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Autore: HikariRin    21/04/2018    1 recensioni
The Realm Between è una storia che indaga le motivazioni per le quali Isa e Lea si sono separati; copre l'arco narrativo della saga da Birth by Sleep al finale di Dream Drop Distance. Il legame tra i due protagonisti, tra i ricordi e il presente, è come un reame di mezzo: qualcosa che non è più possibile trovare nella stessa forma in cui è scomparso, cui farà da sfondo una delicata riflessione sui sentimenti e sull'esistenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Isa, Lea, Roxas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH Birth by Sleep, KH 358/2 Days
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- Questa storia fa parte della serie 'The Realm Between'
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The Realm Between ~ 10

Verità



Quella mattina, mi svegliai con un ricordo.

“Guarda! Guarda, Isa!”

Mi trovavo seduto sul bordo della torre, Lea aderiva con la schiena al muro dietro di me. Balzò in avanti indicando il cielo, e per un momento mi preoccupai seriamente che potesse cadere; mentre riflettevo sulle parole con cui avrei dovuto fargli comprendere la gravità del suo gesto, di fronte a noi una stella più luminosa delle altre attraversava il cielo notturno.

Rimasi affascinato a seguire la sua traiettoria, e subito dimenticai le parole che avevo trovato.

“Era una stella cadente! Era una stella cadente, vero?”

“Immagino di sì.”

Venne a sedersi accanto a me. Il sorriso che aveva negli occhi come tutte le volte aveva il potere di allontanare ogni risentimento e ogni dolore, e mi faceva desiderare di poter rimanere per sempre suo amico.

“L’abbiamo vista entrambi, quindi dobbiamo esprimere un desiderio!”

Nella fantasia dell’essere un ragazzino ancora inesperto, un tempo credevo potessero avverarsi.

Guardai lui che aveva già cominciato, sorrisi e provai a cercare le parole. Non ero spontaneo come lui, non mi era semplice. In qualche modo, però, riuscii. Fu una bella sensazione, come se fossi stato ripulito di tutta la malinconia che avevo provato prima di incontrarlo. Aprii di nuovo gli occhi e trovai che mi osservava da vicino; mi sorrise di nuovo, e si sporse in avanti come faceva sempre. Provai ancora un leggero timore.

“Che cos’hai chiesto?”

“Non si rivelano i desideri.”

“Davvero? Perché mai?”

“Ma come, non lo sai? Se lo si rivela a qualcuno, non è più un desiderio del cuore; quindi non si avvera.”

Rimase profondamente turbato, come se davvero non ne avesse mai sentito parlare.
Quindi portò indietro la schiena e riprese ad osservare il cielo.

“Allora non devo rivelarti il mio.”

 

Aprii gli occhi e tornai al presente. Era mattina. Ovviamente il mio desiderio di quel giorno riguardava lui. Fin dal principio della nostra amicizia sono stato a conoscenza del mio pessimo carattere. Non ho mai saputo dimostrare a una persona di ritenerla importante, e quando abbiamo perso il cuore questo non è cambiato.

Non ho mai avuto qualcosa che desiderasi davvero. La luna è pallida, non ha un volto.

Mi sentivo come lei, e ho sempre pensato che per Lea doveva essere dura.


Quando arrivai nel salone lo trovai di fronte alle cucine a bighellonare con Roxas; dietro di loro l’ombra del fantoccio, che pareva non avesse altro posto in cui andare. Si era creato un trambusto sempre crescente attorno a Xion, il quattordicesimo membro. No. I, una bambola creata da Vexen con parte dei ricordi di Sora.

La copia avrebbe dovuto lavorare con Roxas nel raccogliere cuori, copiare le sue abilità ed essere utile all’Organizzazione sotto il giogo d’essa. Avrebbe avuto motivo di accompagnarsi con Roxas, in missione. Ma con Axel non avrebbe di certo dovuto avere niente a che fare. Lo vidi allegro e attivo, a gesticolare senza sosta mentre attendevano di essere assegnati alle proprie missioni giornaliere, e non appena mi avvicinai appositamente per farli smettere vidi Roxas indicarmi, Xion ammutolire e Axel voltarsi. Da quando gli avevo chiesto di sorvegliare Xion, da quando lo avevo ammonito perché considerava quelle relazioni sfuggevoli ‘amicizia’, quella era la routine quotidiana della falsità delle loro frastornanti vocine contente.

