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Autore: voiceOFsoul    26/04/2018    1 recensioni
Ram aveva ormai raggiunto un equilibrio ma adesso si ritrova senza lavoro, convive con Diego in una situazione imbarazzante e non vede Alex e Vale da troppo tempo. Da qui deve ricominciare da capo. Il suo percorso la porterà a incrociare nuove vite, tra cui quella di Tommaso che ha appena imparato a sue spese che la perfezione a cui tanto Ram aspirava non esiste.
Si può essere felici anche se si è imperfetti?
[Seguito di "Volevo fossi tu" e "Ancora Tu", viene integrata e proseguita l'opera incompleta "Open your wings and fly"].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rientro in casa facendo meno rumore possibile. Sono quasi le otto perciò sono convinto che li troverò ancora addormentati. Conoscendoli, saranno rientrati non prima delle sei di stamattina e, almeno per la maggior parte, ubriachi. Mi fermo in cucina ad ascoltare, come sospettavo non si sente anima viva. La casa è talmente silenziosa che sospetto addirittura che non siano ancora rientrati in casa da ieri sera.
Apro piano la porta della mia camera e quello che mi si propone mi strappa un sorriso: la schiena scoperta di Emma e la mano di Giacomo che la accarezza nel sonno. Torno per un istante nella camera d’albergo di Ram, sento di nuovo la sua pelle sotto le dita e i suoi capelli farmi il solletico sul viso. Un brivido mi scuote. Chiudo di nuovo la porta alle mie spalle e afferro il telefono. Fisso lo schermo, vorrei chiamarla ma so che per lei la giornata sarà piena di impegni e non voglio farle perdere tempo. Mi convinco a posare di nuovo il cellulare all’interno della tasca dei jeans.
Vado verso la stanza di Alfredo e Giorgio e l’immagine che vedo è sicuramente meno romantica. Rido cercando di non farmi sentire, mentre li guardo entrambi sbavare sul cuscino in posizioni che sembrano uscite da un quadro di Picasso. Giorgio fa uno strano verso, simile a un grugnito e si rivolta nel letto finendo per abbracciare il braccio di Alfredo. Non riesco più a trattenermi e scoppio in una risata talmente forte da svegliarli. Entrambi si lamentano del casino, ma non aprono del tutto gli occhi cercando di continuare a dormire. Alfredo mi tira addosso uno dei cuscini anche se probabilmente non ha capito chi sono, mentre Giorgio conquista l’altro e se lo preme sulle orecchie per non sentirmi. Cerco di tapparmi la bocca con le mani, ma il risultato non è dei migliori, il suono della risata viene solo attutito e loro continuano a lamentarsi e contorcersi nel letto cercando il modo di riprendere a dormire. Alfredo si preme le tempie, probabilmente colto dal classico mal di testa post-sbronza. Il suo gesto mi spinge ad accontentarli, esco dalla stanza lasciando che possano riprendersi.
Il pensiero di dormire per qualche ora recuperando la nottata passata quasi in bianco è allettante, ma non so posso infilarmi tra Alfredo e Giorgio, né tanto meno fare il terzo incomodo con Emma e Giacomo. Sarebbe disponibile la stanza che occuperanno Steve e Bree, ma arriveranno oggi e non vorrei far trovare loro le lenzuola già utilizzate. In cucina, il divano non sembra dei più comodi ma è l’unica alternativa al restare uno zombie per l’intera giornata. Ancora una volta il mio pensiero torna a Ram: come farà a resistere tutto il giorno a lavorare avendo dormito un’ora o poco più? Mi trascino stancamente sul divano e, tolte solo le scarpe, cerco di raggomitolarmi alla meno peggio per riuscire ad entrare del tutto nello spazio a mia disposizione. Utilizzo il giubbotto come coperta e poggio il cuscino che mi ha tirato Alfredo sul bracciolo, cercando di non pensare alla quantità di schifezze che potrebbe ospitare. Chiudo gli occhi e dall’interno delle mie palpebre vedo il viso di Ram, coi capelli arruffati, che mi sorride. Vedo il suo bellissimo corpo, sento il suo calore contro la mia pancia, come fosse un film ci guardo abbracciati a letto, mentre la punta del suo dito disegna circoli sul mio petto. Pian piano scivolo nel sonno e i ricordi diventano stupendi sogni.

