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Autore: luciadom    25/04/2018    4 recensioni
Piccoli momenti di ognuno dei personaggi della mia long UN SOGNO, UNA PROMESSA, UN AMORE, da soli o meno.
Piccoli momenti delle loro vite tra passione, amore, lavoro, sofferenza, e tutto ciò che li ha resi quelli che sono, prima o durante il tempo della narrazione della long originale.
Dal V Capitolo:
- Minako? - proprio la futura sposa la richiamò all’ordine.
- Sììììì???-
Minako si voltò verso la gemella con due fiammelle al posto degli occhi.
- Ti rendi conto, sì, di essere già sposata, che forse, e dico forse, tutto questo entusiasmo dovrei mostrarlo io, e non tu? -
Usagi trattenne a stento un risolino. Ikuko sorrise e scosse la testa.
Si voltò verso la carrozzina dove riposava la sua nipotina, la piccola Chibiusa, e poi tornò a guardare le sue due gemelle.
Così simili, e allo stesso tempo così diverse.
- E questo cosa vorrebbe dire? -
Minako fece spallucce, raggiungendo velocemente sua sorella sulla pedana, vestita con una sottoveste di seta e pizzo.
Le prese entrambe le mai e le fece sventolare.
- È la mia gemella che si sposa! E si sposa con Mamoru Chiba! Ma-mo-ru Chi-ba! Non parliamo di due fidanzati comuni eh! -
Usagi sospirò. - Sei incorreggibile! -
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Ami/Taiki, Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Real life: childreen hospital story'
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NdA
 
Eccomi qui, finalmente e dopo quasi un anno, ad aggiornare anche lo Spin-Off!
Questo è il capitolo che pensavo di dedicare quasi solo a Katia.
Il capitolo che andrete a leggere è psicologico ed introspettivo, narrato in terza persona, ma in gran parte dal suo punto di vista.
Va ad inserirsi tra la fine del 31esimo e l’inizio del 32esimo capitoli della storia principale, anzi, si potrebbe dire che tutti e tre i capitoli vanno proprio ad integrarsi.
Katia riflette su tutto ciò che ha fatto e su ciò che la aspetta.
La scena si apre immediatamente dopo aver ucciso Saori e aver di nuovo narcotizzato Usagi.
Il capitolo avrà molti riferimenti alla long, a vari capitoli anche precedenti che hanno narrato di Katia, e parte dei capitoli 31 e 32 è stata quasi copiata e incollata con leggere modifiche.
(Probabile Spoiler per chi non ha ancora letto il capitolo 32! :P )
Spero che vi piaccia!
Grazie a chi ha già letto e recensito il 32esimo capitolo della long, e a chi ha letto e commentato il primo capitolo di questo Spin-off … totalmente diverso dal capitolo che andrete ora a leggere! :P
Il titolo è in parte preso da un’opera di Massimo Bontempelli, “La traversata dell’ironia”.
Buona lettura!

 
2) La traversata della follia
 

“Violenza e frode. In definitiva, così nella storia come nella vita privata, la violenza non chiama che violenza, la frode non chiama che frode. L'uomo, entrato nel movimento del circolo, non ne esce più se non per qualche preveduto e perciò immorale incidente.”
 
[Massimo Bontempelli]
 
 
 
