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Autore: Aleki77    03/07/2009    2 recensioni
Un bacio rubato e poi un altro ancora e tutto precipiterà. Riprende da dopo la visione di THE ITCH (il prurito)
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Diciassettesimo capitolo – Silence and Talkativeness
Diciassettesimo capitolo – Silence and Talkativeness


“… non dovrai interferire assolutamente con il tuo team in questi giorni di transizione e quindi, per non lasciarti nulla facente, ho pensato che potrai occupare il tuo abbondante tempo libero stando in clinica.” – Cuddy camminava avanti e indietro per il suo studio mentre cercava di spiegare a due increduli medici le basi dell’accordo che aveva stipulato con il legale della parte avversa.

House si alzò di scatto e iniziò a gesticolare furiosamente. – “Passi pure che mi togli un caso! Non m’interessa!” – Si avvicinò alla donna con aria furiosa. – “Ma non puoi tenermi lontano dal mio ufficio per lasciare Foreman a giocare al dottore! Che si trovi un altro posto lui! Io c’ero prima!”

“Oh avanti House! Non metterti a fare i capricci come un bambino, puoi portare con te i tuoi giocattoli!” – Disse Cuddy irritata. Sospirò pesantemente cercando di ritrovare la sua abituale calma e compostezza. – “Ti avevo espressamente invitata a non fare quel test e tu non mi hai dato retta e queste sono solo le conseguenze, prima le accetti e prima riusciremo ad andare avanti con questa faccenda!” – Mentre il tono di voce nelle ultime sillabe rischiò di divenire stridulo.

Lui si voltò di scatto verso la ragazza in rosa che se ne stava silenziosa in un angolo. – “E tu non dici nulla? È della tua etica che si sta discutendo!” – Gesticolando furiosamente per mettere enfasi nelle sue parole.

Lei alzò il capo e lo fissò con occhi vacui come se guardasse oltre di lui. – “Ho fatto il mio lavoro con coscienza.” – Bisbigliò con voce sconfitta.

House ruotò gli occhi indispettito. – “Sì, certo Santa Cameron! La tua coscienza!”

“House, lasciala in pace!” – Disse Cuddy intromettendosi in quella piccola discussione quasi privata.

Cameron scattò in piedi e si spostò una ciocca di capelli che era sfuggita al fermaglio. – “Ha ragione lui: la mia coscienza non basta.” – Si guardò attorno per un istante e poi con lunghe falcate si diresse verso la porta. – “Vado a parlare con Irene!” – Convinta che quella fosse la sua unica chance.

“Cosa?” – Cuddy la guardò frastornata. – “No, aspetta!” – Mettendosi sulla strada della giovane donna. – “Non puoi andarci!” – Allungò una mano verso la donna cercando di fermarla. – “Non puoi avvicinarti alla stanza del paziente e lei non esce davvero mai da quella stanza.”

La giovane dottoressa la guardò un attimo confusa, ma poi si fece coraggio e cercò una strategia per portare a termine il suo piano. – “La farò uscire con una scusa!” – Lanciando un malinconico sorriso verso House.

“È una buona idea.” – Disse il diagnosta come se il compiere una qualunque azione lo rasserenasse per un fioco istante.

“No! Assolutamente no!” – Disse Cuddy risoluta. – “E’ stata molto esplicita: chiunque voglia parlare con lei, lo deve fare tramite il suo avvocato.”

House guardò scocciato il decano di medicina. – “Per andare in bagno ora dovremo fare domanda in carta bollata?” – Attingendo dal suo vasto repertorio sarcastico.

“Vi posso far incontrare l’avvocato, ma non ho nessuna intenzione di spendere un centesimo per cavarvi dai guai!” – Cercando di trovare una mediazione accettabile per tutti.

Cameron e House si scambiarono un’occhiata significativa e in silenzio sembrarono trovare un’intesa. – “Va bene, per ora ci basta.” – Disse Cameron.

Le spalle del diagnosta vennero scosse da un lungo brivido. – “Detesto gli avvocati!”

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Da quando Cuddy li aveva lasciati soli nel suo studio erano già trascorsi oltre cinque minuti e uno scomodo silenzio era sceso tra loro. Cameron si alzò di scatto dirigendosi verso una finestra e House fece magicamente comparire tra le proprie dita una PSP. I suoni del giochetto elettronico furono accolti dalla giovane dottoressa come una benedizione, se il silenzio fosse durato ancora probabilmente si sarebbe messa a urlare tutta la sua frustrazione e una cosa del genere non era suo carattere.

Riprese a guardare fuori dalla finestra e ricordò quello che soleva dirle sua madre: “Saprai che è quello giusto quando anche in silenzio vi troverete a vostro agio.” Lei scosse il capo vigorosamente e cercò di scacciare quel pensiero. Lo sapeva da tempo che lui non era quello giusto per lei perché non l’avrebbe resa felice eppure non poteva far a meno di volerlo. Lo guardò di soppiatto e rise di se stessa; negli ultimi cinque anni lo aveva considerato come la sua malattia personale da cui non c’era cura se non inutili palliativi, ma ora stava rischiando che l’infezione si propagasse come un incendio in tutto il suo corpo eppure dentro di sé lo sentì come un rischio calcolato che andava affrontato secondo la regola di “O la va o la spacca”.

