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Autore: Asia Dreamcatcher    04/05/2018    3 recensioni
Johann Schmidt è tornato e con esso le ceneri dell'oscura Hydra, pronta a risorgere.
Ma Teschio Rosso non è solo e Steve Rogers e gli Avengers dovranno vedersela con nuovi nemici. James Barnes sarà costretto, ancora una volta, a lottare contro i propri fantasmi, sperando di non soccombere.
Mentre gli echi di una nuovo guerra risuonano, Captain America e Vedova Nera si ritroveranno ad affrontare una sfida inaspettata, che potrebbe cambiare tutto per sempre.
Terza parte di "Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti"
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Se il passato è alle tue costole, ti volti e lo affronti'
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Capitolo Ventiquattro: Point of Break


I've come to realize that sometimes,

what you love the most is what you have to fight

the hardest to keep”

~ Kirsten Hubbard



Jace Watson uscì nell'ampio terrazzo dell'Avengers Tower. Luglio era ormai alle porte e l'aria era calda, l'umidità iniziava a farsi pesante, restando dispettosa attaccata alla pelle. Si scompigliò i corti capelli biondi, poi il suo sguardo cadde sulla minuta figura rannicchiata sul divano, posto all'ombra; le ginocchia contro il petto strette fra le esili braccia.

«Non ha funzionato» esordì con voce dolce ma leggermente divertita.

Uno sbuffo rumoroso fu tutto ciò che ricevette in risposta.

«Sasha...» la richiamò paziente.

La tredicenne voltò il capo, senza sollevarlo dalle ginocchia, l'espressione teneramente imbronciata;

«Come diamine fai a startene lì pacifico? Quei due ancora non si parlano!» pigolò gonfiando le guance. Le labbra di Jace si stesero in un sorriso genuino. Quanto era adorabile! Se non ci fosse stata lei...

Gli si sedette accanto e poi le picchiettò dolcemente la testa con la mano.

«In realtà è Sharon che ancora non gli parla. Bucky si limita a fissarla disperatamente, come un cucciolo abbandonato»;

«Ripeto come fai a non essere preoccupato?».

Jace guardò in alto, perso nei pensieri. Certo non gli faceva piacere quella situazione, entrambi stavano soffrendo, era palese ma sapeva che Sharon non era ancora pronta.

«Non sono è preoccupato è vero, questo però non significa che sia felice. Bucky è stato avventato ma ha fatto quello che è nella sua natura, io sono certo abbia sofferto più di tutti noi. Sharon lo ama così intensamente ed è proprio per questo che fatica a perdonarlo, credo sia terrorizzata all'idea di perderlo di nuovo»;

«Natasha l'ha sempre detto che sei un grande osservatore» replicò Alexandra con espressione dolce. Poi annuì;

«Credo di aver capito. È per questo che i miei tentativi di farli avvicinare hanno così miseramente fallito?»;

«Intendi dire l'ultima tua trovata: “Sharon, penso che Bucky non stia bene, è da troppo tempo sotto la doccia!”?» ridacchiò il quindicenne imitando la voce dell'amica.

«Ci sono rimasta malissimo quando ha risposto “Lascia che si affoghi” con quel tono, mi sono venuti i brividi. Natasha rideva sotto i baffi però» rifletté la più piccola.

«Se sono un grande osservatore da qualcuno avrò imparato» disse ammiccando;

«Tu... Tu non sei mai stato arrabbiato con lui» constatò pensierosa;

«All'inizio sì. Ricordi? Poi boh, chiamala intuizione o fede. - rise – Non ho mai avuto fede, fino quando non ho incontrato Bucky. Da quel momento ho ricominciato ad avere fiducia nell'altro. Te l'ho dissi quella volta che lui sarebbe tornato e forse proprio vedere che avevo avuto ragione mi ha … mmm... Sollevato? E poi c'è già Sharon a tenergli il muso, lei è più che sufficiente come punizione, credimi!» ghignò alla fine.

