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Autore: LadyMintLeaf    17/04/2018    1 recensioni
"Lei era bella e gentile a tal punto che nessun'altro fuorché un folle avrebbe potuto desiderare di farle del male.
Ma Loki le aveva fatto del male, molto male; troppo forse, ed in un istante ad esso tornarono in mente un antico poema runico norvegese che aveva letto una volta in un libro proveniente da Midgard.
"Þurs vældr kvinna kvillu, kátr værðr fár af illu", diceva e tradotto, significava "Il gigante causa dolore alle donne, pochi uomini gioiscono della sfortuna.".
E forse lui non era figlio di uno di quei giganti che tanto facevano tremare la gente al solo sentirli nominare?
Ma no.
Lui non voleva essere considerato un mostro..... Non voleva fare del male a nessuna donna.
Eppure a Sigyn aveva già fatto del male."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Sigyn aprì l'ultimo dei lucchetti che tenevano le catene a cui era legato Loki, lui cadde in avanti, in ginocchio.
Riuscì a mettere le mani a terra, evitando di battere il mento a terra, ma si fermò con il capo chino, ad un soffio dal suolo.
Si sentiva esausto come non mai e quello spicchio di terra che vedeva davanti ai suoi occhi, pareva vorticare furiosamente.
Dovette affrettarsi a chiudere gli occhi, per proteggersi dalle vertigini.
Rimase per qualche attimo così, in ginocchio, quasi sfiorando il pavimento gelido con la fronte e, solo dopo un attimo un violento pensiero penetrò con invadenza nella sua mente.
Così inginocchiato, dinnanzi alla donna che lo aveva liberato, sembrava quasi si stesse prostrando ai suoi piedi.
Lui, Loki, il principe di Asgard che era stato re, non poteva restare in ginocchio di fronte a quella piccola, sciocca donnicciola.
Non doveva mostrarsi debole.
Non così.
Non dinnanzi a lei.
Con questi furiosi pensieri che gli affollavano la mente con prepotenza, incitandolo a smettere di comportarsi come se la perdita dei propri poteri magici l'avesse reso anche debole quasi al pari di un misero midgardiano, Loki fece forza sulle braccia, riaprendo di colpo gli occhi, adesso colmi di collera nei confronti di sè stesso e anche di quella Sigyn, che lo stava vedendo e forse giudicando più fragile di quanto in realtà lui avrebbe dovuto essere.
Quindi, cercando di ignorare totalmente i capogiri che ancora lo tormentavano e rendevano instabile il proprio senso dell'equilibrio, iniziò a sollevarsi da terra.
Costretto a rimanere inginocchiato accanto alla parete della cella, con le catene legate troppo in basso per poter stare in piedi, adesso Loki sentiva le proprie gambe molli e tremanti.
Le ginocchia gli dolevano e anche la schiena, mentre si sollevava, ma lui strinse i denti e non si diede per vinto.
Fu in quel momento che Sigyn prese l'inaspettata e indesiderata idea di accorrere in suo aiuto.
Frettolosamente ella si chinò verso di lui, cercando di passargli le mani e le braccia sui fianchi, per aiutarlo a sorreggersi in piedi, ma Loki, comprendendo immediatamente le sue intenzioni, fu rapido a scostarla da sé con una spinta.
Per poco, quel gesto violento, non gli fece perdere l'equilibrio, costringendolo a tornare in ginocchio.
Sigyn, barcollò lontano da lui, guardandolo con aria costernata e confusa.
<< Non mi toccare! >> sbraitò Loki, mentre la sua voce si faceva più sottile, irritata e quasi isterica, guardandola storto.
Deglutì una volta, poi, riprendendo all'apparenza un pò del proprio contegno, sibilò glaciale come l'inverno: << Mi sembrava di averti già detto che non ho bisogno della tua inutile compassione. >>.
Sigyn chinò il capo e non replicò a quelle sue rabbiose parole; tuttavia continuò a seguire le sue mosse, guardandolo di sottecchi.
