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Autore: Eleonora_Vasile    21/04/2018    5 recensioni
Castiel ancora non sa che Dean Winchester, l'affascinante peccatore che il giovane ha il compito di strappare dalla perdizione, stravolgerà la sua esistenza e tutto ciò in cui ha fermamente creduto da quando è venuto al mondo. Cercando un ultimo appiglio a cui aggrapparsi, un senso alla sua missione, troverà Dean.
Dean è perso : la sua famiglia gli è stata strappata via con la forza e si trova intrappolato in una comunità di psicopatici religiosi, o almeno così li ritiene lui. Eppure una luce nel buio c'è. E' un ragazzo dagli occhi blu, appartenente a un mondo completamente diverso dal suo.
Nonostante le loro idee siano così differenti, a tratti addirittura contrastanti, ognuno imparerà a conoscere se stesso attraverso gli occhi dell'altro.
Attenzione: i personaggi esprimono opinioni, sebbene opposte , particolarmente controverse sulla religione e ci tengo a precisare che non rispecchiano per forza le mie idee e che non intendo offendere in nessun modo la sensibilità dei lettori. Ovviamente nulla di blasfemo o, a mio avviso, poco rispettoso è contenuto nella storia e sicuramente nulla che non si potrebbe trovare tranquillamente anche nella serie originale. Ogni critica è più che ben accetta. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Dean lo ama, lo ama più che mai. Lo ama quando lo ferisce, quando lo colpisce deliberatamente, quando lo evita; lo ama quando sta con un’altra, quando ride e la fa ridere, quando piange solo alla sera e quando vuole morire, senza una ragione in particolare. Del resto aveva superato da un pezzo l’aver bisogno di una ragione. Dean lo ama anche quando lo odia, lo ama anche quando odia se stesso. Lo ama soprattutto in quei momenti, quando per un attimo la situazione sembra prendere un senso, un ordine nell’universo, come lo aveva ogni aspetto della sua vita una volta, con Castiel. E’ giusto che Dean soffra, se fa soffrire Cas, no? E sa di farlo stramaledettamente bene. Basta non incrociare quello sguardo celeste tristissimo per far andare avanti lo spettacolo.
Quando Sam arriva lo guarda con due occhi da cucciolo perso che vanno da lui a Castiel.
- Ehi, Dean. Non crederai mai a cosa ha fatto la Anderson ieri durante matematica… - Da qualche giorno ha “misteriosamente” preso il posto di Cas sulla sedia davanti a lui, mentre il ragazzo dagli occhi blu rimane in piedi davanti alla finestra, con il viso piantato sui vetri. Sam parla senza fermarsi e Castiel guarda di sfuggita Dean. Se ne è accorto, lo ignora e si concentra su suo fratello, anche se non sente una sola parola del piccolo Sammy. Dopo un po’, stufo,  attende il momento giusto  per far cadere di scatto gli occhi su Castiel, che torna immediatamente alla finestra, ma dopo qualche secondo, come se avesse cambiato idea, gira la testa e lo fissa scocciato. Dean decide di ricambiare lo sguardo. Nessuno dei due si rende conto che Sam ha smesso di parlare e li osserva imbarazzato. Si passa una mano troppe volte tra i capelli e tossisce, ma Dean non distoglie gli occhi e Cas neanche.
- Tutto bene? – domanda, dopo l’ennesimo colpo di tosse.
- Sì. – sorride velocemente Castiel.
- A meraviglia. –risponde contemporaneamente Dean. Il ragazzino sospira. Cas e Dean spostano nervosamente gli occhi nello stesso momento.Sammy incrocia con sguardo severo quello arrabbiato di Dean. “Risolvi” mima con le labbra. Come se Dean avesse bisogno della traduzione a parole dello sguardo del fratello, o la conferma di ciò che più vorrebbe poter fare al mondo.
 Dopo che Sam esce a malapena si guardano. Castiel prende un libro dal letto e passeggia per la stanza, lontano.
- Ti ricordi… di Sansone? – domanda diretta. Non risponde e guarda per terra.
- Dean?
- Il tizio strano con i capelli più lunghi di Sammy. – tira fuori nervosamente, spostando lo sguardo su un’altra piastrella.
- Esatto. – annuisce Castiel. – Sansone… ti ricordi? … traeva forza dai suoi capelli. Un angelo aveva predetto che non avrebbero mai dovuto tagliarglieli. Ma s’innamorò. – Castiel fa una pausa di troppo. Dean non respira, né alza lo sguardo. – Di una donna bellissima, di nome Dalila. Una filistea. Nemica del suo popolo, della sua famiglia. – Sembra che improvvisamente Castiel si renda conto di quello che sta dicendo, perché sembra abbia fretta di finirlo il più velocemente possibile. – Ma lei non lo amava davvero, lo stava sfruttando per sapere quale fosse il suo punto debole e quando scoprì che erano i capelli glieli tagliò, lo legò a una colonna e… non importa! – Castiel getta il libro sul letto e Dean sobbalza. Quello non era proprio da Cas. La rabbia è lì per Dean, gli lambisce il petto e si allontana, per poi attaccarlo di nuovo. come un’onda. E dopo la rabbia viene l’amarezza. E dopo l’amarezza, la tristezza. Le conosce bene tutte. Castiel si siede sul letto, a gambe incrociate, nell’angolo più lontano da Dean, che si sente costretto a calcolarlo.
- Odio Sansone. – dice come se spiegasse tutto.
