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Autore: Huilen4victory    03/05/2018    2 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.9


 


 

Anni dopo, tutte le volte che a Namjoon sarebbe capitato di ripensare a quel periodo, non avrebbe potuto fare a meno di riconoscere che, probabilmente, l'inverno del suo primo e unico anno trascorso presso i Kim, pur con le sue complicazioni e l'enorme mole di lavoro, era stato quello migliore trascorso sotto il loro tetto.

Il merito fu soprattutto di Seokjin, il suo numero uno ma fu quel pomeriggio trascorso con lui al centro ricreativo che finì col far capitolare Namjoon completamente ed abbattere le ultime difese che lui aveva alzato intorno alle sue convinzioni. Al punto che, in seguito a quell'episodio, tutte le volte che Namjoon si trovava a guardare il maggiore non gli riusciva più di trovare una sola piccola ragione per non provare dei sentimenti, profondi, per Seokjin.

Quel sabato mattina al circolo fu molto frenetico e caotico perchè molte erano le cose da preparare affinchè i loro piccoli ospiti si divertissero; rumoroso, una vota che i bambino con le loro voci e risate arrivarono, tuttavia anche molto divertente e finirono con il lasciargli un senso di calda soddisfazione al momento di tornare a casa.

In ogni modo quel giorno Seokjin, assieme a un altro paio di volontari si era sin da subito adoperato per aiutare gli educatori a montare nel patio interno dell'edificio il piccolo laboratorio di pittura per i bambini. Namjoon avrebbe voluto aiutare volentieri ma una volta che fu chiaro che la manualità non era il suo forte, fu deciso all'unanimità di lasciargli il compito di accogliere i genitori.

Il giovane era stato mortificato ma Seokjin aveva fatto del suo meglio per rassicurarlo del fatto che nessuno lo stavano giudicando e in effetti nessuno era sembrato infastidito o irritato, nemmeno dopo aver quasi rischiato di rovesciare per terra il contenuto dei barattoli di tempera non appena ci aveva messo le mani sopra, il che normalmente non sarebbe stato un problema di per se considerando che la giornata si era conclusa per tutti con della tempera in qualche parte del corpo e persino nei capelli, ma non era il caso che lui la sprecasse prima che i bambini potessero metterci le mani sopra (letteralmente).

Il laboratorio infatti era stato impostato non come una lezione ma piuttosto come un'opportunità per i bambini di essere creativi e di esprimere le loro idee liberamente.

Nell'arco di un'ora i genitori iniziarono ad arrivare e Namjoon li fece accomodare spendendosi in grossi sorrisi gentili nel tentativo di fare del suo meglio. Sperava di non essere risultato impacciato ma il sorriso raggiante che Seokjin gli rivolse nel vederlo impegnarsi fu sufficiente per rinfrancarlo di ogni sua sensazione personale di imbarazzo.

Il laboratorio ebbe inizio, i bambini ascoltarono bene le istruzioni scelsero con enorme cura il proprio tema ma non appena gli fu dato un pennello in mano il caos si scatenò. I volontari e Seokjin fecero del loro meglio per impedire che tutti finissero colorati dalla testa ai piedi ma Namjoon vide che in realtà si stavano divertendo anche loro. Aveva notato più di qualche adulto guardare i bambini con un che di nostalgico mentre immergevano la mano nel colore e la premevano sulla tela. Altri ancora, soprattutto tra i genitori che erano rimasti, osservavano i propri figli con un che di chiaramente triste.

Namjoon distolse lo sguardo e fu contento quanto un bambino gli chiese altri pennelli perché erano tutti sporchi e lui ne approfittò per nascondersi in bagno con la scusa di doverne lavare alcuni e riempire i barattoli con acqua pulita.

Si era aspettato i bambini e le risate e il rumore, non si era aspettato di provare altre cose.

Era risaputo che ai numeri zero non era permesso di proseguire le attività artistiche ma non aveva mai provato reale simpatia per loro come in quel momento. Provò a immaginare un mondo in cui a lui era proibito di amare la musica e la cosa gli tolse il fiato. Soprattutto perché quel mondo non era poi così diverso dalla sua realtà attuale, da quello che i Kim gli avevano imposto sotto l'insegna di necessità maggiore. E in definitiva cosa distingueva lui, il numero due, da qualsiasi altro numero zero in quel centro ricreativo? Anche a lui non era concesso di perseguire un sogno e quello era un dolore profondo che Namjoon capiva fin troppo bene.

Era questo dolore quello aveva infettato ogni suo pensiero e che gli avevano reso così difficile il potersi fidare di Seokjin per il semplice fatto che lui era un Kim.

“Noi incoraggiamo l'integrazione e speriamo sempre che tutti si sentano liberi di iscriversi ai nostri corsi ma si, la maggior parte di questi bambini sono numeri zero,” Namjoon sussultò così violentemente che quasi fece cascare l'intero set di pennelli.

Per fortuna, la signora anziana, la stessa che aveva interrotto il filo dei suoi pensieri fu svelta a venire in suo aiuto evitando che lui facesse ennesimo disastro.

“Scusi, sono molto goffo,” Namjoon disse imbarazzato.

“Non ti preoccupare, non è colpa tua semmai mia per averti colto di sorpresa,” rispose lei prendendo in mano il barattolo già riempito d'acqua perché non fosse d'ingombro e Namjoon potesse finire di sciacquare con tranquillità.

“Grazie,” Namjoon rispose quando vide che lei lo stava aiutando. Le sue spalle tuttavia si erano fatte improvvisamente tese perché non sapeva cosa doveva quella visita.