Appoggiandosi pesantemente alla parete accanto a lui, Loki era riuscito a sollevarsi in piedi ma, una volta fatto ciò, dovette fermarsi con la fronte premuta contro il muro freddo della cella, colto nuovamente dai capogiri.
Per quanto lui fosse restio ad ammetterlo, la prigionia lo aveva reso assai debole.
Colpa di Odino e della sua idea di punirlo con la solitudine, vietando persino che qualcuno gli portasse per lo meno un poco di cibo.
Pane ed acqua sarebbero bastati, ma il Padre degli Dei, evidentemente aveva pensato proprio ad indebolire Loki non solo nello spirito, ma anche nel corpo.
Disgraziatamente per Loki, sembrava esserci riuscito.
Loki rimase ancora un istante ad occhi chiusi, muovendo lentamente la testa contro alla parete, in una specie di silenzioso diniego.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò a fissare il volto di Sigyn che, inaspettatamente, nonostante le dure parole che lui le aveva rivolto poco prima, aveva ancora trovato il coraggio di avvicinarsi a lui.
Lo guardava con quella sua espressione incerta, che oscillava sempre fra il timore dell'uomo alto e dagli occhi da folle che le stava davanti e la preoccupazione che, nonostante tutto ella pareva non riuscire ad evitare di provare per lui.
<< Tutto bene? >> si informò, parlando a voce bassissima, quasi impercettibile persino nel silenzio delle prigioni abbandonate.
Di nuovo ella sembrava seriamente preoccupata per lui e, ancora una volta Loki rimase interdetto, chiedendosi il perché.
Quella donna continuava a confonderlo.
Loki si ostinava a trattarla male, parlandole come se ella fosse una nullità in confronto a lui; allora perché Sigyn non si offendeva?
O, più precisamente, perché anche se ella veniva ferita dalle sue parole taglienti, non smetteva di tentare di prendersi cura di lui?
Probabilmente era qualcosa di profondamente radicato in lei; nel suo modo di essere.
Ella era la promessa sposa di un Einherjar, quindi era più che logico che fosse buona e gentile.
Però Loki non riusciva a capire perché continuasse ad essere gentile anche con lui.
È vero, voleva sapere dove fosse Theoric e Loki sospettava che ella non lo avrebbe mai lasciato in pace fino a quando lui non gli avesse rivelato dove il capitano degli Einherjar era finito.
Ma era davvero solo questo che la spingeva a guardarlo a quel modo?
A cercare di aiutarlo?
Si, decise poi Loki.
Doveva essere solo questo.
Sigyn stava facendo la gentile con lui solamente per cercare di renderlo più mansueto.
Doveva essere per forza questo il motivo che la spingeva a preoccuparsi per lui.
<< è solo un capogiro. >> si costrinse a risponderle, a denti stetti: << Niente di davvero preoccupante. >>.
Sigyn non sembrava molto convinta dalle sue parole ma non controbatté.
Non sapeva cosa dire, tuttavia non si scostò da lui, come se fosse pronta, in qualsiasi momento a tornare ad aiutarlo.
Un nuovo lampo di collera saettò nello sguardo di Loki, mentre ancora una volta pensava a quanto fosse debole e sciocca quella donna.
Quindi, senza il minimo preavviso, colto dall'irritazione, sbottò: << Ti ho detto che non ho bisogno del tuo aiuto. Ed ora scostati! >>.
E senza attendere il tempo necessario a fare in modo che lei obbedisse a quel suo ordine, tornò a spingerla via, a malo modo, oltrepassandola con tutta la rapidità che le gambe indolenzite gli consentivano.
La sentì sospirare lievemente dietro di lui; quasi rassegnata a vedersi sempre trattare scortesemente da lui, ma Loki non ci fece caso.
Invece si spostò verso la porta aperta della cella e iniziò immediatamente a guardarsi attorno con attenzione e circospezione.