Alexandra ridacchiò, fissò Jace con sollievo, gli occhi chiari sgranati e colmi di dolci sentimenti. Timidamente si lasciò andare contro l'amico che prontamente gli avvolse il braccio attorno alle spalle, trattenendola a sé. Chiuse gli occhi ringraziando silenziosamente di avere un amico, una persona come Jace accanto a sé.

«Quindi dobbiamo lasciare che si arrangino fra loro?» il quindicenne annuì;

«Precisamente. Non temere, se dovessero andare per le lunghe, scommetto che ci penserà Natasha».


«Intendi restare così per il resto della giornata?» domandò con tono soave Natasha, senza nemmeno sollevare lo sguardo dal tomo di letteratura russa. Ogni tanto leggeva alcuni versi in russo ad alta voce, e stranamente la piccola creatura nella sua pancia sembrava gradire.

«Sì. Esattamente!» sospirò Sharon «Sappi che nulla, nemmeno i tuoi toni falsamente pacati mi smuoveranno dal restare qui inchiodata per il resto del giorno» continuò con fare sostenuto.

«Mmm-mmm» replicò russa, muovendosi con cautela. Era alla trentacinquesima settimana ed era gonfia ed accaldata. Odiava il caldo, il sudore e l'afa... Era russa per l'amor del cielo! Ed incinta. Si sentiva enorme, stanca ed orripilante. Steve tentava di convincerla del contrario, quanto rendeva ciechi l'amore!

«Sharon pensi di andare avanti per molto con questa storia?» la sua non era una critica ma una semplice domanda.

L'agente 13 inspirò pesantemente;

«Io- io non lo so, va bene? Io non riesco ancora...» Vedova notò che aveva gli occhi lucidi e continuava a torturarsi le dita: le tirava, le intrecciava e le sfiorava.

«La tua è paura» replicò la russa. Non era un'accusa ma un'onesta constatazione.

Sharon tirò su col naso e si rannicchiò contro la poltrona;

«Sì. Tu non ne avresti al mio posto? - mormorò triste – Se Steve fosse scivolato via da te già una volta, non avresti paura? Quel dolore insopportabile. Non è che non riuscirei a vivere senza di lui, semplicemente non voglio. Lo voglio con me! Saperlo vivo da qualche parte nel mondo non mi basta, lo desidero al mio fianco e la sola idea di perderlo ancora una volta mi annienta».

«Ti ha ferita» rispose seria Natasha accostandosi a lei «Sebbene fosse l'ultima cosa che James desiderasse, lo ha fatto. E tu hai bisogno di tempo per guarire da questa ferita che ti piaccia oppure no. E' qualcosa che né tu né lui potete controllare. Ricordo che Steve una volta mi disse “La possibilità di perderti non è un rischio che sono disposto a correre” - sorrise appena – ed è lo stesso per me. Quindi sì, per quanto non lo ammetterei nemmeno con me stessa, avrei paura».

«E se non dovesse funzionare?» domandò la Carter dopo qualche momento di silenzio.

La russa la osservò intensamente, poi il suo sguardo si ammorbidì;

«Andiamo» disse tendendole la mano.


«Sei pronto?»

«Nemmeno un po'» replicò pallido in volto James.

Bruce fece un sorriso tremulo, un po' divertito; accanto a lui Tony stava controllando gli ultimi dati.

Sam accanto a Bucky cercava di sollevargli il morale, mentre Steve al loro fianco tentava di trasmettere un senso di tranquillità.

«D'accordo Soldato Ghiacciolo! Ora accomodati pure qui su questa comoda poltroncina e lasciati mettere a soqquadro il cervello» esordì Iron Man con macabra allegria; Bucky sospirò.

«Ciò che Tony vuole dire – si intromise Bruce paziente – è che siamo pronti per la ricalibrazione cognitiva tramite lo psychotron».