Seokjin aveva indicato quella signora anziana come direttrice del circolo e da come si erano salutati erano sembrati in ottimi rapporti, tuttavia non gli aveva detto se lei e lo staff del circolo sapevano che lui, che entrambi, erano numeri due e Namjoon non voleva mettere a rischio il posto di Seokjin parlando troppo.

Non si ricordava di aver mai visto il maggiore così a suo agio, così spensierato come quel giorno al circolo nei panni di volontario. Era una gioia per gli occhi.

“E' un bravo ragazzo Seokjin, si da un sacco da fare e si prende grande cura dei bambini, grandi e piccoli. Qui gli vogliamo tutti bene,” la signora continuò, la sincerità evidente nel suo tono. Namjoon chiuse il rubinetto e per un attimo si rattristò del fatto che Seokjin avesse sentito la necessità di nascondergli questo, di nascondere a tutti questo. La parte migliore di lui.

“Ho saputo che veniva qui solo oggi,” Namjoon ammise d'impulso. Le parole della signora non erano state dette affatto come un intento di rimprovero ma il giovane si sentì comunque colpevole. La direttrice gli sorrise gentile però.

“Seokjin è un ragazzo riservato. Ha gironzolato qui intorno per diversi giorni ma siccome non si decideva ad entrare ho capito che aveva bisogno di un incoraggiamento e quindi l'ho invitato ad entrare. Mi ha subito detto che non voleva disturbare come se temesse che l'avremmo giudicato per non essere un numero zero. Mi ci è voluta una tazza di te e una torta intera per convincerlo a provare il volontariato,” disse con un altro sorriso. Poi con un tono pieno della comprensione di chi ha visto molto aggiunse, “quello che molti non capiscono è che questo posto non è un circolo di numeri zero, questo è un luogo di incontro per chiunque voglia avere un posto in cui tornare.”

La direttrice sapeva, tutti loro sapevano del loro status ma a nessuno importava. Quella signora anziana era riuscita con un semplice circolo ricreativo a creare un microcosmo di pace.

Namjoon provò a immaginarsi Seokjin che entrava in quell'edificio, cercò di figurarsi l'espressione del suo viso e i sentimenti che lo aveano spinto a venirci. E anche se non riusciva a capire cosa ci fosse dietro al sentimento che lo aveva portato ad entrare, riusciva a dedurre il motivo per cui era rimasto. La risata ridicola e altisonante di Seokjin che veniva dal patio esterno erano abbastanza una risposta.

“Sono il suo numero uno,” Namjoon disse allora come se stesse ammettendo una mancanza. Non erano state perfette anime gemelle l'uno per l'altro, entrambi avevano avuto le loro mancanze ma il minore sentiva di avere più cose da farsi perdonare rispetto a Seokjin.

“Lo so. Basta vedere come vi guardate,” lei rispose con una risata lasciandolo di stucco. Namjoon avrebbe voluto chiedergli come esattamente loro due si guardavano, improvvisamente la risposta sembrava di vitale importanza, tuttavia lei lo precedette.

“Ci siamo sentiti tutti un po' confusi almeno una volta nella vita, Namjoon. La sofferenza non è prerogativa di nessuno,” concluse prima di voltarsi e lasciarlo li da solo con i suoi pensieri.

Più tardi, una volta seduti sul bus di ritorno, Seokjin gli disse che la direttrice era stata un numero due.

Namjoon aveva avuto un sacco di domande da fargli allora ma, osservando il volto rilassato di Seokjin, decise che non voleva rovinare quel momento. Dopotutto Seokjin non gli aveva mai chiesto perché amasse la musica, perché fosse così vitale per lui, ma aveva accettato il fatto come se fosse la cosa più naturale del mondo. Namjoon si disse che avrebbe fatto lo stesso, che Seokjin aveva il diritto di avere le sue ragioni e di non dovergliele spiegare soprattutto se questo gli faceva bene.

Mai nei suoi miseri sedici anni di vita sentì ruggire in corpo la necessità di proteggere e prendersi cura di qualcuno come provò in quel pomeriggio per Seokjin. E tutti i giorni a seguire da quel momento. Eppure il maggiore era forte era eccezionale e non aveva bisogno del goffo e debole Namjoon a difenderlo, ciò nonostante lui si trovò comunque a desiderarlo.

O forse era stato sin da quella volta che Seokjin era venuto in camera sua a dirgli che non c'era nulla di sbagliato in lui, nel suo scetticismo nella sua tristezza di numero due e che potevano parlare ancora dei loro sogni. E delle loro paure.

C'erano molte cose infatti che Namjoon ancora non sapeva di Seokjin ma era evidente che a dispetto della vita dorata che i Kim apparentavano, Seokjin aveva avuto, e forse si portava ancora, una profonda ferita. Ripensò alle parole di Hyosang a come i due cugini erano sembrati legati e come entrambi spesso si lasciassero sfuggire racconti sulle loro malefatte, che malefatte non erano affatto se non per il fatto che disubbidivano alle rigide e crudeli regole di quella casa.

La verità era che Seokjin si era fidato sin dall'inizio e continuava a fidarsi ancora, cercando di abbattere i rispettivi muri.

Era naturale che Namjoon finisse per cadere a capofitto nella persona che era Kim Seokjin e col senno di poi era quasi stupito che gli ci fosse voluto così tanto per rendersene conto.

Quando il dottore gli aveva diagnosticato non un disturbo dell'attenzione ma un quoziente intellettivo ben al di sopra della media, aveva detto a sua madre che un ingenio come il suo se non ben indirizzato poteva diventare un penoso fardello. Aveva avuto ragione anche se non per quello che il dottore aveva inizialmente implicato. Il fardello semmai stava nel fatto che all'essere così bravo a raccogliere dati e analizzarli aveva perso il disincanto dell'innocenza quasi subito, sostituito troppo presto da un velo pesante di scetticismo nel confronto di tutto e tutti.

