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Autore: Hermes    01/05/2018    1 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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I build a house
For your bones
I build a home
[...]
I wrote a song
Go on and listen
That's all you'll hear
When I'll go missing
The dead weather ~ Bone house

Per quanto mi riguardava le ferie erano finite, checché ne dicesse Venter.
Un cambio repentino di direzione la mia, sì, potete dirlo forte.
Avevo bisogno di lavorare o sarei diventata matta.
La mia routine di stacanovismo compulsivo, qualche match all’ultimo sangue con uno dei miei compagni istruttori di Ju-Jitsu, magari anche qualche bella corsetta.
Prima di tornare a SF mi ero fermata a Sacramento, io e Hugo avevamo passato un paio di giorni a girare per la città ma non avevo resistito di più.
Ero tornata verso Ovest dove il Pacifico brillava sotto un sole pesante e le palme vibravano nervose mentre la brezza si mischiava con l’aria bollente che scendeva dalle montagne.
Ero tesa come una corda, inspiegabilmente.
No, lo sai benissimo perché.
Rivangare il passato ti rende malleabile, indifendibile. Come la creta sotto le tue unghie.

Avevo chiamato giù a San Diego ma le mie telefonate non avevano risposta.
Venter doveva aver dato le ferie anche a Paul, il mio assistente.
Maledizione!
Potevo sempre ripiegare sul laboratorio distaccato di San Francisco, una briciola in confronto.
Il loft era buio, silenzioso.
Alice doveva essere passata per controllare e dare da mangiare ai miei colorati pesci tropicali nell’acquario ma non mi aveva lasciato nulla di pronto.
Proprio loro muovevano le loro delicate code a velo nella mia direzione quando rientravo.
I primi giorni li avevo passati ad riorganizzare la dispensa come non avevo più fatto negli ultimi anni, la parte responsabile della mia coscienza risvegliata e vendicativa.
Della serie…Hervas! Tu pigra idiota! Non lasciare i vestiti sporchi sparsi per il bagno e ripulisci i vetri della doccia subito!
Non ti ci provare nemmeno a mangiare sul divano che poi bisogna pulire!
E, porco cane, se proprio devi continuare imperterrita a scavare un solco nel pavimento non passare sul tappeto con le scarpe, cazzo!
Accidenti!

Maniacale e riled up.
Già.
Peccato che non avessi più fumato una sigaretta da almeno un decennio.

~

“Dottor Lagden…” Jimmy era appena rientrato nel laboratorio, avvicinandosi alla sedia del suo capo che gli dava la schiena “…signore?”
Lo schermo del portatile a luminosità ridotta che creava un alone azzurrino sull’uomo addormentato, il mento puntato al petto e le mani in grembo, l’occhio menomato ora un viola violento.
Jim decise subito di non disturbarlo.
Gli ultimi dieci giorni erano stati un inferno nel loro dipartimento grazie al suo capo.
Avrebbe potuto testimoniare la sua abilità di non dormire per lunghi periodi di tempo e di sfornare idee, schiavizzandoli a turni.
Genio mondiale con la pietà di una pietra mentre ti frana addosso.
Adorava il suo capo ma c’erano momenti che avrebbe voluto rinchiuderlo in una delle celle criogeniche un paio di settimane solo per tirare il fiato.
Quell’uomo non sembrava avere una vita personale, a sua memoria non aveva chiesto ferie negli ultimi dieci anni, nemmeno quando il figlio si installava nel villino ai limiti della Base.
Si era sempre chiesto che tipo di donna fosse quella che era riuscita a concepire con Lagden, Kurt era intelligente ma non sembrava un fuoriclasse, per intenderci.
Eppure il suo capo era particolarmente spinoso quando qualche nuovo arrivo azzardava la battuta idiota nel suo range uditivo.
Di solito quelle reclute venivano isolate e bombardate di lavori odiosi dal quale tornavano pallidi, maleodoranti e – a volte – con l’odore di peli bruciati.
“Jimmy.”
L’assistente saltò su, preso di sorpresa “Sì, dottore?”
“Voglio un doppio espresso ed un mega pretzel di Hunter, grazie.”
“S-”
“Dopo i 6 minuti e 40 secondi che ti ci vorranno per questa semplice missione ti consiglio di studiarti i materiali per la prossima riunione con il generale in visita alla Base tra una trentina di minuti in quanto sarò totalmente irreperibile.”
“Dot-”
“Mi fido di te, Jimmy. Perché non ho alcuna attenzione di leccare il culo a quello stronzo del Comandante.” Lagden aveva ruotato la poltrona verso di lui, occhi scuri e vigili “Cosa ci fai ancora qui?”
L’assistente imprecò contro il karma e, prima di uscire di corsa dalla stanza, urlò “Voglio un aumento di stipendio!!!”
“Chiedilo al Comandante!” borbottò Lagden, tornando al suo portatile ed alla ricerca del momento.