«Okay» mormorò il soldato sedendosi sulla poltrona in metallo che Tony gli aveva indicato. Steve e Sam gli furono subito accanto.

«Noi siamo qui, okay?» gli ricordò Steve «A pochi passi da te».

James annuì compit;

«Banner puoi rispiegarmi il processo?».

Bruce si rese conto che tentava disperatamente di controllare ciò che gli sarebbe accaduto da lì in avanti, così con un sorriso rassicurante prese parola;

«Allora: ciò che tenteremo di attuare è una ricalibrazione cognitiva. Lo psychotron andrà ad agire sulla tua mente, Niko pronuncerà le esatte parole che attivano il tuo controllo mentale... Queste parole sono probabilmente legate a dei ricordi o sensazioni o immagini che ti hanno inoculato a forza durante il processo di indottrinamento. Lo psychotron le riprodurrà nella tua testa; per te saranno reali tanto quanto questo momento in cui ti sto parlando, capito? Per te sarà reale – Bucky annuì ancora una volta – ma quello che tu dovrai fare è sovrapporre a qualsiasi cosa ti creerà lo psychotron, i tuoi ricordi... Devono essere piacevoli e forti, devono farti star bene. Devono essere forti abbastanza da sostituirsi e rompere l'indottrinamento. Inizieremo con le prime tre parole, poi vedremo se proseguire. Hai capito James?» chiese il dottore con serietà. Ci fu un altro assenso.

«Noi saremo dietro questo vetro e ti terremo sotto controllo, va bene? Questi elettrodi monitoreranno le tue condizioni, se è troppo ci fermiamo immediatamente. James fidati di noi».

Bucky spostò lo sguardo atono verso Tony, che dopo averlo sostenuto gli fece un cenno deciso;

«Mi fido» replicò continuando a guardare il genio, poi si rivolse nuovamente al dottore;

«Quindi le radiazioni dello psychotron non mi ridurranno ad un ammasso di aggressività o mi faranno diventare un mostro verde con problemi di rabbia? Senza offesa»;

Bruce ridacchiò;

«No. Uno basta ed avanza credimi. Sei pronto?».

Bucky sollevò appena gli occhi e vide Natasha e Sharon fuori dal laboratorio, dalle pareti trasparenti. Sharon, forse per la prima volta da quando era tornato

settimane prima, lo stava guardando. Fissandola di rimando rispose;

«Iniziamo».


«Желание [brama]»

Per James fu come un pugno allo stomaco risentire quella parola.

Avvertiva una sensazione di vuoto non solo sotto i suoi piedi ma anche tutt'attorno a lui; aprì gli occhi meravigliato, era immerso in un oscuro fondale, galleggiava senza peso... Poi improvvisamente fu come se l'oscurità che l'avvolgeva si mosse, acquistando vita di colpo.

Quel fondale non era più pacifico ma iniziò a restringersi attorno a lui, avvertiva una pressione dolorosa sulla sua pelle, l'oscurità stava tentando di divorarselo. Faceva male... gli impediva di respirare, stava soffocando.

James urlò di dolore. Fu un urlo talmente bestiale che pietrificò i presenti, atterriti; Sharon si precipitò dentro, il cuore che pulsava dolorosamente. Steve strinse i pugni e l'espressione si oscurò, fu il tocco delicato di Natasha ad impedirgli di scattare.

«Forza amico» sussurrò Sam angosciato.

Respira” si diceva, ma più se lo ripeteva meno ci riusciva, non sapeva come fare, l'oscurità era così densa, più si dibatteva più questa stringeva la sua presa, bruciandogli la pelle, era così forte che forse sarebbe stato più semplice abbandonarsi ad essa, lasciarsi inglobare da quella forza mostruosa.