Katia era di nuovo padrona della situazione.
Se ne stava seduta sulla tavoletta abbassata del water, accanto a lei la vasca piena d’acqua fino all’orlo.
Si rigirava il coltello tra le mani, recuperato subito dopo essersi liberata di quella scocciatrice.
Aveva ucciso Saori Setsuko, anche lei.
Non si era fatta scrupoli ed aveva agito con estrema freddezza, rompendo quel bicchiere e trafiggendo la carne di quella donna più e più volte.
L’aveva lasciata lì agonizzante, come un mucchio di vecchi stracci abbandonati e aveva di nuovo usato il cloroformio su di Usagi, che aveva solo potuto assistere impotente a quella carneficina, prima di perdere i sensi.
Guardandola di tanto in tanto, ancora svenuta ai piedi del lavandino, si fermò a pensare alla piega che aveva preso la sua avita, già da molto tempo addietro.
Da quanto meditava vendetta?
Dieci anni?
Dodici?
Quindici?
Nemmeno lo ricordava più.
Era passato troppo tempo e aveva cambiato più volte i suoi piani.
Erano successe tante di quelle cose soprattutto negli ultimi undici mesi, e aveva raccolto tante di quelle informazioni, che a volte si sentiva soffocare, quasi come se lo stesse facendo con le sue stesse mani.
Ogni sua azione era ormai mirata solo al suo folle scopo, che tra l’altro, forse sapeva o l’aveva sempre saputo, essere anche irraggiungibile.
Aveva passato anni a studiare per un titolo, per un mestiere, che forse non l’avevano mai veramente appagata nelle sue precedenti esperienze, non tanto a livello economico quanto a livello molto più personale.
La sua ambizione non l’aveva mai fermata, e l’aveva portata a non accontentarsi mai, volendo andare sempre oltre.
Nonostante tutto vantava un curriculum e delle referenze invidiabili, e aveva sempre dato prova di un buon autocontrollo e di una buona gestione dell’utenza, nelle strutture presso cui aveva lavorato.
Autocontrollo.
Strano a dirsi dopo le sue ultime azioni, ma era sempre stato un’ottima doppiogiochista.
Il senso della leadership non le era di certo mai mancato, così come per il carisma.
Suo malgrado, la Clinica Saitou aveva rappresentato un’eccezione al suo ascendete fin dal primo momento.
Ricordava ancora le citazioni di educatori e pedagogisti anche occidentali, teorie, metodi ed approcci educativi, che a volte le avevano dato la nausea.
Parole e parole sul fatto di mettere al centro del rapporto educativo l’utente, sia esso un bambino, un disabile, un malato o qualsiasi altro fruitore della relazione socio-educativa.
Erano i valori della Pedagogia, cui era inclusa anche la sua professione.
 
- Tsè!-
 
Fece una smorfia, quasi rivedendo davanti agli occhi i suoi ex professori universitari, che si gonfiavano d’orgoglio raccontando dei loro mentori e dei loro predecessori, raccomandando, quasi ad ogni lezione, di tenere sempre fede agli ideali cui ogni educatore deve far riferimento: umiltà, generosità, empatia, fermezza, apertura mentale, resilienza …
Lei non li aveva seguiti propriamente tutti.
Personalmente non credeva più a nulla, in nessun valore, se mai ne avesse mai veramente avuto qualcuno.
Non aveva scelto quella Facoltà e quella Specializzazione in nome di una missione.
Avere competenze nel campo dei BES, o della Medicina o di qualsiasi altra cosa, per lei era sempre stato irrilevante.
Avrebbe potuto scegliere qualsiasi cosa, pur di arrivare prima o poi alla Clinica Saitou, che in poco più di un decennio aveva scalato la vetta del successo e del prestigio.
Digrignò i denti in un gesto di stizza. E dire ce l’aveva quasi fatta!
Si era laureata col massimo dei voti, aveva prestato servizio in centri specializzati in passato e poi, quando si era ritenuta abbastanza credibile per quel ruolo, aveva presentato domanda presso la Clinica, ma quella stupida ragazzina l’aveva battuta.
Più giovane di lei e a suo parere inesperta, le era stata preferita.
Usagi Tsukino.
Ventisei anni, molto ben voluta, a quanto pareva molto più capace di quanto lei avrebbe potuto credere, e soprattutto, pupilla di Saitou e di suo nipote.
Mamoru Chiba.
Lei aveva conquistato chissà come, uno dei giovani scapoli d’oro più invidiati della buona società di Tokyo.
Quei due stavano insieme, e adesso per giunta aspettavano anche un figlio!
 
