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Autore: Laura Taibi    20/04/2018    3 recensioni
"Questa è una storia che parla di coraggio, d'amore e di sacrificio. Una storia che nessuno ha mai raccontato.
La storia di come Parigi fu salvata e, con essa, il mondo intero.
La storia di come un gatto uccise una coccinella."
Questa fanfiction è disponibile anche in audiolibro sul canale youtube degli ambrogisti anonimi, che ne detengono i diritti di pubblicazione.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cose non si stavano mettendo affatto bene.

Madame Coteau, la madre di Alya akumatizzata, era veloce e i suoi coltelli erano davvero affilati. Era già da un po' che gli akuma di papillon si erano fatti più pericolosi e agguerriti e quella volta Ladybug sentiva che forse non ce l'avrebbe fatta... non da sola.

Si ritrovò a scappare attraverso i tetti, nascondendosi dietro i comignoli per non farsi vedere e avere un attimo di respiro. I muscoli le dolevano per lo sforzo e non riusciva a pensare lucidamente mentre la paura s'insinuava sempre di più dentro di lei.

Si arrampicò sull'ennesimo tetto.

«Dove sei coccinella? Hai esaurito la tua fortuna?» sentì dire a Madame Coteau, in lontananza.

La torre Eiffel si stagliava contro il cielo grigio proprio davanti a lei, oltre la Senna. Se fosse arrivata lì, pensò Ladybug, avrebbe avuto la possibilità di vedere l'arrivo della akuma dall'alto e, magari, sferrarle un attacco a sorpresa. Lanciò lo yo-yo e si librò in aria, proprio sopra il fiume.

«Pensavi di sfuggirmi?» sentì urlare alle sue spalle. Madame Coteau le lanciò tre coltelli correndo per raggiungerla.

Ladybug riuscì a schivare i primi due ma il terzo la colpì di striscio sul braccio destro, facendole perdere la presa e cadere sul ponte sotto di lei.

«Finalmente ti ho tarpato le ali... consegnami i tuoi orecchini adesso.»

«Mai!» urlò Ladybug poggiandosi alla balaustra.

«Perfetto,» ghignò l'altra, «vorrà dire che li prenderò al tuo cadavere!» Da sotto la giacca da cuoco tirò fuori un intero set di coltelli luccicanti, dall'aria letale.

Ladybug si guardò intorno. Si trovava nel bel mezzo del ponte, ferita e senza ripari. Il taglio sul braccio sanguinava copiosamente, nonostante la sua mano sinistra stretta sopra.

Sapeva che era un rischio, ma capì che la sua unica possibilità era di saltare. Con un movimento fulmineo si issò sopra la balaustra e si gettò di sotto, nella Senna.

L'acqua era gelida e scura e la corrente era molto più forte di quanto avesse immaginato, ma quest'ultima cosa giocò a suo vantaggio, trascinandola lontano in pochi secondi. Lei rimase sott'acqua più che poté, cercando di non pensare a tutte le malattie che poteva prendersi se solo avesse assaggiato un sorso di quell'acqua torbida. Quando non né poté più riaffiorò a galla ma il braccio iniziò a bruciarle.

Aveva perso troppo sangue, la vista si stava offuscando e l'acqua gelata le intorpidiva il corpo, impedendole di nuotare. Sentì che stava lentamente affondando ma il corpo non le rispondeva più.

Quindi era così che doveva finire? Sconfitta da un fiume e da un paio di coltelli? Forse la gente avrebbe pianto la sua assenza, o forse Chat Noir sarebbe riapparso, dal nulla, e avrebbe terminato il compito che lei non aveva saputo portare a termine... forse avrebbe difeso Parigi da solo...

Qualcosa la afferrò per la vita. Nella semi coscienza avvertì degli strattoni, poi una luce che si avvicinava e, finalmente, aria. Se ne riempì i polmoni mentre veniva adagiata sulla pietra fredda.

«Ladybug, rispondimi!»

Avrebbe voluto, ma non ci riusciva.

«Ti prego, svegliati!»

Pian piano sentì il corpo riprendere coscienza di sé, socchiuse gli occhi e vide il volto familiare di Chat Noir a pochi centimetri dal suo.

«Chat... sei tu?» chiese lei, in un sussurro.

Lui si allontanò di scatto, rosso in viso e completamente fradicio. «Non è come credi, pensavo che... t-tu non riuscissi... si insomma...»

Ladybug sentì qualcosa rompersi all'interno del suo petto. Come se tutta la frustrazione e la paura che avesse cercato di tenere a bada avessero rotto gli argini, crollandole addosso. Avvertì un nodo alla gola e le lacrime che le salivano agli occhi.

Si mise a sedere e gettò le braccia al collo di Chat Noir, affondando il viso sulla sua spalla e singhiozzando senza più freno.

«D-dove sei stato?!» balbettò. «Avevo p-paura che ti fosse accaduto qualcosa!»

Chat, dopo un attimo di stupore, le passo le braccia intorno alla vita, stingendola. «Scusa, Non volevo farti preoccupare.»

Lei si sciolse dall'abbraccio, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, poi gli sorrise. «Sono felice che tu sia qui» disse.

«Anche io» rispose lui. In quel momento si accorse del braccio della ragazza.

«È un brutto taglio, dobbiamo fare qualcosa» disse, guardandosi intorno.

Si trovavano in una banchina in cui erano attraccati i traghetti che portavano lungo il fiume i turisti. In giro non vi era nessuno in quel momento – probabilmente perché, dopo i disordini di quegli ultimi giorni, la polizia teneva la gente alla larga – e lungo il molo vi erano attraccate un paio di barche con le loro bandiere francesi svolazzanti.

Chat fece un salto e ne afferrò una, che utilizzò per fasciare con cura il braccio di Ladybug.

«Dove sei stato?» gli chiese lei.

L'altro ci mise qualche minuto a rispondere, fingendo di concentrarsi su un nodo. «Sono stato... trattenuto» disse infine.

«Da chi?» insistette lei.

«Problemi di famiglia.»

Era la prima volta che parlavano di cose tanto vicine alla loro sfera personale.

«Mi dispiace. Qualunque cosa sia successa spero che tu l'abbia risolta.»

Chat sospirò. Aveva finito di fasciarle il braccio e Ladybug ammirò il lavoro del suo partner. «Wow, ci sai fare con...»

Non terminò la frase. Quando alzò lo sguardo Chat Noir aveva un'espressione dura e seria che non gli si addiceva per nulla.

«Tutto ok?» chiese lei.

«Ladybug, devo chiederti un favore» iniziò, alzando le braccia e avvicinando le mani al suo viso.

Era magnifica, come sempre. I suoi occhi, ancora rossi dopo il pianto, erano luccicanti come gli orecchini che indossava. Gli stessi orecchini che avrebbero riportato indietro sua madre, il pezzo mancante...

Lei gli sorrise. Si fidava ciecamente di lui, tanto da non sospettare nulla.

Chat Noir sospirò, dopodiché le mise le mani sulle spalle.

«Devi scappare.»

   
 
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