Perché poi opporsi? Cos'era quella flebile ma fastidiosa sensazione che gli impediva di arrendersi? James cercò di concentrarsi su quella sensazione su quel punto di sé così profondo. Un turbinio di colori invase il suo campo visivo, fu così rapido che non riuscì a distinguere nulla inizialmente. Poi più si concentrava su quei colori più le figure si delineavano, fino a che non assunsero una forma definita: erano lui e Steve da bambini nel loro quartiere di Brooklyn, sì ora ricordava il loro primo incontro...

«Il suo respiro si sta regolarizzando, i valori si stanno riallineando...» osservò Bruce con occhi sgranati, Tony accanto a lui seguiva l'andamento fisico del Soldato, anche lui sorpreso;

«Sta reagendo»

«Vuol dire che sta funzionando?» domandò speranzoso Sam. I due geni annuirono.

Sharon si portò le mani al volto, mentre Steve e Natasha si scambiarono uno sguardo complice.

«Niko» lo richiamò Tony «Procedi col secondo comando».

Il russo annuì, odiandosi per quel ruolo ma sapeva che alla fine ci sarebbe stata la luce. O almeno ci sperava.


«ржавое [ruggine]»

Il piccolo Steve si fermò di colpo, aveva smesso di inseguire la ruota che cercavano di mantenere dritta con i loro bastoni.

Bucky si arrestò anche lui, confuso tornò indietro e si parò davanti al gracile Rogers nel tentativo di smuoverlo.

«Ehi Stevie? Dai continuiamo a giocare! Prometto che non sarò così veloce stavolta!» disse allegramente il bambino tirando per un braccio l'amico. Steve però non reagiva, il suo sguardo era vacuo, sembrava che nemmeno lo vedesse.

«Ehi Stevie!? Stev-!» la voce gli si ruppe d'improvviso.

Il piccolo, fragile Steve con una velocità inumana aveva mosso il braccio verso il suo. James non capì subito, osservava meravigliato l'amico d'infanzia tenere in mano un coltellaccio grondante sangue, strano prima gli era parso un bastone innocuo. E da dove veniva quel sangue?

Guardò a terra... e il suo cuore smise di battere per l'orrore.

Il suo braccio. Il suo braccio si dibatteva a terra in una pozza di sangue, come un pesce cercava di fuggire alla terraferma. Il suo braccio... si guardò il fianco e fu in quel momento che il dolore lo colpì violento.

Si piegò su se stesso e vomitò.

James vomitò per davvero, assicurato alla sedia, si era comunque piegato in avanti colpito da un potente conato. Con forza colpì lo schienale mentre il suo intero corpo fu scosso da brividi violenti, pareva avesse un attacco epilettico.

Sharon iniziò a piangere, e Sam la tenne stretta;

«Cazzo!» esalò.

«Non si può fare nulla?» domandò ansioso Steve, Tony lo guardò ma scosse il capo scuro in volto, anche lui preoccupato per le condizioni del supersoldato. Stavano osando troppo? Per un attimo si pentì di ciò che aveva chiesto a James Barnes.

Piangeva Bucky, piangeva disperato, perché gli era stato fatto questo? Perché tutto quel dolore?

Alzò lo sguardo Steve era ancora lì davanti a lui, con una rabbia cieca gli si scagliò contro e iniziò a colpirlo. Lottavano l'uno contro l'altro con furia, angoscia.

Poi finalmente riuscì ad atterrarlo e si mise a cavalcioni sopra di lui, trionfante. Alzò il pugno pronto a finirlo, quella scena però lui l'aveva già vissuta; sì si disse, lui ci era già passato. Fu un frullio nell'illusione e la scena cambiò di colpo. Non erano più bambini, erano due adulti all'interno di un helicarrier in distruzione.

«Il tuo nome è James Buchanan Barnes» disse lo Steve adulto con un filo di voce «Tu sei mio amico, io sarò con te fino alla fine».

Bucky si quietò «Steve».

Tutti i presenti nel laboratorio tirarono un sospiro di sollievo, sembrava che James fosse riuscito a vincere ancora una volta.

