CAPITOLO UNO
“Silva erat vasta
(Litanam Galli vocabant),
qua exercitum
traducturus erat”.
Tito Livio, Ab urbe
condita libri.
(C’era una gran
foresta, chiamata Litana dai Galli,
attraverso la quale
doveva passare l’esercito).
Un refolo di vento sfiorò la fronte di Rufillo. Era così che
a lui sembrava che la mano di Dio gli stesse facendo una calda carezza, a
spronarlo a proseguire nella sua missione divina ed evangelica.
Ma il vento non sfiorava solo la sua pelle; come un incantesimo
profondo ed ancestrale, percuoteva con delicatezza le fronde dell’infinità di
alberi che lo circondavano.
Il rumore prodotto dal sommarsi di tutti questi fruscii
creava un sottofondo che non era affatto piacevole, se sommato al fatto che la
natura incontrastata circondava il drappello umano da ogni lato, e nessuno
sapeva con precisione quale fosse la sua estensione.
La via Emilia era inghiottita ormai dal verde; dopo secoli di
scarso interesse nei confronti delle strade e della viabilità romana, e in
virtù del successivo e totale abbandono, tutto era finito in rovina. Restava
solo l’indelebile tracciato in pietra sconnessa che attraversava una foresta
primigenia, quella che era stata chiamata Selva Litana(1) dagli avi, quand’essi
giunsero nelle terre di confine a combattere aspre guerre contro i Galli.
Sembrava infatti che le orecchie del monaco potessero
avvertire ancora le grida dei legionari Romani mentre venivano massacrati dai
fedeli dei druidi(2).
“E’ una foresta maledetta”, borbottò tra sé Flavio Massimo,
il Vescovo di Nursia, che era stato incaricato dal pontefice in persona a
recarsi in quelle terre remote, ai confini del ristretto mondo conosciuto.
Rufillo, la sua fedele guida, stringeva i finimenti del
cavallo tra le mani e guidava l’animale lungo il percorso deserto, mentre le
guardie greche che li scortavano e che li avrebbero dovuti proteggere, in caso
di pericolo, apparivano a loro volta molto impressionate.
L’anziano monaco aveva imparato a non avere più paura
dell’infinità di rumori agghiaccianti che la natura sapeva offrire all’orecchio
umano. Lui aveva scelto di abbandonare appositamente la civiltà, per
addentrarsi in territori ormai da lustri interi in mano a quelli che venivano
considerati barbari e pagani, dove la scrittura e la burocrazia di palazzo
lasciavano spazio ai continui scontri armati, e, talvolta, all’anarchia.
Sapeva ormai che a spaventarlo non dovevano essere piante e
fruscii, bensì la parte più incline alla violenza dell’essere umano, per questo
stava sempre molto attento, e i suoi occhi, anche se ormai segnati dall’età, si
sforzavano in continuazione di perlustrare l’ambiente circostante.
“Invoco il Nostro Signore affinché sia clemente con noi. Temo
altrimenti che, senza la Sua guida, non raggiungeremo mai la nostra meta”,
tornò a dire il Vescovo, a voce alta, quella volta.
Rufillo non si volse a guardarlo, e si limitò a sorridere in
modo benevolo.
“La natura è la casa che Dio ci ha donato, non c’è motivo di
temerla”, rassicurò l’anziano amico a parole, senza mai abbassare la guardia.
“Una casa che può essere piena di ospiti, possibilmente
violenti. È che non sono abituato a tutto questo, e…”.
Le restanti parole di Flavio Massimo furono portate via dal
vento, le cui raffiche sembravano intensificarsi in continuazione. Il monaco si
concesse così un attimo di pace, ad occhi aperti.
Lasciò che la sua mente si crogiolasse in alcuni suoi ricordi
che lo riportavano a vivere anni di durissime ma volute e desiderate
privazioni, in cui il suo corpo martoriato dai digiuni si era finalmente
sentito vicino all’ultima ed estrema sofferenza del Cristo Salvatore.
NOTE
(1)La Selva Litana era una foresta primigenia che si
estendeva, presumibilmente, dall’attuale Emilia fino all’attuale Romagna(probabilmente,
all’incirca, da Bologna fino a Ravenna, ma anche oltre, fino a Modena). Essa fu
poi quasi totalmente abbattuta a seguito della conquista romana e dell’avvento
dell’agricoltura e della centuriazione. Ricrebbe e rioccupò lo spazio perduto
dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente.
(2)La Selva Litana divenne infatti molto famosa poiché fu
teatro di una sanguinosa battaglia(presumibilmente nei pressi dell’attuale
Forlì), tra truppe romane e celtiche. I celti vinsero grazie ad un’astuta
imboscata, e sterminarono ben due legioni.
NOTA DELL’AUTORE
Grazie per aver letto fin qui. Spero che anche i prossimi
piccoli capitoli possano essere di vostro gradimento ^^