Sia da un lato che dall'altro della cella dalla quale lui stava sbirciando, si allungavano due corridoi praticamente identici fra loro, completamente immersi nel buio più tetro, senza alcun segno di distinzione che potesse far intuire al Dio degli Inganni quale fosse la strada giusta da percorrere per poter trovare l'uscita da quel luogo ripugnate e gelido.
Se Loki e la donna avessero preso la strada sbagliata, avrebbero rischiato di inoltrarsi ancora di più nelle prigioni, e questo non doveva assolutamente accadere.
Se come il Dio degli Inganni sospettava, quelle prigioni erano state costruite con l'esatto intento di impedire la fuga di chiunque, pur senza l'impiego di barriere magiche, questo voleva dire che i cunicoli erano simili a un immenso labirinto.
Mentre continuava a riflettere, guardandosi attorno con attenzione, Loki sfiorò distrattamente con il polso una delle pareti di roccia lì vicine e, solo allora, quando un suono metallico attirò la sua attenzione sul proprio braccio, si accorse che aveva ancora gli anelli di ferro che gli cingevano i polsi.
Tanto era dolorante e stordito, al primo istante non ci aveva fatto caso, eppure gli anelli erano ancora al loro posto; aggrappati tenacemente ai suoi polsi.
Da quello sinistro, poi, pendeva un pezzo di catena che, quando Sigyn aveva aperto i ganci che lo tenevano imprigionato, si era chissà come divelto dalla parete alle sue spalle, restandogli avvinghiato con il suo lieve peso.
Con una smorfia, Loki sollevò il braccio destro verso il viso, iniziando a scuotere gli anelli nel tentativo di riuscire ad aprirli.
Cercò di scrollare via i bracciali metallici, armeggiando con i perni ed i ganci con i quali erano chiusi attorno ai suoi polsi, tentando di allentarli abbastanza per potersene liberare definitivamente.
Tutto ciò che invece riuscì a ottenere fu un intenso bruciore al polso.
Cautamente allora, il Dio degli Inganni, scostò appena un poco la fascia metallica, accorgendosi solo allora che, al di sotto di essa, aveva un taglio profondo e rossastro, dove il metallo andava a sfregare in continuazione contro la pelle.
Un lento sibilo di dolore gli uscì dalle labbra, ma poi, accorgendosi che la donna lo stava ancora guardando, lasciò ricadere il braccio verso il basso e smise di tentare di liberarsi.
Sapeva bene che, senza una chiave o un Einherjar non sarebbe mai riuscito a togliersi quei ceppi dai polsi.
Era del tutto inutile cercare di manipolare a mani nude quel ferro evidentemente forgiato dal fabbro più abile di Asgard.
Forse erano persino protetti da una qualche magia che serviva a rendere il metallo più resistente.....
Loki non poteva saperlo.
Così, rinunciando a liberarsi dai ceppi, senza badare troppo a quel piccolo fallimento, il Dio degli Inganni si avvolse il frammento di catena attorno al braccio sinistro, in modo che non tintinnasse ad ogni suo movimento.
Non si accorse che, mentre compiva quel gesto, Sigyn, aveva ripreso ad osservarlo di sottecchi, quasi incuriosita.
Sul volto scavato dell'uomo al suo fianco, c'era ora un determinazione che la disarmava.
Nonostante fosse esausto per via della reclusione, sembrava già pronto all'azione e lei riusciva a vedere lo scintillio dei suoi occhi verdi anche nell'oscurità di quelle prigioni.
Sigyn stava ancora osservando il viso del Dio degli Inganni, immobile a pochi passi da lei, quando all'improvviso lui la interpellò, sollevando lo sguardo dal proprio braccio per indirizzarle un'occhiata penetrante: << Immagino tu non abbia elaborato un piano di fuga. >>.
Sigyn scosse il capo, frastornata dalla domanda inattesa.
Nel notare il suo diniego il Dio degli Inganni si lasciò sfuggire un lento sospiro e scosse il capo, borbottando a denti stretti: << Naturale. Sarebbe stato troppo da parte tua. >>.