La prima impressione che ho dell’Hotel Dea Nazionale non è per nulla positiva. Guardo Rebecca che sorride rapita fissando quello che per me al momento è solo un enorme e anonimo cubo di cemento grigio con una orribile insegna rossa. Fingo un sorriso che non riesce in alcun modo ad avvicinarsi a un’espressione naturale, ma lei è talmente su di giri che non se ne accorge.
«Ragazzi» annuncia come fosse la direttrice di backstage della prima di un’opera in teatro «Iniziamo!»
Si avvia a passo sicuro verso l’entrata, Mark e Nico la seguono rimanendo abbastanza scettici, io mi accodo a chiudere il nostro piccolo gruppetto continuando a chiedermi se non fosse stato quasi meglio organizzare l’evento all’interno dell’hotel in cui abbiamo soggiornato.
Varcata la porta d’ingresso, resto piacevolmente colpita dalla moderna eleganza con cui si presenta l’ambiente della hall. Senza troppi fronzoli riesce a trasmettere allo stesso tempo familiarità e professionalità, alternando pareti color crema a pannelli in legno scuro. L’ambiente è vivacizzato dai toni del blu presenti sul grande quadro a disegno astratto che fa da sfondo alla reception, che riprende i colori dei cuscini appoggiati sugli eleganti divani dalla linea semplice e minimale che sono presenti nell’area d’attesa. Da dietro il bancone con una pulitissima superficie in vetro, ci danno il benvenuto due ragazze belle giovani e sorridenti, coi capelli raccolti in una ordinata coda di cavallo e un trucco sobrio.
Rebecca si presenta e spiega che siamo arrivati a dare un ultimo colpo d’occhio alle aree dove si svolgerà l’evento, prima dell’apertura ufficiale, che avverrà alle 10:30, tra circa quaranta minuti. Le ragazze non sono a conoscenza di tutti i dettagli, ma le indicano che chi era incaricato dell’allestimento è ancora a lavoro. Il viso di Reb si trasforma in una statua di cera.
«Ancora a lavoro? Non può essere! Avrebbero dovuto finire tutto già ieri sera. Maledizione! Sapevo di non dovermi fidare, sarei dovuta venire di persona a monitorare.»
«Reb, sei sempre la solita esagerata!» la rimprovera Nico, con il tono irriverente di quando non si è ancora svegliato del tutto. «Andiamo a vedere a che punto sono, no? Magari stanno solo avvolgendo due fili. Non rompere le palle già da adesso, la giornata è lunga!»
Rebecca lo fulmina con lo sguardo, questa è una giornata troppo importante per rischiare che Nico o chiunque altro la rovini con il suo fare poco professionale.
Le ragazze alla reception non sembrano badare più di tanto a quel modo di parlare poco appropriato, anzi quella che sembra la più giovane delle due lo guarda con un sorrisino abbastanza esplicito. Sarà una di quelle a cui più che l’uomo rude o il bel tenebroso, piace lo spaccone? L’altra, invece, ha un comportamento più professionale e ci indica semplicemente la strada da fare per arrivare nel punto stabilito e che ci farà raggiungere il prima possibile da uno dei responsabili che potrà esserci di maggiore aiuto.
Ringraziamo e ci avviamo verso l’ascensore, non senza prima aver assistito a Nico che ammicca sfacciatamente alla ragazzina che in risposta si mordeva il labbro inferiore.
Saliamo in ascensore. Non appena le porte si chiudono, Rebecca assesta un bel pugno sulla spalla di Nico.
«Ahia! Sei pazza?»
«No, sei tu il pazzo. Non stiamo giocando, non sei qui per trovare una squinzia da portarti a letto. Siamo qui per lavoro e, in questo momento, sono il tuo capo. Pretendo un comportamento consono! Non voglio niente di meno del massimo che ognuno di voi può dare. Intesi?»
Anche se non sono coinvolta nella conversazione, Rebecca è stata talmente autoritaria che sono tentata di rispondere al suo posto. Nico, invece, si limita ad annuire con un cenno del capo e si avvicina a sussurrare qualcosa all’orecchio. Non sento cosa le dice, ma da come lei si scioglie in una risatina e dal rossore che le prende le guance, non ho dubbi che sia qualcosa di vietato ai minori. Mark sbadiglia e risponde che se vuole il meglio deve procurargli altro caffè.
