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Autore: KiarettaScrittrice92    16/04/2018    3 recensioni
Juliette e Arno sono i due portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Lei è una nobildonna di buone origini, lui il capitano dei moschettieri del re.
Durante la loro battaglia contro Comt Ténèbre e l'imminente rivoluzione francese, scopriranno il loro folle e passionale amore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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L' addio
 

17 Luglio 1791

Arno ebbe l’impressione di vedere quella scena a rallentatore, ma non abbastanza da impedire in qualche modo che accadesse. La spada del generale La Fayette, poco prima che fosse completamente purificato e libero dal controllo dell’entità maligna, affondò nel ventre di Coccinelle, strappando a lui un urlo disperato.
Si lanciò verso di lei, proprio nel momento in cui l’uomo che l’aveva colpita cadeva a terra, completamente privo di energie. La prese al volo, evitandole di scontrarsi contro il suolo, cercando di mantenere una certa lucidità che, improvvisamente, sembrava non riuscire assolutamente a trovare in sé.
«Mi spiace Arno... Io non...» tentò di dire lei, con voce sommessa, lui la zittì, ponendole il dito guantato di nero sulle labbra e impedendole così di dire altro.
«Andrà tutto bene, mon amour, te lo prometto...»
«Generale!» gridò a quel punto Bailly, accorgendosi in quel momento di cosa era successo.
«Fox Fog!» urlò subito dopo la voce ancora un po’ immatura di Michelle. 
Improvvisamente una nume arancione si propagò per gran parte di Champs de Mars impendendo la visuale a meno che non si fosse a pochi centimetri gli uni dagli altri.
«Ma cosa...?» domandò Arno, ancora nelle sue vesti da eroe gatto.
«È il potere del Miraculous della Volpe. – gli rispose il ragazzo nella sua divisa arancione, avvicinandosi a loro – Andiamo via di qui, prima che scada il tempo.»
«Mon amour, riesci a reggerti a me?» domandò Chat Noir, sistemando meglio le braccia sotto il corpo della sua compagna. Lei rispose con un cenno di testa e con una smorfia di dolore allungò le braccia verso il suo collo, aggrappandosi a lui.
Quando fu ben salda al suo corpo, si alzò, portandola in braccio lontano dalla piazza, verso Rue Jean Carriès, dove avevano lasciato la carrozza che li aveva condotti fino a Parigi.
Salirono, e Arno sistemò meglio la moglie sulle sue gambe, mentre il ragazzo si metteva nella zona del cocchiere e ordinava alla sua piccola kwami di detrasformarlo e farlo tornare normale.
«Michelle...» gli si rivolse la volpina, poggiandosi sulla sua spalla.
«Parigi dovrà cavarsela da sola, d’ora in poi.» commentò il ragazzo, mordendosi le labbra e trattenendo le lacrime.
«Ma Michelle sei un custode, il tuo compito è...» tentò di ribattere lei, mentre lui schioccava le redini, facendo partire la carrozza.
«Non permetterò che accada loro qualcos’altro, Holly. Forse sbaglio, non lo so, sono custode da appena due anni, maledizione! Ma Makohon è stato sconfitto e non metterò la loro vita ancora più a rischio per questa stupida rivolta. Non lascerò crescere loro figlio senza entrambi i genitori. – ormai i suoi occhi blu erano pieni di lacrime, a dimostrare finalmente la sua vera età – Forse, semplicemente, la storia deve andare così...»
«Forse hai ragione, ma... Credo ci sia ancora un’ultima cosa da fare...» disse Holly, con il suo tono dolce, come a rassicurare con la sua sola voce che sarebbe andato tutto bene.
Il ragazzo tirò su col naso, staccando una mano dalle briglie e portandosela al viso nel tentativo di asciugarsi le lacrime con il dorso.
«Arno! – disse a voce più alta in modo che il diretto interessato sentisse da dentro la carrozza – Il Lucky Charm!»
Arno all’interno della vettura fece un sospiro, per poi rivolgersi alla donna che aveva tra le braccia.