~

Erano passati un paio di giorni, giusto il tempo perché Giugno diventasse Luglio portando sulla città folate di aria sempre più rovente.
Contro tutti i miei principi ecologisti e salutisti avevo acceso l’aria condizionata del loft, sollevata che l’impianto funzionasse nonostante il costante disuso.
Quell’ultima settimana da sola mi aveva forzato a trovare un baricentro e l’energia in più l’avevo riversata in una nuova avventura: il Crossfit.
Prometteva di diventare uno dei miei passatempi preferiti solo per il fatto che dopo le prime due lezioni mi ero sentita un tappetino.
Sì, perché non sono felice finché non sento i muscoli stanchi! Yay!
I pesci nell’acquario mi guardavano andare e venire nella più completa indifferenza.
Avevo fatto partire un piccolo esperimento personale nel laboratorio secondario, riallacciando anche qualche vecchio legame lavorativo.
Insomma, tutto era okay.
Okay, se non ci aggiungevo il fatto che non riuscivo a contattare mio figlio in nessun modo da almeno dieci giorni.
Mi aspettavo il suo ritorno a casa ma quel silenzio iniziava a darmi sui nervi.
Proprio lui l’anno prima mi aveva raccontato che avevano installato una nuova torre per le telecomunicazioni alla base ed erano riusciti ad agganciare addirittura delle televisioni russe, il segnale disturbato ma stabile.
Ero preoccupata, perché Kurt sembrava volesse evitarmi.
Avevo cercato di sentirlo almeno due volte al giorno ma trovavo sempre la segreteria.
Gli avevo lasciato qualche voice mail ma senza preoccuparmi.
Non c’era niente di urgente, in fondo.
No.

Ero rimasta ragionevole fino a metà settimana, fino al dieci di Luglio.
What the hell!
A quel punto iniziavo a sentire una punta di panico che cresceva ogni volta che il tono di libero si trasformava in quello della segreteria.
Dopo più di due settimane sfido qualunque madre a non preoccuparsi.
Quindi quella sera, tornata a casa dal lavoro, avevo di nuovo composto il numero di Kurt, ricevendo sempre la solita risposta.
Occhieggiai malamente lo smartphone, con il dubbio che la diavoleria fosse alla sua ultima ora.
Ma non poteva essere, avevo telefonato a più di sei persone nelle ultime otto ore mentre ero al lavoro…
Decisi di cenare ma dopo aver atteso fino alle nove di sera la segreteria non era cambiata di una virgola.
Ero rimasta in quieta contemplazione del telefonino sotto i faretti alogeni dell’isola per un po’ prima di incassare la testa nelle spalle con un “Oh, fuck it!
Ormai non c’erano più altre soluzioni, con nuova determinazione dissotterro i meandri della mia rubrica e faccio partire una telefonata sul numero di Linds, dopo tutti questi anni ancora sotto l’assurda dicitura ‘Marylin Zen’.
Roteo gli occhi quando parte un’altra segreteria telefonica.