«Ancora una, poi basta» mormorò Bruce controllando i dati ed i valori di James, ci stava riuscendo ma il prezzo stava cominciando a farsi sentire. Avrebbe avuto bisogno di riposo assoluto.

«Signor Constantin...» disse e l'altro annuì.

«Vi prego basta...» sussurrò disperata Sharon vedendo il corpo del compagno provato e tremante.

Steve era concorde con l'amica ma sapeva quanto fosse importante per Bucky non essere più un pericolo per loro; si strinse a Natasha che pur sconvolta cercò di donargli tutto il suo sostegno.


«семнадцать [diciassette]»

E l'incubo ricominciò, James avvertiva la testa girare, sentendosi come non mai in balia dello psychotron, senza che nemmeno ne avesse coscienza.

Bucky provò a tornare in sé e riusciva a malapena a visualizzare il soffitto grigio ed opprimente sopra la sua testa, che continuava a vorticare. Cercò di muoversi ma si rese conto di non esserne in grado, o meglio, qualcosa lo tratteneva per i polsi.

L'odore di disinfettante e metallo gli aggredì le narici ma aiutò a renderlo più cosciente. La stanza in cui era prese una forma precisa, qualcosa iniziò a serpeggiare in lui...

«доброго утра солдат [Buongiorno Soldato]» disse una voce vicina a lui.

No!” fu il suo pensiero terrorizzato.

«Che succede?» domandò Steve impallidito, mentre i valori di Bucky iniziavano a precipitare, attivando l'allarme e i battiti del suo cuore aumentavano frenetici.

«Fate qualcosa!» urlò Sharon «Tiratelo fuori!»;

«Tony? Bruce?» domandò Natasha poco rassicurata.

Era lui! Era lui il responsabile del suo indottrinamento, era lui la mano che lo comandava, era lui che gli aveva ordinato di sterminare la famiglia di Stark.

Tutto ciò che era stato si era incarnato nella figura di quell'ufficiale. Lui lo aveva plasmato, lo aveva reso completo. Ecco perchè era così terrorizzato, ecco perché aveva una fottuta paura davanti a quell'uomo... Lui aveva reso reale il Soldato d'Inverno.

Sharon non resisteva più. Quel dannato suono non accennava a fermarsi mentre Tony e Bruce cercavano di ristabilire alcuni valori prima di risvegliare James in sicurezza. Il cuore le stava martellando il petto e l'angoscia se la stava divorando.

Si mosse, corse verso di lui, ignorando gli altri, gli afferrò le braccia osservando spaventata quel viso sofferente;

«JAMES!» poi premette le labbra su quelle cianotiche dell'amato...

E Bucky ne percepì la pressione. All'inizio fu un eco lontano, un leggero pizzicorio sulle sue labbra. Le saggiò con la punta della lingua, lentamente portò la sua attenzione su quella sensazione, si concentrò sulla pressione appena percepita, cercò il suo sapore e riuscì a ritrovarlo sulla sua bocca, quasi impalpabile. Poi il suo nome.

«Sharon».

James sollevò lentamente le palpebre, alzò piano la testa alla ricerca della persona a cui apparteneva quel nome ma di lei non c'era nessuna traccia, se ne era andata... Eppure percepiva del calore nei punti in cui l'aveva sfiorato.

«Ci hai fatto preoccupare...» borbottò Sam, appena apparso nel suo campo visivo insieme a Steve e Bruce che ora lo stava visitando.

«Ha perso molti liquidi, necessita di riposo, Steve»; questi annuì ed insieme a Falcon presero Bucky sotto braccio per portarlo nella sua stanza. Ma il soldato non era del loro stesso avviso.

«Tony!» rantolò esausto «Tony» il miliardario lo affiancò osservandolo stranito «So chi è. Ora posso darti quel nome» disse prima di perdere conoscenza.

Iron Man si scambiò uno sguardo con i presenti, poi annuì e lasciò che portassero James a riposo.