Mi diceva spesso di essere senza cuore, ma credevo lo ripetesse agli altri perché ne ridessero. Da qualche tempo, invece, avevo il sentore che lo pensasse sul serio. Come se lui avesse un cuore, potesse provare dei sentimenti o potesse avere amici all’interno dell’Organizzazione. Questo pensiero mi faceva sorridere. Non è mai esistita una vera ‘Organizzazione’. Per quanto Zexion volesse sentirsi vicino agli altri o per quanto Roxas e Xion tenessero al proprio numero e alla propria posizione, siamo sempre stati solo tante persone incomplete che avevano una flebile speranza. A nostro modo, tutti dubitavamo di Xemnas. Si percepiva che chiunque di noi sarebbe rimasto per poco, che non appena avesse realizzato i propri obiettivi si sarebbe dissociato, e tra di noi era una continua guerra d’egemonia per il primo posto. Per tutti tranne forse qualche elemento che all’interno del nostro gruppo disomogeneo avrebbe voluto solo divertirsi.

Ero sicuro che Axel non fosse tra quelli. Ciò nonostante, avevo il sentore che Xemnas e il Numero II mi nascondessero qualcosa. Mi sentivo tagliato fuori, come se solo io fossi rimasto indietro. Xion aveva da poco fallito una missione, per me era stata solo una dimostrazione dei limiti del Progetto Replica, ma Xemnas non aveva voluto sostituirla. Quando, dopo poco tempo, era caduta in un sonno profondo, per me era stata conferma del fatto che non era altro che un’inutile ammasso di ferraglia. Rotta, vuota.

Xemnas la osservava e sorrideva, e quel sorridere da parte sua mi faceva pensare. Nei nostri progetti iniziali Xion avrebbe dovuto assorbire Roxas e rimanere sotto il nostro controllo. Ma se avesse iniziato a prendere coscienza di sé avremmo dovuto modificare i piani. Ciò non sembrava preoccupare nessuno di coloro che sedevano sui troni più elevati. Solo Axel e Roxas si preoccupavano fin troppo per ‘lei’, tanto che Axel venne a chiedermi di rivelargli la verità. Avevo tentato di avvertirlo già in diverse occasioni.

Anche durante quel giorno libero in cui ci ritrovammo a stretto contatto, poiché sapevo che quella sera si sarebbe recato sulla torre con Roxas e Xion, avrei voluto dirgli di prepararsi ad un’eventuale commiato da uno dei due. Non riuscii, perché non avrebbe capito. Mi dimostrò chiaramente anche in quel giorno, quando mi affrontò nella stanza assegnata al fantoccio che dormiva rivolta nella nostra posizione, che la nostra amicizia sarebbe presto evaporata. I suoi occhi avrebbero voluto intimidirmi, ma non avrebbero potuto. Perché non provavo alcuna pena, né per lui, né per Roxas. Inchiodai i suoi occhi come la persona senza cuore che lui credeva che io fossi, e facendo leva sulle sue insicurezze lo colpii ancora una volta.

“Di' un po’. Che ci trovate di tanto interessante in questa... Cosa?
  Capisco Roxas, perché sono davvero simili. Ma tu?
  Non vorrai ancora parlarmi di amicizia.”

“Rispetto le tue opinioni sulla dipartita dei nostri sentimenti, ma non ti permetto di offenderla ancora.”

“Tu non vuoi vedere. Ti basta guardarla per capire che non è come noi.”

“Non capisco. Non capisco. Che cosa dovrebbe risultarmi tanto evidente?!
  È una persona. Parla, ride, sa essere triste. Quei due sono umani. Sei tu che non vuoi vedere.”

Colpì il muro con un palmo, tanto forte che lo sentii vibrare dietro la schiena.

“Umani?”

Ripetei quel termine senza alcuno scrupolo di poterlo urtare, perché si rendesse conto di aver detto una sciocchezza. Aggrottò le ciglia e mi si appressò intestardendosi sui miei occhi.

