Ricordando il passato
[raccolta di One-shots]
Il
Sole riesce sempre a mettermi di buon umore, anche se questi raggi
invernali sono decisamente troppo freddi, ben lontani dal ricordo
della calda stagione estiva.
Ah,
l'Estate: solo a nominarla, mi
tornano in mente tutte quelle stupende giornate trascorse all'aperto,
lontano dall'Istituto e da studenti mediocri, incapaci di comprendere
la Vera Arte.
Quella
con la A maiuscola, per intenderci.
Quella
capace di trasmettere non solo la Bellezza, bensì anche i sentimenti
dietro ad ogni tratto a matita, dietro ad ogni macchia di colore.
Quell'Arte
che non riesco più a vedere da tanto tempo.
Comunque,
che sia inverno o primavera inoltrata, mi piace passeggiare per il cortile durante
l'intervallo, sfoggiando ovviamente la mia magnifica figura.
E
ricordando il passato.
Ricordo
infatti momenti futili, passeggeri, dimenticabili. Vita
quotidiana ormai vissuta, eppure solo adesso tanto preziosa.
Mi
ricordo in particolare di una passeggiata come tante altre,
durante,
ovviamente, l'intervallo.
Io stavo sopportando stoicamente la gelida brezza che mi tingeva di un
vivido rosa le mie meravigliose gote e la punta del mio naso
assolutamente perfetto.
Ecco
perché odio il freddo: sia per l'alterazione del mio stupendo
incarnato, sia per il fatto che con le basse temperature tendo spesso
a starnutire.
E tu, ad ogni mio starnuto, ridevi.
Smisi allora di spingere la tua carrozzella, effettivamente contrariato.
<<
Helios, che hai da ridere?>>
<<
Apollo caro, ti avevo detto di coprirti di più. E non mi hai
ascoltato.>> dicesti con un sospiro affranto, decisamente
teatrale << Povero me, perché ho avuto un allievo tanto
cocciuto?>> e ricominciasti a ridere. Ridevi sempre, per ogni
più piccola stupidaggine.
Ma chi ti credevi di essere, esattamente?
<< Non mi hai mai ascoltato.>> aggiungesti, socchiudendo quegli occhi stanchi, d'un pallido oro, lontano eco dell'ardore e della bellezza che ti faceva risplendere un tempo.
Maledetto
invalido: sono ancora certo che
se ti fossi realmente impegnato con la terapia, avresti recuperato
almeno in parte l'uso delle gambe; invece ti eri lasciato sopraffare
dall'incidente d'auto, dalla perdita di tua sorella, ed eri annegato
nella tua stessa pigrizia, ritrovandoti così per il resto dei tuoi
giorni vincolato ad una sedia.
Ed
io ti davo pure retta, portandoti ovunque per quei minuti di
ricreazione che trascorrevamo sempre insieme.
<<
Innanzitutto, io non ascolto le imposizioni degli
altri.>> fu la mia ovvia risposta, ma tu ridesti di nuovo.
<<
Eh, certo, con il tuo ego non le senti.>>
<<
Ehi-....>> sbuffai contrariato, ma tu quel giorno avevi
tanta voglia di parlare.
<<
Ti ricordi di quella ragazza? Ecco, ora saresti suo marito... ma hai
voluto agire di testa tua.>>
Daphne.
Sapevi,
dannato, che era una ferita aperta.
Eppure,
ogni volta, rigiravi il coltello nella piaga, sempre più a fondo:
certo, avrei potuto fermarla, avrei potuto dirle che effettivamente
l'amavo... ma ho sempre avuto un certo astio per le relazioni a lungo
termine.
O
forse la paura mi aveva frenato.
Nah,
non ho mai provato paura: ho sempre affrontato la vita di petto.
Diversamente da qualcuno.
<<
Diventare una cantante è sempre stato il suo sogno: ha avuto la
“metamorfosi” che
voleva.>> sospirai passandomi una mano tra la mia setosa chioma
aurea.
<<
Hai visto il suo ultimo video?>>
<<
Quello in cui canta con quel vestito che ricorda le fronde di un
albero? Già...>> chinai il capo e sorrisi: come il
sottoscritto, anche lei era stupenda, splendente, simile ad una dea.
Aveva introdotto nel crudele mondo della musica commerciale
la sua magnifica voce, conquistando i cuori di un innumerevole
numero di fan.
E
del suo attuale marito.
Ah, dannato: riuscivi sempre ad estorcere il mio lato più malinconico.
<< Insomma, è scappata dalle tue sgrinfie.>> ridesti ancora una maledetta volta.
Eravamo sulla collinetta della scuola, Helios: il mio cuore urlava a gran voce di lasciarti andare fino a fondo valle, ma effettivamente la discesa non era abbastanza ripida per farti prendere il volo.