Le convinzioni a cui ci aggrappiamo quando cadono non fanno rumore ma se ne avverte subito l'assenza. Ma gli spazi esistono per essere riempiti e quello spazio era ormai tutto di Jin.

Era stato inevitabile allora, da quel fatidico pomeriggio in poi non trascorrere più tempo possibile con lui come se non riuscissero a fare meno di gravitare l'uno nell'orbita dell'altro e la sua presenza era stato di fatto un sollievo, soprattutto considerando i fatti successivi.

Il tempo passò, l'autunno sfumò presto in inverno, i maglioni in cotone di Jin furono sostituiti in morbidissimi maglioni di lana che gli donavano molto, al punto che a Namjoon riusciva difficile non rimanere sempre li imbambolato a guardarlo. Era terribile come ogni piccola cosa che Jin facesse riuscisse a distrarlo o a farlo arrossire e Namjoon ora avrebbe voluto sbattere la testa anche se per un motivo diverso da quello iniziale.

In ogni modo quell'inverno non portò solo dei nuovi esuberanti sentimenti nei confronti di Jin ma anche altre cose perché naturalmente in quella casa non si poteva mai stare tranquilli, tanto valeva che Namjoon si mettesse il cuore in pace. Quello di rendere le cose difficili era, come aveva detto Hyosang, il talento della famiglia Kim.

Quando Namjoon aveva deciso di ignorare i messaggi della signorina Choi aveva pensato fosse ennesimo incontro noioso che poteva aspettare. Passare del tempo con Seokjin quel giorno era stato decisamente più importante di qualsiasi cosa la famiglia Kim avesse avuto intenzione di renderlo partecipe. Tuttavia non si era certo aspettato una richiesta come quella che gli venne fatta.

“La famiglia Kim è molto contenta dei tuoi risultati Namjoon. Hai superato con pieni voti tutti gli esami di medio termine e hai persino concluso qualche esame anzi tempo,” Namjoon annuì cercando di capire dove volesse andare a parare con quel discorso. La famiglia Kim non era solita dispensare favori e complimenti per nulla. Tra l'altro l'unico motivo per cui Namjoon aveva anticipato alcuni esami era perché aveva sperato di guadagnarsi dell'agognato tempo libero nel secondo semestre e non certo in un tentativo di impressionarli.

“Sopratutto il console Kim che ha grande fiducia nelle tue capacità. Infatti mi ha comunicato che ti vorrebbe incoraggiare a continuare in questo senso.” Namjoon non aveva potuto fare a meno di contrarre la mascella perché davvero non riusciva a credere gli stessero proponendo quello che sospettava, ma in ogni caso era meglio sincerarsene prima di andare in escandescenza.

“Non credo di aver capito,” disse quindi anche se aveva capito benissimo.

“Prova a fare quanti più esami del primo anno possibili Namjoon. Naturalmente questo significa che io e te non ci incontreremo fino a sessione di esami conclusa, vogliamo lasciarti tutto il tempo a disposizione per farlo.” Se Namjoon non rimase a bocca aperta e neppure si alzò imprecando fu solo perché i suoi genitori gli avevano impartito un'ottima educazione.

Quello che fece invece fu alzarsi dalla sedia e uscire dalla biblioteca, non curandosi dei richiami della signorina Choi. Dire che era furente, sarebbe stato un eufemismo. Che genere di opinione aveva la famiglia Kim di lui? Ancora una volta ennesima prova di quanto poco a loro importasse dei suoi programmi, del suo tempo, troppo impegnati a trovare nuovi modi per sfruttarlo come se fosse una macchina che potevano programmare e riprogrammare a piacimento o un trofeo da esibire al pubblico.

Namjoon era quindi marciato dritto in camera ignorando gli sguardi dell'entourage e chiudendosi la porta dietro di se.

Seokjin aveva bussato alla sua porta poco dopo, forse aveva saputo la notizia direttamente dai Kim o forse semplicemente era diventato bravo a intuire i suoi malesseri.

“Namjoon posso entrare?” Aveva chiesto come se non volesse calpestare quei confini che gli altri non si erano nemmeno degnati di riconoscere. Erano diventati abbastanza legati da poter entrare e uscire a piacimento dalle rispettive camere ma Seokjin come sempre aveva preferito dargli il suo spazio, la possibilità di dire no. Questo fu il motivo per cui Namjoon lo fece entrare senza esitazioni.

“Ti hanno chiesto di fare qualcosa, vero?” Seokjin chiese come se sapesse già chi l'aveva messo all'angolo. Namjoon si chiese quante volte in passato al maggiore fossero capitati episodi del genere, probabilmente abbastanza da essere in grado di riconoscere i segnali da lontano.

Nel sentire le parole del maggiore Namjoon, che ancora si trovava in piedi di fronte alla finestra a stringere il cornicione con violenza, riuscì infine a mollare la presa.

Seokjin ne approfittò per prenderlo per mano allora e se lo portò in cucina e insieme si diedero da fare per finire quello che era rimasto dei dolci e della torta del mattino. Davanti a una cioccolata calda Namjoon infine gli raccontò tutto e il maggiore ascoltò ogni parola, promettendo addirittura di parlarne con sua madre per capire se era possibile fare qualcosa. Il più giovane notò come il labbro inferiore di Seokjin aveva tremato leggermente nel sentire le sue parole, capì che il maggiore era arrabbiato, forse molto di più di quel che lasciava a vedere.

