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Autore: Ily Briarroot    30/04/2018    5 recensioni
La vita di Ai Haibara è sempre stata segnata dalla sofferenza e dall'oscurità, all'interno dell'Organizzazione. Ha voltato pagina grazie all'aiuto di Shinichi, Agasa e i Detective Boys, ma tra i segreti che nasconde ce n'è uno di davvero grande che non ha mai confidato a nessuno e con il quale si ritrova ancora a fare i conti.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Broken 

Secondo capitolo

 


Mani fredde a contatto con la sua pelle, decise e motivate. Il calore di qualcosa che non c'era, al quale era fondamentale dare un senso. Un qualcosa di vuoto, totalmente privo di sentimenti, per poter avere anche solo una parvenza di sicurezza. Per poter in qualche modo compensare l'isolamento di una vita fatta di nulla. L'incapacità di amare era il dubbio che la attanagliava mentre si lasciava andare, nel buio di una stanza trasportata improvvisamente fuori dal mondo. 
Questa era solo una delle tante paure che le riempivano la testa e che riusciva a mascherare così bene, che non c'entrava nulla con il suo destino all'interno di quella vita criminale. Il suo timore più grande non era l'essere uccisa, non lo era mai stato, quanto il non essere sicura di riuscire ad amare, di non potere essere considerata diversa da loro. 
Aveva Akemi, certo, e ogni giorno ringraziava il cielo per averle regalato quell'unica certezza nella sua esistenza. L'unico affetto, il più vero. Era l'unico pensiero che la faceva andare avanti, aiutandola in qualche modo a superare quella mancanza d'affetto che la avvolgeva e la schiacciava totalmente. 
I dubbi si insinuavano ancora una volta in lei quando si ritrovava a incrociare gli occhi di ghiaccio dell'uomo che la toccava, attraverso carezze che non pesavano, baci che non sapevano di nulla e dita che le attraversavano i capelli, sempre, costantemente. 
In quei momenti, Sherry sapeva di poter osare. La tensione della giornata, dell'aver a che fare con lui, spariva durante quelle ore. Si sentiva bene perché poteva abbassare la guardia, poteva sentirsi una ragazza normale concedendosi al piacere che prendeva il sopravvento su di se'. Ma, soprattutto, voleva quel contatto. Ne aveva bisogno, giorno dopo giorno, più che mai. E lo capiva specchiandosi in quegli occhi, gli stessi che riuscivano a ipnotizzarla e a rapirla. Alla fine, si accorgeva di non aver nulla. Non si era mai illusa di niente, ma la sua vita aveva cominciato ad avere un ritmo, scandito solo dall'orologio e dall'uomo biondo che la invitava senza quasi parlare. Lo aveva guardato dormire al suo fianco, quella volta, quando il rumore delle lancette l'aveva svegliata. 
Si era seduta sul materasso, con l'intento di alzarsi in piedi, mentre realizzava ancora il tocco di quelle mani su di se'. Lo sentiva ancora, come un segno permanente sulla pelle e nel cuore. Un attimo dopo, quasi sussultò al contatto della mano di Gin stretta attorno al polso. 
"Dove credi di andare, Sherry?".
Non era una minaccia, non aveva paura di lui. Gli lanciò un'occhiata veloce, sospirando. 
"Lasciami".
Lui l'ascoltò e allentò la presa della mano, appoggiandola sul materasso. Dopodiché si sistemò meglio sul letto, il busto contro il cuscino alle sue spalle. 
La ragazza si alzò in piedi e lo guardò ancora, brevemente, nascondendosi sotto la frangia ramata. La vide ancora, quell'espressione carica di brama e desiderio. Notò il suo bisogno di lei, nell'averla ancora lì, a sua disposizione. Gin non aveva ancora finito, non gli era bastato, stavolta. Ma lei non ne aveva, non ancora. Lo avrebbe fatto aspettare, perché l'avrebbe aspettata, come ogni volta. 
"Allora? Non credo sia il caso di farti pregare" rispose poi lui, sogghignando. Rimase a osservare interessato la sua schiena nuda, godendosi appieno la scena. 
"Ho molto lavoro da fare e oggi ho perso anche fin troppo tempo". 
Con ferma decisione, la scienziata afferrò il lenzuolo rimasto sul materasso e se lo avvolse attorno al corpo. Tornò ad abbassare lo sguardo e si allontanò velocemente senza voltarsi indietro. 



