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Autore: Scaramouch_e    03/05/2018    2 recensioni
[aggiornamento del 23.07.2019: questa storia rimarrà incompiuta. Mi sto dedicando ad altro, ma non la voglio cancellare, e o eliminare. Quindi rimarrà qui, senza conclusione. Scusatemi.]
La compagnia è divisa: dopo esser riuscita a salvare Boromir, figlio di Denethor, la giovane Indil parte con Legolas e l'erede di Isildur nella impresa di riuscire a salvare gli hobbit Merry e Pipino catturati dagli hurk e orchetti e quindi destinati a morte sicura, durante la ricerca si imbatteranno in diversi personaggi inaspettati e nella guerra contro Saruman; Frodo e Sam sono partiti verso Mordor con una barca e poco cibo, ma incontreranno qualcuno di inatteso che li aiuterà a superare quest'avventura.
Nuovi personaggi, duelli e guerre terribili, ma anche geste amorose e azioni d'amicizia si avvicenderanno nella seconda parte delle prodezze di Indil e della nuova compagnia dell’anello nella loro lotta contro Sauron e Saruman e nel loro viaggio verso il Monte Fato.
[Boromir x nuovo personaggio + Aralas (Legolas x Aragorn) + altre ship]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aragorn, Boromir, Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.

Capitolo III

 

 

 
“Dove andiamo, Gandalf?” chiese Aragorn.
“Ci divideremo: Legolas, Aragorn e io andremo a Rohan, dove Theoden ha bisogno di un aiuto, poiché ha la mente avvelenata da un uomo infido. Boromir e Indil andranno a Minas Tirith, dove Sire Denethor ha bisogno di vedere suo figlio per saperlo vivo” spiegò il vecchio stregone, facendo un cenno con la testa verso il figlio del sovrintendente.
“Se questi sono i compiti, partiremo subito. E poi rivedere mio padre, e mio fratello soprattutto, non può che farmi felice” disse Boromir.
“Io ti seguirò, Boromir, non soltanto perché è un ordine di Gandalf, ma anche perché lo faccio con piacere” spiegò Indil, mettendosi al suo fianco. Sul volto dell'uomo apparve un piccolo sorriso. “Ti ringrazio” disse rivolto all'elfa.
 “Allora arrivederci, Boromir, le nostre strade si incontreranno di nuovo” parlò Aragorn sorridendogli e l’uomo di Gondor annuì.
“Sono sicuro che le nostre avventure non siano finite, Aragorn.” Abbracciò di slancio il re che non lo rifiutò.  
“Arrivederci sorellina, che la benedizione di tutti gli elfi ti protegga. E se Boromir oserà allungare le mani su di te, mandami Meneldor e io correrò ad aiutarti” bisbigliò Legolas parlando in elfico e Indil ridacchiò abbracciando stretto il fratello. 

 “Che cosa ti ha detto tuo fratello, prima?” domandò Boromir a Indil mentre cavalcavano verso Minas Tirith. 
Avevano preferito tenersi Haleth e lasciare Hasufel e Arod ad Aragorn e Legolas. Gandalf aveva richiamato un bellissimo stallone dal manto bianco come la neve il cui nome, aveva detto lo stregone, era Ombromanto. Legolas era rimasto ammirato da tale creatura e lo stesso era accaduto ad Hasufel, Arod e Haleth. Indil aveva spiegato che quello non era un cavallo qualunque, ma una sorta di re della sua razza, e poi aveva chiesto al destriero se poteva accarezzargli il muso. L’animale aveva accettato abbassando il capo; poi Gandalf era salito in groppa all’amazzone, ed era partito seguito da Hasufel e Arod, che pure erano buoni cavalli ma erano lenti in confronto a Ombromanto.
“Mio fratello ci ha augurato buona fortuna per l’impresa, Boromir, tutto qui” spiegò l’elfa, senza non provare vergogna per la mezza bugia che aveva appena detto.
L'uomo sbuffò piano: evidentemente non credeva del tutto alle parole della principessa, ma non disse niente.
“Tieniti a me” borbottò il Capitano di Gondor e Indil ubbidì, allacciandosi alla vita del condottiero. Egli diede un ordine al cavallo che partì al galoppo, veloce quasi come Ombromanto.

***

Il viaggio durò parecchi giorni. Indil stava sempre aggrappata a Boromir, mentre l’uomo era silenzioso, con lo sguardo concentrato e attento fisso davanti a sé.
Parlavano poco i due compagni, quasi sempre la sera prima che uno dei due si mettesse a dormire e l’altro montasse la guardia. Era quasi sempre Indil a farlo, poiché Boromir era spesso troppo stanco e lei non aveva bisogno di dormire molto. Quelle sere erano per lei serate di solitudine in cui perdersi nella contemplazione del bel profilo del gondoriano, chiedendosi cosa celassero i suoi occhi chiusi.
Durante le pause si esercitavano con gli allenamenti che Boromir aveva promesso a Indil e l’elfa, sotto la guida dell’uomo, migliorava sempre di più, fino a diventare brava nella spada  com’era con l’uso dell’arco.

