Thomas
Vincent
Erano
passati ormai almeno due anni da quando visitò il Kadic, due
anni da
quel giorno, quel giorno in cui visitò quella maledetta
scuola.
Eppure
se lo ricordava come se fossero passati pochi giorni.
Si
ricordava di quella scuola a causa dell' aura misteriosa che emanava:
il Kadic era un grosso edificio diviso in quattro sezioni i
dormitori, le aule, il Palazzo di scienze e l' amministrazione.
Più
in là c' era la mensa: un edificio di un solo piano,
abbastanza
spartano, separato dalla scuola da una strada.
Quella
non era stata l' unica scuola che aveva visitato, ma nemmeno l'
ultima, poteva sembrare una scuola come un' altra, ma non era
così,
quella scuola nascondeva misteri.
Non si riferiva a Leone, un muratore moto cento anni fa, durante la costruzione della scuola, certo... era triste sapere di camminare sopra un morto, ma era peggio.
Forse
a rendere quella visita misteriosa era stato il clima, quel giorno
aveva fatto una bufera di neve, ma i capricci del clima non poteva
essere sufficienti a capire il perché dell' aura di mistero
che
investiva quella scuola.
Fece
una breve ricerca su internet, ma non trovò nulla di
eclatante, a
parte l' anno di costruzione, l' inizio del secolo scorso, il nome
del preside e poco altro.
Finché non lesse di un certo Franz Hopper, un professore di scienze del Kadic scomparso anni prima della sua visita insieme alla figlia di dodici anni, di nome Aelita.
Quella
storia lo stava prendendo fin troppo.
Ripercorse
quel breve tratto di tempo in cui era andato a visitare la scuola, si
soffermò soprattutto sugli studenti, gli parevano
misteriosi…
Si ricordava di una certa Aelita Stones, ma se fosse stata lei avrebbe dovuto avere almeno ventidue...
eppure
la foto dei due coincideva perfettamente... erano uguali, proprio due
gocce d' acqua... e ciò era impossibile.
ripercorse quel breve tratto di
tempo gli aveva fatto venire alla
mente memorie che voleva scordare.
Una
di queste era relegata al suo passato oscuro: si trovava in una casa
nella periferia della Città della torre di Ferro, non era
molto
lontana dalla campagna, non sembrava facesse parte della
città,
sembrava essere un piccolo paese.
Come
nei paesi la gente che abitava quella zona spettegolava su tutto, una
notizia di un fatto abbastanza piccolo veniva ingigantita alla
follia…
Era
mattina e una signora anziana, sua nonna gli stava parlando della
notte che aveva passato: negli ultimi giorni faceva sempre lo stesso
incubo, un mostro meccanico rosso si sarebbe abbattuto sulla loro
casa e dopo che l' avrebbe distrutta sarebbe successa una tragedia
alla famiglia, spesso le capitava di fare sogni particolari, si
diceva che quella donna facesse sogni premonitori, infatti ella aveva
previsto la caduta del regime nazista e la spartizione del mondo tra
i potenti. Come una grossa aquila che veniva sparta mentre planava e
squarciata da due uomini, uno con l' abito con stelle e strisce e l'
altro vestito di rosso.
Ma
quella volta era diverso, non c' entrava l' intera umanità,
ma solo
la sua famiglia.
Passarono
circa quattro settimane da quel giorno, quando il mostro meccanico si
abbatté sulla casa, e la tragedia si abbatté,
come previsto dalla
nonna.
I
due, infatti trovarono il nonno impiccato in un albero della
proprietà, portava il cinto legato stretto al collo e aveva
un'
espressione di chi aveva perso una grande battaglia.
Solo
a pensarci gli vennero i brividi.
Accese
la TV, per distrarsi dai ricordi del passato. Era sintonizzata su un
canale casuale e stavano trasmettendo una puntata di un banale
telequiz, quando sentì una variazione inspiegabile dell'
audio,
come se ci fosse stata un interferenza inspiegabile dell' audio, un
suono acutissimo, disturbante, questo suono, così sgraziato
gli
ricordava, per certi versi la sua vita, sbagliata perché l'
aveva
trattata male, perché aveva trattato male quella degli altri.
A
un certo punto dalla televisione sentì una voce fuoricampo
che disse
solo “Ajó, preparati che il tuo tempo è
scaduto”
Detto
questo la TV tornò normale, ma lui no, lui non poteva non
pensare ai
suoi errori, ai suoi sbagli, al aver trattato male gli altri.
Non
sapeva cosa poteva fare, o meglio lo sapeva, ma non voleva farlo non
gli sarebbe piaciuto farlo, ma, se c' era una cosa che gli era stata
insegnata era che pagare per i propri errori era l' unico modo per
scordarseli, non farlo significava portarseli dietro per sempre.
Così
fece, si slacciò il cinto, la appese alla ringhiera e si
impiccò.
Pose così fine alla sua vita.