Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Watson_my_head    24/04/2018    3 recensioni
Sherlock è morto. Cosa è successo in quei due anni prima del suo ritorno?
Questa è la storia di John, un uomo distrutto costretto a venire a patti con se stesso e a trovare la forza, forse, di cambiare il proprio destino.
#introspettivo #friendstolover #fixingpostreichenbach #happyending #dontbescared!
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



“Ci sono ricordi che non cancellerò, persone che non dimenticherò, silenzi che preferisco tacere”

Fito Páez

 




Mercoledi.

Ore 11:27

“Dottore, il paziente delle 11 e 30 ha annullato l'appuntamento. Ho chiamato il successivo ma non ce la fa ad arrivare prima, quindi...ha un'ora libera.”

La guardo. Nancy è una segretaria modello. Sempre perfetta, sempre cordiale, sempre precisa. Non ha mai un capello fuori posto. Le mani curate, il sorriso felice. Mi chiedo se abbia una vita vera fuori da qui. Non ha bambini, fa qualsiasi turno a qualsiasi ora. Ha un gatto che vive in giardino, però. Non è sposata. La sto osservando un po' troppo. Non sono molto bravo in realtà a fare questo gioco.

“..dottore?”

“Si grazie Nancy”.

Sta indugiando sulla porta. Ti prego vattene.

“Dottore vuole che le porti qualcosa, un caffè, da mangiare?”

“No grazie, sto bene così.”

Annuisce. Solito sorriso gentile. La trovo assolutamente noiosa.

Sorrido appena, non per lei. Esce dallo studio e chiude la porta. Passo una mano sugli occhi, guardo fuori falla finestra. Londra è perfettamente grigia oggi. Una sfumatura deliziosa. Piove incessantemente da due giorni. Mi rallegra molto. Che cos'è questa? Ironia? John, mi compiaccio. Mi ignoro. Mi volto per cercare il cellulare, non ho più attenzione nel tenerlo sempre a portata di mano. Lo lascio nei posti più disparati. Qualche mese fa l'ho perso per due giorni interi. L'ho trovato nel frigorifero. Non c'è quasi mai niente nel mio frigorifero, ma quella volta c'era il mio cellulare. E' stato quasi simpatico. Meglio che trovarci una testa, comunque...

Dici?

Mi schiarisco la voce. Ho bisogno di distrarmi dai miei stessi pensieri.

Lo trovo nella tasca della giacca appesa alla sedia. Ci sono 3 messaggi. Harry e Greg. Ignoro entrambi, non ho voglia di discutere, di nuovo. La pioggia sembra smettere per un secondo, attira la mia attenzione. Mi alzo, la sedia fa un rumore strano, mi avvicino alla finestra e guardo fuori. Non penso a niente, non riesco più a pensare a niente. Sento la testa vuota e sono stanco. La mia mano trema leggermente, stringo il pugno. Mi sento soffocare. Apro la finestra e lascio entrare la pioggia ed un ricordo.

Ma vorrei uscire io.

Mi perdo.

Smetteranno mai?

 

***

 

Era stato un caso complesso quello, anche per te. Duplice omicidio, i corpi ritrovati perfettamente puliti, vestiti e seduti a tavola, pronti per la cena. Nessuna parentela tra loro, nessuna correlazione apparente, due perfetti sconosciuti seduti nella cucina di una casa in vendita, a mangiare cibo di plastica. Morti. Quando Lestrade ci aveva portato il caso c'è mancato poco che ti mettessi a saltare. Forse qualche salto l'hai fatto, in effetti. Ci siamo vestiti e abbiamo raggiunto la scena del crimine.

“E' un'opera d'arte. Geniale”

Mi sono schiarito la voce. “Sherlock.”

Mi hai guardato un secondo, hai scosso la testa, poi ti sei avvicinato ai corpi e hai iniziato a studiarli. Io constatavo il decesso evidente per asfissia.

“Grazie John. Comunque dobbiamo capire non il come, ma il perché sono morti. Guardali! Che cos'è? Una rappresentazione teatrale? Un film? Per chi?”.

Ti sei allontanato maneggiando il cellulare.