Ne ebbe la prova quando più tardi sentì la porta sbattere da qualche parte nella villa e la voce polemica di Seokjin come non l'aveva mai sentito. Poco dopo arrivò una telefonata del signor Kim direttamente sul cellulare di Namjoon e lui capì di non avere altra scelta, ma anche che Seokjin si era ancora una volta messo dalla sua parte. Quella notte non fu Seokjin a venire in camera sua ma fu Namjoon a infilarsi sotto le coperte accanto a lui. Si chiese come mai non l'aveva fatto prima perchè le lenzuola erano intrise di quel naturale profumo personale di Seokjin che tanto gli piaceva e lo metteva a suo agio.

Il maggiore gli fece spazio e si sdraiò su un fianco di modo che i loro visi era uno di fronte all’altro, le sue pupille che catturando la tenue luce dei lampioni brillavano nell’oscurità.

“Mi dispiace Joon,” Seokjin gli disse in un sussurro. Namjoon non esitò, getto le braccia intorno per cingere le spalle del maggiore e lo strinse a se ed era spaventoso come Seokjin si incastrasse perfettamente sotto il suo mento.

Quello strano inverno quindi trascorse in interminabili sessioni di studio e molte notti insonni ma almeno aveva Jin.

Quest'ultimo lo forzava a prendersi della pause sebbene il cervello di Namjoon, spinto verso nuovi limiti, sembrava non volersi mai spegnere.

La verità era che aveva scoperto che fare quel che gli era stato chiesto non era risultato poi così impossibile, riusciva a divorare libri dopo libri e a spingere la sua mente a immagazzinare un’infinità di informazioni in un tempo limitato. Namjoon aveva paura però che rendere evidente questo fatto lo avrebbe messo ancora di più nei guai perché se avessero scoperto che neppure quello era abbastanza da rappresentare una vera sfida allora cos'altro gli avrebbero chiesto di fare?

Se Seokjin si era accorto di questa cosa non gliene parlò, ma cercò anzi di fargli cambiare aria quanto più spesso possibile. Anche se dovevano studiare o dare la parvenza di farlo,Namjoon disse tra se e se, non significava che dovevano farlo per forza nella villa e perciò molto spesso il maggiore lo portava nella biblioteca del college o quando era possibile da Hyosang, dove potevano respirare un po' e, Namjoon dedusse più tardi, avere una maggiore libertà.

“Siete così affiatati che guardarvi mi fa quasi venire la nausea,” Hyosang commentò scherzosamente infilandosi la matita sopra l'orecchio e incrociando le mani dietro la testa, approfittando del fatto che Seokjin fosse andato al negozio più vicino a rifornirli di schifezze per poter essere più impertinente. Se Seokjin fosse stato li niente gli avrebbe impedito di lansciargli una gomma in testa.

Namjoon si era chiesto come mai Hyosang sebbene fosse un Kim apparisse più affabile rispetto agli standard della famiglia ma si era accorto presto che la casa Kim di quel ramo della famiglia era meno soffocante della villa e Hyosang vivendo nella depandance, che era separata dal corpo principale, godeva di una certa privacy.

Si rese conto anche come mai questo era stato il rifugio di Seokjin ogni volta che si era sentito soffocato.

Namjoon in ogni modo si limitò a scuotere la testa mentre finiva di disegnare degli elaborati scarabocchi sul suo blocco di appunti.

“Grazie per avermi ascoltato l'ultima volta,” Hyosang aggiunse dopo un po'. La mano di Namjoon si immobilizzò e sollevò il viso per guardare negli occhi il suo cugino acquisito. Hyosang era una persona molto particolare. Gioviale all’apparenza e sempre pronto alla battuta, spesso anche battute parecchio stupide, ma poi all’improvviso aveva momenti in cui abbandonava la sua maschera abituale per lasciar uscire quella parte di se, riuscendo a fare discorsi che trapassano Namjoon da parte a parte.

“A dir la verità temo di aver fatto ben poco. E' tutto merito di Seokjin, è lui quello che si è sempre dimostrato disponibile.”

“Adesso non sminuirti Namjoon. A volte, a torto, mi dimentico che sei più giovane di noi. Forse obbietterai sul fatto che tre anni non sono poi molti. Ma credimi io a sedici anni ero un disastro e se ora lo sono un po’ meno è solo perché la mia anima gemella ci ha messo una pezza,” Hyosang disse facendo sorridere Namjoon. Poi, proseguì serio, “la famiglia Kim chiede spesso senza mai dare nulla in cambio e con te ha solo iniziato a farlo. Siete forti solo se rimanete uniti Namjoon e forse quando infine il vostro momento verrà, tu e Seokin riuscirete a scacciare l'ombra che da tempo incombe su questa famiglia.”

“Lo credi davvero una cosa possibile?”

“Credevo di potermi fidare solo di Jin. Ma mi fido anche di te Namjoon. Perciò si, credo davvero che alla lunga riuscirete a fare la differenza,” Hyosang concluse con convinzione. Namjoon si sentì pervadere da un'ondata di calore. Non si sentiva di condividere l'ottimismo di Hyosang ma era contento di sapere di avere un altro alleato tra i Kim. Forse era meno solo di quel che aveva pensato.

Seokjin ritornò poco dopo carico bibite gasate patatine e popcorn che non si trovavano in nessuna casa Kim. Probabilmente fu il cibo, o meglio ancora la mancanza di sonno, che finirono col farlo capitolare. Dopo quello che gli sembrarono minuti,infatti, ma che in realtà erano state due solide ore Namjoon si sentì scuotere a una spalla.

“Namjoon, svegliati!” Era Seokjin, chino su di lui così vicino che Namjoon dovette trattenersi dal sussultare ma era sicuro di essere arrossito. “Forse è ora che andiamo a casa,” Seokjin suggeri mentre il più giovane alzava la testa. Qualcuno, sicuramente Jin gli aveva messo un cuscino sotto la guancia evitandogli in quel modo un torcicollo al suo risveglio.