‘State ascoltando la segreteria telefonica di Lagden.
Se siete interessati a qualche mia ricerca, lasciate perdere per il bene della vostra salute mentale.
Se invece desiderate una consulenza potete contattarmi sulla mail che trovate da qualche parte sul sito governativo Pinco Pallino alla voce ‘sviluppo e ricerca’.
Se invece avete sbagliato numero compratevi un paio di occhiali. ‘derci!’

Che razza di messaggio!
Sbuffo, chiudendo ed passandomi distrattamente una mano nei capelli.
Non potevo arrendermi per così poco, ed avevo il vago ricordo che Linds avesse scribacchiato da qualche parte un numero ‘per le emergenze’ casomai non fossi riuscita a sentirlo o fosse successo qualcosa di serio.
Avevo frugato per un buon venti minuti nell’agenda dell’ingresso finché non trovai la sua mano su una delle prime pagine.
Lambda Department…eh?
Le mie dita si muovono sul tastierino dello smartphone, ripetendo i numeri mentre li leggo, digitandoli per la prima volta nella mia vita.
Quindi mi porto il telefono all’orecchio ed mi risiedo all’isola della cucina, osservando gli abitanti dell’acquario.
Il segnale di libero continua a suonare mentre tamburello nervosamente le dita sul bancone della cucina ed il giorno muore lentamente fuori dal finestrone ad arco.
La linea viene agganciata dal centralino.
“Pronto?” domanda una voce di donna annoiata.
“Buonasera, mi favorisca per favore un collegamento con Linds Lagden del Lambda Dep.” replico inflessibile, ignorando la procedura per questo tipo di collegamenti.
“Questa postazione telefonica non è autorizzata a collegare contatti esterni alla base e la avviso che questa conversazione sta venendo registrata.” m’informa la voce con tono sospettoso.
“Bene…” faccio passare un respiro dal naso, Linds non sei capace ad informarti prima di darmi numeri a casaccio?! “Allora mi faccia la cortesia di dettarmi il numero del centralino apposito. Il mio nome è Michelle Hervas.”
“Attenda un momento prego.”
Per grazia divina durante l’attesa non parte l’Inverno di Vivaldi né l’ultima hit di Beyoncè ma passano comunque un bel po’ di minuti prima che la donna dica “Devio la sua chiamata direttamente ai laboratori, dovrà attendere qualche minuto.”
Ritorna il segnale d’attesa risposta e spero che qualcuno si degni di alzare la cornetta.
Base fantasma…o tutti troppo impegnati a giocare a Monopoli…
“Sì?”
“Sto cercando Lagden.” vengo subito al dunque, la pazienza ormai esaurita ed innervosita.
“Il Dottor Lagden.” sottolinea altezzoso quello dall’altra parte della cornetta “Mi dispiace ma in questo momento è in riunione.”
Si sta formando una crocetta sulla mia fronte. Brutto leccapiedi…scommetto che lo segue come un cagnolino questo!
“Il suo assistente?”
“Esattamente!”
CVD!
“Sì, eh? Allora dica al Dottor Lagden che se non smette di giocare a solitario e non mi risponde al telefono, mi attivo per cercare Raphael e tra dieci minuti il suo hard-disk – ma che dico – i server di tutto il vostro caro laboratorio subiranno un’improvvisa morte per cause incerte. Corre a dirglielo da bravo?”
“Chi sarebbe lei?” sbotta secco.
“Hervas.”
Sento distintamente la cornetta sbattere su un ripiano orizzontale. Fanculo anche a te.
Le mie dita continuano a tamburellare sul bancone, le unghie che ticchettano.
Non è passato un minuto e sento un improvviso rumore di passi frettolosi in avvicinamento dalla cornetta.
“Sei sicuro che ha detto Hervas?!”
“Sì.”