In meno di dieci minuti sapevi ogni minimo particolare delle due vittime. Lei, donna d'affari sposata non felicemente con un avvocato, corso di cucina il martedì sera, yoga il giovedì, vegetariana, un coniglio domestico, due tatuaggi fatti da ragazza, un passato da barista, niente figli. Lui, architetto, figlio di una ricca famiglia inglese, sposato da poco con una ragazza francese, matrimonio riparatore, un figlio, 2 cani, villa con piscina, una passione per gli orologi e le macchine costose. Apparentemente nessuna cosa in comune tra loro. Sembrava un delitto perfetto destinato a rimanere irrisolto.

Ma c'era una cosa che l'assassino non aveva tenuto in conto. Sherlock Holmes.

“Non hanno niente in comune. Tranne una cosa. Lo stesso amante.”

“Straordinario”. Avrei mai potuto dire altro?

Il proprietario di un bar, vecchio amico di lei e cliente di lui. Uno psicopatico di primo livello.

Eri così affascinato ed estasiato da quella scena del crimine che una volta scoperto l'assassino hai voluto inseguirlo tu stesso. Probabilmente volevi farci una chiacchierata. Certe cose non le capirò mai.

“Hai chiamato la polizia?”- ti ho urlato mentre correvamo per Londra sotto una pioggia battente.

“Certo che l'ho chiamata, John!”

Non era vero.

Poi successe qualcosa. Finimmo lungo la banchina del fiume, in un posto pieno di container enormi. Praticamente, un labirinto di morte. Poteva essere ovunque. Fu un attimo e ci perdemmo di vista.

“Cristo”- mi rannicchiai contro uno dei container e tirai fuori la pistola. Con l'altra mano cercai il telefono. Ti scrissi un messaggio

-Dove cazzo sei. Io container rosso. Non fare niente, per l'amor di Dio.-

Non potevo sapere in effetti quanti container rossi ci fossero, ma quando eravamo arrivati lì non ne avevo visti altri. Non mi hai risposto.

“Cazzo, Sherlock”. Presi due o tre respiri e restando con la schiena attaccata alla parete di metallo scivolai fino all'angolo. Mi affacciai con prudenza. Pioveva così tanto che i miei occhi non riuscivano a restare aperti. Non vidi niente. Se si fa ammazzare giuro che questa volta... Restai qualche secondo a riflettere, indeciso se restare lì e aspettare che leggessi il mio messaggio o spostarmi e venire a cercarti. Scelsi per quest'ultima. Abbandonai il riparo del container rosso e passai velocemente all'altro. Distavano un paio di metri al massimo e di nuovo, mi spinsi in fondo verso l'angolo percorrendolo rapidamente per tutta la sua lunghezza. Oltre quello non c'erano altri container, ma solo la banchina e sotto, il fiume agitato. Mi affacciai con prudenza. Di nuovo non vidi niente.

“Cristo.” Presi il cellulare, nessun messaggio. Dovevo spostarmi, non più in orizzontale ma in verticale, salire oltre la linea di container nella quale mi trovavo. Sei bravo in queste cose John. Nessuna paura. Girai l'angolo, la schiena appoggiata sul lato corto del container, di fronte a me un paio di metri di cemento e sotto il fiume. Feci due passi, la pistola all'altezza del viso. Ti senti vivo, John? Un respiro. Lentamente, mi affacciai. Davanti a me un'altra fila di 4 container, una cinquantina di metri di spazio, calcolai, forse di più. L'assassino poteva trovarsi dietro l'angolo di ognuno di essi e così Sherlock. Non riuscivo nemmeno a immaginare che potessero essersi già scontrati, d'altronde non avevo sentito niente se non quella fottuta pioggia. Giuro che ti ammazzo.

E poi tutto accadde nello spazio di un secondo.

Qualcosa mi premette delicatamente contro la testa. Un bacio freddo. Acciaio e capelli. Una pistola gentile.