Guardandosi intorno e sbattendo un attimo le palpebre per scacciare il sonno, Namjoon notò che Hyosang non c'era. Quasi leggendogli nel pensiero, una pratica che tra di loro stava diventando una abitudine, Seokjin disse, “Hyosang è al telefono con il suo numero uno. Ci ha invitato a cena ma possiamo fare come preferisci,” Namjoon annui assente ma poi sentendo un lieve sospiro uscire dalle labbra di Seokjin capì che c'era qualcosa e infatti quando si voltò a guardarlo vide che aveva la fronte leggermente corrugata.

“E' successo qualcosa?” Seokjin spostò lo sguardo su di lui incerto su come formulare quello che doveva dirgli.

“Ti ha chiamato Yoongi prima, eri così profondamente addormentato che neppure la suoneria del tuo telefono ti ha svegliato. Siccome ti ha chiamato una seconda volta ho risposto solo per dirgli di chiamare più tardi,” Seokjin disse mentre Namjoon digeriva le sue parole. Seokjin sembrava perplesso forse anche un po’ imbarazzato e non ne capiva il motivo, il fatto che avesse risposto per lui non era nulla di cui preoccuparsi. A meno che Yoongi non avesse detto qualcos'altro e Namjoon si chiedeva cosa, considerando che Yoongi era lungi dall'essere una persona comunicativa.

“Potrei averlo invitato a venire qui o anche a casa nostra se preferiva,” ma prima che Namjoon potesse aggiungere qualcosa Seokjin continuò, “mi è sembrato che avesse bisogno di parlarti.”

Un silenzio strano cadde tra di loro mentre il maggiore scrutava il suo volto alla ricerca di risposte e Namjoon cercava di trattenersi dal passarsi una mano sul viso.

Con tutto quello che aveva avuto da fare prima della sessione di esami e ora che doveva rimanere a studiare anche solo per mantenere le apparenze, Namjoon aveva avuto poco tempo da dedicare al suo migliore amico. I suoi quaderni su cui era solito scrivere testi, giacevano vuoti in un angolo della sua scrivania ed erano state troppe le volte che aveva dovuto dire di no a un invito di Yoongi.

Se era contento del fiorire della sua intesa con Seokjin era anche consapevole che questo aveva finito con l'allontanarlo più o meno consapevolmente dal suo migliore amico. A Namjoon dispiaceva più di quanto fosse in grado di esprimere e sebbene anche la sua vita fosse complicata aveva la certezza che quella di Yoongi lo fosse di più.

“E lui cosa ha risposto?” Namjoon chiese perché Seokjin non aveva menzionato quel particolare.

“Non è sembrato affatto entusiasta,” Seokjin ammise e Namjoon ebbe l'impressione che stesse minimizzando l'impressione che aveva ricevuto. Namjoon sorrise.

“A Yoongi non piacciono molto le istituzioni. Credo che veda la villa come un estensione consolare,” cercò di spiegare anche se non ce ne fu bisogno perché senti l’altro borbottare un “non ha neanche tutti i torti,” che fece allargare ancora di più il suo sorriso.

“Grazie comunque per averci provato. Avrei preferito che accettasse però,” Namjoon aggiunse cercando di reprimere un sospiro. Yoongi, Yoongi che come un animale selvatico ancora combatteva in cerca di una via d'uscita anche se si era infilato in un vicolo cieco.

“Posso chiederti se è tutto a posto tra voi due? E' difficile non notare che sei preoccupato per lui e pur non volendo intromettermi nella vostra amicizia, mi piacerebbe sapere se posso aiutarti in qualche modo. Non conosco bene Yoongi ma mi piacerebbe se lui me lo consentisse. So che lui è importante per te,” Seokjin disse appoggiando il mento sulle sue mani intrecciate, labbra che sporgevano in disappunto per il fatto di non poter fare di più. Namjoon si costrinse a distogliere lo sguardo per non distrarsi.

“E' complicato,” riuscì solo a dire. Sapeva di potersi fidare di Seokjin ma non sapeva se Yoongi avrebbe approvato che lui rivelasse anche quel poco che si sentiva di dire è per giunta si chiedeva se ciò non avrebbe finito col provocare un dispiacere al maggiore. Loro due avevano iniziato col piede sbagliato e Seokjin si era sicuramente chiesto il perché della sua resistenza. Sapere cosa aveva sempre accomunato lui è Yoongi forse gli avrebbe fatto più male che bene

“Se ti è sembrato scortese, so che Yoongi sa essere piuttosto scostante quando vuole, spero che tu non l'abbia presa sul personale. Yoongi sta solo affrontando un periodo difficile.”

Era evidente che Seokjin avrebbe voluto chiedere cosa intendesse Namjoon con quelle parole, ma aveva troppo a cuore lo spazio personale altrui, forse perché così spesso avevano calpestato il suo nella villa Kim, e non osò chiedere di più.

“Se hai bisogno che ti copra perché tu vada a trovarlo, lo faccio volentieri,” Seokjin disse sincero e allora a Namjoon fu impossibile impedirsi dal prendere la mano del maggiore con trasporto e stringerla. E forse se Hyosang non fosse arrivato proprio in quel momento Namjoon avrebbe fatto anche altro, avrebbe attirato il maggiore a se e catturato quelle labbra in un bacio.

“Continuate se volete, fate pure come se io non ci fossi,” Hyosang disse rientrando in salotto e facendo venir voglia a Namjoon di gettargli qualcosa in testa. A giudicare dallo sguardo di Seokjin, il maggiore sembrava condividere i suoi sentimenti.