“Michelle?!” finalmente Linds si degna con tono sorpreso ed anche un po’ preoccupato.
“Gentile da parte tua rispondere…” ribatto acida “Senti non riesco a parlare con Kurt, probabilmente non c’è copertura lì nel deserto o ha il telefono morto.”
“Michelle…”
“Sì?”
“Non vedo Kurt da una dozzina di giorni.”
La mie dita smettono di tamburellare per poggiarsi sul granito.
Un brivido mi percorre lo spazio dietro agli occhi.
“Cosa…come sarebbe a dire non lo vedi…Linds spiegati.” metto il morso con voce acuta.
Sarà rimasto alla base tutto questo tempo, preso nei suoi progetti in corso e Kurt sarà nel villino di sorveglianza a scassarsi come al solito…sì…
Peccato che la mia opera di auto-convincimento sia inutile appena Linds riapre bocca dall’altra parte del filo.
“Ero convinto che fosse tornato a casa.”
Batto le palpebre e devo poggiarmi tutta al bancone perché le gambe non mi cedano.
“Linds, spiegati meglio.” ripeto, quasi sull’orlo di un attacco di panico vero e proprio.
“Se né andato venerdì scorso, ero sicuro che-”
“Cosa è successo?”
“Eh?”
“Linds, ti avverto…”
“Abbiamo avuto una conversazione.” arriva la sua risposta stringata.
“Che tipo di conversazione?”
“…”
“Rispondi!”
“Gli ho detto la verità.”
“Ovvero?”
“Sai perfettamente di cosa sto parlando.”
È un momento ed il bancone non basta più per tenermi in piedi.
Scivolo giù e siedo per terra.
Oh Dio, no.
No.

“Tu sei pazzo.” mi esce con un filo di voce.
“…”
“Sei completamente demente…”
Ma Belle…
“LINDS!” ho ritrovato la voce, suono talmente isterica che faccio fatica ad sentirmi “TI RENDI CONTO CHE NON HO VISTO KURT?! CHE NON HO ALCUNA IDEA DI DOVE SIA?!”
Continuerei ad urlare ma mi manca il fiato dal panico e Linds cerca di intromettersi “Michelle-”
Ma non ho alcuna intenzione di farmi calmare e tengo all’orecchio l’apparecchio con una stretta che minaccia di incrinarne il vetro.
“Adesso tu rimedi a questo casino.” suono folle, non mi interessa “Per diciassette anni hai fatto finta che Kurt non esistesse, adesso molli tutte le tue scuse, prendi e vieni qui. Se gli è successo qualcosa sappi che ti ritengo il diretto responsabile.”
Schiaccio la fine chiamata e ricompongo il numero che ho già provato quattro volte nel corso della giornata senza successo.
Suona poi entra il servizio di segreteria.
“Ciao, sono ancora la mamma…” mi mordo un labbro con la gola chiusa dal magone “Kurt, lo so che non ho il diritto di chiedertelo ma chiamami. Per favore…”
Poso il telefono per terra poi premo le dita contro gli occhi sperando come ultima spiaggia che sia un brutto sogno.
Mi permetto ancora un minuto di commiserazione self-made poi mi rimetto in piedi, con l’intenzione di cercare indizi nella camera di Kurt. Fat chance.

Non sono stata una buona madre.
Ho cercato di esserlo ma chissà…
Oh Hervas…

She was powerful,
not because she wasn't scared
but because she went on so strongly,
despite the fear.
~ Atticus

~

“Adesso tu rimedi a questo casino. Per diciassette anni hai fatto finta che Kurt non esistesse, adesso molli tutte le tue scuse, prendi e vieni qui. Se gli è successo qualcosa sappi che ti ritengo il diretto responsabile.”
Aveva trattenuto il respiro per qualche secondo prima di lasciarlo andare, abbassare la cornetta e rimetterla in posizione con un ‘clic!’
Erano passati dieci anni dall’ultima volta che aveva udito la voce di Michelle.
Chiara, limpida e satura di vetriolo.
Proprio come l’ultima volta.
Vedeva distintamente la propria mano tremare contro la plastica del telefono, quindi la strinse a pugno prima di riaprirla in contemplazione.
Tremava ancora.

