Disclaimer: 'Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà della Marvel e dei loro
disegnatori\sceneggiatori;
questa storia
è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma per puro
divertimento'.
Credits: 'Sweet Sixteen' di Billy Idol.
I’ll do
anything
For my
sweet sixteen,
And I’ll do
anything
For little
runaway child.
Logan
non era un tipo facile. No, non lo era affatto.
E non
era neppure una di quelle persone ‘socievoli’, nel
senso in cui la maggior
parte della gente intende tale parola.
Era un lupo
solitario.
Una persona egoista
agli
occhi del mondo ed ai suoi.
Eppure
ricordava bene che questa, una canzone di Billy Idol, era stata la
prima cosa
che gli era balenata in mente
nel preciso istante in cui quegli stessi occhi si
erano posati su di lei.
Anna.
Marie. Rogue.
Tutte queste cose e nessuna delle tre.
Chiunque
lei fosse, all’epoca, Logan non lo sapeva e neppure
gl’importava.
Del
resto neppure lui sapeva chi fosse in realtà, eccetto per
quel soprannome
inciso nel cuore,
sulla pelle e su quelle piastrine militari d’adamantio che si
ritrovava al collo ma di cui non ricordava assolutamente nulla.
Wolverine, c’era
scritto così.
Logan
non conosceva ancora nulla di lei. Nulla.
Eppure
aveva saputo con certezza fin dal primo istante che per ‘quel nulla’
avrebbe mandato volentieri a puttane tutta la sua vita,
se quella che
si ritrovava a vivere poteva davvero definirsi tale.
“Che
diavolo ti prende ora, eh?! Tu non sei così.
Sei un
fottutissimo lupo solitario! E poi
guardala..
E’ una
ragazzina..
E tu –diosolosa!- quanti anni
hai!”, si era ritrovato a pensare
tra sé e sé.
Eppure
non si era dato retta. Non aveva potuto farlo perché
c’era qualcosa d’ipnotico
negli occhi di quella ragazzina.
Qualcosa
di così, come dire.. Puro.
Non era
assolutamente il tipo di persona che pensi di poter incontrare in un
posto del
genere,
in un bar sperduto in
qualche luogo dimenticato da Dio ma non da
camionisti, loschi individui e donne di dubbia morale.
Gave my
heart an engagement ring.
She took
everything,
everything
I gave her,
Oh sweet
sixteen.
Built a
moon for a rocking chair,
I never
guessed it would rock her far from her.
Oh, oh, oh,
oh.
Someone’s
built a candy castle
For my sweet
sixteen.
Someone’s
built a candy brain and filled it in.
Si
erano
ritrovati poi a viaggiare insieme sul suo furgone per chilometri e
chilometri,
diretti ovunque e in nessun posto allo stesso tempo.
Perché nessuno dei due
aveva un posto dove andare né un posto dove ritornare.
E allora avevano vagato
per diversi giorni fino a raggiungere un posto per persone come loro,
per mutanti.
Era una
specie di ‘scuola’ o ‘istituto’
dov’erano stati accolti a braccia aperte da
perfetti sconosciuti che, col tempo,
erano diventati per loro una specie di
grande famiglia.
Avevano così trovato finalmente anche loro un luogo a cui appartenere.
E lì,
insieme, il lupo solitario e la ragazzina avevano condiviso tutto.
Gioie e dolori.
Sorrisi e lacrime.
Infinite battaglie.
Vittorie e sconfitte.
Lui
era
partito più volte alla ricerca del suo passato lasciandola sola,
tra le lacrime,
con solo quelle fredde piastrine a farle compagnia
durante il giorno ed a riscaldarla di notte.
Ma,
alla fine, era sempre tornato a ‘casa’.
Da
Ororo, Hank, Charles e tutti gli altri che ora chiamava ‘amici’;
da Jean, la donna che desiderava, e dal suo eterno amico-nemico
Scott, compagno di Jean nonché capo della squadra.
E da lei,
da
quella ragazzina a cui aveva promesso di ritornare per riprendersi le
sue
piastrine,
che lei gelosamente
custodiva come se
fossero la cosa più preziosa che esistesse al mondo:
simbolo tangibile del
legame speciale e profondo che li univa.
Un
legame indistruttibile
proprio
come il metallo con cui erano state
forgiate.
Perché
in fondo era proprio così, e per quanto Logan non se ne
rendesse conto o non
volesse farlo,
per quella ragazzina lui era davvero il centro del mondo.
Ed
anche oltre.
Non
era
semplicemente una ‘piccola infatuazione
adolescenziale’ o ‘la mitizzazione di
un uomo che ai suoi occhi appariva come un eroe’,
come tutti sostenevano e
bisbigliavano quando la vedevano ridere mentre era con lui e piangere
quando lui
era via.