“Dottor Watson, mi ha fatto faticare per girarle attorno”. Aveva la voce più calma e terrificante che io abbia mai sentito. “Ora da bravo, dammi la pistola. Sei così carino che quasi mi dispiace”. Mi prese la pistola dalle mani, delicatamente e la gettò nel fiume. Rimasi immobile, completamente preso alla sprovvista. Mi maledii. “Cazzo”.

“Dottore, non le si addicono queste parole. Si giri, per favore. Lentamente, grazie”.

Mi girai il più lentamente possibile. Mi trovai davanti un uomo alto forse due metri, di una bellezza quasi finta. Sembrava un attore sulla scena di un film d'azione. Peccato che fosse tutto vero. E aveva due occhi così freddi e spenti che mai potrei dimenticarlo in tutta la vita. Due pozzi neri di miserabile nulla. Mi puntava la pistola dritta sul cuore, con una fermezza impressionante. Aveva la testa leggermente piegata di lato e sorrideva. Ho fatto abbastanza esperienza nella vita da capire al primo sguardo che quell'uomo mi avrebbe ucciso senza nessuno scrupolo di coscienza, senza pensarci nemmeno un secondo. Non potevo fare nessun passo falso.

“Ma guardati, tutto bagnato. Magari in un'altra vita...”

Aggrottai la fronte ma non dissi niente. Cercai di restare calmo. Che cazzo sta dicendo?

“Dov'è il tuo...” roteò la punta della pistola leggermente “..collega? compagno?”

Non mi diede il tempo di dire nulla. All'improvviso iniziò ad urlare, continuando a tenere la pistola appoggiata sul mio cuore.

“Lo sai che se fai una minima cosa io lo ammazzo vero??”

Diceva queste cose urlando, sotto la pioggia a mezzo metro da me e mi guardava fisso negli occhi. Ero terrorizzato. Quasi non respiravo. Si rivolgeva a Sherlock che doveva essere da qualche parte lì intorno ed io, non avevo spazio nella testa per pensare a cosa fare.

“Cammina dottore.” Di nuovo quella voce dolce. “No, non girarti, all'indietro così. Bravo. Cammina, cammina..”

Iniziai a camminare all'indietro verso il fiume a poco più di un paio di metri da noi, i suoi occhi fissi nei miei. Ancora li sogno, a volte. Piegò di nuovo la testa di lato.

“Se sei fortunato non morirai. Lo spero per te. Mi piaci un sacco.”

Capii quello che voleva fare solo nell'istante in cui con una mano sul mio petto mi spinse giù, oltre la banchina, con una forza incredibile. Feci in tempo a vedere Sherlock saltargli addosso nel momento stesso in cui la pistola venne allontanata dal mio cuore. Sentii il mio nome.

Poi persi tutto.

L'impatto con l'acqua fu terribile. Era fredda, ghiaccio liquido. Sprofondai di qualche metro, le braccia larghe, gli occhi aperti. Fu catartico. Vidi l'acqua chiudersi sopra di me e sentii la pressione che chiude le orecchie e ti esclude dal mondo. E per quell'istante, per un unico brevissimo momento, ci fui solo io. Ero solo io. Il tempo si era fermato, un attimo perfetto di assoluto silenzio. E fu quasi...bello, liberatorio. L'istante in cui decidi che puoi lasciar andare tutto.

John...

No, non tutto.

Fui spinto di nuovo in superficie. Fine di quell'istante di finta perfezione. Nuotai, non so per quanto, nonostante l'acqua agitata e la pioggia incessante. Riuscii ad arrivare ad alcune scale in cemento che risalivano su per la banchina, mi aggrappai lì e mi tirai su sdraiandomi sui gradini. Erano la cosa più comoda del mondo. Tornai a respirare come se avessi smesso dall'esatto momento in cui avevo toccato l'acqua.

“Cristo”. - Ero esausto.

Sherlock arrivò pochi secondi dopo. “John! Stai bene? John??”

Mi toccava la faccia, le mani, le braccia. Se non lo avessi conosciuto, avrei detto che era in preda al panico.

“Sto bene.”- Tossivo acqua di fiume e parole.

Si lasciò cadere stremato e si sedette affianco a me. L'ombra di un sorriso sul suo volto. Eravamo un perfetto quadro grottesco. Mancava solo una cornice dorata.