Hyosang era venuto a dir loro che la sua anima gemella era in arrivo e che aveva piacere a cenare con loro e pertanto decisero di restar.

Un tempo una cosa del genere lo avrebbe messo a disagio, esseri in mezzo a Kim e tra anime gemelle, ma Namjoon scoprì di non provarne affatto.

L'anima gemella di Hyosang era una ragazza piena di vita come Hyosang ma molto determinata, perfettamente in grado di tenere a bada i lati esuberanti del partner. Namjoon pensò con naturalezza che in effetti quei due erano perfetti come solo due anime gemelle potevano a esserlo.

Una fitta di malessere lo attraversò in quel momento e fu quasi insopportabile.

Pensò al vecchio se stesso a come aveva pensato che ciò fosse illogico. Ma soprattutto pensò a Yoongi, a come il suo migliore amico non avesse mai neppure menzionato il nome della persona che avrebbe dovuto essere la sua perfetta metà.


 


 


 


 


 

Quell'inverno Namjoon riuscì nell'impresa di superare quasi tutti gli esami del primo anno e i pochi che gli erano avanzati erano solo quelli che non era riuscito in nessun modo a inserire nella sua tabella oraria.

Una tale impresa ebbe come prima immediata conseguenza una cena celebrativa a cui Namjoon non avrebbe voluto partecipare affatto ma a cui fu costretto comunque per non preoccupare i suoi genitori che vi sarebbero stati presenti. L'unica nota positiva era che perlomeno si trattava della famiglia ristretta Kim e anche se non si trovava affatto a suo agio con il resto dei suoi parenti ad eccezione di Hyosang e la sua anima gemella almeno la festa sanciva la fine del suo periodo di reclusione e una ritrovata libertà di manovra.

Ora che aveva dimostrato le sue capacità i Kim erano sembrati più inclini ad allentare le maglie con cui trattenevano sia lui che Seokjin e questo voleva dire che avrebbe potuto dedicarsi ad altro e soprattutto passare del tempo con i suoi amici, con Yoongi in particolare.

L'ultima volta che erano riusciti a vedere il suo migliore amico, Yoongi era sembrato più taciturno del solito e anche se aveva infine capitolato ed aveva fatto il passo di venire a trovare Namjoon alla villa Kim, il maggiore era sembrato teso per tutta la durata della sua visita e avevano parlato di musica solo per riempire i vuoti. Yoongi quella volta aveva parlato anche con Seokjin e anche se aveva risposto con cortesia alle sue domande e ne aveva fatte altrettante, era evidente che la presenza di Jin sembrava metterlo a disagio.

Namjoon si chiese se sarebbe mai riuscito ad appianare qualsiasi impedimento sembrava ci fosse tra quei due perché paradossalmente Yoongi era stato più amichevole con Seokjin quando Namjoon ancora non sapeva che farsene di quel nuovo legame, mentre ora invece che aveva imparato ad apprezzarlo, sembrava che quel fatto risultasse insopportabile per Yoongi.

Namjoon poteva provare a immaginare il dilemma terribile che stava vivendo il suo migliore amico ma se quel comportamento fosse continuato, si disse, prima o poi avrebbe dovuto affrontare Yoongi in merito.

La seconda conseguenza del suo successo ebbe invece ripercussioni nella sua vita universitaria.

Improvvisamente, e con suo grande rammarico perché non era quello il tipo di attenzione che aveva desiderato, era sulla bocca di tutti come nuovo prodigio non solo dell'intera facoltà di economia ma dell'intera università e più spesso di quanto avrebbe desiderato era oggetto di sguardi insistenti tanto quanto quelli che veniva rivolti a Seokjin. Molti lo avevano persino approcciato chiedendogli consigli e pregandogli di far loro da tutor. Namjoon aveva dato volentieri i primi ma non sapeva se sarebbe stato in grado di fare la seconda cosa.

Fu l'università tuttavia a decidere per lui, quando, senza neppure chiedere la sua opinione in merito, lo appuntarono come rappresentante delle matricole alla giornata introduttiva dedicata agli studenti dell'ultimo anno delle superiori.

Namjoon cercò di consolarsi col fatto che sarebbe stato come fare pratica in vista del suo ruolo futuro ma il pensiero, invece di incoraggiarlo, riuscì solo a deprimerlo ulteriormente. Il futuro consolare, checché fossero le speranze che Hyosang riponeva in loro, sembrava a Namjoon come un incubo terrificante.

Seokjin fece del suo meglio per tirarlo su dicendo che era perfetto per il ruolo e che nessuno poteva rispondere alle domande che quegli studenti gli avrebbero fatto meglio di lui. Namjoon da un lato concordava sul fatto che probabilmente avrebbe potuto capire la loro incertezza. Dall'altro non era sicuro che sarebbe riuscito nell'intento di non gridare che se ne andassero dal dipartimento di economia il prima possibile. Si disse che qualcuno che non aveva scelto ma a cui era stato imposto, fosse il peggior testimonial che avrebbe mai potuto scegliere, eppure era successo.

Perciò quel giorno di fine febbraio si vestì in modo più formale del suo solito look del college e una volta arrivato al cancello dell’università, imboccò la strada dell'auditorium invece che quella delle aule.

Per sua fortuna gli fu risparmiato di dover pronunciare un discorso. La maggior parte delle parole di benvenuto furono dette dal presidente della facoltà e dagli studenti senior mentre a lui toccò semplicemente stare seduto in un angolo della tribuna per suo profondo sollievo. Tuttavia, siccome Namjoon era quello più giovane e ancora fresco di scuola superiore fu lui quello designato allo stand della sua facoltà a rispondere alle domande di studenti curiosi dopo che a turno i diversi gruppi vennero organizzati in mini tour dell'università.