<< Io l'amavo.>>
Mi
ricordo ancora il suo battito sotto quella stoffa troppo stretta, che
quasi mi aveva fatto dubitare di una possibile, corretta
respirazione. Mi ricordo ancora tutto di lei: dal profumo speziato,
dalla morbidezza dei capelli mossi, d'un caldo castano, fino alla
pelle liscia, segnata da tatuaggi tribali.
Effettivamente,
l'amavo, ma non abbastanza per dirle un “Sì”, quando, tra
le mie braccia, mi aveva chiesto di seguirla, di iniziare una nuova
vita insieme.
Ok,
lo ammetto: sono leggermente egocentrico, ma non riesco a
dimenticare chi mi sta vicino. E seguire lei per quell'intricata
foresta di contratti e di case discografiche, avrebbe significato
fare un salto nel vuoto ed allontanarmi da quelle persone che mi avevano sempre sostenuto.
Il
mio mutismo aveva generato il suo odio, aveva fatto scivolare lungo
il suo visino lacrime ripugnanti, aveva alimentato l'ira che era
sfociata nei peggiori insulti.
<<
Mhm... magari non era semplicemente il tuo genere.>> quella
vaga allusione mi convinse a spingerti giù dalla stradicciola, ma, per tua fortuna, mi trattenni.
<<
Non inganno mai le mie conquiste.>>
<<
Un uomo che sceglie la famiglia al posto di soldi-successo-donna,
fa sempre riflettere.>> annuisti, diventato improvvisamente
saggio << E non mi tirare di nuovo fuori la storia del
lavoro.>>
<<
Perché?>>
<<
Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio
posto.>> sorridesti con quell'espressione superiore che tanto
mi infastidiva << Non puoi.>>
<<
Non posso.>>
Sospirai:
alle volte eri davvero incorreggibile.
La
campana però suonò improvvisamente, sancendo la fine di quella
straziante -almeno per me- conversazione sui miei problemi.
<<
Apollo.>> mi chiamasti, poggiando le ossute mani sulle ruote
della carrozzella.
<<
Che vuoi, adesso?>>
<<
Non lasciarti sfuggire i momenti migliori: stai pur certo che non
torneranno.>>
Mi
mancano le chiacchierate con te.
Quei
momenti trascorsi insieme.
Perché
sei andato in pensione?
Ora,
infatti, ci sono solo io su questa collinetta. Ci sono solo io a
passeggiare per il cortile tra il vivido vociare studentesco. Molti
mi salutano, molti mi raggiungono per scambiare quattro parole, ma
manca sempre un qualcosa, un vuoto incolmabile.
Sì,
Helios, non te lo dirò mai direttamente, ma dopotutto sei e
rimarrai sempre il mio amico più caro. Anche se mi hai abbandonato,
senza neppure chiedermi prima il permesso.
Quanta maleducazione a questo mondo.
<< Profe!>>
Una
voce, mi distoglie improvvisamente dai miei ricordi.
Volgo
il mio magnifico sguardo aureo verso quella fonte di
distrazione, recuperando nel frattempo tutta la mia
superiorità annegata in un mare di malinconia. Tuttavia, una volta
incontrati quegli occhi azzurri, screziati di un caldo violetto, mi
sento quasi in difetto.
<<
Ah, mio caro Giacinto.>> come si conviene, saluto il mio
studente prediletto, che ben presto si avvicina decisamente troppo,
tanto che riesco persino a contargli gli astri che compongono la
costellazione di efelidi sul suo volto.
<<
Prof, volevo farle vedere il mio ultimo lavoro.>>
Dopo
aver frugato un po' nella cartellina quasi più grande di lui, mi
consegna il compito, dipinto con una tecnica davvero eccellente: il
soggetto del quadro è una magnifica natura bucolica, un campo
colorato di fiori con dettagli talmente vivi e realistici
da riuscire a coglierne quasi il profumo; però, prima ancora di
concentrarmi sulle rondini, sul Sole splendente o sull'acqua
cristallina, mi soffermo inevitabilmente sul nudo immerso nel fiume.
Ha
decisamente qualcosa di fin troppo familiare.
<<
Giacinto... ma...>> mi schiarisco la voce e mi passo la mano
sul collo in un massaggio rinvigorente, cercando di trovare una via
d'uscita da quella scomoda situazione << So che sono un modello
di vita ed apprezzo il tuo tratto così minuzioso nei dettagli, ma
non pensi che sia un po' troppo... come dire... inconsueto?>>
<<
Cosa intende dire? Io mi sono solo ispirato alla Vera
Bellezza.>> il mezzo sorriso di
quel ragazzo è in grado di destabilizzarmi.