Nel tardo pomeriggio gli Avengers si ritrovarono in raro momento di calma, nel moderno soggiorno della torre, James era costretto a letto provato nel fisico e scosso da ciò che aveva dovuto sopportare, l'unico pensiero confortante era che sembravano essere nella direzione giusta. Lo psychotron si era rivelato terribile ma incredibilmente utile.

Steve, Tony e Clint riflettevano sulla possibilità di eliminare le fabbriche di psychotron coordinandosi con lo S.H.I.E.L.D., che gli aveva fornito da poco proprio quell'informazione preziosa. Credevano che fra quelle fabbriche – molte più di quanto sperassero purtroppo – ci fosse anche la base operativa dell'HYDRA.

Natasha seduta lì accanto, li osservava senza ascoltare davvero, avvertiva un senso di pericolo, o non proprio. Era inspiegabilmente vigile, come sulle spine... L'espressione che avrebbe usato era “quiete prima della tempesta”. Non sapeva dire se era dovuto agli effetti devastanti dello psychotron, lei stessa gli aveva subiti e vederli riflessi sul volto di qualcun altro l'aveva resa nervosa.

Sharon le si sedette affianco, ancora un po' scossa.

«Va meglio?» le domandò la russa, la Carter sospirò ma annuì decisa.

Poco dopo qualcosa mutò e fu solo Natasha ad accorgersene. Ci mise qualche istante a rendersene conto, la prospettiva cambiò così spontaneamente e nel giro di pochi battiti che la sua mente impiegò di più ad elaborare quanto stava succedendo. Tutto si svolse al rallentatore, si alzò in piedi, senza fretta e guardò in basso.

«Steve – nulla era troppo immerso nella conversazione – Steve... STEVE!» urlò alla fine, la mano premuta contro il ventre, sul volto un'espressione che nessuno le aveva mai visto prima. Sconcerto, stupore e sopratutto una sottile ma evidente vena di terrore.

«Nat?» sussurrò il capitano, non avendo compreso. Ma Sharon fu la prima a ravvedersi, i suoi occhi scuri si dilatarono e la sua mano scattò verso il cellulare.

«Mi si sono rotte le acque».

___________________________________________________________________________Asia's Corner

Buonasera miei carissimi lettori! Mi scuso come sempre per l'assurdo ritardo, ma ho dovuto fare i salti mortali questa settimana, ma immagino vi fregherà poco visto ciò che succede a fine capitolo!
Dunque procedendo con ordine, osserviamo finalmente i Science Bros. all'opera e direi che ci hanno pure azzeccato con lo psychotron, anche se per Bucky è stata un'esperienza traumatica che purtroppo non è ancora finita. L'obiettivo sembra essere raggiunto ma il prezzo da pagare è molto alto, ed anche per gli altri non è stato semplice assistere, per Sharon è stato un incubo sicuro, ciò che è successo ha smosso un po' le cose fra lei e James, ma ovviamente non sarà proprio così semplice.
Sopratutto che ora il piccolo/a Rogers ha deciso di nascere gettando sicuramente un po' tutti nel panico! Ovviamente le conseguenze le rimando al prossimo capitolo, ammetto che non vedevo l'ora  di arrivare a questo punto, sono mesi che penso e ripenso a questo momento e diciamo che sono pronta... Se qualcuno vuole farmi sapere le sue idee ben venga, vedremo se alla fine le vostre rispettive aspettative si avvicineranno oppure no ;)

Per ora concludo qui, è già tardi e sarò poi via per tutto il weekend (perciò alle recensioni del capitolo 23 risponderò lunedì). Vi ringrazio per la pazienza e il supporto! Ringrazio le numerose persone che seguono questa storia, chi commenta, e chi legge! Vi do appunamento a VENERDI' 25 MAGGIO, sempre qui :)

Ps. per eventuali errori di battitura mi riservo di correggerli a storia conclusa, abbiate pazienza ma non ne ho il tempo.


   
 
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