Contrariamente ai suoi timori nessuno gli pose domande troppo difficili. La maggior parte chiedeva quanti crediti avesse il corso o quante materie eleggibili c'erano il primo anno o anche quale era il livello basico richiesto per poter seguire confortevolmente le lezioni, tutte domande che potevano essere risposte leggendo il pamphlet cosa che Namjoon si apprestava volentieri a distribuire. Nessuno sembrava interessato a porgli domande più personali come ad esempio perché avesse scelto quella facoltà o se si trovasse abbastanza bene da consigliarla. Namjoon era intimamente grato a tutti loro.

Di quel passo tuttavia la giornata si annunciava noiosa e tranquilla e quasi si rammaricava di essersi preoccupato così tanto i giorni prima.

Il suo sguardo vagò per tutta la sala grande. C'erano numerosi gruppetti di giovani liceali alcuni davano un'occhiata al materiale informativo, molti chiacchieravano tra di loro e si facevano i fatti propri. Altri ancora cercavano, non molto furtivamente, di mangiare qualcosa senza dare nell'occhio. Ma il suo occhio cadde invece su una figura solitaria.

Sarebbe stato un ragazzo come tanti altri se non fosse stato per il fatto che era l'unico a muoversi non accompagnato. In una realtà come la loro in cui tutti facevano di tutto per non dare mai l'impressione di essere soli, quel ragazzo come tanti altri spiccava in mezzo allo folla come se avesse un faro appuntato addosso.

Era imprudente e poco consigliabile perché come lo aveva notato Namjoon potevano averlo fatto altri eppure questo ragazzo sembrava non curarsene e nessuno dei suoi coetanei sembrava curarsi di lui, come se fosse invisibile. Namjoon provò un moto di curiosità e siccome per la verità non aveva altro da fare che starsene li seduto allo stand e sentirsi fare domande banali, aspettò che il ragazzo si avvicinasse di più prima di alzarsi ed approcciarlo.

“Ciao, posso aiutarti?” Namjoon non era affatto una persona propositiva e sperava di non essere parso troppo impacciato. Il ragazzo parve sorpreso che gli venisse rivolta la parola e per un attimo parve smarrito, guardingo persino.

“Stavo solo guardando un po' in giro. Per la verità sia il discorso di apertura che il pamphlet sono stati molto utili,” il ragazzo disse sventolando quest'ultimo come a rimarcare il concetto.

“Capisco. Nel caso avessi domande di altro genere io sono qui apposta per risponderti,” Namjoon disse. Non sapeva cosa lo stesse spingendo a offrire proprio quello che aveva cercato di evitare tutta la mattinata ma qualcosa nell'alone di tristezza che aleggiava tutto intorno al ragazzo, gli aveva ricordato un po' se stesso. Gli aveva anche ricordato Yoongi a come sembrava così abbandonato a se stesso dietro la placcatura di indifferenza con cui si ammantava.

Il ragazzo parve preso in contropiede e il suo sguardo vagò sul suo viso come se lo stesse studiando. Qualcosa nel viso di Namjoon sembrò convincerlo.

“Ho delle domande ma in realtà non credo tu o qualcun altro sia in grado di rispondere. Dopotutto è già stato deciso che frequenterò economia a prescindere,” il ragazzo disse ma non appena quelle parole fuggirono dalla sua bocca sembrò essersi pentito di averle dette e Namjoon vide l'ombra del panico nei suoi occhi.

L'unico motivo per cui una persona avrebbe dovuto iscriversi a economia senza via di scampo, a meno di non essere un Kim come lui, era perché era un numero zero e gli era quindi proibito iscriversi a facoltà umanistiche o artistiche. Nonostante Namjoon fosse un numero due non c'era nessuno li dentro che poteva capire l'impossibilità di avere una scelta meglio di lui.

La necessità di dover accettare un destino che si detestava.

“Forse economia non è stata una tua scelta, come decidi di affrontarla invece si. È poca cosa, ma fare del proprio meglio può aiutare,” Namjoon disse. Non erano vere e proprie parole di consolazione perchè non vi era nulla in realtà che potesse alleviare la frustrazione e l'amarezza di doversi sottomettere a qualcosa per mancanza totale di alternative, ma sperava potessero servire a qualcosa.

Il ragazzo sembrò soppesare le sue parole, Namjoon vide le sue spalle rilassarsi leggermente e le sue labbra distendersi in un sorriso accennato ma che riuscì a cambiargli completamente l'espressione del viso e improvvisamente non era più un ragazzo qualunque.

“E' un punto di vista. Grazie...Namjoon,” il ragazzo disse guardando il suo nome sul suo badge.

“Non c’è di che...?”

“Jimin,” il ragazzo rispose. “Spero ci incontreremo di nuovo il prossimo semestre,” disse prima di voltarsi e andarsene. Ma Namjoon era soddisfatto perchè almeno ora il ragazzo stava sorridendo.

Lo spero anche io, Namjoon si disse prima di tornare al suo posto.


 


 


 

Ci fu una terza conseguenza alla sua impresa una che Namjoon non si era aspettato minimamente e che, come tutti gli imprevisti, aveva finito col colpirlo così forte da togliergli il fiato.

Successe qualche giorno, quando ormai Namjoon aveva le difese abbassate e si godeva i giorni di meritato riposo e soprattutto Seokjin. In quei giorni,in effetti, la sua unica preoccupazione era ricucire il suo rapporto con Yoongi e, soprattutto, cercare di resistere alla tentazione sempre più forte che rappresentava il suo numero uno.

