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Autore: Robigna88    15/04/2018    1 recensioni
Gli Avengers affrontano ogni giorno nuovi nemici e sono bravi in quello che fanno. Un po' meno bravi sono invece nelle questioni di cuore e, infatti, a parte uno di loro, nessuno ha una vita sentimentale stabile e qualcuno da cui tornare la sera, dopo una battaglia. Ma le cose, forse stanno per cambiare, almeno per uno di loro. Il più schivo e onesto tra tutti, il Capitano Rogers, si ritroverà investito da un sentimento che non conosce per niente bene e che non sa come gestire. Sarà tentato di spingerlo via ma sarà in grado di resistere all'emozione che Lidya Abel sa offrirgli anche solo sorridendo?
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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3.

 

 

 

 

 

Steve bussò due volte ma non ricevette alcuna risposta così si affacciò poco con la testa, per scoprire che dentro la camera non c’era nessuno. Con un grosso respiro scosse poco il capo, sperando che Lidya non se ne fosse andata, perché saperla da sola lì fuori, dopo la pessima serata che aveva avuto, gli metteva un po’ di ansia. Non sapeva perché e forse era il caso che smettesse di chiederselo. Quella donna gli ispirava sentimenti positivi, non c’era altro da spiegare.

“Stai cercando me?” sentì la sua voce alle spalle e si voltò ritrovandosela davanti. “Avevo sete” gli spiegò sollevando il bicchiere di acqua che aveva in mano.

“Pensavo che te ne fossi andata via” ammise lui sincero.

Lei respirò a fondo. “In un’altra situazione forse lo avrei fatto, ma stasera non mi andava di stare da sola. L’invito di Tony a rimanere qui per qualche giorno è stato provvidenziale.”

“Tiene a te, anche se a modo suo.”

Lidya sorrise indicando la camera. “Se non ti dispiace, ora vorrei riposare un po’.”

“Certo” il Capitano annuì. “Io sarò proprio qui fuori, nel caso avessi bisogno” si sedette per terra e la donna lo fissò perplessa.

“Hai intenzione di rimanere seduto per terra tutta la notte?”

“Non è la fine del mondo” replicò Steve con un mezzo sorriso.

“Posso cavarmela da sola, Steve. Sul serio. Vai nella tua stanza, fatti una bella dormita.”

“Negativo!” esclamò lui. “Sarò proprio qui fuori nel caso dovessi avere bisogno.”

“Perché?” domandò lei, quasi esasperata. Tutte quelle attenzioni, quella preoccupazione, la mettevano a disagio. Lei se la cavava da sola, l’aveva sempre fatto. “Non ho bisogno di te, non ho bisogno di nessuno.”

“Forse” rispose tranquillo l’uomo. “Ma comunque non mi muoverò da qui. So cosa si prova a perdere il proprio migliore amico. Quando il mio è morto, per settimane ho avuto degli incubi la notte, mi svegliavo con le immagini del suo corpo che precipitava nel vuoto, in preda al panico ed ero da solo. E sarebbe stato bello vedere una faccia amica in quei momenti.”

“E tu vorresti essere quella faccia amica per me?”

“Sissignora!” esclamò lui. “E comunque siamo in un paese libero, e questa non è casa tua: dunque, se voglio stare seduto qui per terra tutta la notte, sono libero di farlo.”

Lidya bevve un sorso di acqua senza staccare gli occhi da lui. Era testardo ma era anche molto dolce. “Vieni dentro” gli disse aprendo la porta. “Se proprio vuoi rimanere con me, quantomeno usa una poltrona.”

Steve sembrò titubare, ma alla fine entrò e, dopo aver richiuso la porta, si mise a sedere su una poltrona mentre lei prendeva posto a letto. “Mi dispiace per la tua perdita, comunque. Non te lo avevo ancora detto, credo.”

Lei annuì poco. “Grazie” gli disse guardandolo seduto su quella poltrona bella ma dall’aria scomoda. “Senti, perché non vieni a sdraiarti? Il letto è grande abbastanza, prometto che non invaderò la tua parte. Ti prego.”

Il Capitano abbassò lo sguardo per un attimo; gli sembrava terribilmente irrispettoso anche solo pensare di andare a sdraiarsi accanto a lei, eppure allo stesso tempo, il pensiero lo attraeva. Era combattuto ma finì per accettare e si sdraiò supino fissando il soffitto. Lidya fece lo stesso.

“Thierry si è preso una pallottola per me” raccontò di improvviso, in un sussurro. “Io non sono stata una buona amica per lui, però.”

“Che vuoi dire?”

“Avevamo un patto io e lui. Se qualcuno di noi si fosse fatto così male da non poter essere rimesso in sesto, in sesto per davvero intendo, l’altro avrebbe dovuto semplicemente... lasciarlo andare. Ci eravamo dati la nostra parola, io non ho mantenuto la mia.”