Nell'udire quell'ultima arrogante frase, Sigyn si sentì avvampare.
Loki riusciva sempre a farla sentire una vera incompetente e questo la faceva infuriare.
Lei non era mai stata una donna dall'animo facilmente infiammabile, ma stranamente con Loki non riusciva a mantenere sempre la calma.
Lui la rendeva nervosa e la cosa che disturbava ancora di più Sigyn era il fatto che non c'era un vero motivo per cui lei avrebbe dovuto prendersela a quel modo.
Sapeva che il Dio degli Inganni stuzzicava le persona con l'esatto scopo di farle infuriare, traendo un perverso piacere dalla loro collera e dalla frustrazione.
Allora perché lei si lasciava ingannare a quel modo?
Perché a lei avrebbe dovuto interessare ciò che pensava di lei Loki?
Quell'uomo era un mostro senza sentimenti e se pensava che lei era una sciocca, ebbene, che continuasse a farlo.
A lei non importava.
Non doveva certo piacere a quell'uomo per ottenere il suo aiuto.
L'importate era che lui mantenesse la parola data e la guidasse infine da Theoric.
Solo questo contava.
Tuttavia, nonostante questi pensieri risoluti, quando tornò a parlare Sigyn lo fece con ancora una lieve nota incollerita nella voce.
<< Secondo... I piani, come tu li chiami, non avrei nemmeno dovuto liberarti dalle catene. >> gli fece notare, sollevando il capo verso di lui, con l'aria più decisa che poteva assumere.
<< Oh, certo. Non avresti dovuto…. >> Loki sorrise lievemente, senza allegria e senza mai voltare del tutto la testa nella direzione della donna ma continuando invece a darle le spalle, con la sua solita ed immancabile superbia: << Questo è quello che ti hanno detto tutti ad Asgard, vero? Ma tu hai deciso diversamente, giusto? Tu mi hai liberato. >>.
Sigyn non rispose.
Lui sembrava sempre pronto a sondare i suoi pensieri. Pareva permanete deciso a capire cosa l’avesse spinta ad infrangere le regole dettate dal Padre degli Dei, anche se sapeva benissimo che tutto quello che lei stava facendo era solo per Theoric.
Questa volta però a Loki non sembrava interessare davvero il motivo per cui la donna dai capelli biondi e gli occhi ambrati lo avesse liberato dalle catene.
L’importante per lui in quel momento era solo riuscire a fuggire definitivamente da quel luogo lugubre e oscuro dove da molto tempo non regnava altro che la desolazione.
<< Da che parte sei venuta? >> tornò infatti a chiedere all'improvviso, decidendosi finalmente a voltarsi verso Sigyn, mentre le rivolgeva affrettatamente la parola.
La donna gli si avvicinò, mantenendo come sempre la solita cautela, e indicò il tunnel alla loro sinistra.
Loki si mosse al suo fianco, scrutando i cunicoli sotterranei che si affacciavano sulla cella nella vecchia prigione asgardiana.
Poi, con un lieve cenno del capo, esclamò, rivolgendole una nuova frettolosa ma quasi disinteressata occhiata: << Molto bene. Allora guidami verso l'uscita. >>.
Per un breve istante, Sigyn restò come pietrificata dalle parole imperiose dell'uomo alto e oscuro al suo fianco.
Quando lei era scesa nei sotterranei, aveva solamente cercato di rintracciare la cella nella quale il Dio degli Inganni era rinchiuso e, tesa ed impaurita, non aveva badato troppo alla strada che stava percorrendo.
Inoltre, Sigyn si era mossa per l'ultimo tratto di quei cunicoli tortuosi quasi correndo, e perciò si rese improvvisamente conto di non riuscire a rammentare granché.