«Juliette, amore mio, devo chiederti un ultimo sforzo...» le sussurrò amorevolmente, mettendole tra le mani il fioretto che nemmeno dieci minuti prima gli aveva dato lei per affrontare il generale.
Lei serrò le dita attorno all’elsa, senza esitare e dopo aver preso un grosso respiro, facendo una smorfia di dolore nel percepire la fitta allo stomaco che la stava torturando, disse quelle due parole a mezza voce.
«Miraculous Coccinelle…» a quelle parole il fioretto fu avvolto da una luce rossa, che ben presto lo fece scomparire sostituendolo completamente, per poi trasformarsi in fasci di luce che schizzarono fuori dai finestrini della carrozza.
Alla fine di quel gesto il potere di Coccinelle finì del tutto e gli orecchini decretarono la fine, che misteriosamente erano durati più del previsto, facendo schizzare fuori Tikki.
«Juliette...» disse con voce tremante la kwami guardano la sua compagna di avventure, la donna tirò un sorriso un po’ forzato, sempre per via del dolore.
«Va tutto bene Tikki… Grazie per aver resistito tutto questo tempo…»
La creatura scosse il capino rosso.
«È merito tuo se sei rimasta Coccinelle cinque minuti in più dopo il Lucky Charm. Ricordi quella volta che ti dissi che voi usavate solo una piccola percentuale dei vostri Muraculous, l’energia di essi dipende anche dai loro portatori. Tu hai fatto tantissimo oggi, sei tu che hai dato a me la forza di resistere più tempo: quei dieci minuti li abbiamo affrontati assieme.» lei rispose con un cenno di testa, sempre con quel sorriso in volto che non voleva spegnersi nemmeno in una situazione come quella.
I suoi occhi color dell’ambra si rivolsero verso l’eroe gatto: colui per cui, per i primi mesi di quella strana avventura, aveva sentito il cuore battere furioso. Eppure ora lo sapeva, sapeva che a quel tempo si era innamorata solo di un’illusione, di una maschera, di un’alone di mistero che aleggiava attorno all’eroe in nero. Solo dopo aveva imparato ad apprezzare davvero la persona dietro la maschera.
Allungò la sua mano tremante verso quella destra di lui, sfilandogli l’anello nero dal dito. Un’aura nera e verde lo avvolse per qualche secondo, mentre Plagg usciva dal gioiello. Solo in quel momento vide l’uomo che amava per davvero, l’uomo dietro la maschera: quello che l’aveva conquistata, che aveva lottato per lei, che l’aveva protetta e amata, che l’aveva sposata e con cui aveva condiviso, solo un giorno prima, la gioia più grande.
«Arno…» nel sentire pronunciato il suo nome, con quella voce flebile e debole l’uomo ebbe un brivido. Allungò la mano, scostando i capelli castani e ormai sfatti dal suo zigomo.
«Ti prego, mon amor, resisti…» disse, mentre la carrozza usciva finalmente da Parigi.
Anche lei, tese una mano verso di lui, poggiando il palmo sulla sua guancia. Lui allora prese quella mano con la sua: era gelida. La sua pelle era gelida e il suo viso pallido come il latte.
Con quello che sembrò, per lei, uno sforzo immane, si sollevò, avvicinando il viso al suo e lasciandogli un leggero bacio sulle labbra, per poi ricadere sulle sue gambe, come esausta.
«Prenditi cura… di Rafael…» quelle furono le sue ultime parole, poi, pian piano, la sua vita si spense.
«Juliette… Non puoi… Non puoi morire ora Juliette… Ti prego…» il tono di voce dell’uomo era sempre più disperato, mentre i due kwami guardavano in silenzio, anche loro sconvolti dall’esito di quell’ultima battaglia.
Una lacrima, sfuggita al suo solito autocontrollo, rigò la sua guancia. Non poteva crederci: non c’era più, come non ci sarebbe stato più un “noi”, quel “noi” che avevano tanto agognato per la loro vita insieme. Tutto sparito. Tra le sue braccia un corpo inerme, privo di vita.
Juliette, la sua Juliette, non c’era più.

 
  
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