Lei lo amava davvero, dal
più profondo del suo cuore.
Lo
aveva amato da sempre, dal primo istante in cui i suoi occhi
s’erano specchiati
in quelli castano di lui in quel bar sperduto in Canada.
Era per
questo che aveva sempre preso tutto ciò che riguardasse lui
con un sorriso,
anche le cose che parevano strapparle il cuore, ancora pulsante, dal
petto; come ad esempio vederlo flirtare con la rossa dottoressa
o lasciarla sola per
andare alla ricerca di qualcosa, senza neppure sapere da dove
cominciare,
solo
con la promessa di un ‘nonsodirebenequando’
ritorno.
For my
sweet sixteen.
Oh, I’ll do
anything
For little
runaway child.
Well,
memories will burn you.
Memories
grow older as people can,
They just
get colder
Like sweet
sixteen.
Eppure,
nonostante tutto, l’unica cosa che in fondo gli era riuscita
bene fino a quel
momento era stato farle del male.
Farla
soffrire.
Non
era
neppure riuscita a salvarla in tempo su Liberty Island.
Lì
lei
era quasi morta, morta.
E lo
sarebbe stata se non fosse stato per il suo dono,
o meglio, per il
dono di entrambi.
Lei
poteva assorbire, col solo contatto pelle a pelle, energia, poteri e
memorie di
qualsiasi essere umano, mutante e non.
Lui possedeva, oltre ad uno scheletro e
ad artigli retrattili di adamantio,
un fattore di guarigione unico che gli
permetteva di rigenerare qualsiasi ferita subisse, organi compresi.
Così
l’aveva stretta a sé, senza timore per la sua vita per quel
contatto pelle a
pelle.
Sapeva
cosa sarebbe potuto accadergli ma non gl’importava.
Le aveva promesso di prendersi
cura di lei, di
proteggerla.
Era disposto a qualsiasi
cosa per lei.
Ma
col
passare del tempo tutto cambia ed anche loro inevitabilmente erano
cambiati.
Lei non
era più una bambina, era cresciuta, diventando una donna.
Una
splendida donna.
Anche
se per lui sarebbe rimasta in eterno la sua dolce ragazzina.
Quella
dolce ragazzina che continuava a proteggere, prendendosi cura di
lei.
Ma
c’era dell’altro.
Tutte
quelle strane
fantasie
che ora gli giravano in testa ogni volta che la
osservava,
sia che chiacchierasse con gli amici o che si allenasse nella Danger
Room,
e che venivano constantemente alimentate dalle sue attenzioni, tutte esclusivamente per
lui,
lo turbavano tanto da non lasciargli chiudere occhio di notte.
Così
si
era allontanato da lei ancora una volta, per darle del tempo, per darsi
del
tempo.
Per
riflettere.
Erano
trascorsi diversi anni on the road prima che Logan decidesse di tornare
all’istituto.
Quello
che non sapeva era che al suo ritorno le cose non sarebbero
più state le
stesse.
Credeva
che l’avrebbe trovata lì, ad attenderlo a braccia
aperte, con quel suo dolce
sorriso,
l’unica cosa che riuscisse a scacciare ogni demone dalla sua
testa.
Ma lei non c’era, o
meglio, non c’era come lui
s’aspettava di trovarla.
Era cambiata, ancora una
volta.
Quel
sorriso che l’aveva accolto al suo rientro nascondeva
qualcosa, qualcosa di
grande.
Qualcosa che Logan non s’aspettava di trovare e che non
credeva potesse
fargli male più di quegli incubi notturni
fatti di laboratori, uomini in camici
bianchi e strani strumenti.
Amore.
Era proprio Amore quello
che brillava nei suoi occhi.
Solo
che, questa volta, non era per lui.
Baby, that
you are
All through
here.
Oh, oh, oh, oh.
La
stessa canzone che gli era balenata in mente il giorno in cui
l’aveva
conosciuta ritornava ora con prepotenza.
“Solo ora
mi è chiaro che tu eri
tutto per me.”
pensò Logan, trattenendo una lacrima.
Perché
il Wolverine non piange, mai.
For my
sweet sixteen.
Someone’s
built a candy house
To house
her in.
Someone’s
built a candy castle
For my
sweet sixteen.
Someone’s
built a candy brain
And filled
it in.
And I do
anything
For my
sweet sixteen.
And I do
anything
For little
runaway girl.
Lei
viveva finalmente felice, dopo così tanto tempo e tante
lacrime, in quel mondo
tutto suo che aveva sempre sognato,
in quel castello fatto di carte
da gioco