“Se continuerai a ferire i sentimenti delle persone intorno a te, resterai solo.”

Notai del rancore nel suo sguardo. Si separò da me e si diresse versi la porta. Intendeva lasciare la stanza, ma quella sua indolenza nei riguardi di cosa io avrei potuto provare se avessi avuto un cuore mi aveva fatto venire la voglia di distruggere quel suo mondo di sogno. Io non ero abbastanza umano per lui?

“Vexen.”

Avrei potuto rivelargli la verità personalmente, ma non ne avrei tratto alcun giovamento. Si fermò sull’uscio, addossandosi sullo stipite. Se proprio avesse voluto, avrebbe potuto raggiungere il Castello dell’Oblio, scoperchiare ogni riga degli appunti a riguardo del Progetto Replica e tornare da me implorando perdono.

“Dovrebbe aver lasciato qualcosa, nel Castello dell’Oblio. Qualcosa di inerente a Naminé e Xion.”

“Entrambe provengono da quel luogo, giusto?”

“Corretto.”

Dopo aver esitato a lungo, lasciò la stanza. Cominciavo a pensare che Lea avesse trovato una nuova dimensione nella quale lui e i suoi nuovi amici sarebbero stati sempre insieme; altri sogni. Forse davvero il nostro passato aveva perso ogni significato per lui. Pensai che fosse anche colpa della mia indolenza.

Quella stessa sera incrociai Roxas e Xion lungo il corridoio. Parevano felici, parlavano del loro migliore amico. Non chiesi niente. Axel aveva voluto separarsi da me. Il mio desiderio non si sarebbe avverato.

~

Lea scoprì tutta la verità e si mostrò d’accordo con me sul fatto che i ragazzini dovevano essere tenuti lontani dal Castello. Non venne mai da me a chiedermi scusa, ma si mostrò entusiasta in seguito ad una missione particolare cui era stato assegnato con Roxas, e nell’impeto della sua esuberanza mi disse sorridendo come la persona di un tempo che avremmo dovuto visitare un certo mondo insieme. Aveva volato, aveva visto la luna. Una scoperta fantastica. In quel momento pensai che sì, avrei voluto andarci con lui.

Tempo dopo le battute sarcastiche del Numero II mi aiutarono a capire cosa effettivamente non riuscivo a vedere. La Replica continuava ad avere strani svenimenti. D’altro canto, stava gradualmente sfuggendo al controllo dell’Organizzazione. Dichiarava di avere ricordi del suo passato ed avrebbe voluto scoprire la verità su se stessa. In quel periodo mi tormentavo chiedendomi se una mera riproduzione di qualcun altro potesse avere cognizione di sé. In fondo era proprio come noi. L’unica differenza forse era data dal modo in cui eravamo nati. Un Nessuno nasce spontaneamente quando si manipola l’oscurità, una Replica viene costruita. Mi colpì che lei avesse domande, e ricordai le parole di Axel sul fatto che lei e Roxas erano umani. Non lo ritenevo lontanamente possibile, ma cominciava a divenirmi chiaro perché Xemnas volesse sostituire la Replica con Roxas. Anche Axel continuava a mentire loro, e a distanza vedevo dipanarsi le conseguenze dello strascico di falsità che stava costruendo intorno al loro esiguo mondo felice.

“È andata al Castello dell’Oblio. Ha scoperto la verità.”

“Prima o poi lo avrebbe scoperto.”

“Ora cosa faranno? Le correranno dietro per distruggerla?”

“La lasceranno andare. La bambola non è più utile. Ha esaurito il suo compito.”

“A nessuno di voi importa niente di lei?”

Continuava a parlarne come se fosse una persona, e ciò rendeva il suo discorso parecchio irritante.

“Lei non è un membro dell’Organizzazione.”

“Quindi non merita considerazione?”

“Il piano di Xemnas può funzionare molto bene anche solo con Roxas.
  Non riesco a capacitarmi del fatto che per correre dietro a lei vorresti sacrificare tutti noi.”

Volse gli occhi in un’altra direzione, con un’espressione costernata davvero ben fabbricata.

“Non è quello che ho detto.”

“È esattamente quello che hai detto. Costringi te stesso ad affrontare la realtà.
  Devi smetterla di non guardare negli occhi chi ti sta parlando quando non ti piace ciò che dice, Lea.”