Le porte dell’ascensore si aprono. Attraversiamo il corridoio con la stessa fierezza di quattro astronauti diretti verso un lancio spaziale. Ci vorrebbe uno slow motion accompagnato da una colonna sonora epica, invece ci fa da sottofondo solo il rumore dei nostri tacchi che calpestano il parquet tirato a lucido.

Uno squillo di tromba alla carica mi fa trasalire, svegliandomi di scatto e agitandomi così tanto da cadere dal divano e finire con il culo per terra. Inizialmente non capisco dove sono o cosa sia successo, sento solo il freddo del pavimento attaccarsi alla schiena. Metto a fuoco Alfredo e Giorgio che ridono a crepapelle mentre si battono il cinque e riesco finalmente a inquadrare di nuovo chi sono, dove mi trovo e perchè.
«Non ridi più adesso, eh!» mi dice Alfredo continuando a ridere.
Lancio contro di lui il cuscino ricambiando il favore di stamattina.
«Sei stanco, povero cucciolo?» Giorgio si siede accanti a me e fa la voce da mammina preoccupata. Inizia a piantarmi gli indici nel costato con il suo modo troppo irruento di fare il solletico. «La panterona di ieri sera non ti  ha fatto dormire, eh? Cattivona!»
«Ma che panterona? Sei fuori strada.» Lo spingo giù dal divano.
«Quella con cui sei andato via ieri sera. Hai detto che uscivi per cinque minuti, poi ti sei avvicinato alla tigrona con la maglietta a rete e… puff, eccoti sparito per tutta la notte. Non hai neanche risposto al telefono. Giacomo ancora un po’ e chiamava la SWAT!»
«Sono stato un idiota a non avvisarvi. Dovevo accompagnare Ram al taxi, ma poi...»
«Fermo un attimo. Chi? Mi sembra di aver sentito già questo nome.»
«Ram?» interviene Alfredo. «La riccia del pub di Steve, quella del pazzo che Joshua ha mandato al tappeto?» 
«Che diavolo ci faceva lì?»
«In realtà, che ci crediate o meno, è qui a Roma da un paio di giorni anche lei per lavoro. La sua azienda sta facendo accordi, indovinate con chi? Con una delle aziende di Scherini, il braccio destro del fratello di De Blasi.»
«Roba da non crederci!» commenta Alfredo.
«Sai a cosa non credo io, invece?» aggiunge Giorgio. «A Tommaso che becca quella tipa a chilometri di distanza da casa, sta tutta la notte fuori casa e poi vuole farmi credere che non se l’è ripassata.»
«Invece dovresti credermi. Stavamo parlando e il tempo è volato via.»
«Il buon vecchio romanticone di un Tommaso!» Alfredo fa la ripassata, neanche lui ci crede.
Dopo tutto, non posso dargli torto, neanche io crederei a questa storia se me la raccontassero. Non ci credo neanche adesso, in realtà.
«Quando atterra l’aereo di Steve e Bree?»

Durante la mattina, i partecipanti sono sembrati abbastanza interessati alle due presentazioni che si sono susseguite. L’apertura di Rebecca ha particolarmente attratto l’attenzione del suo pubblico. Dalle loro espressioni si intuiva che il suo stile da “elevator pitch”, molto entusiasmante e coinvolgente, li aveva presi ancor più della sua insindacabile bellezza. Il che è tutto dire, visto che la presenza era, come c’era da aspettarsi, per lo più maschile, ultra cinquantenne ed ovviamente stupita dal veder apparire una donna a rappresentanza della LambdaDev.
Giulio e Virginia ci hanno seguito in videoconferenza su Skype. Giulio è entusiasta di come è andata la prima parte della giornata, Virginia porge le sue prevedibili critiche ma senza calcare troppo la mano. Anche Nico e Mark, infiltrati tra i presenti mentre uscivano dalla sala conferenze per recarsi all’area dove il catering ha preparato il buffet, riportano ottime reazioni captate origliando conversazioni sparse.
«Che facciamo adesso? Sto morendo di fame. Possiamo pranzare o dobbiamo preparare qualcosa?» chiede Mark.
Rebecca prende il programma sul tavolo e ripassa velocemente il programma del pomeriggio, come se non lo conoscesse già a memoria.
«Gli ospiti hanno due ore di pausa. Al rientro ci sarà il vostro intervento sul nostro progetto. Ram, sei pronta?»