Lo sapeva cos'era, lo sapeva, ma se Seokjin era la consolazione dell'avere un destino in cui non poteva scegliere, si chiedeva se sarebbe stato abbastanza per riempire la sua perdita, se lui sarebbe stato in grado di accettarlo.

Poi un pomeriggio di tardo febbraio, la signorina Choi gli disse che il console Kim lo avrebbe aspettato dopo lezione per un incontro. Namjoon non lo trovò insolito perché non era la prima volta che si erano trovati a tu per tu.

Ciò che trovò strano fu che il signor Kim non lo aspettò nell’ufficio della villa, ma in una macchina governativa a pochi passi del cancello principale dell'università.

“Signore non l'aspettavo qui,” Namjoon disse non appena si fu accomodato al suo interno. Si sentì improvvisamente nervoso. Aveva un pessimo presentimento.

“Buongiorno Namjoon. So che non mi aspettavi qui ma oggi faremo una gita speciale,” disse sorridendo. In qualche modo quel sorriso non era affatto rassicurante.

“Non capisco signore,” Namjoon disse e per una volta, per una volta, non aveva davvero idea e la cosa stava iniziando a spaventarlo.

“Un po’ di tempo fa mi hai chiesto cosa fosse il parametro del coefficiente, è arrivato il momento che tu sappia la risposta. Ti sei impegnato tanto, mi sembra giusto,” il signor Kim disse prima di rispondere a una chiamata.

Nervoso come non mai ma con la sua curiosità destata, Namjoon si sistemò sul sedile chiedendosi se dovesse dire qualcosa a Seokjin o aspettare di capire quanto ci avrebbe messo prima di avvisare il maggiore. Si erano messi d'accordo per uscire solo loro due ed era una cosa nuova e pertanto Namjoon aveva anticipato molto quella sera.

La macchina si mise in moto e il veicolo prese la via che portava in centro città. Mentre guardava fuori dal finestrino Namjoon si chiese cosa avrebbe dovuto aspettarsi,se era ennesima prova o presa in giro, stava davvero per vedere la fonte di tutto?

Quando poco dopo ebbero raggiunto il palazzo governativo Namjoon si disse che avrebbe dovuto aspettarselo che era così semplice, la risposta era sempre stata nascosta sotto il naso di tutti proprio dove era più ovvio che fosse posizionato e proprio per questo motivo insospettabile. Scesero dalla macchina circondati da guardie del corpo e quando il console Kim lo fece salire sull'unico ascensore dell'intero palazzo governativo che scendeva Namjoon capì che da li a poco avrebbe visto la macchina, il grande computer che da un piano sottoterra sviluppava l'algoritmo di mondo due.


 


 


 


 

Era quasi tramontato il sole quando Namjoon emerse, il riflesso della luce gli feriva un po' gli occhi dopo tutte quel tempo sottoterra in stanze illuminate solo dalla luce che emanava dai computer o forse no, forse la sua vista era fallace perché stava facendo di tutto per non cedere all'istinto primordiale del piangere. Ma non poteva crollare non lì di fronte al palazzo governativo, probabilmente non avrebbe potuto permettersi di farlo mai.

In qualche modo ebbe la lucidità di prendere il cellulare e di mandare a Jin un messaggio per avvisargli che non sarebbe tornato perché un altro impegno lo aveva trattenuto. Gli sembrava orribile dover usare il suo miglior amico come scusa ma non credeva che sarebbe riuscito a guardare Seokjin in faccia senza crollare sul posto.

C'era una macchina scura proprio di fronte all’ingresso che stava aspettando proprio lui, Namjoon vi si infilò dentro dando istruzioni precise all’autista per portarlo in un posto in cui non era mai stato ma che aveva il pregio di non essere la villa Kim.

Non poteva tornare a casa sua, non poteva tornare dai Kim, non aveva un luogo in cui tornare e l'unico posto che gli era venuto in mente era anche l’unico in cui sentiva di non alcun diritto di pretendere asilo, non ora che Namjoon era consapevole della verità e non quando era anche consapevole di come non avrebbe mai – mai - potuta rivelarla, anche se il farlo lo avrebbe consumato lentamente.

L'autista si fermò davanti a casa di Yoongi e se ne andò non appena Namjoon fu sceso dalla macchina. Vide dei movimenti di tende dalla casa di Yoongi e seppe allora di essere stato visto.

Non era entrato mai in casa sua perché il suo migliore amico non l'aveva mai invitato eppure quando Namjoon si avvicinò al suo ingresso Yoongi non esitò ad aprirgli la porta.

“Namjoon ?” Chiese incerto. Yoongi era lì davanti a li, e la sua infelicità era così evidente che Namjoon non sapeva se poteva sopportarne la vista.

Avrebbe voluto collassare e raccontargli tutto, condividere con qualcuno quel fardello come aveva fatto il suo amico quella volta in quel parco, in cui Yoongi vinto dal suo senso di colpa era infine crollato. Solo che Namjoon sapeva che forse quella colpa non era del tutto sua.

Tuttavia volere bene a qualcuno, volere davvero bene a qualcuno significava tacere e sopportare in silenzio il peso.

“Entriamo in casa,” Yoongi disse prendendolo per la manica e trascinandolo dentro. La porta si chiuse dietro di loro e mentre seguiva Yoongi al suo interno Namjoon pensò a Jin e a come, proprio quando scopriva di amare era anche quando scopriva di dover perdere tutto.


 


 


 


 


NdA: tutto quello che ho scritto di mondo due  è stato scritto per arrivare a questo momento (dramatic fanfare). Se avete letto Un mondo per noi due forse non vorrete perdervi il prossimo capitolo ;)) Non voletemene per avervi lasciato in suspence, ma la verità sull'algoritmo merita tutto un capitolo per sè. Teniamoci forte TT

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