Allora mi guardò, e finalmente mi sembrò che chiedesse perdono.

“Xion non verrà recuperata. E tu dovrai attenerti al piano come previsto.
  Non puoi continuare a costruirti intorno una prigione di bugie. Un giorno non riuscirai più ad uscirne.
  Parla a quel ragazzo.”

Conclusi l’argomento, e lo lasciai solo con i suoi pensieri. Era il primo a negare a se stesso che non avrebbe potuto avere un futuro con i suoi amici. Reputavo assurdo che avesse mollato ogni speranza per inseguire qualcosa di immaginario, e di contro ero partecipe ogni giorno dei successi del piano dell’Organizzazione.

Cominciai a separarmi dall’idea di cercare un’alternativa per avere indietro il mio cuore, e mentre gli intenti di Axel che avrebbe voluto riportare indietro il fantoccio alleandosi con Roxas mi erano del tutto indecifrabili, quelli di Xemnas apparivano invece sempre più chiari. Ma non riuscivo a ‘vedere’ Xion.
Tentavo di concretizzarne il motivo, senza successo.

Ogni qualvolta ci pensavo mi tornavano alla mente dei ricordi di una giornata trascorsa sulla torre del Giardino Radioso.

Il plenilunio rendeva il cielo più pallido. Ero sereno, ed il silenzio di quella notte incontrava la quiete del mio cuore. Lea non aveva detto una parola da quando era calato il sole; di tanto in tanto sospirava, ed avevo intuito che c’era qualcosa che non andava. D’ un tratto lo vidi stringersi nella mia giacca ed allungare una delle sue mani verso di me, per stringere la mia.

“Sei freddo.”

Mi disse, dopo qualche secondo trascorso a scaldarmi. M’imbarazzò molto quella sua intraprendenza, ma ciò su cui rifletto tutt’ora è che non ho mai saputo se parlasse della mia temperatura corporea, se si stesse scusando per il fatto di avermi lasciato le spalle scoperte o se si riferisse alla freddezza di spirito.

Non dissi niente, comunque. Pensavo fosse superfluo chiedere scusa.

 

~


Trascorso qualche tempo, l’opposizione di Axel ai piani dell’Organizzazione si fece sempre più manifesta. Catturò Xion e la riportò indietro, sebbene volessimo distruggerla. Capii che non aveva ancora avuto un confronto diretto con Roxas, e poiché lui era ancora inconsapevole di ciò che riguardava la Replica decisi di usarlo per avere informazioni sulle mosse del suo migliore amico.Xemnas rivelò che entrambe le modalità in cui la faccenda si sarebbe potuta risolvere sarebbero state un bene per noi. Xion avrebbe potuto assorbire Roxas, oppure Roxas avrebbe cancellato Xion. Poiché il legame che si era creato tra loro avrebbe influenzato negativamente uno dei due, all’Organizzazione sarebbe stato sufficiente che ne rimanesse uno.

Axel, però, interferì con ogni nostro tentativo d’accelerare le cose. Proprio mentre Roxas era più debole lasciò fuggire Xion e mostrò di non avere alcuna giustificazione.

Niente che gli importasse del nostro intento originario, niente di quello presente.

Tuttavia gli dissi chiaramente di scegliere, e feci leva sulla preponderanza per lui del concetto d’amicizia.

Non avrebbe avuto alcun motivo per scegliere il fantoccio, quindi mi aspettavo scegliesse Roxas.

Non condividevamo più alcun obiettivo, ma lo udii discorrere con il Numero XIII negli ultimi giorni della sua permanenza nell’Organizzazione. Cercava di fargli comprendere, e probabilmente di convincersi, che la Replica doveva essere eliminata. Pensai ch’era finalmente giunto alla conclusione più ovvia, e tuttavia sentivo di non potermi fidare di lui. Aveva tre amici, ed era riuscito ad allontanarli tutti. Quanto a Roxas, quel ragazzo non aveva mai sopportato il mio volto o il mio modo di parlare, specie di Xion.

Non lo avevo mai potuto soffrire di rimando. Credevo mi avesse sottratto una persona. Con le sue espressioni umane, i suoi pensieri bambineschi, il suo affetto che pareva essere vero aveva irretito Axel.