La giornata passata in riabilitazione non si era ancora conclusa, non per lui.
Stentava a tenere gli occhi aperti ma si sforzò di apparire almeno vigile al suo arrivo.
Las Vegas brillava appena fuori dalle finestre a mezza altezza dello studio.
I crampi alle gambe lo stavano uccidendo, nonostante fosse seduto sulla carrozzina.
“Buonasera Mister Lagden.”
Aveva grugnito, ricevendo un’occhiata che ignorò in favore di fissare sospettosamente il gioco da tavolo apparso sulla scrivania.
Creane aveva seguito il suo sguardo, aveva sorriso e si era seduta dietro la scrivania di fronte a lui.
“Ho saputo che le piace giocare a backgammon, so che è stanco e mi chiedevo-”
“Non a backgammon.”
“Pardon?”
“Qualsiasi cosa ma non quello.”
Creane l’aveva studiato per un po’ prima di accondiscendere e portare sulla scrivania il Goban che teneva in un angolo della stanza.
[…]
Erano al secondo gioco.
Aveva stracciato la psicanalista nel primo round quasi senza preoccuparsi della propria strategia.
Qualcosa però gli diceva che la donna l’aveva lasciato vincere per osservare il suo modus operandi e nei suoi occhi ora c’era una luce ed una intelligenza da stratega che prometteva un match da ore.
Guardò sorpreso quando Creane sollevò la mano su una delle sue sezioni di pedine nere attuando una manovra rischiosa per inizio partita e mandando uno dei suoi angoli meno protetti nel caos.
Aveva risposto muovendo a casaccio, il sopracciglio di Creane si alzò in una lieve sorpresa.
“Perché non segue una strategia?” gli aveva quindi domandato, inferendo un altro colpo alla sua difensiva già instabile.
“Non desidero vincere.”
Occhi su di lui “O non vuole giocare?”
“È la stessa cosa, Creane.”
Il tavoliere ripiegabile si inclinò sotto i suoi occhi e le pedine scivolarono di lato, ammucchiandosi in montagnole bianche e nere senza più regole o limiti.
“Fra desiderio e volontà c’è differenza Mister Lagden. Non sempre portiamo a termine le cose che desideriamo. Spesso vogliamo qualcosa ma ci manca il coraggio di intraprendere il viaggio per raggiungerla. La vera forza sta nel scegliere cosa si vuole: desiderare o volere?”

Occhi neri sul display del telefono fisso, led rossi che mostravano le nove e diciotto post meridian.
Quel pomeriggio invernale Creane aveva ragione quindi?
Era arrivato il momento?
Tirare su la testa dalla sabbia. Svegliarsi dal sogno.
Meccanicamente aveva lasciato la saletta ed era tornato nel corridoio, bussando al piccolo ufficio di Jimmy ed aprendo appena la porta, rimanendo sulla soglia.
“Dottore?”
“…”
“Posso aiutarla?”
Un sorriso sinistro su labbra sottili.
“Sì, James. Tu puoi aiutarmi.”
[…]
“Ma…ma…signore!”
James aveva cercato di sviarlo appena aveva fiutato le sue intenzioni.
Gli era rimasto alle calcagna per l’intero tragitto al suo laboratorio ed il giro di ricognizione con il team, quasi si aspettava che lo trattenesse fisicamente in quell’ultima passeggiata fino agli ascensori.
“Giù al ventunesimo si bloccherà tutto senza di lei! Non può!!!
Linds chiuse gli occhi dopo aver chiamato l’ascensore, mordendosi un labbro per non ridere di gusto e rimanendo in silenzio.
“Ed il Comandante?! Ci ha pensato a quel- quel- quello è un incompetente! Non capisce niente di antimateria e dimensioni delta in realtà relativa!” una nota di isteria alzava di mezza ottava la voce del suo assistente.
A quel punto aveva finto di tossicchiare, aggiustando le tracolle e sperando che Jimmy non lo seguisse anche per andare su.
DING!
“No, sul serio, è stato un bello scherzo Mister Lagden. Adesso-”
“Passa una buona nottata, James.”
“Dottore!” il viso aggrondato dell’uomo era una copia quasi identica dell’urlo di Munch alla Homer Simpson “La supplico!
“Oh, piantala Jimmy…”
“Il momento che il Comandante capirà che lei è sparito bloccherà tutte le ricerche non approvate! Sarà il caos!”
“Quando arriverà quel famigerato momento tu digli la verità.” era entrato nella cabina, passando pigramente il proprio pass prima di lanciarlo a Jimmy e premendo il pulsante per la superficie.
“Sarebbe?”
Linds alzò le spalle con un ghigno.
“Mi sono dato le ferie.”
DING!
Dall’altra parte delle porte di metallo sentì ancora Jimmy imprecare, pugni che battevano contro la paratia.
“Ma si può sapere chi cavolo è quella maledetta Hervas?!”