- Stupida ragazzina sempliciotta! Cosa diavolo ci avrà mai trovato Chiba, in te? Quali sono le tue armi? -
 
Usagi Tsukino.
Katia continuava a guardarla, ripetendosi il suo nome come un mantra.
Era quasi tentata di far fuori anche lei, lì, subito.
Erano sole e per giunta Usagi era incosciente, per cui sarebbe stato forse ancora più facile di quanto lo era stato con Saori.
Non avrebbe di certo opposto resistenza, ma qualcosa la trattenne.
I suoi ricordi ebbero la meglio nella sua mente, e il flusso continuò a scorrerle negli occhi e tra i pensieri.
Si ricordò di come si era presentata ad Usagi Tsukino l’anno prima, sfacciata e senza vergogna, rinfacciandole di meritare quel posto molto più di lei, ma quella ragazzina le aveva tenuto testa.
Usagi le aveva risposto per le rime e non si era fatta intimidire.
Una piccola parte di sé ne era rimasta quasi compiaciuta.
Una ragazzina dolce e quasi ingenua all’apparenza, come le era sembrata all’inizio, sapeva anche cacciare le unghie, ma nella situazione in cui si trovavano invece in quel momento, Usagi non aveva fatto chissà che in fondo.
Che quella sicurezza che le aveva mostrato a Scuola, fosse stata in realtà solo una maschera?
Ciò avrebbe spiegato la semplicità con cui ne aveva fatto la sua pedina, ma forse il tutto poteva anche ricondursi al fatto che quella lì, si era fatta mettere incinta da Chiba, e magari poteva temere per una creatura non ancora nata, ma che aveva praticamente già un futuro roseo ancora prima di venire al mondo.
 
“O forse no …”
 
Subito dopo la discussione con Usagi a Scuola, a dicembre dell’anno prima, Katia aveva continuato a spiare lei e tutti, non fermandosi e cambiando più volte strategie d’attacco.
Molte volte si era dovuta frenare, come per il grave incidente che aveva mandato in TILT parte del sistema sanitario della città o in casi di cronaca interna alla Clinica, come un certo Nakamura di cui al momento le sfuggivano i dettagli, ma dopo quasi un anno aveva deciso che avrebbe dovuto attaccare e basta.
Non le era importato né come né dove, ma semplicemente, non rispondendo più di sé, aveva lasciato che la sua parte irrazionale prendesse il sopravvento.
L’istinto, la rabbia, la sofferenza, i traumi repressi negli anni, ne avevano fatto un’assassina.
La morte di suo padre era stata … devastante, per lei.
Loro due avevano sempre avuto un rapporto particolare, molto più profondo del normale legame padre – figlia.
Un attaccamento eccessivo, morboso.
Era stato dalla disfatta finanziaria della sua famiglia, col vizio del gioco di suo padre, alla bancarotta e poi alla disgrazia, che man mano era cresciuto qualcosa di spaventoso in lei, giorno dopo giorno fino a farla esplodere.
Da lì, aveva perso tutto.
Guardando Usagi, le venne in mente il giorno in cui l’aveva vista serena con Chiba e Saitou, prima che tentasse di investire Mamoru.
Sapeva da mesi che fossero una coppia, ma vedere quei tre così felici, così uniti … aveva provato un senso d’invidia e di disgusto assieme, che aveva spazzato via anche l’ultimo brandello di buon senso che forse le era rimasto, piccolo e ben nascosto nella sua coscienza.
Il Subconscio aveva parlato, e poi agito.
L’Es, il calderone dell’istinto, si era manifestato in tutta la sua complessità.
Carisma e persuasione.
Assieme ad un’incredibile abilità nel giocare la carta del sesso, quelle erano state le sue, di armi.
Era riuscita a convincere Rei Hino, sua cugina, del fatto che poteva mirare a molto più in alto di ciò che il suo piccolo centro con Kobayashi poteva offrire loro.
Agganciare Saitou con una collaborazione, perché no?
Se lei non era riuscita ad entrare e spiare la Clinica dall’interno, potevano farlo loro!
E Rubues?
Povero sciocco inetto!
Lui stravedeva per lei.
La adorava, ed andava pazzo per i suoi giochetti erotici.
Katia si portò una mano al viso, accarezzandolo da parte a parte.
Un nuovo ricordo, molto più recente, le arrivò alla soglia della memoria.
 
“Beh, non mi sembra che tu abbia fatto chissà quanto! Non ti fa più comodo il potere? Oppure non sei mai stato d’accordo con me, ma mi hai sempre appoggiato per interesse, oppure chissà, perché ti faccio sempre divertire a letto e allora in cambio mi hai fatto da cagnolino?”
 