Speravo che, riflettendoci sopra, lui stesso giungesse alla conclusione che l’amicizia che un tempo legava me e lui era quella più autentica. I legami nati nel periodo nel quale i sentimenti ci vengono negati, non ho mai considerato se possano anch’essi essere autentici. E se anche provassimo una sensazione di umanità crescente, il potere dei ricordi è molto più grande. Quindi ero convinto che Axel non poteva aver dimenticato.

Ma nel giorno in cui Roxas si presentò di fronte a me, alle porte del castello, e mi disse di non avere niente da dirmi, mi domandai con quale facoltà potesse scegliere, se con quella della mente o quella del cuore. Sguainò il suo Keyblade e lo vidi piuttosto determinato. C’era qualcosa di risoluto in lui, qualcosa di furente. Poiché aveva un motivo per esserlo, conclusi a mia volta che doveva essere umano, che aveva un cuore, e come lui ed Axel si erano incontrati. Niente avviene per caso, sono sempre stato convinto che la luna guida in modo più o meno solare il destino di ciascuno di noi, e forse in quel momento intendeva dirmi che avevo lasciato in sospeso qualcosa di importante, e che sbagliavo a sentirmi tradito.

“Dove intenderesti andare?”

“Non ti riguarda.”

“Axel.”

A sentire il nome del suo migliore amico sgranò gli occhi ed abbassò la sua arma. Realmente, non aveva mai pensato di abbandonare i suoi amici. Lui e Lea dovevano essersi trovati su questo punto. Lea non avrebbe mai abbandonato i suoi amici. E, quasi come se qualcuno mi stesse guidando, cominciai a capire.

Ma ero convinto che lo avrei sconfitto, perché io meritavo quella persona più di tutti in virtù del fatto che, dalla base della torre, io lo avevo sempre osservato da lontano, e nei momenti bui lo avevo protetto.

“Avevamo un percorso, avevamo dei piani. Avremmo avuto ancora tante cose da fare insieme.
  Ma ha incontrato te. È sempre stato così; ha sempre preferito le amicizie, i legami, i sentimenti.
  Eppure, credevo avesse capito che nessuno di noi avrebbe mai potuto legarsi davvero.”

“Sei tu.”

Mi fissava negli occhi. Nel volto, un’espressione apparentemente sorpresa.

“L’amico delle vacanze estive.”

Rimase interdetto per un attimo, poi fece un passo in avanti tendendomi una mano.

“Axel non ha mai smesso di considerarti un amico. Vuole parlare con te.”

“Noi non sentiamo l’amicizia!”

Qualcosa mi aveva spinto ad aggredirlo. Dall’interno. Sapevo che era tutto finto, pur tuttavia sul mio volto era comparsa l’espressione più vera che io avessi mai avuto. Con Lea, sulla torre, non mostravo mai alcuna apparente espressione. All’interno di quel castello nel niente agivo come un involucro vuoto.

“Axel non è tuo amico, non è mai stato vostro amico! Non è più il mio.”

“Eppure avete mangiato un gelato insieme.”

Aveva abbassato il viso. Sembrava in qualche modo struggersi per me.
Mi chiesi come un estraneo potesse interessarsi al nostro rapporto.

Doveva essere quella la vera amicizia.

“Quante cose ti ha raccontato? Comunque, ora non ha più importanza.”

Sollevai la mia arma puntandola contro di lui, e lo vidi riassestarsi in modo meno sicuro.
Usai il medesimo sguardo che avevo usato con Axel.

Non avevo più parole di rimprovero; e mi doleva il petto.

“Il tuo tentativo di fuga terminerà qui; e subito dopo toccherà ad Axel.”

“Non sei padrone sul suo cuore.”

Sollevò il Keyblade allo stesso modo; la sua voce si era fatta più intensa.

“Nemmeno Kingdom Hearts lo è. Nessuno lo è.”

“Dimostramelo.”

Invocai il potere del mio elemento. Speravo che quella luna mi guidasse.
Di lì a poco, avrei capito che la luna che avremmo dovuto ascoltare era quella che avevamo lasciato indietro.

