Dal
giorno in cui Ross e Demelza videro Valentine allontanarsi con la sua
carrozza per affrontare quello che,
considerato il numero di valigie sistemate sul retro
dell’elegante diligenza
laccata di nero, sarebbe stato un viaggio piuttosto lungo lontano da
casa,
l’inverno cedette definitivamente il posto alla
più bella primavera che si
fosse mai vista da quelle parti e anche la gravidanza di Demelza
sembrò godere
della stessa piacevolezza di quel clima meraviglioso.
Dwight
e Caroline non furono altrettanto
fortunati. Trascorsero gli ultimi mesi prima del parto in continua
agitazione,
dal momento che il bambino aveva dato l’impressione di voler
nascere in
anticipo, affliggendo spesso la povera Caroline con dolori simili a
quelli del
travaglio. Per fortuna il termine della gravidanza era previsto a fine
luglio,
circa un mese prima rispetto a quello di Demelza, ma ciò
nonostante Caroline
decise ugualmente di sfidare
la sorte
andando a Nampara per trascorrere insieme alla sua migliore amica
l’ora del tè,
condividendo con lei alcuni deliziosi pasticcini che si era fatta
portare da
Londra apposta per l’occasione e una notizia sconcertante che
aveva appena
avuto modo di scoprire dalle sue ben informate fonti londinesi.
Predisponendosi
accuratamente al riparo
dai raggi del sole cocente di luglio, Caroline iniziò a
camminare verso
l’ingresso della proprietà dei Poldark
all’ombra del suo parasole color crema,
con Horace che saltellando tentava di strapparle dalle mani il
sacchetto pieno
di dolciumi che penzolava provocatoriamente sopra la sua testa.
“Ti
prego vitellino, ti prego! Cerca di
finire il tuo latte in fretta!” Clowance si accorse subito
dell’arrivo di
Caroline ma, per quanto desiderasse ardentemente correrle dietro per
abbracciarla, dovette trattenersi dal farlo in quanto Ross aveva
pensato bene
di affidarle il compito di nutrire tutti, ma proprio tutti, i vitellini
della
stalla. Così, sotto lo sguardo vigile e divertito di Ross,
la piccola attese
con grande sacrificio che anche l’ultimo vitellino avesse
finito di mangiare
prima di fiondarsi in giardino e salutare la sua madrina.
Ciò
che a Caroline stupiva sempre di
quella bambina era la sua capacità innata di mantenere un
portamento da vera
aristocratica anche nelle situazioni più umili, proprio come
quella in cui
l’aveva appena sorpresa, con i capelli spettinati che le
ricadevano in boccoli
dorati sulle spalle e le gote arrosate dallo sforzo che la rendevano
ancora più
simile alla sua mamma. Inutile dire quanto questo aspetto della sua
personalità
la rendesse immensamente orgogliosa della sua figlioccia.
“Oh,
ma chi si vede! Una bambolina in
fuga dai suoi doveri…”
Clowence
dissentì fieramente, voltandosi
indietro per cercare il sostegno del suo papà. Ross
intervenne immediatamente,
“Mi dispiace doverti deludere, Caroline, ma questa volta
Clowance ha lavorato
duramente fino alla fine.”
Caroline
si finse meravigliata, “Ah,
davvero? Allora presumo si meriti una ricompensa. Vediamo, ti vanno
bene delle
gelatine alla frutta?”
Prima
di allontanarsi per andare ad
avvertire la sua mamma dell’arrivo di Caroline, Clowance la
ringraziò e le posò
un delicato bacio sulla guancia. Guardandola correre verso casa, Ross
non poté
fare a meno di ammirare la sua bellezza e provare un grande moto di
affetto per
la sua piccola principessa.
Caroline
se ne rese conto e per un po’
sfruttò la vulnerabilità di Ross per poterlo
considerare sotto una luce
diversa, “Che fortuna poter essere guardata così da un
uomo! Devi essere davvero
innamorato di lei…”
Ross
annuì, porgendole un braccio per
poterla accompagnare dentro casa, “Sono sicuro che tu abbia
ricevuto sguardi
ben più eloquenti di un altro tipo di sentimento dagli
uomini. Lo sai, vero,
che Dwight disapproverebbe moltissimo questa tua incursione a pochi
giorni dal
parto?”
“Vorresti
dire che la mia presenza qui
non è gradita?”