Gli aveva urlato ogni parola senza fermarsi, piena di rabbia e veleno, e poi, quello schiaffo.
 
“E così che ti sei ridotta quindi?”gli aveva detto lui, deluso e quasi disgustato dalla donna che aveva avuto di fronte.
 
Se si concentrava riusciva ancora a sentire il rumore e il dolore dello schiaffo, che lui le aveva dato prima che uscisse quasi ubriaca ed investisse Goro Saitou.
Ma lei?
Lo amava davvero o la sua era solo attrazione?
Scosse la testa.
Amore o no, quando anche lui, Rei ed Hiroshi l’avevano lasciata sola, ritirandosi da quel folle progetto tentando di farla anche ragionare, qualcos’altro in lei si era rotto definitivamente.
Si era sentita tradita.
Tornò a fissare Usagi ed insieme a passare in rassegna la sua vita.
Dopo quanto successo alla sua famiglia, lei e Rei avevano ricostruito la loro vita pezzo dopo pezzo, prima da sole, perché all’inizio sole erano rimaste, poi con Hiroshi Kobayashi e Crimson Rubues.
Si erano tutti rifatti una vita, o quasi, perché lei in fondo all’anima, non si era mai arresa.
Ciò che erano riusciti a ricostruire a lei non era mai bastato.
Quel maledetto terreno era la sola vera speranza di riscatto, per tentare di tornare al loro vecchio splendore.
Le comodità, il lusso, il denaro, le feste, la mondanità e l’avere tutto ciò che desiderava con un solo schiocco delle dita …
Quel terreno era stato la loro miniera d’oro, da sempre un ottimo investimento.
Grande abbastanza, in un luogo strategico di Tokyo, edificabile e quindi perfetto per qualsiasi progetto, ma troppo difficile da recuperare per mancanza del giusto capitale.
Tutta colpa di …
S’interruppe, non volendo colpevolizzarlo da morto.
Suo padre aveva rovinato le loro vite eppure lei lo aveva sempre visto come un modello, come l’uomo perfetto da seguire e amare, e fin da ragazzina aveva sognato un compagno che fosse a sua immagine.
Era una parte del Complesso di Elettra, la sindrome della figlia innamorata del padre.
Le sue erano una Fissazione e una Regressione ad una fase del suo sviluppo evolutivo, che avrebbe dovuto superare in età molto, molto più giovane, e invece se l’era trascinato fino all’età adulta, e i traumi della sua vita avevano formato una psiche debole e forte allo stesso tempo, contorta nelle sue sfaccettature.
E dire che queste cose lei aveva anche dovuto studiarle all’università!
Secondo un certo … com’è che si chiamava?
Ah sì, Carl Gustav Jung.
Era stato uno psicanalista svizzero, che nella vita non solo aveva svolto vari ruoli e specializzazioni, ma aveva anche raccolto l’eredità freudiana conquistandosi l’immortalità nella storia della psicologia.
Secondo molte vere testimonianze si era anche … divertito, sopravvivendo alla moglie e alle amanti.
Ricordava bene quelle lezioni.
Secondo Jung, nelle bambine, l’attrazione nei confronti del padre fa sì che la figura paterna, sia modello di confronto per le future relazioni sentimentali della donna adulta.
Lei aveva fatto proprio così.
Aveva sempre amato suo padre, ed anche dopo la sua morte si era fortemente aggrappata al suo ricordo, e al ricordo del loro legame.
Ciò le aveva fatto annullare la realtà, tanto che non si era nemmeno mai chiesta se lui avesse mai approvato quel suo assurdo comportamento.
Fissava ancora Usagi, non del tutto distratta dai suoi pensieri.
La vide cominciare a compiere primi lievi movimenti e ad aprire debolmente gli occhi.
L’effetto del cloroformio stava svanendo.
Katia sorrise sinistramente, preparandosi allo sguardo terrorizzato ed umiliato di Usagi, non appena si fosse accorta di un preciso particolare.
La vide aprire definitivamente gli occhi ed iniziare ad agitarsi quasi subito.
 