<< Ebbene? Ti vuoi dare una mossa? >> la voce tagliente di Loki la fece sobbalzare, facendole comprendere ancora una volta, quanto la vicinanza di quell'individuo la rendesse agitata: << Vorrei uscire di qui, preferibilmente prima che qualche ficcanaso o qualche guardia troppo zelante nel compiere il proprio mestiere, scopra la nostra piccola fuga in segreto. >>.
Sigyn rabbrividì nell'udire quelle ultime parole, canzonatorie.
Il Dio degli Inganni le aveva pronunciate con un tono simile alla complicità che non le piaceva affatto.
Sembrava quasi che lui le volesse rammentare il fatto che ella, ora che aveva contribuito in modo assai considerevole alla sua liberazione dalle prigioni dove era stato rinchiuso, fosse in combutta con lui.
Ma Sigyn non stava liberando Loki perché lo credeva innocente o per il semplice fatto di volerlo aiutare; per pietà e bontà.
Lo stava facendo per il suo amato capitano degli Einherjar; per il suo vero promesso sposo.
Non era comunque certa che qualcuno in tutta Asgard le avrebbe creduto, se l'avessero scoperta lì sotto, al fianco del principe traditore.
<< Te la ricordi, almeno, la strada? >> tornò a interrogarla con arroganza Loki, notando che la donna, adesso aveva iniziato a muoversi per i corridoi, ma che lo stava facendo a rilento, guardandosi continuamente attorno.
<< Io...>> la donna si morse il labbro inferiore, scuotendo leggermente il capo, ammettendo: << Mi dispiace, non ricordo esattamente la strada che ho percorso nel venire sin qui. Questi cunicoli sono tutti identici e.... >>.
<< Ho capito! Faccio strada io! >> sbottò Loki, facendola tacere di colpo.
Scosse il capo, quasi disgustato, e si mosse accanto a lei, oltrepassandola in fretta.
Mentre si muoveva accanto a lei, voltò leggermente il capo verso il suo orecchio, sussurrandole con perfidia: << Avrei dovuto aspettarmelo. >>.
Sigyn s'irrigidì completamente e per un istante smise di pensare, restando immobile a guardare con gli occhi brucianti  la schiena del Dio degli Inganni che, in fretta si muoveva attraverso il corridoio, senza far caso se lei lo seguiva oppure no.
Stranamente la giovane si sentiva ferita dalle parole che lui le aveva appena rivolto, con cattiveria.
Deglutendo lentamente Sigyn cercò di ricacciare indietro quel senso di smarrimento che l'aveva colta e, mettendo da parte l'orgoglio ferito, riprese a sua volta a camminare, seguendo Loki a capo chino.
Mentre si spostavano per i corridoi delle antiche prigioni abbandonate, Sigyn si accorse che i passi dell'uomo che la precedeva, non producevano quasi alcun tipo di rumore, sulla roccia fredda del pavimento.
Nonostante fosse stato picchiato e privato di cibo e acqua, il Dio degli Inganni si muoveva ancora con rapidità, silenzioso come un felino.
Anche i suoi occhi verdi che scrutavano irrequieti i dintorni, sembravano quelli di un gatto.
Lui si muoveva rapido per i corridoi e non si voltava mai indietro per accertarsi che lei riuscisse a mantenere il suo passo.
Loki aveva le gambe molto più lunghe delle sue, perciò Sigyn si ritrovò ben presto a camminare a passo spedito, quasi correndo, per tenergli dietro ed evitare di perderlo di vista.
Si allontanarono rapidamente dalla cella dove fino a pochi attimi prima era stato rinchiuso il principe traditore, attraversando un corridoio dopo l'altro, senza mai fermarsi.
Avevano percorso solo un paio di corridoi, però, quando all'improvviso dall'oscurità dinnanzi a loro, giunse il rumore di stivali in corsa sul pavimento di pietra, seguiti dal tintinnio di parecchie armi e dalle voci concitate dei loro proprietari.
I rumori erano inconfondibili.
Alcuni Einherjar si stavano avventurando nei cunicoli delle prigioni, spingendosi proprio verso quella appena abbandonata dal Dio degli Inganni e da Sigyn.