Where I cope, where I fit
Where there's hope to forgive
Where this dark comes to light
[...]
I miss you so much - it's killing me
Do they know where I've been?
About the hurt, and the blood,
and the loss, and the love
Lord forgive me - here I come
Richard Ashcroft ~ Let my soul rest

~~~

Canzoni del capitolo:
- The dead weather ~ Bone house;
- Richard Ashcroft ~ Let my soul rest.

Le note di questo capitolo sono:
- Per cella criogenica intendo quello che significa letteralmente, per maggiori informazioni potete trovare delucidazioni sulla pagina wiki dedicata all'Ibernazione. Ho varie teorie sul tema e sono certa che al Lambda Dep studiano anche l'idea del sonno criogenico...non mi stupirebbe se stessero facendo esperimenti con cavie umane e che Linds si sia già fatto un giro, chi non vorrebbe risvegliarsi magari tra due secoli e vedere cosa ne abbiamo fatto del mondo che ci circonda?
- Il Crossfit è un sistema di fitness ad alta intensità che raggruppa insieme vari tipi di esercizio fisico anche a livello agonistico, sollevamento pesi olimpico, powerlifting, kettlebell, strongman e altro. Per Michelle è il pane, io che l'ho provato preferisco la Mountain Bike ed è tutto detto. LoL
- Il Go è un gioco da tavolo strategico per due giocatori. Ebbe origine in Cina ma è molto popolare in tutta l'Asia Orientale. La scacchiera (Goban) è composta da una griglia 19 x 19. Ha regole semplici ma come gioco è molto complesso, pensate che una partita di livello professionale puo' anche durare giorni;
- Con Antimateria accenno alla ricerca attualissima del quale sentiamo parlare recentemente anche ai telegiornali nell'ambito della fisica di particelle. Linds è uno studioso nel midollo ma il suo amore principale rimane comunque la Fisica ed in questo caso la Materia oscura del quale è costituito al 90% il nostro Universo rimane uno dei misteri più insoluti ancora oggi. Di mio ho sempre avuto il desiderio di studiare Astronomia ma se siete interessati potete leggere maggiori informazioni sulla Antimateria e sulla Materia Oscura (anche se vi consiglio le pagine in inglese che trovo le più complete);

Tredicesimo capitolo, here I come!
Non era previsto un aggiornamento nei prossimi giorni ma eccolo qui. Ringraziate la sfiga della sottoscritta che ci vede benissimo e gode nel mettermi i bastoni fra le ruote della chevrolet darling.
Da qui in poi la trama si infittisce quindi tenete gli occhi pelati mentre leggete anche se so che tra un capitolo e l'altro rischia di passarci un secolo (sigh!)
Chissà che fine ha fatto Kurt? ?o?
Io posso solo dirvi che le sorprese non sono finite and the road goes ever on ;)
Spero che il chap vi sia piaciuto!!!
Per me è già estate ormai e se la mia sfortuna si attenua un pochino ho tutte le intenzioni di godermela in pieno quindi Hasta la vista, Au revoir, Auf Wiedersehen and Adios! xD
Hermes

  
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