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Autore: reesejordan    14/04/2018    9 recensioni
Il ritorno, ovvero la mela. André segue la sua Oscar come sempre. È sempre più innamorato di lei, ma non glielo può mostrare. Tornano da un viaggio insieme, ma non sono gli unici. Probabilmente André leggermente OOC.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Hans Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Negli ultimi tempi siamo diventati inseparabili. È ritornato il tempo in cui stare insieme è una necessità. Siamo cresciuti, ci siamo trasformati in adulti, un uomo e una donna, non più ragazzi, ma mi cerca in continuazione e io mi sento importante, indispensabile per lei. 

Siamo ritornati dalla Normandia da una settimana. Abbiamo trascorso quattro giorni liberi in compagnia l'uno dell'altra, adesso che Rosalie è andata a vivere con i Polignac. Durante la giornata duellavamo con le spade o ci allenavamo con le armi. Oscar aveva bisogno di sfogarsi. Anche se a corte era fredda, distante, rigida, perché voleva mostrare a tutti le sue capacità, svolgendo i suoi doveri in modo ineccepibile, in Normandia, era più aperta con me. Stavamo insieme tutto il giorno e la sera rimanevamo a parlare per ore davanti a una bottiglia o due di vino. Ridevamo molto. A volte erano le cose che dicevamo a farci ridere, a volte le marachelle che facevamo da bambini, a volte era semplicemente il vino. Discutevamo di letteratura, di arte, di storia. Quando il discorso cadeva sulla politica, sul re e soprattutto sulla regina, Oscar si alterava, e, arrabbiata, mi diceva di smetterla. 

È confusa la mia Oscar, e ai miei occhi non riesce a nasconderlo, nonostante i suoi tentativi. So che è innamorata di lui, anche se non me l'ha confessato. Sa benissimo che c'è poco da fare. Si trova lontano a fare la guerra, e anche se ritornasse, le braccia che cercherebbe, sarebbero certamente della regina. Lo vedevo bene nel modo in cui Fersen guardava la nostra sovrana: la desidera con tutto il suo corpo, ma è già sposa di un altro, il quale, a quanto si dice, non la soddisfa come dovrebbe.

Ho fatto del mio meglio per renderla felice. È il compito che più mi sta a cuore. Sellavo i cavalli e andavamo a cavalcare, ci lanciavamo in corse sfrenate sulla spiaggia, oppure nel boschetto poco lontano dalla tenuta. La portavo a nuotare, come aveva chiesto. C'era una spiaggia un po' appartata, a ridosso di alcuni alberi e rocce che facevano ombra sulla sabbia. Un luogo, perfetto, idillico, nostro. Abbiamo molto in comune: amiamo entrambi il contatto con la natura: il verde, il mare, i cavalli. 

Non potevamo più nuotare nudi come da piccoli e Oscar non era più convinta di essere un maschio. Per me era facile perché bastava che mi togliessi la camicia. Per rispetto, il primo giorno le avevo chiesto se le dispiacesse, ma la risposta era secca. Fa' come ti pare. Cosa non le piaceva? Il fatto che io potessi restare a torso nudo sotto il sole e lei no? Il fatto di vedermi in quella maniera? Non gliel'ho mai domandato. Rimuovevo la camicia e le scarpe e mi buttavo in acqua. Oscar mi seguiva. Le chiedevo se volesse che la lasciassi sola per un po', ma rifiutava sempre.  Siccome Oscar non poteva spogliarsi, non solo nuotava con i vestiti addosso, ma mi voleva sempre con lei e le sue camicie bianche, una volta bagnate, lasciavano poco spazio alla mia immaginazione già fertile, anzi facevano intravedere troppo. No, facevano vedere tutto. 

Possibile che non se ne accorgesse?  Possibile che non vedesse la mia reazione? Possibile che sia così invisibile come uomo per lei? 

La mattina scendevo dopo di lei. Mi aspettava per fare colazione, si fingeva indispettita e mi prendeva in giro. Mi paragonava a un gatto perché mi piaceva crogiolarmi a letto, mi rimproverava dicendo che la sera esageravo con il vino, sottolineava che la nonna avesse ragione a chiamarmi un fannullone. Ingenua la mia cara Oscar. Non potevo certo dirle la ragione per cui mi attardavo la mattina. Colpa sua. Lasciavo la mia fantasia e la mia mano correre ai ricordi. Mi serviva per trascorrere la giornata con lei rilassato, meno irrequieto. Altrimenti sarei impazzito. Colpa sua. Oscar voleva andare a nuotare tutti i giorni e allora ogni nuotata si trasformava in tortura. Colpa sua. Cambiavo la tortura in piacere tutti i giorni e lo lasciavo esplodere ogni mattina prima di incontrarla. Colpa mia.

Fantasticavo che si avvicinasse a me nell'acqua e che con la camicia bagnata venisse ad abbracciarmi e insieme ci perdevamo in baci bollenti assaporando il sale sulle nostra labbra. Allora la sollevavo in braccio e la portavo sulla sabbia, spogliandola completamente. La facevo mia sprofondando con prepotenza in lei mentre piccole onde solleticavano i nostri piedi e il sole picchiava sui nostri corpi bagnati. Come avrei mai potuto confidarle questi pensieri intimi, spinti, contorti? Non mi avrebbe più rivolto la parola. Non sarei più stato il suo amico, ma un pazzo pervertito. No, non sarei esistito proprio perché mi avrebbe certamente trafitto, prima con lo sguardo, poi con la spada. Allora le mentivo e continuavo il gioco... ero solo un ubriaco, pigro e nullafacente.

Siamo tornati a casa e gli impegni di lavoro sono tanti, pesanti e opprimenti. Oscar mi cerca ancora per stare un po' insieme, non come attendente e padrona, ma come due compagni  complici e ne sono felice.  Ha appena finito di allenarsi con le pistole e le lancio una mela. Qualcuno, dietro di noi, spara e la centra in pieno e la frantuma in piccoli pezzi che cadono sparsi a terra.

È tornato. Oscar si è illuminata. Non è che non mi veda come un uomo. Non mi vede affatto. Un'altra fantasia, questa volta per niente piacevole, si fa strada nella mia mente. Sono morto. Il mio cuore, come quella mela, giace spolpato dopo che una pallottola lo ha penetrato violentemente. L'avevo fatta mia. Non lo era più.
   
 
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