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Autore: devil_may_cry_wrath_92m    01/05/2018    0 recensioni
La fine di un lavoro l'inizio di qualcosa di molto più pericoloso, un viaggio che segnerà profondamente Revy e Rock
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Revy, Rock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Revy stava camminando. Camminava nella più completa oscurità, non sentiva nient’altro se non il rumore dei suoi passi. Non riusciva a vedere niente, se non quella oscurità che sembrava inghiottirla e osservarla. “two hands, non capisco le tue intenzioni, ma non dovresti provare a vivere come lui” questa era quello che gli aveva detto Balalaika in quel garage e adesso Revy stava sentendo ancora quelle esatte parole in quell’oscurità. “Pensi di potermi fare la predica?” “Ci puoi scommettere two hands. Sono pur sempre il tuo datore di lavoro!” Questa era lei e Dutch quando erano saliti su quella nave di neo nazisti per riprendersi quel quadro, fu in occasione di quella missione che lei e Rock ebbero una discussione che la portò infine a minacciarlo di ucciderlo e poi, mentre era su quella nave, le scatenò quella che Dutch chiamava “La febbre di Whitman” cioè, una sete di sangue che la faceva uccidere indiscriminatamente chiunque si parasse davanti a lei; dopo la conclusione di quell’incarico lei e Rock riuscirono a riappacificarsi anche se lei aveva rischiato seriamente di ucciderlo ma lui si era salvato grazie alle sue parole e anche perché era riuscito a toglierle la pistola dalle mani. “Senti Rock, lascia che ti chieda una cosa e poi la chiudiamo qui. Tu da che parte stai?” gli aveva chiesto infine Revy “Io? Io sto esattamente dove sono e da nessun’altra parte” gli aveva risposto il suo compagno. Dopo questo episodio lei e Rock erano diventati molto più uniti, lei sapeva che se avesse avuto bisogno di aiuto lui l’avrebbe aiutata e, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, anche lei avrebbe fatto lo stesso lo aveva dimostrato quando dei terroristi avevano rapito Rock credendo che nella valigetta che portava avesse dei documenti che loro cercavano; quello che nessuno sapeva era che Revy aveva preso i documenti e se li era nascosti addosso, l’unica cosa che quei tizi avevano preso era una valigetta vuota e un’ inutile colletto bianco giapponese, come Revy lo chiamava a volte. Poteva andarsene con gli uomini che Chang, il boss della triade che aveva commissionato il lavoro alla Lagoon company, ma invece lei aveva mentito dicendo che era Rock che aveva i documenti e perciò dovevano andare a riprenderlo. Dopo il recupero del suo compagno e la consegna dei documenti al cliente, Rock l’aveva ringraziata e lei aveva risposto tirandogli un pugno in testa e urlandogli che le spese del salvataggio gli sarebbero state tolte dallo stipendio ma lui aveva capito che quello era il modo della sua amica per dirgli “Non c’è di che” e questo a Revy piaceva, Rock era uno sveglio, che aveva capito che lei non era il tipo da discorsi strappalacrime e quindi la cosa finiva lì. “Pensi di essere cambiata Rebecca?” nell’oscurità, Revy si voltò nella direzione da cui proveniva quella voce, era una voce che ben conosceva e che credeva non avrebbe sentito mai più. “Dove sei bastardo?” mormorò lei estraendo le sue beretta m92 che lei aveva soprannominato sword cutlass per via dei teschi con le sciabole incrociate sui calci di esse; le puntò da dove proveniva la voce ma poi vide una cosa incredibile: una delle sue pistole era in pezzi, ne stava tenendo in mano solo metà, l’atra era ai suoi piedi; prima che potesse fare o dire qualcosa, fu sbalzata a terra e qualcosa o qualcuno fu sopra di lei e gli mormorò “ Non è cambiato nulla. Tu non sei forte. Tu sei ancora quella bambina che rubava