Dopo la sfuriata che aveva appena fatto con Shinichi e Agasa, la concentrazione necessaria per poter lavorare si era dileguata nel nulla, lasciandole addosso soltanto una sensazione di nervosismo e malinconia. 
Aveva imparato da tempo a non fidarsi di nessuno. Mai, per alcun motivo. Aveva fatto non poca fatica ad aprirsi - piano, molto piano - con le persone che l'avevano accolta e protetta, da quando aveva cambiato vita, da quando aveva deciso di accantonare Shiho Miyano da qualche parte, almeno per un po', senza troppe pretese. Era riuscita a far nascere qualcosa, un sentimento d'affetto verso altre persone che non fossero Akemi e, per farlo, si era messa in gioco. Nel suo angolino, lentamente, ma lo aveva fatto ed era una cosa che non pensava potesse succederle nella vita, dopo tutto il dolore era ancora nascosto da qualche parte, dentro di se'. 
In quel momento, invece, si sentiva ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia, come se tutto ciò che avesse creato continuasse a essere calpestato, in balia di eventi che non poteva controllare e non perché non volesse farlo, quanto perché qualcuno glielo impediva. Agasa era diventato un padre; quel vecchietto trafelato e a tratti goffo era diventata una delle persone alle quali teneva di più al mondo e questo lo sapeva. Così come Shinichi Kudo, che era diventato ormai parte integrante del suo stesso destino. Con lui non c'era bisogno di parlare, un silenzio valeva mille parole. Uno sguardo, un'espressione. 

Una simbiosi

Ed era colui che, più di tutti, la conosceva. Aveva deciso di fidarsi della sua promessa di aiutarla, aveva rischiato la vita per lei più volte e, questo - solo questo - le permetteva pian piano di aprirsi, di rivelare la sua parte migliore, quella che anche lei conosceva appena. C'era lui a proteggerla, contava questo.

Andava tutto bene

E poi, puntualmente, c'era sempre qualcosa. Qualcosa che le nascondeva, da solo o in accordo con il dottor Agasa. Ogni volta era una lama nel petto, perché lo vedeva quando lo faceva, quando non le diceva la verità. Quando gli occhi verdi di Ai incrociavano quelli del bambino e allora quest'ultimo voltava lo sguardo per nascondere o per ammorbidire un peso enorme. Inizialmente lo capiva quando l'ansia le attanagliava la gola da non permetterle di respirare e Shinichi aveva imparato a fidarsi di quella sensazione, puntualmente. Erano arrivati a un punto nel quale lei rischiava la vita, era lei che quei criminali cercavano ma che, al tempo stesso, non poteva sapere nulla, accontentata solo da frasi di circostanza o risatine. 
Ai si era stancata di trovare il giovane detective e Agasa che mormoravano a bassa voce per non farsi sentire, costretta quindi a stare dietro una porta per ascoltare tutto ciò che poteva riguardarle in prima persona. 

Eppure si tratta di me, no? 

Ma stavolta non glielo avrebbe concesso. Si era spaventata come mai prima d'allora, aveva creduto di morire, di non riuscire a scendere con le proprie gambe dal treno sul quale stavano viaggiando. 
Aveva pensato ai bambini e solo a loro, quando aveva scelto di assumere l'antidoto temporaneo per non morire sotto le spoglie di Ai Haibara. Soltanto in seguito le avevano svelato il piano

C'era un piano?

che aveva in mente Shinichi, calcolato su probabilità, statistiche e la mente geniale del detective. Non importa, avrebbe voluto saperlo. Avrebbe voluto essere pronta. E ogni volta, quando lui le raccontava il modo in cui si sarebbero svolti i fatti, nella sua testa le frasi erano sempre le stesse.