Ho la gola secca e mi tremano le braccia, me la sto facendo sotto e ho dimenticato ogni parola del discorso che avevo preparato in aereo. Normale amministrazione insomma, per cui mi limito a sorridere. «Certo Reb, prontissima.»
«Mark, per gli aspetti tecnici del progetto ci pensi tu.»
«Non troppo tecnici, però!» aggiungo tanto spontaneamente che quasi non me ne accorgo.
Rebecca mi guarda male per un attimo. «Stavo per dirlo.» Nonostante stia filando tutto liscio, ha ancora i nervi a fior di pelle. «Mark, non scendere in dettagli troppo tecnici. Nico, tu supporterai la presentazione mostrando la demo. Dopo il vostro intervento, ci sarà un altro breve intervento conclusivo da parte dell’assessore regionale all’istruzione. Infine ci sarà il confronto diretto. Ogni partecipante potrà avvicinarvi e farvi domande, durante una sorta di aperitivo. Mark e Nico, cercate di sembrare persone professionali e socievoli, mi raccomando.»
«Non dovreste occuparvene voi due?» chiede Nico. «Non vorrei passare per il solito maniaco, ma i rapporti uno-a-uno con i cinquantenni avrebbero maggiore successo con un paio di tette a condire la conversazione.»
Rebecca lo fulmina con lo sguardo, le sue dita si serrano stropicciando il programma immaginando di avere tra le dita il suo collo al posto della carta. «Se ti sento dire una cosa del genere di nuovo, giuro che farò un rapporto negativo a Giulio sulla tua attività, uno di quelli che non so dove ti porteranno a lavorare il prossimo mese.»
«Ehi, calma! Non c’è bisogno di chiamare il fratellino per una battuta.»
«Stai esagerando Nico.» Mi intrometto nella discussione, prima che a Reb scoppi un’arteria. La sento sbuffare come un toro imbestialito. Per evitare qualsiasi scatto improvviso, mi inserisco anche fisicamente tra loro. «Sai quanto è nervosa per la buona riuscita di questo evento. Tutti vogliamo portare a casa buoni risultati, ma con questo atteggiamento non sembra che tu ci stia provando.»
«Ho solo fatto un’osservazione lecita. Non vorrai negare che ho ragione.»
«Ci sono milioni di modi per esprimere le proprie osservazioni. Tu sei bravissimo a scegliere quella più sbagliata. Sei stato scortese, irritante, nonché poco professionale. Il fatto che certi tipi di battute possono essere state accettate fuori dal posto di lavoro, non implica che tu possa usare lo stesso tono qui e adesso.»
Non ammetterà mai il rimprovero, non chiederà scusa e non assumerà l’aria da cane bastonato, su questo nessuno ha dubbi, ma almeno resterà momentaneamente in silenzio continuando a fare il sostenuto.
«Reb, potresti andare avanti, per favore?»
Mi guarda negli occhi, sono rossi da far quasi paura. Riconosco quello sguardo perché mi è appartenuto per molto tempo, si sta sforzando con tutta la forza possibile per non avere una crisi di pianto isterico. Fa un respiro profondo, chiude gli occhi, tossicchia per riprendere il controllo, scuote via la rabbia. Apre gli occhi, è tornata la nostra Rebecca.
«Dicevo… Durante il confronto sarete voi, Mark e Nico, a dover restare con i partecipanti. Anche se non è il ruolo che vi è più congeniale, vi pregherei di mettercela tutta. Questo perché nel pomeriggio arriverà Scherini con i suoi soci quindi io e Ram dovremo andare a parlare ancora con loro, sperando di chiudere la partnership. Possiamo contare su di voi?»
«Sai che non è il nostro forte imbambolare i clienti. Le parole non ci mancano, ma non è la stessa cosa di scherzare in ufficio. Ci sarebbe stato bene Max in questa situazione.» risponde Mark.
«Sono d’accordo con te, Max sarebbe stato nel suo mondo, ma non c’è. Ci siete voi. L’incontro con Scherini non era previsto. Purtroppo o per fortuna, le cose si stanno muovendo più velocemente del previsto. Potete farcela. Non sarà poi così difficile tenere a bada un centinaio di cinquantenni!»
«In tutto questo non mi hai ancora detto se posso andare a mangiare.»
Rebecca fa finta di pensarci su. «Vi do cinque minuti. Arraffate tutto quello che potete e portatelo qui!»

   
 
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