Si stavano avvicinando sempre di più a Minas Tirith e Boromir pareva esser di cattivo umore, sempre sulle sue. Non chiacchierava nemmeno più con Indil, la sera, e l’elfa  stava iniziando a impensierirsi. “Cosa ti preoccupa, Boromir?” domandò nervosa la fanciulla, una sera, dopo che l’uomo era tornato con un coniglio e aveva imprecato perché si era bruciato un dito con il fuoco da campo.
“La mia città! Mio padre! Ecco cosa c’è: da una parte mi fa piacere vedere mio padre, ma dall’altra non voglio entrare a Minas Tirith così. A chiedergli se è disposto a combattere, perché so che mi risponderà di no, che per il re che lui nega non combatterà. Ne ora ne mai. Vorrei entrare come un vincitore, dopo aver sconfitto il Signore Oscuro, con i cittadini che mi acclamerebbero” sbottò Boromir.
L’elfa vide preoccupazione negli occhi del primogenito di Denethor, ma pure oscurità, e questo la spaventò non poco. “Non avresti dovuto accettare la proposta di Gandalf, allora” mormorò la principessa abbassando il viso.
Boromir sembrò rendersi conto di quanto le sue parole, e il loro tono, avessero preoccupato Indil e le si avvicinò abbracciandola. “Scusami, non avrei dovuto parlati così” disse in tono dolce.
“Va tutto bene, non ti preoccupare, Boromir. Sono stati attimi di debolezza, non ce l’ho con te, né tu con me” mormorò l’elfa più serena e l’uomo annuì.
Mangiarono in silenzio il loro coniglio.E 

Il decimo giorno di viaggio Boromir vide Minas Tirith profilarsi all’orizzonte e il suo cuore sussultò: gli era mancata la sua città, costatò, mentre la fissava con affetto.
Era addossata a una montagna ed era fatta di pietra bianca, il cui candore risplendeva alla luce del giorno. Era divisa in sette cerchi concentrici e spesse mura ne difendevano gli abitanti. Alzando gli occhi, Boromir notò la Torre Bianca di Ecthelion risplendere nel sole di quella giornata.
- Sono a casa – pensò Boromir, e impose al cavallo un'andatura più veloce di quanto non avesse fatto fino ad allora.
Giunti davanti alla porta, una guardia della cittadella chiese loro chi fossero e da dove venissero.
“Sono Boromir. Desidererei parlare con il Sovrintendente mio padre” furono le parole del Capitano Generale. 
La guardia strabuzzò gli occhi.
“Per i Valar...” mormorò l’uomo osservando il condottiero. “Se siete veramente lui, allora…” ma si fermò. “Venite con me” borbottò poi, senza dare particolari riguardi all’elfa che stava con il condottiero. 

La guardia chiese a un altro uomo di prendere il suo posto, e questi lo fece lanciando un’occhiata a Boromir e all’elfa che fece rabbrividire entrambi. L’entrata in città dei tre si svolse nel più completo silenzio: la guardia non aveva gridato a gran voce la notizia che il figlio del sovrintendente era tornato in città e Boromir era corrucciato mentre seguiva l’uomo sempre più in alto.
Arrivarono infine alla cima della città, e Boromir guardò con tristezza l'albero bianco rinsecchito: non aveva mai sopportato di vederlo in quelle condizioni.
La guardia impose ai due di fermarsi davanti al palazzo.
“Cosa c’è?” domandò Indil una volta che l’uomo fu entrato all'interno.
“Mi sento confuso. Non è questo il modo solito di accogliere il figlio del sovrintendente di Gondor” borbottò Boromir fissando la struttura del palazzo.
In quel momento tornò la Guardia e Indil non poté replicare. 
“Il sovrintendente mi ha detto che potete entrare” disse l’uomo fissando i due con occhi sorpresi. Boromir e Indil entrarono, e vennero condotti dall’uomo in una grande sala da pranzo.

Seduto a un tavolo di legno lungo e lavorato finemente vi era un signore dai capelli bianchi, vestito di abiti regali e con la corona in testa, che mangiava un acino d’uva. Lo sguardo con cui perforò Boromir fu tale da far rabbrividire il coraggioso uomo.
“E così tu dici di esser mio figlio. Non ti credo: sei frutto di una menzogna, un complotto contro di me. Io ho visto morire il mio Boromir” sibilò Denethor con voce sicura e senza un minimo di empatia negli occhi chiari.



NOTE.
Finalmente aggiorno, scusate il ritardo, ma in questi mesi ho avuto tanto da fare principalmente per la tesi.
Che dire di questo capitolo? Come potete vedere c'è la svolta per quanto riguarda Boromir e Indil e loro prenderanno un'altra via rispetto a Legolas e Aragorn, andranno a "trovare" Denethor.
Come finirà? A saperlo, vi basta seguirmi, e commentare e anche se non lo saprete subito, spero di avervi incuriosito. (:

   
 
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