- La tua amichetta ha rovinato tutto sai?-
 
Il suo tono rese il risveglio di Usagi molto più brusco di quanto già non sarebbe potuto essere.
Usagi si guardò intorno ancora intontita, e non riconobbe più la cantina, quello in cui si trovavano sembrava … un bagno?
Uno strano odore le infastidì le narici e quando guardando per terra si accorse a cos’era dovuto, le salirono le lacrime agli occhi per l’umiliazione, e per la disperazione.
 
- Che c’è? - Katia aveva ripreso con voce ostile e tagliente. - È la tua urina quella, ti fa tanto schifo? Oppure vorresti sprofondare dalla vergogna? Che effetto fa l’umiliazione, eh Tsukino?-
 
Katia rise ancora, di quella risata fredda e cattiva che ormai Usagi conosceva bene.
Lei si accorse di stare seduta per terra, le mani erano di nuovo legate all’indietro e adesso lo erano anche le sue caviglie.
 
- Perché … Perché lo fai?-
 
Ad Usagi la voce uscì tremula e le lacrime non avevano freni. Non si preoccupò più di nasconderle, non avrebbe avuto senso.
Katia le fece uno strano sorrisino.
 
- Il tuo bel Dottorino mi ha fatto la stessa domanda sai?-
 
Usagi rabbrividì.
Mamoru.
Lui sapeva che era in mano sua.
 
- Come ho detto a lui …- continuò Katia parlando con voce bassa e fredda ma con occhi allucinati. - Dovete sputare sangue e sudore come ho dovuto fare io!-
 
Usagi scosse la testa.
Quella donna doveva essere internata!
Era completamente fuori di testa!
 
- Tu sei pazza! Sei un mostro, mi fai schifo!-
 
Usagi le inveì contro tutta la sua rabbia.
Le urla erano le sue uniche armi, ma nessuno avrebbe potuto sentirla.
La voce le uscì molto più bassa di quello che sperava e tutte le finestre e gli accessi all’esterno, Katia li aveva chiusi a dovere.
La donna la guardò con odio prima di risponderle.
 
- Tu hai avuto quel posto un anno fa, bruciandomi la possibilità di entrare in Clinica e risalire il vertice dall’interno! Poi il vecchiaccio si è insospettito e non sono più riuscita ad entrare con le successive selezioni! Hai abbindolato Chiba e aspetti un figlio da lui! Ho messo sotto Saitou ma a quanto pare si sta riprendendo! Poi mi capita di vedere quella Saori, tsè! Povera sciocca! Una vita insignificante e una somiglianza di cui ho approfittato immediatamente! Che stupida, è stato tutto troppo facile, così come per quel maiale al motel e così come per te! Perché dai la colpa a me? Potevate essere tutti più svegli no?-
 
Usagi sentì un groppo alla gola, un senso di nausea che l’aveva attanagliata fin dall’inizio, ma che non l’aveva abbandonata.
Lottò con tutte le sue forze per non cedere almeno a quello.
Prese un grosso respiro, come a voler racimolare così un minimo di coraggio.
Tentò di sfidarla almeno con le parole, o meglio, di farla ragionare anche lei.
 
- Credi di poter arrivare a qualcosa, adesso? Ti arresteranno, e t’imprigioneranno! A cosa sarà valsa la tua vendetta?-
 
Katia si alzò e fatti pochi passi s’inginocchiò di fronte a lei.
 
- Anche vedervi crepare tutti come ho visto morire mio padre è più che sufficiente!-
 
Usagi deglutì a fatica.
Per quanto ancora Katia, l’avrebbe tenuta sul filo del rasoio prima di darle il colpo di grazia?
 
>>> KATIA AZAMAWARI! La casa è circondata! Libera gli ostaggi ed esci con le mani alzate!-
 
 Una voce poco distante e decisa le interruppe.
All’interno, seppur fosse tutto chiuso, la voce del capo della polizia arrivò chiara e distinta.
Usagi sussultò, aggrappandosi mentalmente ad una nuova speranza.
 
- MALEDIZIONE! Dannato Chiba!-
 
Katia si alzò di scatto, costringendo Usagi a fare lo stesso afferrandole un braccio.
La trascinò verso la finestra che dava proprio sul cortile e la spalancò con forza.
Fece mostra di sé e di Usagi, puntandole il coltello al collo.
 