“Che pensi che ci dirà?” – Chiese continuando a guardare fuori.

Lui mugugnò indispettito e subito dopo la musichetta di game over riempì la stanza. – “Mi hai distratto!” – Ruggì il diagnosta.

Si guardarono per un istante che fu colmo d’imbarazzo, che lui fu pronto a spazzar via con una battuta. – “E’ un avvocato!” – Ruotando gli occhi come se con quelle tre parole avesse chiarito il concetto.

Cameron ridacchiò e sentì la tensione abbandonarle le spalle. – “Già, è per questo che te lo chiedo, sei tu quello esperto di questi colloqui.”

Lui scartò un lecca-lecca alla fragola e le mostrò una faccia buffa. – “Di solito io sono quello in un angolo che si ascolta l’ultimo album dei Green Day.”

“Oh certo! Avrei dovuto immaginarlo.” – Si allontanò dalla finestra e si sedette sul divanetto a poca distanza da lui. – “Ne hai uno per me?” – Chiese tendendo una mano.

Lo sguardo che lui le lanciò fu un miscuglio di orrore, sorpresa e compiacimento. – “Non sei preoccupata che ti possa venire una carie?” – Mentre tirava fuori dal taschino un lecca-lecca rosso.

“Mi lavo sempre i denti prima di andare a dormire.” – Sfilandoglielo dalle mani senza ringraziarlo.

“Una brava ragazzina insomma!” – Disse lui disgustato.

Lei fece spallucce e s’infilò il lecca-lecca in bocca. – “Adoro le fragole.” – Gli lanciò uno sguardo angelico e poi si sistemò una ciocca di capelli dietro alle orecchie.

“Quand’è che tornerai bruna?” – Mentre cambiava il settaggio della propria PSP.

“Pesavo che ti piacesse il mio look da prostituta.” – Mentre un sorriso soddisfatto le si disegnava in volto.

“Pensavo che festeggiassi ogni tuo cambiamento di status cambiando colore.” – Alzando per un attimo gli occhi dal giochino.

Lei lo guardò confusa, ma poi una luce di comprensione le si accese negli occhi. – “Oh quello!” – Sprofondò un poco di più nel divano e lasciò che un leggero sospiro vagasse per la stanza. – “Non l’ho ancora elaborato.”

Lui finse nuovamente di concentrarsi sulla propria PSP. – “Ti ha lasciato lui suppongo.” – Mentre traspariva tutto il suo nervosismo da come muoveva il ginocchio sinistro. – “E’ più facile, meno senso di colpa, meno …”

“L’ho lasciato io.” – Senza permettergli di finire la frase.

House alzò di scatto gli occhi verso Cameron e un’espressione sbigottita gli si dipinse in volto. – “Oh!” – Fu tutto quello che riuscì a dire, mentre una valanga di domande lo investirono.

Senza preavviso la porta dello studio si aprì e la voce di Cuddy annunciò che non erano più soli.

Cameron scattò in piedi e fece scivolare nel taschino dello srub il lecca-lecca.

“Prego da questa parte.” – Disse Cuddy facendo entrare un uomo biondo sui trentacinque anni. – “Le presento la dottoressa Cameron e il dottor House signor Highland.”

A quel nome sia Cameron sia House non poterono far a meno di scrutare l’uomo che avevano davanti.

“Molto piacere.” – Disse tendendo la mano nella direzione di Cameron. – “Godfrey Highland.”

La giovane dottoressa gli strinse la mano con professionalità. – “Allison Cameron.”

Il giovane avvocato tese la mano verso House che lo ignorò platealmente aumentando il volume del suo giochetto spara-spara.

Cuddy buttò gli occhi al cielo ma si riprese in fretta. – “Il signor Highland è l’avvocato personale del signor Patrick Highland.”

“Vedo che questo paese continua a reggersi sul nepotismo.” – Disse House senza realmente distrarsi.

L’avvocato rise. – “In effetti, ha ragione dottor House, l’essere cugino di Patrick mi ha permesso di avere un ufficio d’angolo con una comoda poltrona di pelle.”

“E il nome lo hanno trovato su un almanacco del 1800 immagino.” – Alzando finalmente lo sguardo.

“Questa è più facile!” – Disse ridendo. – “Un’ala della biblioteca di Princeton era intitolata a mio nonno e quindi i miei si sono solo assicurati che fosse ben chiaro a rettori e a professori che il mio cognome non era frutto del caso.”

“Un raccomandato dunque!” – Mentre con lo sguardo si soffermava su dei dettagli apparentemente inutili come la piega dei pantaloni.

“Ovvio!” – Mentre la sfida gli ardeva negli occhi.

“Mi spiace …” – Disse Cuddy cercando di trovare ancora una volta le parole per giustificare il suo miglior diagnosta e suo peggior dipendente.

“Non importa.” – Disse scuotendo una mano. – “Irene mi aveva avvisato.”

“Dunque conosce bene quella pazza.” – Disse House mentre di nascosto Cuddy cercava con gesti disperati di fermarlo.

“Lo spero bene! Irene è mia moglie.” – Sorridendo amabilmente.

E l’ufficio piombò nel silenzio.

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--- continua .... spero ... ho decisamente perso l'ispirazione ... mi spiace ... spero sia lei a venirmi a cercare! ---

Grazie a tutti per avermi seguito fin qui!
  
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