DICEVANO
Mi dicevano
se non vai in disco non sei nessuno,
se non credi alle mie parole
lascia che ognuno
vada per sé, prenda la sua strada,
mal che vada
tornerà indietro.
Ma a me che me ne frega delle
discoteche,
esse spesso sono
le nuove discariche
del nostro secolo,
un bordello
di idee traviate,
di futili baggianate.
Resterò a dipendere dai call center,
che chiamano continuamente,
forever and ever,
ma se poi mi disturbi troppo
sappi che ti verrò a cercare;
così, giusto per arrotondare.
Sono selvaggio,
mi dicevano di stare attento
ad andare all’arrembaggio,
che poi rischio ogni volta di restar
scontento
della piega degli eventi;
penitenti,
queste rime latenti
sono oscuri riflessi di tormenti
interiori,
di problemi maggiori
che a voce non so esprimere;
a cui non so dar colore,
sapresti aiutarmi tu,
a capirmi un po’ di più?
L’adolescenza è finita l’altro ieri,
ed io sono ancora in piedi,
non sono ancora andato a dormire,
per questo essa par non debba mai
finire.
Basterebbe chiudessi gli occhi
per rilassarmi un po’,
ma delle campane i rintocchi
mi fan sobbalzare e sbattere con la
testa
contro il comò
a fianco del mio letto,
per questo sono sempre così lesto
a non abbassar la guardia.
Se dormo, faccio come i gatti,
un occhio chiuso e l’altro che
sbircia avanti.
La gente ti sta vicino molto spesso
per guadagno,
la nostra vita è una battuta di
caccia,
il denaro la splendida beccaccia
che sfugge spesso al nostro tiro;
ma di tiratori scelti ce ne sono,
restano in disparte, bisbigliano tra
loro,
tramano;
mi dicevano non è normale
tutto quello che pensi, come ti
comporti;
per me è naturale,
elementare,
basilare,
sono una freccia nera scoccata da un
arco
teso all’inverosimile,
la punta lorda di acida bile.
Io volo in cielo tutto solo
e precipito in caduta libera;
cado, cado
senza sosta
nel precipizio
dell’oblio.
La sabbia rossa del Sahara
custodirà
la mia ultima e mesta eredità.
Ma non vorrei esistere,
a volte,
non vorrei sussistere,
resistere
agli urti della vita.
Mi dicevano; impara a camminare,
non guardare
sempre gli altri;
ma non siamo specchi,
siamo solo vetri
incapaci di catturare il riflesso più
nitido;
il mio animo spesso è nudo
nelle mie poesie;
lo si ritrova confuso,
nella notte delle stelle cadenti
la morte e il desiderio
a fondersi
in un effetto deleterio.
E un Io spiaggiato,
moribondo,
ferito ed autolesionista,
che vuole giocare da solista,
mentre trema sotto la luce fioca
di una luna che contiene qualcosa
di una realtà distopica.
NOTA DELL’AUTORE
Grazie di tutto, come sempre.