- Venite stupidi, se ne avete il coraggio! Ma guardate chi ho qui! Quanti morti volete ancora sulla coscienza?-
 
- USAGI!-
 
Dal basso, Mamoru scattò, sporgendosi verso il cancello.
Usagi aveva sentito a malapena la sua voce ma non era riuscito a vederlo, mentre Katia, seppur lontana, aveva visto compiaciuta tutto il terrore di lui.
 
- Fermo! Idiota! Ti ho detto di non fare cazzate!-
 
La donna che Katia in quei mesi, aveva capito essere il capo della sicurezza della Clinica, bloccò Chiba spingendolo dietro la sua schiena.
Si vide puntare la pistola dal basso e la sentì urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
 
- Arrenditi Azamawari! Non hai scampo ormai! -
 
- VENITE A PRENDERMI!-
 
Katia urlò di rimando, indietreggiando e sparendo dalla loro visuale.
Richiuse la finestra e costrinse di nuovo Usagi in ginocchio.
Si portò le mani tra i capelli, digrignando i denti con stizza e guardando Usagi con uno sguardo infuocato.
Ormai aveva capito di non avere più scampo, e forse, di non averne avuto fin dall’inizio.
 
- È finita! Basta, lasciami andare! Loro sono qui, e ti porteranno via!-
 
Usagi la supplicò di nuovo, ma nonostante fosse ormai con le spalle al muro Katia non aveva intenzione di fermarsi.
Si abbassò dietro di lei e prese a bloccarle la testa con i capelli e ad afferrarle una spalla, provocandole dolore di proposito.
Anche i suoi movimenti più piccoli erano scattanti e furiosi.
 
- Non prima di aver fatto un’ultima cosa!- alitò tagliente al suo orecchio.
 
Usagi non ebbe tempo di realizzare, né di potersi opporre.
Si ritrovò spinta con la testa verso il fondo della vasca, trattenuta sempre più verso il basso.
Non riusciva a muoversi, non riusciva a difendersi, ancora intorpidita dal cloroformio, e soprattutto, non riusciva a respirare.
Katia aumentò la presa per evitare che si ribellasse, notando che Usagi sembrava essere riuscita a sollevare le spalle.
La spinse di nuovo giù e quasi le schiacciò il viso verso il basso.
Continuava a tenerla ferma dentro l’acqua con forza sempre maggiore, ignorando gli estremi tentativi di Usagi di liberarsi e la sua testa scuotersi per la sofferenza che doveva stare provando.
Una spinta più forte e quasi le batté il viso sul fondo.
Sentì delle voci in lontananza, provenienti dal piano inferiore e allo stesso tempo vide i movimenti di Usagi sempre meno veloci e via via più deboli, fino al fermarsi per tutto.
Continuò a tenerle la testa sott’acqua ancora per qualche secondo e poi la lasciò lì, alzandosi e sedendosi comodamente sul bordo in attesa della polizia.
Pochi istanti e qualcuno aprì la porta del bagno con un calcio.
Haruka Ten'ou, Mamoru Chiba ed altri due uomini fecero irruzione.
I nuovi arrivati videro Usagi immobile, le mani e i piedi legati, inginocchiata col capo nella vasca.
Katia era seduta sul bordo accanto lei, con un sorriso trionfante sul volto.
 
- Sei arrivato troppo tardi, Chiba!-
 
- … No …-
 
Dapprima quello di Mamoru fu solo un esile sussurro, che si trasformò ben presto in qualcosa di più forte e disperato.
Katia provò una sensazione di goduria e falsa pena a vederlo in quello stato per la sua donna.
 
- No, no, no, no, NOOOOO!!!-
 
Scuotendo la testa, Chiba corse alla vasca e riportò Usagi dapprima in ginocchio e poi la stese immediatamente, mentre Haruka lo scavalcava e afferrava le mani di Katia bloccandole con le manette.
Apparentemente la donna non oppose resistenza.
 
“Non ho ottenuto veramente quello che volevo, ma vedervi patire quello che ho passato io, è forse ancora meglio dell’avere il vostro dannato patrimonio!”
 