E se qualcosa fosse andato storto?
Perché io non sapevo niente? 


Era da quella mattina che si era chiusa nella sua stanza, dopo aver quasi urlato contro a entrambi. Le mani tremavano ancora e il Dottore non si era affacciato sulla soglia chiedendole come stesse. Era già sera quando sentì dei colpi timidi sulla porta di legno e sollevò lo sguardo dal monitor, accigliata. 
"Cosa c'è?" chiese annoiata, trattenendo uno sbadiglio. Immaginava che sarebbe stata solo questione di tempo prima che Agasa entrasse a parlarle. 
"Sono io. Posso entrare?".
La voce di Shinichi la fece deconcentrare da ogni cosa. Improvvisa, fu come una doccia fredda.
"Non penso di poterti tenere fuori, non credi?".
Ai si alzò dalla sedia e raggiunse la porta, mentre l'amico faceva capolino sulla soglia. Quest'ultimo non parlò subito. Attese qualche istante, forse dando per scontato che avrebbe iniziato lei la conversazione. Dovette ricredersi quando la vide incrociare le braccia. 
"Sei ancora arrabbiata per ieri? Guarda che devi stare tranquilla, quegli uomini ti lasceranno stare almeno per un po' di tempo". 
Ai sospirò, cercando di mantenere la calma. Di solito riusciva abbastanza bene nell'intento, ma questa volta la frustrazione era troppo forte da tenere dentro se'.
"Non capisci proprio, Shinichi? Io credo di avere il totale diritto di sapere la verità e finché tu continuerai a comportarti da grande detective che deve fare tutto da solo, io-"
"-non era questa la mia intenzione, lo sai bene" la interruppe lui, guardandola con finto sguardo di disapprovazione "insomma, tutto si è risolto per il meglio. Dovresti pensare a questo e smetterla di rimuginare su ciò che è successo".
La bambina iniziò a tremare, percependo la rabbia che trapelava dall'interno, e la delusione impressa sul volto. Abbassò lo sguardo, nascondendo gli occhi nel vano tentativo di calmarsi. 
"Questa è una faccenda che riguarda me, Kudo. Non ti permetterò più di fare una cosa del genere senza consultarmi".
Shinichi si accorse della sua reazione e la scrutò stupito, senza riuscire a comprendere sul serio il motivo di quella reazione inaspettata. 
"Ascoltami, Ai. Non pensarci più. Che importa se ci fossero loro o meno? Abbiamo vinto noi"
"No! TU devi ascoltarmi!" gli si avvicinò pericolosamente, indicandolo e facendolo indietreggiare "mi importa! Perché se ci fosse stato Gin, non capisci che io-".
La piccola scienziata si bloccò all'improvviso, rendendosi conto delle parole appena uscite fuori dalla sua bocca solo in quel momento. Il tremore del suo corpo ora era ben visibile, mentre le lacrime presero a rigarle le guance. 
"... Ai?" mormorò appena Shinichi, sgranando ancora di più gli occhi. Rimase rigido, teso, senza sapere cosa dire. 
"Perché non capisci che l'ultima persona tra loro che vorrei ritrovarmi davanti è proprio Gin? Perché non mi ascolti?" disse lei, abbassando la voce in modo da non allarmare Agasa. Si allontanò dal moro di qualche passo, quasi come se le avesse fatto del male. 
"Dopotutto non ti è mai importato di farlo. Vero, detective?" aggiunse poi con un filo di voce. 
Shinichi non si mosse dalla sua posizione. La osservava, riflettendo sul motivo che la stesse portando a reagire così.
"Gin... ? Perché Gin?" chiese quasi a se stesso, scuotendo la testa. La sua concentrazione si era focalizzata su Vermouth e Bourbon, tralasciando i vecchi nemici di sempre, quasi senza volerlo. In particolare, era stata la bionda americana a minacciare Ai, a mandarle quella email, quindi sentire il nome in codice del criminale lo fece letteralmente cadere dalle nuvole. C'era quel qualcosa che gli mancava, quel tassello che non rimaneva fermo nello stesso punto della sua razionalità, quando gli capitava di riflettere sul passato della sua amica. E quando credeva di esserci riuscito, quel qualcosa gli sfuggiva e non cercava di rincorrerlo, per evitare di pensare cosa potesse significare quella parte mancante, forse. Ma adesso che sentiva quelle parole e vedeva quella reazione, il pezzo del puzzle tornava in superficie e stava tentando di decifrarlo di nuovo. 
Non fece in tempo a chiederselo però, perché Ai scattò via e lui fece appena in tempo ad afferrarla per il braccio. Di nuovo, nel giro di così poco tempo. Lei rimase ferma, immobile, senza reggere il suo sguardo. La sentiva tremare e allentò lievemente la presa.
"Perché hai paura di Gin? Cosa c'entra lui in tutta questa storia?" le chiese, il tono fermo e rigido. Non seppe perché, ma un brivido gli attraversò la schiena. 