- Cosa vuoi, Castiel? – brontola. Castiel non risponde e a Dean quel silenzio fa male sul serio, carico di malinconia e parole non dette. Vorrebbe abbracciarlo, dirgli che va tutto bene e che fa bene a non caricarsi del peso di fare coming out. E lo pensa sul serio. Non può fargliene una colpa. Sa bene cosa voglia dire avere paura, quella profonda, di dubbi e incertezze, di farsi più male fino a scuotere ogni pezzo della tua anima, quei pezzi che erano le tue fondamenta e non avrebbero mai dovuto essere mossi. Avere i capelli tagliati. Non tutti potrebbero capire. E no, non avrebbe mai voluto questo per Cas. Avrebbe voluto proteggerlo, prendere a botte ogni singolo prete del cazzo che avrebbe osato cercare di fargli del male. Cas avrebbe apprezzato? Probabilmente no. Ma perché semplicemente non lasciarsi tutto alle spalle? Perché non andare via? Evitare il dolore?
- Dobbiamo… trovare una soluzione. Almeno durante queste ore. Un compromesso. – Ma non dice nient’altro. “Cosa cerchi Castiel? Un consiglio?”
- Di che parli?
- Non serve a niente fare delle lezioni così.
- Ah… capisco… - tira gli angoli della bocca mestamente. – E’ della lezione che ti preoccupi.
- No! – scatta Castiel. – Lo sai cosa…
- Cosa…?
- Lascia perdere… – Gli batte il cuore. Perché? Perché non è come gli altri? Perché non può semplicemente superarla? Forse deve incoraggiare quel discorso, forse deve dire tutte quelle parole. “Cosa dovrei fare io? Solo? Dovrei sopportare di vederti ogni giorno senza poterti avere? Di vederti ogni giorno uccidere lentamente te stesso? Perché non posso scappare senza di te, Castiel. Non posso pensare di dirti addio. Mi stai intrappolando qui con te. E so che sono un egoista del cazzo e non dovrei obbligarti a realizzare i miei sogni eccetera ma… la verità è che ci sono passato. Per quanto possa far male scoprirsi davanti ai propri cari non farà mai tanto male quanto rimanere nascosto e sentirti amato per qualcuno che non sei. Un giorno ti pentirai di aver mentito alle persone a cui vuoi bene per così tanto tempo. E le cose migliorano, e puoi essere te stesso e liberarti della paura. E potremmo stare insieme. Ah, giusto. Non ne valgo la pena.”. Dean si zittisce mentalmente e lascia morire le parole, ancora. Del resto fa parte del gioco, sentirsi più vivi per pochi attimi bloccati nel tempo e poi subirne le conseguenze. E Dean era stato davvero troppo felice. Peggio per lui se ora sta male. Quando torna in camera l’Hallelujah eseguito quella mattina, troppo simile alle canzoni di Cas, gli risuona nelle orecchie. Hallelujah! Non quella cantata in chiesa. Quella famosa. Era quella la canzone che confondeva con il canto di Re Davide. L’Hallelujah. Cerca di ricordarsi il testo. Parla di una persona innamorata e ferita, ma non ricorda le esatte parole. Solo il ritornello, in cui ripete “Hallelujah”. Prova ad intonare quella parte. No, non gli torna in mente nient’altro. Si butta sul letto, tira fuori dalla tasca la cravatta di Castiel. Cosa sta facendo? Castiel ha ragione, non possono andare avanti così. Deve farsela passare. Castiel ha fatto la sua scelta, Dean deve fare la sua. Guarda la cravatta. Dovrebbe cominciare liberandosi di quella. Dove? Si guarda attorno. Niente cestino, né accendini. Forse basterebbe buttarla fuori dalla finestra inferriata. Si alza, fa per avvicinarsi. Pensa ai giorni che potrebbero passare, al male che dovrà fare, prima di non provare niente per Castiel. Vede i mesi scorrere, si vede farsi indifferente. Si allontanano. Dean scappa, o lo fanno uscire. E’ l’ultimo giorno, l’ultima volta che vede Castiel, ma non prova dolore. Lo saluta come lo sconosciuto che è diventato, gli augura, ad alta voce o nella mente, buona fortuna, gira le spalle e chiude la porta come ormai ha fatto troppe volte. Fine. Ogni tanto magari ripenserà a lui, si chiederà che fine ha fatto, magari sorriderà a qualche ricordo felice e cercherà di dimenticare quelli tristi, scuoterà la testa ripetendo che non era destino, o qualche cazzata del genere. No. Non lo fa sentire meglio. Guarda verso l’alto per cercare di fermarle, poi si arrende e si asciuga le lacrime con una mano. Si rimette la cravatta in tasca e singhiozza nel silenzio per qualche minuto, prima di convincersi a smettere. Che ore sono? Spera che padre Metatron non passi con le sue piacevolissime lezioni sulla dannazione dello “stile di vita omosessuale” . Non le reggerebbe quel giorno. Ovviamente il suo desiderio non si realizza. Mezz’ora dopo qualcuno bussa alla sua porta. Divertente. Come se Dean avesse le chiavi per aprirla.
- Dean Winchester! – chiama la voce di Metatron.
- Ti prego, apri e finiamola in fretta oggi. – Dean sente il rumore delle chiavi che girano nella toppa, il familiare scricchiolare.
- Dean, hai visite dal signor Winchester,
- Sammy? – Dean scatta in piedi, per poi pentirsene l’attimo dopo.
- No… - lo aiuta il sacerdote. Dietro di lui, un uomo dal viso rugoso e segnato dagli anni lo osserva. Indossa un vecchio giubbotto e ha un portamento militare.
- Papà?
   
 
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