La donna ebbe un brivido violento, mentre si ricordava all'improvviso le parole che Heimdall le aveva rivolto durante il loro incontro sul Ponte dell'Arcobaleno.
" Potrai solo parlare con Loki. Se lascerai che lui ti inganni, se lo libererai, sarò costretto a dare l'allarme. "
Se lo libererai....
Non era forse quello che lei aveva appena fatto?
Sigyn sentì mancare un battito del cuore.
Heimdall doveva aver avvertito Odino e le guardie del suo tradimento, e adesso gli Einherjar stavano scendendo nei sotterranei per catturare Loki, ma anche lei.
<< Che cosa hai fatto? >> la voce insinuante di Loki la colpì all'improvviso come se l'uomo le avesse dato uno schiaffo in pieno viso e Sigyn, vedendo che lui si voltava di scatto verso di lei con un espressione minacciosa in volto, mosse un passo all'indietro, stringendosi automaticamente le braccia attorno al corpo, come se avesse dovuto difendersi da lui e dalla furia che, di nuovo aveva preso ad ardere nei suoi occhi.
<< Non ho fatto niente. >> riuscì a schermirsi lei, mentre scuoteva il capo.
<< Ti sei fatta scoprire! >> la incolpò Loki, afferrandola bruscamente per un braccio e trascinandola in un angolo del corridoio.
Sigyn per poco non inciampò nel tentativo di sottrarsi alla stretta di Loki.
<< Ti garantisco che nessuno mi ha vista. >> cercò di difendersi lei, parlando a voce bassa, per non far udire la sua voce alle guardie che, qualche cunicolo più in là, continuavano a setacciare le prigioni alla ricerca dei fuggiaschi: << E il principe Thor aveva detto che... >>.
<< Che c'entra Thor in tutto questo? >> la interruppe furiosamente Loki.
Negli occhi del Dio degli Inganni aveva fatto di nuovo capolino quella furiosa collera che sembrava essere sempre lì, nascosta sotto la sua pelle, pronta a venire fuori ad ogni minimo errore; ad ogni parola errata, ad ogni azione che a lui non piaceva.
<< Tuo fratello.... Mi ha aiutata a raggiungere le prigioni. >> spiegò Sigyn il più pacatamente possibile, senza tuttavia riuscire a guardare Loki in viso: << Senza il suo aiuto non sarei mai riuscita a venire a parlarti. >>.
<< Adesso tutto mi è chiaro. >> commentò il Dio degli Inganni, lasciandole andare bruscamente le spalle : << Avrei dovuto immaginarlo sin dall'inizio. >>.
Mosse un passo a ritroso, scuotendo il capo: << In effetti mi ero chiesto come tu avessi fatto a superare le guardie al portone principale, senza che loro ti fermassero. Non mi sei mai sembrata una donna capace di alcun sortilegio e, buona e disgustosamente onesta come sei, di certo non avevi utilizzato la menzogna per farti strada. >>.
Sigyn non replicò ma continuò ostinatamente a fissare il pavimento sotto ai suoi piedi, ascoltando con apprensione i suoni provenienti dai cunicoli vicini, dove le guardie si stavano dando da fare alla loro frenetica ricerca.
<< Dov'è adesso? >> chiese all'improvviso Loki, costringendo Sigyn a smettere di guardare a terra per sollevare il suo sguardo, ora confuso su di lui.
<< Thor? >> domandò a sua volta ella, sentendosi ancora una volta una sciocca.
<< Chi altri, se no? >> sbottò Loki, senza riuscire a dissimulare l'irritazione che provava quando parlava con lei.
Sigyn indicò vagamente il corridoio che loro stavano percorrendo, mormorando: << Sta sorvegliando l'entrata della prigione. >>.
Nell'udire quelle parole sul volto di Loki comparve una smorfia sarcastica e insoddisfatta al contempo: << Non mi pare si stia impegnando molto, visto che gli Einherjar sono comunque riusciti a scendere fin qui. >>.