“Se riuscirai a sconfiggermi, riconsidererò di concedergli il mio perdono.”

 

Quella notte, Roxas ebbe la meglio su di me. Ancora non mi capacito di come. Ma avevo promesso e, come a suo tempo chiesi una promessa al mio migliore amico, era arrivato per me il momento di mantenerne un’altra. Mentre giacevo sul ghiaccio di quelle lastre bianche piegato sulle ginocchia, mi tornarono in mente le sue parole. Mi tornò alla mente la nostra promessa.

Forse mi ero soltanto perduto, e avevo aspettato che Lea mi salvasse; quindi mi ero indebolito, e avevo cominciato a fare affidamento su un’altra persona. Per questo Roxas mi aveva sconfitto, perché avevo aspettato a lungo e avevo sperato fino alla fine che lui si ricordasse di me.

~ 

Qualche giorno dopo, mi presentai nella sua stanza. Senza bussare. Avevo voluto prendermi del tempo, per riflettere su cosa avrei dovuto fare da quel momento in poi. Lo trovai sdraiato sul letto, in direzione del soffitto, con un bastoncino del gelato in mano. Mi avvicinai quanto bastava per capire che era lo stesso che, quando lo avevamo appena accolto fra noi, aveva Roxas. Non si voltò a guardarmi. Fissava la scritta sul bastoncino, insieme all’ombra di chi non c’era più.

“Doveva essere davvero molto importante per te.”

Aggrottò le ciglia, e si volse verso il vetro della finestra. Mi mossi verso di lui, arrivandogli di fronte al viso e piegandomi sulle ginocchia. Sapevo che lo invidiava, perché lui aveva avuto il coraggio di scappare.

“Quest’espressione è vera?”

“È finta. Non sento niente.”

Non voleva proprio guardarmi in viso.

Roxas aveva fatto quello che noi avremmo dovuto fare molto tempo prima.
Allora ero stato io a dire che non avremmo avuto altra scelta che restare.

Un giorno, che sapevo sarebbe stato distante, avremmo potuto essere liberi.
Solo non immaginavo che avrebbe richiesto così tanto tempo, e mi sentivo in colpa.

Avrei dovuto spronare Lea a fuggire. E invece avevo fatto in modo che lui rimanesse con me.

“Cosa farai, ora? Te ne andrai anche tu?”

“Non ho motivo di andarmene da qui.”

Ancora una volta scelsi di credere alle sue bugie.

“Domani ti manderanno ad affrontarlo.”

“Oggi è ancora oggi. Domani sarà domani. Non voglio pensare a domani.” 

Rigirava fra le mani il bastoncino del gelato, e altro non potei fare che dirigermi nuovamente verso la porta. Lo sentii voltarsi verso di me. Mi fermai sull’uscio che si aprì di fronte a me, e rimasi in attesa.

“Un anno fa, avrei dovuto darti retta. Sarebbe stato tutto diverso, ora. Ti chiedo scusa.”

Non mi voltai ad esaminare il suo viso, ma sapevo che stava parlando col il sorriso sulle labbra e gli occhi semichiusi. Se Roxas era davvero umano, desideravo che gli avesse donato un cuore.

“Lea, mi dispiace di essere freddo.”

Non disse più niente, e lasciai che la porta si chiudesse dietro di me. Mi fermai ancora lungo il corridoio.

Ringraziavo che Lea non avesse mai rinunciato a starmi accanto.
Da un lato mi aveva rincuorato il fatto che avesse parlato di me a Roxas.

Ma ringraziavo anche che mi mancasse il cuore, perché se lo avessi avuto
mentre si sarebbe scusato
avrei avvertito soltanto altro dolore.

 

 

 


Quella notte, la luce della luna prendeva tutto il cielo. Aveva sorriso, i suoi occhi erano socchiusi.
Aveva sollevato una mano quasi a volerla afferrare, poi si era voltato verso di me.

“Oggi la luna è davvero bellissima, vero?”

Non mi soffermai neanche un momento sulle sue parole.
Ricordo che mi voltai, portando un braccio di fronte al viso.
Mi percepii più caldo del solito; sapeva soltanto mettermi in imbarazzo.

 

“No, Lea. Oggi era più bello il sole.”