Non
so esattamente se godere del riconoscimento della mia Bellezza o se
rimproverarlo per la sfacciataggine sempre più intollerabile: nel
dubbio, riprendo Ila, che proprio in questo momento sta correndo verso la sua nuova compagnia.
Non
si corre, dopotutto. Ci tengo a far rispettare le regole.
<< Profe, lei è libero questo pomeriggio?>> Giacinto però non demorde e con questa domanda riesce pure a strapparmi un'espressione più che stupita.
Insomma, in questa scuola persino gli alberi hanno orecchie per sentire.
<<
Scusa?>>
<<
Sì... ecco, volevo delle ripetizioni sull'uso corretto
dell'acquarello...>> a capo chino, mormora quelle parole quasi
imbarazzato.
Ma
non è assolutamente imbarazzato: è un falso pudore per scardinare
ogni mia difesa, visto che, dopotutto, mi piace dannatamente troppo
questa sua sfacciataggine.
Certo,
prima la china, poi le tempere, le matite ed ora l'acquarello...
forse effettivamente la situazione mi sta sfuggendo di mano,
ma finché sono accanto a quel fanciullo, non mi interessa
nient'altro.
<< Beh...>>
Non
lasciarti sfuggire i momenti migliori:
stai
pur certo che non torneranno.
Una
simile relazione non è di certo ben vista, anzi, sono sicuro che
sia anche illegale; eppure ogni volta che mi ritrovo con Giacinto mi
sento bene, mi sento vivo, ancora una volta, dopo tanto tempo.
E
il tuo suggerimento mi sprona a fare un passo per quell'ancor più
intricata, nuova foresta.
Grazie Helios, anche quando non ci sei, riesci sempre a consigliarmi bene.
<< Sì, oggi pomeriggio non devo fermarmi a scuola.>> e il mio assenso è la causa del più bel sorriso che abbia mai visto sul volto di quel ragazzo.
Chissà
perché, per un momento,
mi
pare quasi di sentire il tuo rauco sospiro rassegnato,
di
un uomo che ha perso ogni speranza.
Fine One-shot!
[…] Dimmi il nome di un professore liceale soddisfatto del proprio posto: semi-citazione a “La canzone di Achille” di Madeline Miller (Achille parlava di Eroi, Helios di professori, ma sono dettagli).
Angolo dell'Autrice:
Prima
di parlare della storia, volevo spendere due righe (o forse più) per
qualcosa a cui tengo particolarmente: come Apollo, quando mi sono
ritrovata a scrivere questo pensiero, ho riflettuto sul passato, sui
ricordi, sul motivo per cui certe amicizie sono tanto speciali ed
importanti.
Anche
quest'anno è arrivata la fine di Aprile. Anche quest'anno, cara
lettrice silenziosa che hai la pazienza di sopportarmi nella vita
reale, ti dovrai sciroppare il mio biglietto di auguri.
Di
solito ci si sofferma a riflettere sul presente, oppure si pensa
all'immediato futuro (per il ponte del primo Maggio andiamo a
mangiare sushi leggi messaggio subliminale tra le
righe, dopo gli esami si inizia patente, eccetera
eccetera), ma ciò che rende davvero unico un legame è il
passato.
Dal
primo discorso su Sailor Moon alle medie, fino alla visione di quella
“““““grande bellezza””””” della serie di
Troy (mortacci tua) di settimana scorsa, sono in tutto otto
anni, quasi nove di ricordi condivisi ed indimenticabili. E, certo,
non siamo più le ragazzine di un tempo (ancora due anni e si
inizia a guardare i cantieri, preparati), abbiamo iniziato il
liceo, siamo cresciute, ma ciò che non è mai cambiato è l'amicizia
che ci lega. E, credimi, io mi sento fortunata ad averti come
“migliore amica”: senza il tuo sostegno, non sarei
riuscita a rialzarmi da molte cadute o sarei affogata ancor di più
nel mio pessimo carattere introverso.
Quindi
spero davvero di condividere con te anche molti altri ricordi, molti
altri scleri, molti altri frammenti di vita.
Primo
tra tutti, il tuo compleanno.
Per
cui ti dedico questa breve fanfiction, queste parole e la canzone
“Those Nights” degli Skillet, che ho ascoltato in
loop fino ad adesso (immagina il mio cervello dopo intere ore di
ponderazione, immagina).
In
ogni caso mi scuso se non sono molto presente in questo periodo, ma
si sta avvicinando la fine della scuola e al pomeriggio ho sempre più
materie da studiare, tra cui la dannata tesina. I prossimi aggiornamenti subiranno
probabilmente dei ritardi, anche se mi impegnerò a non scomparire del tutto.
Un
bacio da _Lakshmi_!