<< Sono sicura che lui stia facendo del suo meglio. >> lo difese automaticamente Sigyn.
<< Questo vuol dire che il suo meglio non è sufficiente. >> la interruppe l'altro, acidamente fulminandola con lo sguardo: << Ed ora muoviamoci. Dobbiamo spostarci da qui, prima che le guardie ci scoprano. >>.
Si avviò, di nuovo senza guardarsi alle spalle per controllare se Sigyn lo seguiva o meno.
Lei esitò un istante, poi gli tenne dietro e insieme si inoltrarono nel corridoio, imboccando la strada contraria a quella in cui si sentivano provenire le voci delle sentinelle di Asgard.
Si mossero cautamente, attraverso il buio, passando davanti alle porte sbarrate e arrugginite delle varie celle, avanzando quasi a caso; imboccando un tunnel dopo l'altro.
Tutt'attorno a loro c'era solo il suono del loro respiro e dei loro passi.
Erano riusciti ad allontanarsi dalle guardie per il momento, ma Sigyn si chiese con preoccupazione dove in realtà loro due stessero dirigendo i loro passi.
Aveva l’impressione di star tornando indietro, nelle profondità delle prigioni, invece che dirigersi verso l’uscita.
Loki che procedeva in testa, sembrava cercare di mantenere sempre la stessa direzione, ma i corridoi si intersecavano così spesso che dopo un po dovette rinunciare.
Sigyn scrutò l'oscurità del corridoio davanti a sé.
Era la stessa strada che lei aveva percorso per raggiungere la cella dove era stato rinchiuso Loki?
Non poteva dirlo.
Non riusciva a capire.
Quelle prigioni erano troppo complesse; ed i loro corridoi troppo simili fra loro per poter essere distinti l'uno dall'altro.
Ad un certo punto il Dio degli Inganni si fermò e si voltò verso la donna che lo seguiva da vicino.
<< Non stiamo andando da nessuna parte! >> era di nuovo tremendamente irritato: << Dobbiamo provare in un altro modo. Torniamo indietro! >>.
Aveva appena concluso di pronunciare quella frase, quando attraverso i cunicoli, poco distante da loro, tornarono a farsi sentire le voci concitate degli Einherjar sulle loro tracce.
<< Di qua! Di qua! Seguitemi! >>
Sigyn scoccò un'occhiata affrettata a Loki.
Il Dio degli Inganni aveva iniziato adesso a guardarsi attorno con aria sfuggente; agitato e guardingo.
C'era una rinnovata inquietudine nei suoi occhi verdi; la stessa che probabilmente si rifletteva in quelli di lei.
Stavano per essere scoperti e Sigyn aveva ricominciato ad avere paura, non di Loki questa volta, ma degli Einherjar stessi.
Perché adesso, coloro che fino a qualche giorno prima l’avrebbero solo aiutata e protetta, stavano per diventare, oltre a quelli del Dio degli Inganni, anche suoi nemici.
<< La cella del traditore si trova da questa parte, quindi lui deve necessariamente fuggire da qui se vuole andarsene! >> continuò la voce di una delle sentinelle, giungendo questa volta molto più chiara alle orecchie di Loki e della donna al suo seguito.
Nell'udire la voce dei soldati e la maniera rozza con cui si rivolgevano a lui, il principe dai capelli scuri strinse i denti, cercando di contrastare l’improvviso moto d’ira che quelle parole gli avevano provocato.
Per tutti ormai lui era diventato semplicemente “il traditore”.
Nessuno si curava più di pensare a lui come all'uomo che era stato re di Asgard o, per lo meno, al principe che era tuttora; e le guardie avevano smesso quasi definitivamente di mostrargli il dovuto rispetto.
L’unica cosa che ancora sapevano fare, era temere la sua collera.
E allora Loki avrebbe fatto in modo che loro si ricordassero in eterno di lui; se non come re o principe, come quello che era riuscito ad incutere in loro il terrore.
  
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