "Iooo... per un anno intero l'ho ripetuto tutte le volte che avevo paura".
"Che cosa?" Mi domanda dolcemente Laura.
"Mamma no, mamma no".
Scendo dalla sedia, mi rannicchio seduta per terra, con le ginocchia al petto e la testa nascosta da tutto: non ho mai pianto così tanto in tutta la mia breve e vuota vita.

Mamma perché mi hai fatto quelle cose? Come ho potuto dimenticarmene?

Scusami Nadia, perdonami Nadia, non volevo Nadia, ti voglio bene Nadia, sei un pezzo di cuore della mamma, lo sai Nadia?


Lunedì 2 Gennaio 2017

E' ancora festa, ma da quando mia sorella si è trasferita a Trieste, io mi sento ancora più vuota di prima.
Oggi è un Lunedì vero? Mmm, a proposito dei Lunedì! Ho deciso: non ci vado più dalla psicologa! Non ho più niente da ricordare, e se c'è preferisco rimanga sepolto dov'è.
Tu la pensi come me, vero Caramella? Io posso andare avanti da sola! Finché ho te, niente potrà farmi a pezzi!
   
 
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