Lo pensò soltanto, non esprimendolo a parole.
Vedere quel bastardo nato con la camicia sull’orlo della disperazione, era uno spettacolo che le dava un sadico piacere.
Mamoru si guardò attorno, e senza pensarci due volte afferrò proprio il coltello che aveva usato Katia, per liberare i polsi e le caviglie di Usagi.
 
- Katia Azamawari! - sentenziò Haruka - È in arresto per i seguenti reati! Rapimento, spionaggio aziendale, tentata appropriazione indebita, tentato omicidio e sospetto omicidio! Portatela via!- disse rivolta ai due agenti con lei.
 
“Forse non avete ancora visto nulla! Non avete trovato il mio souvenir in cantina?” continuò lei, sempre solo mentalmente.
 
Gli agenti eseguirono l’ordine, spingendo Katia fuori dal bagno, che prima di sparire dalla loro visuale si voltò con aria di sfida verso Mamoru ed Haruka.
 
- Prova a salvare il salvabile Chiba! Anche tu devi sapere che cosa si prova a perdere chi si ama! Il vecchio è ancora vivo, ma la tua donna invece?-
 
Rise come se nulla fosse.
Uno degli agenti la strattonò e finalmente uscirono dal bagno.
 
-Stia zitta! Forza, andiamo!-
 
Katia si lasciò quella scena di presunta morte e dolore alle spalle.
Scese le scale scortata dagli agenti, ancheggiando e con un’espressione d’insana vittoria in volto.
Arrivati al pian terreno, Mori e gli altri la guardarono disgustati.
Quando passò accanto al capo della polizia, questi la fermò prendendola per un braccio.
 
- Spero che ne sia valsa la pena, perché dubito che potrà sperare positivamente per il suo futuro.-
 
Katia lo guardò melliflua e gli rispose con voce suadente.
 
- Non immagina quanto! -
 
- Avrà molto da riflettere nel luogo in cui sarà rinchiusa, e forse cancellerà quell’espressione dalla sua faccia! Si vergogni! -
 
- Non me ne frega più di niente! Ho ottenuto quello che volevo. - rispose tranquillamente lei. Riprese poi riprendendo in parte le parole di Mori, sostenendo lo sguardo dell’uomo senza battere ciglio. - Dubito che potrà sperare positivamente per la ragazzina al piano di sopra! Magari ha raggiunto quell’altra giù in cantina!-
 
Mori la guardò con disprezzo.
 
- Lei non è minimamente pentita per tutto ciò che ha fatto. Non merita niente! -
 
Fece un cenno con il capo agli agenti che la tenevano ferma.
 
- Portate via questa donna! Ora la giustizia le darà ciò che si merita!-
 
Ancora una volta quelli obbedirono, uscendo definitivamente da quella casa, diventata luogo dell’orrore.
Spinsero Katia sul sedile posteriore della volante e chiusero lo sportello.
Partirono tutti a gran velocità.
Katia fissò il suo riflesso nel finestrino, e per un attimo le parve di intravedere il viso di suo padre accanto al suo.
Non seppe decifrare la sua espressione, se di compiacimento, d’affetto, di giudizio o di rimprovero.
Con la lingua si inumidì le labbra prive del consueto rossetto.
 
- Ciao ciao Mestrina Tsukino!- disse rivolta al suo riflesso.
 
Tornò a guardare di fronte a sé, verso il sedile del guidatore, andando incontro al suo destino.
 
 
NdA
 
Ebbene, eccoci.
Dunque, spero che vi sia piaciuto e di aver reso abbastanza bene tutto, l’integrazione tra questo e gli ultimi due capitoli della long, ma soprattutto il messaggio che volevo comunicare, e cioè la malattia mentale di Katia.
Il prossimo capitolo della storia principale è in corso ma ho scritto molto poco, ci tenevo a pubblicare prima questo e credo che il prossimo aggiornamento che farò, sarà la nuova Song-fic.
Il PoV sarà quello di Usagi, ma la struttura e la canzone saranno le stesse che ho usato in A Thousand Years - Mamoru's feelings.                          
 