Il
suo sguardo fintamente offeso lo fece
sciogliere, “A lui, sicuramente no. Ma come potremmo noi non
essersene
deliziati?”
In
cucina, Demelza sentì il bambino
muoversi energicamente
nel suo grembo,
mentre si piegava sul fuoco per mescolare il bollito di carne che
avrebbe
dovuto fare da ripieno all’impasto che aveva lasciato
lievitare sotto un panno
umido in previsione della cena. Prudie, infatti, aveva deciso di
prendersi due
settimane di riposo per guarire dalla lombalgia che l’aveva
tormentata per un
mese intero, concedendosi il lusso di dedicarsi dalla mattina alla sera
al suo
passatempo preferito, quando invece spettava a Demelza il diritto di
oziare
tutto il giorno nel suo letto.
Che
natura completamente diversa che
avevano! Ad ogni modo a Demelza non dispiaceva affatto tenersi
impegnata e
farsi aiutare da Jeremy e Clowance nelle faccende domestiche
più divertenti e
creative. Clowance non amava molto sporcarsi le mani ma, quando si
trattava di
dover fare da cavia agli esperimenti culinari della sua mamma, non si
tirava
mai indietro anche a costo di doversi guadagnare l’assaggio a
furia di
impastare la farina e sbattere le uova.
“Mamma,
c’è zia Caroline in giardino!”
Clowence fece la sua incursione in cucina col fiatone, sollevandosi in
punta di
piedi per avere una visuale più completa di ciò che era disposto
sopra il tavolo,
“Ha persino la pancia più grossa della tua! Ma
perché questo nuovo cuginetto
tarda tanto ad arrivare?”
“Mi
meraviglia che tu sia così impaziente
di avere un nuovo cuginetto ma non un nuovo fratellino!”
Scherzò Demelza.
Clowence
la guardò con gli occhi feriti
di chi aveva appena ricevuto un rimprovero. Allora Demelza si rese
conto di
quel piccolo fraintendimento e fece il giro del tavolo per andare a
rassicurarla, ma lei si gettò di slancio sulle sue gambe,
sprofondando il viso
nella morbida stoffa della sua gonna, “Non è vero,
mamma! Io lo voglio il nuovo
fratellino!”
Si
chinò per abbracciarla, “Non ho mica
detto che non lo vuoi! Lo so che sei una bambina buona e una sorellina
adorabile, non preoccuparti. E grazie per avermi informata
dell’arrivo di zia
Caroline, tesoro. Potresti intrattenerla tu intanto che io mi
sistemo?”
La
bambina raccolse con entusiasmo
l’invito e corse di nuovo da Caroline. La trovò
intenta a conversare
amorevolmente con Ross, mentre Jeremy, seduto a gambe incrociate in
mezzo alla
stanza, tentava inutilmente di fare da paciere tra i due cagnolini che
si
stavano litigando le briciole dei pasticcini sparse sul tappeto.
“Quindi
per quanto tempo dovrai stare via
a Londra, Ross?”
“Spero
non per non più di un mese. Mi
mortificherebbe terribilmente perdermi la nascita di mio
figlio…”
“E’
comprensibile, ma credo che a Jeremy
non dispiacerebbe prendere il tuo posto, dico bene caro?”
Il
bambino si alzò da dove si trovava per
andare a sedersi sulle ginocchia di suo padre, preso da un urgente
bisogno di
sentire la sua vicinanza. Ogni volta che Ross si recava a Londra per
questioni
di lavoro e lasciava a Demelza il controllo di Nampara, Jeremy sentiva
la
responsabilità di proteggere lei e la sua sorellina da
qualsiasi pericolo e
anche dalla solitudine di non avere accanto Ross, cercando di
comportarsi come
se fosse già un uomo. Per questo motivo l’assenza
di suo padre incideva su di
lui in maniera molto più profonda di quanto si potesse
immaginare.
Jeremy
sapeva nascondere bene la sua
vulnerabilità, attingendo a tutto il coraggio che certamente
non gli mancava
per affrontare qualunque difficoltà con un sorriso
trascinante e la compostezza
propria di un combattente, ma sia Ross che Demelza erano in grado di
leggergli
dentro meglio di chiunque altro, pertanto quello che agli altri poteva
apparire
il ritratto della serenità per loro rappresentava
soltanto una maschera.
