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Autore: piccina    19/04/2018    3 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La tregua di quella sera non era durata molto, ci aveva messo poco Justin a farsi nuovamente travolgere, l’intimità che sembravano aver ritrovato era svanita fra telefonate chilometriche, meeting, serate chiuso nello studio all’Università e improrogabili impegni newyorkesi e così, per non cedere al nervoso, era finito pure lui a lavorare più ore dell’orologio, almeno non si sentiva un idiota ad aspettarlo, quando al massimo quel che arrivava era un messaggio per dire che tardava o non rientrava proprio.
Cercava di convincersi che fosse solo l’ennesima fuga in avanti per sopportare quella che il marito chiamava “tristezza da consapevolezza” e che dovevano resistere fino a quando l’adozione di Susan si fosse conclusa e Justin fosse riuscito a ritrovare l’equilibrio. Sempre che fosse effettivamente ed esclusivamente quello che lo rendeva così sfuggente.
Alle ennesime parole d’amore che servivano solo ad addolcire la comunicazione di altre serate solitarie era sbottato:
“Ma lo fai apposta a prendermi per il culo? Ti amo, mi manchi e poi sparisci. Quanto è durato il tuo slancio amorevole, dieci giorni? No, dai siamo generosi, a due settimane ci sei arrivato. Fai come ti pare, ma non mi dire stronzate, che mi fai incazzare ancora di più.”
“Dai Brian …”
“Non dovevi andare? E allora vai” e per una volta era stato lui a uscire dalla stanza lasciando Justin impalato e senza parole.
L’aveva seguito nel suo studio, dove si era rintanato furente.
Appena messo il naso dentro era stato accolto da un: “Cazzo ci fai ancora qui?” che era tutto un programma. Justin aveva sbattuto con violenza la rivista patinata sulla scrivania, facendo volare per terra alcuni fogli.
“Vai a fare casino da un’altra parte” e si era chinato a raccoglierli.
“Pagina tre. Leggi” e nel dirlo aveva aperto la rivista.  
Brian aveva letto veloce, d’altra parte che fosse uno sperticato elogio del lavoro di Justin era chiaro già dal titolo e dalla riproduzione di uno dei suoi ultimi lavori a doppia pagina. La pubblicazione era una delle più autorevoli del settore, come minimo le tele del marito, dopo quell’uscita, valevano il venti percento in più. Non che questo importasse poi tanto a quello svaporato biondo che gli schiaffava i suoi risultati in faccia per farlo sentire un po’ stronzo.
“Se non altro tutto sto sbattimento porta a qualcosa” aveva risposto allo sguardo provocatorio di Justin porgendogli indietro la rivista.  
“Ma se stai già facendo i conti di quanto siamo più ricchi …”
“Tu, magari. Io me la cavavo bene anche prima”
“Piantala di fare lo stronzo. È lavoro e sta dando i suoi frutti, che non lo capisca proprio tu ha dell’incredibile”
Brian si era limitato ad alzare le spalle.
“Va beh, io vado che faccio tardi. Fatti passare il nervoso, va”
C’era voluto un po’ perché sbollisse, la mattina dopo non l’aveva neppure aspettato per fare colazione. Gli aveva lasciato detto, per giunta tramite Naty, che era di fretta e che forse avrebbe fatto tardi per cena. Mentre mangiava uno yogurt gli aveva mandato un WathsApp: 
- Ritorsione?
- Lavoro!
- Fanculo.
- Buona giornata anche a te.

Parecchi anni prima, anche su una stronzata, Brian avrebbe mantenuto il punto per un periodo irragionevole, per fortuna il tempo era passato anche per lui e la tattica di Justin di lasciar correre, non replicare era ormai collaudata. Se gli si lasciava una via d’uscita onorevole dal cul de sac in cui la sua cocciutaggine ed egocentrismo a volte lo infilavano, Brian la imboccava senza troppi discorsi o patemi. Così era successo anche quella volta e la sera a casa si erano trovati sorridenti ed entrambi pronti per cenare insieme.

“Tuffo prima che parta la digestione?” aveva proposto Brian portando l’ultimo piatto in cucina. Si stava bene in giardino e la piscina era invitante. 
“Buona idea, vado a mettermi il costume”   
“Costume?”
Justin aveva fatto cenno con la testa verso casa, per quanto Brian non se ne facesse una ragione Naty si imbarazzava a vederli girare nudi.
“Andati! Hanno salutato mentre eri al telefono. Sguscia fuori da quei pantaloni Taylor”
“Dobbiamo farlo più spesso il sesso acquatico, mi sei piaciuto”
“Lieto di essere stato di suo gradimento” gli aveva detto porgendogli la mano e aiutandolo a issarsi sul bordo della piscina.
“Vado a prendere due teli, tu versa qualcosa da bere” e si era allontanato gocciolante, con lo sguardo del marito fisso sul culo, verso le cabine spogliatoio abilmente mimetizzate fra gli alberi.
Era tornato con un asciugamano avvolto in vita, quello per Brian piegato sul braccio e aveva rischiato di cadere perché non guardava dove metteva i piedi tutto intento a spippolare sul cellulare. Mentre gli sfilava il telo per asciugarsi, che la brezza serale si faceva sentire, gli aveva chiesto: “Lavoro?”
“No, in realtà è Ethan”
“Vi sentite spesso ultimamente”
“In effetti sì, sta capitando a Pittsburgh di frequente”
“E noi non vogliamo lasciarlo solo, vero?”
Justin lo aveva guardato sorridente e tranquillo: “Dai rompi – lo aveva apostrofato con fare affettuoso -  e comunque sì stavolta lo lasciamo solo: dovrei essere a NY quando arriverà a Pittsburgh”
“La cosa dovrebbe rallegrarmi se non fosse che lo prendo di nuovo nel culo io. Stavolta quanto starai fuori?
“Essù Brian” con una punta di esasperazione nel tono.
“Lo so, lo so … è lavoro” gli aveva fatto e si era fatto il verso da solo, rassegnato.
Justin si era accomodato su uno dei lettini a bordo vasca, la schiena appoggiata allo schienale inclinato e le gambe divaricate, un chiaro invito che Brian aveva colto immediatamente, andandosi a sedere in mezzo e appoggiando la testa sullo sterno del marito.
“Quando li tenevi lunghetti erano più facili da attorcigliare” aveva commentando inseguendo una ciocca che gli sfuggiva.
“Allora quando parti e soprattutto quando torni?” era tornato sull’argomento.
“Dopodomani, mi ci vorranno tre, quattro giorni al massimo, ma spero tre. Inizio a non poterne più nemmeno io di essere sempre in giro.
Lo so che ti sto sfracassando le palle, lo so e ti ringrazio di mandarmi a fanculo solo a giorni alterni” gli aveva girato il viso con una mano e l’aveva baciato piano, ma a lungo.
“In due giorni Ted non riuscirà a far fallire tutto, magari approfitto della tua ennesima partenza e vado a trovare Gus. Rientrano domani dalla montagna. Oggi al telefono mi è sembrato in gran forma”
“Buona idea, così non stai a cronometrarmi i minuti di assenza”
“Idiota” e la carezza sulla coscia si era tramutata in una veloce sberla.
“Ahi!” si era lamentato Justin
“Zitto, almeno devi stare zitto. Capito?” gli aveva ribattuto tenero il marito e Justin aveva annuito chinandosi sull’orecchio sinistro, mordicchiando il lobo e dicendo con voce da Padrino “muto sono” “Ecco, bravo.”

Grazie a Nuel e Cristina, sempre puntualissime nel lasciare un commento. Alla prossima. 
  
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