In lontananza sirene e luci.

“Hai davvero chiamato la polizia.”

“Certo che l'ho chiamata, John.”

“Dobbiamo smetterla di fare così”- dissi, mettendomi a sedere e tossendo ancora.

“E dove sarebbe il divertimento?”

Ridevo come un cretino.

 

E un istante prima, mi ero quasi lasciato morire.

 

 

Il barista, Damon Pine era stato messo ko da Sherlock e arrestato da Lestrade poco dopo. Abusi infantili, mancanza assoluta di empatia e propensione genetica avevano fatto di lui un assassino terribile. Avrebbe confessato più tardi che la sua era solo una mania, “un vezzo. Mi piace uccidere persone che non si conoscono e metterle insieme nella morte. Così, per vedere cosa fanno”. Perfino Lestrade era rimasto shockato dalla confessione. Sherlock aveva semplicemente detto: “interessante”.

Tornammo a casa che era praticamente notte. Ero distrutto, avevo un mal di testa terribile, gli occhi mi facevano male, le ossa mi facevano male, le mani mi facevano male. Non c'era una minima parte di me che non mi dolesse. Mi sdraiai direttamente sul divano. Fare le scale era impensabile.

“Avrei voluto fare qualcosa prima, ma Pine ti avrebbe ucciso. Non c'era nessuna possibilità che non lo facesse. Solo ad un uomo ho visto una mano più ferma in situazioni di pericolo”

Aprii gli occhi per guardare Sherlock che parlava armeggiando con le corde del violino, in piedi vicino la finestra. Si era già cambiato. Mi ero addormentato?

“Come?”- aggiustai il cuscino sotto la mia testa. Che sta dicendo?

“Ti avrebbe ucciso John. Senza ombra di dubbio.”

C'era tensione nella sua voce. Sicuro? Non lo ricordo.

“Non riesco a capire perché non lo abbia fatto. Fortunatamente.”

Presi un respiro. Avevo davvero sonno. “Ha detto che gli piacevo un sacco e che sperava che io non morissi.” - la mia voce suonava meccanica persino alle mie orecchie.

Sherlock smise di armeggiare col violino e si voltò a guardarmi. Mi fissava, come suo solito. Niente di nuovo, chiusi gli occhi.

Ci fu silenzio per un po'.

“John...John.”

Sentivo il mio nome, ma era troppo lontano per dargli peso.

“John”

Mi svegliai. Avevo la vista annebbiata, la testa mi pulsava e respiravo a fatica.

“Hai la febbre alta”.

Sherlock? Sei tu? Dove sono? Dio, la testa. Misi a fuoco. Sherlock era seduto sul tavolino di fronte al divano. Era piegato verso di me, sembrava preoccupato. Da qui in poi i miei ricordi assomigliano a sogni. Non so dire cosa sia reale e cosa non lo sia.

Sentii una mano fredda posarsi sulla mia fronte. Sollievo. Chiusi gli occhi, credo. Alzai la mia mano e la poggiai sulla sua. Fu un gesto del tutto naturale, quasi automatico. Ghiaccio contro fuoco. Intrecciai alcune dita sotto le sue. Non si mosse. Ci fu silenzio.

“Sherlock. Non posso affogare.”- E' la mia voce?

Mi poggiò l'altra mano sulla testa. Ero già di nuovo mezzo addormentato.

“Molly sta venendo a visitarti. Tu dormi. Non ti lascerò affogare, John. Mai.”

Non ricordo altro di quella sera. Sicuro?

 

***

“Dottore, la signora è qui. La faccio entrare? Dottore?”

Mi giro di scatto verso Nancy.

“Mi dia un minuto.”

“Certo.”

Chiude la porta. Devo averla turbata. Non me ne importa niente. Sono ancora in piedi davanti alla finestra aperta. La chiudo. Ho il camice un po' bagnato. Questo non sono io. Avevi detto che non mi avresti lasciato affogare, mai. Guardami adesso.

 

 

Un istante in cui decidi che puoi lasciare andare tutto. E' stato così per te?

Forse era meglio se fossi morto quel giorno, John.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Watson_my_head