Non dirmelo.
Non dirmi quello che penso. 


Di colpo, Shinichi comprese alla velocità di un fulmine a ciel sereno. Non la lasciò andare e non aveva intenzione di farlo, per il momento. Pensò agli incubi, sia quello che gli aveva raccontato - ho sognato Gin che ti sparava - sia quello recente, che lei gli aveva tenuto nascosto. E chissà quante volte ancora. Si ricordò della reazione al tocco di Ayumi quella volta in aula, 

Non mi toccare, ti prego.

alla sua ansia ogni volta che capitava di vedere una Porsche nera nei dintorni. Le frasi del criminale quando aveva avuto modo di vederla, all'Haido City Hotel, e che gli aveva riferito il dottor Agasa dopo aver udito la conversazione tramite la ricetrasmittente installata negli occhiali. L'averla aspettata fuori dalla canna fumaria solo per ucciderla guardandola negli occhi, l'aver scoperto che lei fosse nascosta lì dentro a causa del suo profumo. L'essere riuscito a risalire a lei dal colore del capello, il riuscire a prevedere le mosse della ragazza, una ad una. Il non averla uccisa con un colpo secco, pregustando con sadicità il suo dolore, dopo averle inferto altri colpi. No, non poteva essere.
"Ai, cosa mi nascondi?".

Cosa mi nascondi da anni?
Cosa non mi hai mai detto?


Lei scosse la testa, guardandolo negli occhi per un attimo - uno solo. 
"Non sei l'unico a sentirsi in dovere di non dire la verità, Shinichi". 
Dopodiché lei si liberò e lui la lasciò andare senza trattenerla. La vide scappare via lungo il corridoio e non osò seguirla. 

Forse non ne aveva davvero il diritto.




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Note dell'autrice: ciao a tutti! Eccomi con il secondo capitolo di questa fanfic che non sarà tanto lunga, non preoccupatevi xD mancano davvero pochi capitoli alla fine. Mi è sempre piaciuto e incuriosito il passato di Gin e Sherry all'interno dell'Organizzazione, infatti dagli indizi che abbiamo avuto (in sostanza quelli che ho elencato nella fic) non sappiamo se sia effettivamente successo qualcosa tra di loro oppure no (io sospetto di sì). Tuttavia in se' la cosa mi piace e spero che possa piacere anche a voi :D ringrazio tutti coloro che hanno recensito o che abbiano voglia di farlo ancora ma anche soltanto a chi si sofferma a leggere. Grazie mille a tutti, un bacio e al prossimo capitolo!
  
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