a Mott street, che veniva picchiata da quell’ubriacone del padre e che prima di ucciderlo ha subito la peggiore delle umiliazioni!” Revy sentì che le sue gambe si stavano spostando, solo che lei non lo voleva si stavano muovendo come se qualcuno la stesse costringendo a divaricarle, sentì che qualcosa la toccava sulle cosce e poi in mezzo alle gambe, i suoi vestiti vennero strappati e poi successe quello che lei sapeva sarebbe successo solo che la paura, la rabbia, l’angoscia, il terrore , l’umiliazione erano le stesse che aveva provato quel giorno di tanti anni fa quando a quattordici anni, un poliziotto l’aveva arrestata per un crimine che non aveva commesso, caricata sulla sua volante, portata in una cella della stazione di polizia, presa letteralmente a calci e infine violentata; poi, dopo un paio d’ore ,l’aveva scaricata nel punto dove l’aveva prelevata. Quando andò a dire tutto a suo padre lui rispose solo di portargli da bere e lei crollò definitivamente; gli mise un cuscino in faccia e gli sparò, da quel giorno Rebecca Lee, così si chiamava cessò di esistere, ora c’era solo Revy e credeva che tutto questo fosse solo un ricordo lontano ma adesso si sentiva esattamente come quel giorno impotente e spaventata. “No, non…farlo, no ,merda, cazzo, no no, no NOOOOOOOO!!!!!!!!!!” Revy si alzò di scatto dal futon in cui era avvolta, era ricoperta di sudore ma nonostante ciò aveva freddo e non solo perché indossava soltanto gli slip e una canotta nera, era anche per quello che aveva visto. “Un incubo, solo un incubo e dei ricordi del cazzo” mormorò “Oh, finalmente ti sei svegliata” disse una voce maschile che Revy non aveva mai sentito, fece per alzarsi ma sentì una fitta di dolore provenire dalla gamba ferita che la face cadere a faccia in giù sul pavimento di legno. L’uomo si alzò e si diresse verso di lei afferrandola e rimettendola a letto “Calmati. Ti ho rimesso a posto la gamba ma sei ancora troppo debole” normalmente Revy, avrebbe reagito con un insulto ma si sentiva troppo stanca anche per quello, era come se qualcuno gli avesse succhiato via tutte le forze e persino mettersi seduta le provocava dei capogiri “Dov’è Rock?” chiese all’uomo e lui rispose “Rock?! Si chiama così il ragazzo che ti ha portata qui? E’ stato quasi sempre al tuo fianco, per tenerti ferma mentre ti medicavo quella ferita e poi mentre avevi la febbre, sai ti agitavi nel sonno e urlavi anche delle autentiche oscenità. E’ incredibile che una ragazza così carina conosca simili epiteti” “Epiteti?! Ma come cazzo parli?” replicò con durezza two hands sentendo una leggera nota divertita nella voce dell’uomo seduto nel buio “E accendi una luce, che sei cieco?” a quel commento l’uomo si mise a ridere e disse: “Hai ragione ma vedi non volevo disturbarti” si mise in piedi e si diresse verso il muro, premette l’interruttore e Revy fu investita dalla luce della lampada del soffitto; era debole come luce ma per la donna fu come se gli avessero puntato la luce di una torcia in pieno volto, ci mise un minuto per abituarsi e quando lo fece vide che si trovava in un’ampia stanza fatta di legno, sembrava una di quelle palestre per chi praticava le arti marziali o il kendo, Rock gli aveva anche detto il nome, dojo, quando erano in giro per Tokyo in un raro momento di libertà che Balalaika gli aveva concesso. “Così va meglio?” disse l’uomo, Revy si voltò verso di lui e vide che era vestito come un monaco buddista, testa rasata, sui quarant’anni, e con un sorriso cordiale sul volto che lasciò spiazzata Revy; una porta scorrevole si aprì e una voce che la donna ben conosceva disse: “Revy ti sei ripresa!” “Calmati Rock, ho la testa che mi scoppia. Dio! quanti vorrei farmi un goccio. Monaco ce l’hai un po’ di birra?” “Questo è un tempio e comunque non