La volta successiva in cui visitai quella stanza, la trovai vuota.
Ed anche in quelle successive.


Aveva scelto di seguire Roxas.
Mi aveva abbandonato di nuovo.

 Il mio desiderio non si avverò mai.
Allora, non ebbi più motivo di perdonarlo.


Realizzai che probabilmente ne avremmo discusso ancora, in seguito.


 

Note dell’autrice:

Salve a tutti, sono HikariRin e con questo capitolo abbiamo raggiunto la fine di Days.
Da quando Axel scopre la verità su Xion, lei diviene il punto focale della narrazione. Durante quello che nel gioco stesso viene intitolato ‘Il Giorno Più Lungo’ (255) vi è una discussione tra i piani alti dell’Organizzazione; nei diari segreti, Xigbar ci fa intendere come lui e Xemnas vedono Xion. Ma, a quanto sembra, Saïx è l’unico a non riuscire a vederla fino alla fine. Diverse volte si dice “Saïx riderebbe in faccia a una persona senza cuore che chiama gli altri ‘amici’”, oppure che ‘non capirebbe’ il legame che si è creato tra Axel, Roxas e Xion.

Nel mio immaginario, non può capirlo perché il non avere legami è ciò per cui ha scelto di non avere un cuore, e ovviamente a causa dell’influenza di Xehanort.

Nel Giorno 299, invece, vi è un interessante colloquio tra Axel e Saïx. Axel sbaglia ad associarsi con Roxas e Xion, in questo il suo amico di un tempo è stato chiaro fin dall’inizio. E pur sapendo che Xion è una Replica, Axel ancora la chiama sua amica. Saïx quindi lo avverte del fatto che l’Organizzazione ne farà fuori uno. Sembra non condividere questa visione delle cose; lo avverte perché razionalmente operi una scelta.

Quello che realmente cerca di dirgli è che dovrebbe riflettere sulla loro amicizia perduta. Quella era la più autentica di tutte, perché era un legame creato quando ancora entrambi potevano sentire di essere amici.

 Axel, però, dimostra diverse volte di aver scelto Roxas. Nonostante lui sia arrabbiato per il fatto che il suo migliore amico abbia attaccato Xion senza dargli spiegazioni, Axel lo raggiunge. Il giorno dopo, torna solitario nel loro solito posto. Ormai non ha più niente da spartire con Saïx; almeno, non gli obiettivi che lui voleva propinargli. La cosa più importante per Lea sia tenersi i suoi amici; nel momento in cui Saïx non gli ha mostrato più alcuna considerazione, ha scelto Roxas.

C’è una bellissima frase nel manga di Days, in cui - negli ultimi giorni di Xion – Saïx trova Axel a terra svenuto. L’ha riportata indietro per l’ennesima volta, così Saïx gli chiede ‘cosa stai cercando di proteggere’?

Nell’ultimo scontro tra Roxas e Saïx come io l’ho voluto rappresentare, vediamo l’associare il gelato all’amicizia da parte di Roxas. È molto tenero, ma dall’altro lato vediamo una gelosia senza sentimento.

Ovviamente, Saïx non può fare altro che dare la colpa a Roxas.

La frase ‘la luna è bellissima, non è vero?’ in Giappone è in realtà una dichiarazione d’amore, iniziata da un poeta di nome Natsume Souseki che in una delle sue opere la indicò come un modo delicato di dire ‘Ti amo’.

Isa ha reagito come se avesse voluto convincersi che Lea non stava davvero intendendo una cosa simile.
In effetti Lea lo aveva detto semplicemente in virtù del loro rapporto molto stretto. Non pensava affatto ad una connotazione ancora più profonda dei termini che stava usando, anche se in seguito – il capitolo extra - ha tentato in modo estremo di legarsi al suo amico, quasi che dovesse esserci un filo legato alle due estremità per cui, anche nell’oblio dei sentimenti e della cognizione, non si sarebbero mai perduti. Era un tentativo di rimanere insieme contro la solitudine, qualcosa che forse che entrambi avrebbero dovuto fare qualche anno prima. Nel prossimo capitolo comincerà a profilarsi questa drammatica realtà.

 

 

 

 

 

   
 
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