Ross
era sicuro che Jeremy sarebbe
diventato un uomo migliore di lui,
per l’equilibrio che riusciva a ristabilire in ogni
circostanza, a dispetto del
fatto che fosse ancora un bambino, e per la sua straordinaria
sensibilità che
nel futuro gli avrebbe permesso di entrare in empatia con gli altri,
attraverso
una diplomazia senz’altro migliore di quella che lui aveva
cercato vanamente di
esercitare nel corso della sua vita.
Così,
con il piccolo Jeremy in braccio,
Ross continuò a parlare del più e del meno, fino
a quando Demelza non entrò
nella stanza per unirsi a loro. Quando la vide, Caroline fece per
alzarsi ma
Demelza, consapevole più di tutti di quanto sacrificio le
sarebbe costato
abbandonare la posizione comoda in cui si trovava, la pregò
di rimanere lì
dov’era.
“Dobbiamo
aspettarci l’annuncio a breve?
Io e Clowance non vediamo l’ora di conoscerlo.”
Indicò il ventre parecchio
pronunciato.
Caroline
le mandò un sorriso dal bordo
della tazza di tè che stava sorseggiando,
“Dovresti chiederlo a Dwight. E’ lui
l’esperto nel settore, anche se non credo che manchi
molto…”
“Sinceramente,
io temo che possa nascere
da un momento all’altro. Ma come ti è venuto in
mente, Caroline? Ti ricordo che
è già da un mese che il piccolo cerca di farti
sapere quanto sia nervoso di
venire alla luce!”
Caroline
si limitò a scrollare le spalle,
“Beh, io e il mio bambino avevamo bisogno di una passeggiata
fuori porta,
diciamo così. Mi ha promesso che si comporterà
bene, non preoccuparti. Avete
avuto notizie di George Warleggan di recente?”
“Dal
tuo tono di voce, deduco che tu
sappia qualcosa che invece noi non conosciamo, ho
indovinato?” Ross andò dritto
al sodo, sicuro che Caroline stesse cercando di stimolare la loro
curiosità
girando intorno al nocciolo della questione.
Intanto
anche Clowance aveva deciso di
riscuotere la sua dose giornaliera di coccole, acciambellandosi ai
piedi della
sua mamma per lasciarsi accarezzare i capelli, mentre lei, con
l’altra mano
appoggiata sul suo pancione, incoraggiava il bambino a concedercele una
tregua
allo scalpitio che percepiva regolarmente sin dall’arrivo di
Caroline.
“Pare
che abbia deciso di ridurre
notevolmente l’eredità di suo figlio per andare ad
arricchire la dote della
piccola Ursula. Molti hanno visto dietro a questo gesto una sorta di
affronto
nei confronti di Valentine, ma nessuno riesce a spiegarsene il motivo.”
“Per
me si tratta solo di un ignobile
pettegolezzo.” Ross guardò Demelza, sapendo
esattamente a cosa stesse pensando.
“Può
darsi, ma sono già quattro mesi che
Valentine vive praticamente da solo a Londra, mentre suo padre se ne
sta felice
e beato qui a Trenwith, senza curarsi di lui. A volte penso che George
si
comporti con lui proprio come ha fatto con tuo nipote, Ross. Quasi come
se non
fosse suo figlio, ma l’eredità lasciatagli da
qualcun altro...”
Attese
una risposta, ma dal silenzio che
arrivò capì che non c’era
più motivo di continuare quel discorso. Si alzò
dalla
poltrona e lasciò che Clowance le riportasse Horace al
guinzaglio, “Avete visto
che non è successo niente? Il mio bambino è molto
più disciplinato di quanto
credevate...”
Detto
questo, se ne andò, lasciando
Demelza piuttosto preoccupata per quanto appena sentito e Ross in preda
ai suoi
sensi di colpa per aver sottovalutato la gravità della
situazione. Cenarono
tutti insieme per salutare Ross prima della sua partenza, in quella che fu una cena serena ma
contraddistinta da un
forte sentimento di tristezza da parte di tutti.
La
riunione che lo aspettava a Londra gli
avrebbe permesso di trovare una scusa per avvicinarsi a Valentine senza
correre
il rischio di incontrare George, ma certamente Ross non poteva
immaginare che,
in quelle poche settimane che avrebbe dovuto spendere lontano dalla sua
amata
Cornovaglia, il piccolo Warleggan sarebbe tornato a Trenwith ancor prima del previsto.