“Tu pensavi che si sarebbe ripreso.”

“No” Lidya scosse il capo e si girò di lato, in posizione fetale, Steve girò solo il capo, ma rimase supino. “Sapevo che non si sarebbe ripreso, era piuttosto chiaro. Ma non ho avuto il coraggio di lasciarlo andare. Era il mio migliore amico oltre che il mio partner. Era la persona più divertente al mondo, la più folle anche” sorrise. “Per tutto questo tempo mi sono detta che non stavo mollando la presa per lui, ma in realtà era per me stessa che non la stavo mollando. Non volevo perderlo e i miei bisogni, di improvviso, hanno preso il sopravvento su tutto il resto. Ha senso, secondo te?”

“Sì, in qualche modo ne ha. Non essere troppo dura con te stessa, il tuo cuore era nel posto giusto quando hai deciso cosa fare.”

Lei sbadigliò, poi sorrise. “Cielo” mormorò. “Hai davvero un viso stupendo” chiuse gli occhi e dopo un minuto il suo respiro si fece lento e regolare.

“Anche il tuo viso è stupendo” sussurrò Steve allungando la mano, quasi come se volesse accarezzarla. Ma non lo fece.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Quando al mattino aprì gli occhi, Steve era solo nel letto. La parte che Lidya aveva occupato era fredda quindi, suppose, si era alzata da un po’. Piano si mise a sedere fino a poggiare i piedi per terra e si schiarì la voce. “Jarvis.”

“Buongiorno, Capitano” replicò l’intelligenza artificiale. “Se vuole chiedermi della signorina Abel, posso dirle che si trova nella palestra da circa un’ora.”

Steve annuì. “Grazie, Jarvis.”

“Di niente.” Il Capitano si alzò e uscì dalla stanza, raggiunse la palestra senza fare nessuna fermata intermedia e lì, sul ring, trovò Lidya e Natasha. Si stavano allenando senza esclusione di colpi ed era un combattimento completamente alla pari. Lidya aveva un bel gioco di gambe, un buon ritmo. Sapeva essere paziente e nei suoi occhi sembrava brillare la scintilla della strategia. Con un movimento della mano evitò il colpo di Natasha e la atterrò.

“Cavolo” ansimò Romanoff rimettendosi in piedi. “Niente male per una che non combatte da anni.”

“Non combatto ma mi alleno comunque” Lidya bevve un sorso di acqua da una bottiglietta, infine sistemò la fasciatura alla mano destra. “Capitano, ti va di prendere il posto di Natasha?”

La Romanoff si rese conto che non lo aveva neppure sentito arrivare, ma si era accorta che avevano dormito nella stessa camera. “Vieni pure, Steve. Io devo comunque andare. Clint e io abbiamo una cosuccia da sbrigare.”

Lui salì sul ring e si prese un istante in cui rimase con gli occhi fissi su Lidya.

“Che stiamo aspettando?” chiese lei piegando poco il capo.

“Volevo farti riprendere fiato.”

“Non serve” lei alzò le braccia in posizione di difesa. “E non risparmiarti, posso assicurarti che non sono fragile come sembro, come tutti mi vedono.”

Steve iniziò a muoversi in tondo sul ring, Lidya lo imitò. “Non vedo fragilità quando ti guardo” si fece avanti e il suo colpo venne abilmente schivato.

“E cosa vedi?”

“Determinazione” replicò lui. “Passione, intelligenza. Bellezza” la colpì di nuovo e Lidya barcollò fino quasi a cadere.

“Sono un sacco di cose” gli disse attaccandolo, finendo schiena a terra, una delle mani di Steve tra i suoi capelli, a proteggerle la testa, l’altra intorno alla vita per ammortizzare il colpo.

“Vero. E nonostante questo credo che siano solo una piccola parte di ciò che sei davvero.”

“Curioso di scoprire le altre parti?” domandò Lidya guardandogli le labbra.

“La curiosità non è proprio una mia caratteristica, però sì. Voglio saperne di più, voglio sapere tutto. Tutto quello che vorrai dirmi.”

La donna sollevò poco il capo fino a sfiorargli la bocca con la propria. “Portami a cena fuori e ti dirò qualunque cosa tu voglia sapere.”

“Signorina Abel” le disse Jarvis interrompendo il momento, qualunque cosa fosse. “Una persona vuole vederla. La aspetta nella sala grande.”

“Sai chi è?”

“Ha detto di chiamarsi Daniel.”

“Un tuo amico?” le domandò il Capitano alzandosi e aiutandola a rimettersi in piedi.

“Non ho amici di nome Daniel, non che io ricordi” mormorò lei precedendolo fuori dalla palestra.

   
 
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