credo sia consigliabile bere alcolici dopo due giorni di febbre” Quelle ultime parole colpirono Revy con la stessa forza di un maglio “Quanto ho dormito?!” Rock rispose: “Hai capito bene: due giorni, non ti preoccupare ho già chiamato Dutch e Benny e loro informeranno chi di dovere” “Cazzo, la sorellona li pelerà vivi quando saprà che deve pagarci di nuovo il viaggio di ritorno” detto questo Revy crollò di nuovo sul cuscino del futon e mormorò “Rock dammi una sigaretta” indicando il pacchetto che sporgeva dalla tasca della giacca del suo compagno, il giovane monaco non disse niente riguardo al fatto che neanche fumare fosse una buona idea dopo quello che la sua giovane ospite aveva passato ma pensò che un piccolo strappo alla regola poteva farlo anche se però avrebbe poi dovuto togliere la cenere e la cicca di sigaretta dal pavimento, il bonzo era certo che quella donna, chiamata Revy, non sapesse neanche cosa fosse la pulizia e il rispetto per la proprietà altrui e sicuramente era una persona pericolosa, la pistola che le aveva visto addosso mentre la portava nel tempio era un’ indizio più che evidente; aveva avuto già a che fare con dei delinquenti e quella donna lo era di certo e la sua arma indicava un’altra cosa: era una professionista nell’ambiente del crimine , quell’arma non era una delle pistole che aveva visto in mano ai balordi che par fare gli sbruffoni la tiravano fuori pensando di spaventarlo, era un’arma ben curata nelle mani di una vera e propria criminale. Normalmente avrebbe chiamato la polizia ma la gentilezza e la risolutezza del giovane che la donna aveva chiamato Rock, lo fece desistere e così li aveva aiutati come meglio poteva. “Se non vi dispiace mi ritiro per le preghiere” “Fai quello che vuoi. Questa è casa tua” fu la risposta che mormorò Revy mentre fumava poi la sigaretta le scivolò dalle labbra e cadde sul pavimento, Rock fece per riprenderla e ridarla alla sua compagna ma si accorse che si era addormentata di nuovo. Vedendo che era proprio “partita” si alzò e seguì il monaco fuori dalla stanza. “Le chiedo scusa per la mia amica. E’ un po’..” “Non si preoccupi. Ho conosciuto gente peggiore” “Nella fretta non mi sono presentato il mio nome è Rokuro Okajima” disse Rock porgendogli la mano “Yasuke” rispose il monaco stringendogliela “Vuole unirsi a me nella preghiera?” “No grazie, preferisco tornare dalla mia amica per vedere se ha bisogno” “Non si deve preoccupare, la febbre è passata, la ferita è richiusa ed è talmente imbottita di antibiotici e antidolorifici da fare invidia a un corriere della droga, dormirà fino all’alba” “lei è molto strano, non credevo che esistessero monaci che sapessero curare le persone meglio di un chirurgo” “Non ho sempre avuto questo vestito, ero militare medico sul campo” “Accidenti! Un compito difficile” “Sì e a volte duro, ma le persone sono come i dadi. Dobbiamo lanciarci da soli verso la vita” Sentendo quella frase, Rock sbiancò in volto e dovette appoggiarsi a una parete. Quella frase l’aveva sentita dire da Yukio Washimine la ragazza che si era suicidata due giorni fa davanti a lui “Si sente bene Okajima san?” Rock si sedette per terra e tenendosi la testa fra le mani cominciò a piangere silenziosamente al ricordo della orrenda avventura che aveva vissuto “Che cosa c’è? Forse deve confessare qualcosa?” “Sì e se glielo raccontassi credo che inorridirebbe” “Mi creda, ho visto e ho fatto delle cose terribili quindi venga con me e parliamo” Rock seguì Yasuke in una stanza e si sedette a gambe incrociate intorno all’unico tavolo che c’era mentre il monaco tornò da lui con due tazze di tè, si sedette e Rock disse: “Non so da dove cominciare” Yasuke con un sorriso gli disse: “Direi dall’inizio”
   
 
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