 
Note di Psicanalisi
 
“Fissazione” e “Regressione”, citate nel testo, sono “meccanismi di difesa”.
I primi a studiarli sono stati Sigmund ed Anna Freud.
In seguito Carl Gustav Jung ha ripreso ed ampliato gli studi del suo mentore, e con lui molti altri ancora già dalla prima metà del Secolo scorso, e anche prima della morte di Freud, (23 Settembre 1939).
Secondo Freud, esse sono un ritorno indietro del soggetto, alle sue prime fasi dello sviluppo sessuale, o meglio, del proprio soddisfacimento della libido.
Non soddisfare o non superare del tutto una determinata fase dello sviluppo psicosessuale, o peggio, non superare eventuali traumi innescati in specifici stadi di sviluppo, possono nella maggior parte dei casi manifestarsi sottoforma di psicosi o nevrosi lievi o gravi in età adulta.
Il caso di Katia è legato anche al “Complesso di Elettra”, corrispettivo del maschile “Complesso di Edipo”.
In psicoanalisi, con sottili riferimenti al mito antico, stanno ad indicare l’amore del figlio o figlia per il genitore del sesso opposto, e il conseguente desiderio di allontanare il genitore dello stesso sesso, visto come ostacolo a quel legame.
Tralasciando la scienza psicanalitica e parlando di questo concetto nella vita di tutti i giorni, e “nella vita tranquilla”, lontana cioè da tutti questi riscontri negativi, il “Complesso di Elettra” potrebbe anche essere comunemente indicato, come la situazione in cui “la bimba vuole sposare da grande il suo papà”.
Il superamento di questa fase, si ha tra i cinque e gli undici anni circa, quando si entra nella fase di sviluppo della “Latenza”.
Affacciandosi in un mondo nuovo e più ampio come quello della scuola, e raggiungendo man mano la preadolescenza, il soggetto si costruisce la sua identità, spostando il suo oggetto d’interesse verso un punto di riferimento diverso dai genitori.
Tornando al caso di Katia: l’attaccamento a suo padre è stato talmente forte, da non superare mai del tutto la sua morte.
Il desiderio di rivalsa l’ha portata a costruirsi un “Io” tanto da forte da proteggersi dall’esterno, ma il suo vero dolore ha allo stesso tempo reso quell’Io anche debole, o meglio, l’ha sdoppiato, e il suo Inconscio ha fatto sì che l’Io più debole e tenuto continuamente a freno dalla maschera costruita negli anni, fuoriuscisse nei momenti di maggiore tensione emotiva.
Ad ogni modo, io ho provato ad immaginare il legame di Katia e suo padre quasi malato.
Il Complesso di Elettra ha in realtà altre caratteristiche che non sono proprie del personaggio che ho creato, come ad esempio l’eterno desiderio di essere protette, e Katia, a volte di tutto ha avuto bisogno tranne che di protezione credo! :-D
Inoltre, manifesta quasi uno sdoppiamento della personalità tra l’altro anomalo.
In alcuni casi,infatti, lo “Sdoppiamento dell’Io”, porta alla formazione nel soggetto di due entità distinte e separate, che tendono a predominarne il comportamento in alternanza.
Di solito non c’è memoria di una o dell’altra personalità, ma ci sono anche i casi in cui la coscienza della struttura “dominata” non manca, ma rimane pressoché vigile.
 
Insomma, spero di aver reso tutto chiaro e credibile.
Dopo tanti anni all’università e tanti esami di psicologia, questa è una scienza che mi affascina molto, ma che sono sicura abbia ancora molto da scoprire e capire bene, e poi, il mio campo è prettamente pedagogico, per cui se ho fatto un’ enorme gaffe, chiedo perdono a chi è più esperto di me in materia .. tra di voi c’è chi lo è, e mi segue sempre sin dal mio inizio qui su EFP!
Hai capito chi sei, vero? ;-) :-* :-D
 
Bene, per ora è tutto!
Spero nelle prossime settimane di riuscire a riprendere anche la Song-fic.
Grazie a chi ha letto il capitolo precedente e a chi leggerà e commenterà questo.
Grazie per chi ha inserito anche questa storia tra le preferite, seguite e da ricordare, e me tra gli autori preferiti.
Vi abbraccio forte!
 
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Luciadom
 
   
 
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