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Autore: Ida90    05/05/2018    0 recensioni
Il furto di un potente medaglione, nascosto e protetto per secoli a occhi indiscreti, innescherà una reazione a catena di eventi che avranno come unico scopo il ritorno di Dio.
Un gruppo di soldati, gli ultimi del proprio reggimento, si spingerà sulla Terra per chiedere aiuto e lo riceveranno da alcuni principi, amici fra loro. Lungo il loro cammino ci saranno molti ostacoli, tra cui gli Dei che cercheranno in tutti i modi di fermarli. Le innumerevoli difficoltà non impediranno al gruppo di “amici” di risvegliare un comandante temuto e rispettato sia nel suo mondo, che sulla Terra. La compagnia perseguirà una strada, che con l’aiuto di amici e gli intralci dei nemici, si troverà a dover cercare delle gemme, di cui nessuno capisce bene l’utilizzo, l’erede perduto di un re, molto importate, i frammenti di un’anima e degli angeli sfuggiti, il primo caduto fra loro. Tutto convergerà a una battaglia e a delle verità sconvolgenti che sembreranno allontanare il ritorno di Dio.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Trentaseiesimo capitolo
 
Tre figli per ora…
 
 
 
 
In un punto non preciso del grande fiume Serpente che attraversava Blyhank da Nord-Est a Sud-Ovest, Erenock aveva trovato un rifugio, dove si chiuse a riccio per cercare di addormentarsi.
Uno strano rumore assordante lo fece sussultare e cercando di alzarsi, spostò il volto intravedendo fra i cespugli, Kashda e il resto della “banda”.
Si guardò intorno in cerca di una traccia che la conducesse a Erenock e individuò delle macchie di sangue dirigersi verso Sud-Ovest. S’incamminò in quella direzione ed estrasse Tagha che creò quel suono metallico provocato dall’urto col cuoio.
Kashda lo individuò facilmente e lo rivelò agli altri usando Tagha, ma lui non si fece trovare impreparato e attaccò di nuovo con Dhebran.
Il demone fu balzato in aria insieme con gli altri da un potente colpo, ma finì con il precipitare nel fiume. Ci volle un po’ prima che tutti riportassero la loro attenzione su di lui.
Kashda riemerse dall’acqua già trasformata…. Cercò di uscire nuotando, ma dovette fare forza sulle sue ali richiamando Tagha a sé. L’arma comparve nella sua mano spostando in seguito lo sguardo sui suoi compagni che, uno dopo l’altro, attaccarono Erenock con la precisa intenzione di infliggergli il colpo finale.
Lo accerchiarono… ogni sguardo era puntato su di lui che si sentì schiacciare, comprimere il corpo come una mano che spingeva sul petto, ma tutto questo non bastò ad allentare la sicurezza che aveva sul combattere solo con Dhebran.
Kashda allora atterrò fra Falock e Moorgan, mantenendo il suo aspetto demoniaco per andare incontro al suo nemico e attaccarlo all’altezza della gola.
Erenock si spostò di lato all’ultimo secondo e il colpo del demone andò a vuoto. Kashda si scagliò di nuovo su di lui che parò il colpo sopra la sua testa, stringendo la lama di Dhebran con la mano sinistra.
In aiuto del demone arrivò Moorgan che assestò un pugno dritto al fianco sinistro lasciandolo senza fiato. Lui mantenne in ogni caso la spada, ma il fascio di fuoco lanciato da Ylloon alla schiena lo costrinse a lasciare quella posizione.
I due si allontanarono da lui e mentre una mano del comandante perdeva copiosamente sangue, l’altra non aveva ceduto la presa di Dhebran neanche per un secondo.
Al contrario di Erenock i suoi nemici non erano né stanchi ne indeboliti e sembravano intenzionati a restare lì molto a lungo finché lui non sarebbe caduto.
Il pugno infertogli da Moorgan gli aveva rotto qualche costola e, infatti, il suo respiro si fece corto. L’orgoglio di Erenock non gli consentiva di mostrare agli altri, che fossero amici o nemici, le sue debolezze.
Di comune accordo, i suoi nemici, decisero di infliggergli il colpo di grazia e ognuno di loro tirò fuori il suo potere più letale….
Erenock prese un profondo respiro e allargò le braccia lasciandosi colpire da tutta quella magia senza resistenze. Ogni potere che si posò sul suo corpo sembrava lacerargli la carne e persino le ossa, mentre i muscoli del volto si muovevano contorcendosi in smorfie di dolore.
Non avendo la capacità di usare i suoi poteri, bloccati dal Neeshair, il suo corpo non poté resistere a lungo alla loro magia; in fine cadde sulle sue stesse ginocchia spostando tutto il suo peso su Dhebran conficcandola nel terreno.
Voltò il capo verso il suo braccio destro e vide la pelle lacerarsi sotto gli incessanti colpi dei suoi avversari. La carne bruciava rilasciando del fumo scuro, mentre poteva sentire chiaramente le ossa spezzarsi in più punti.
Sebbene fosse evidente la sua disfatta, Erenock non cambiò… non modificò il suo comportamento né la fredda espressione che si posava senza mai cedimento sul suo volto. Sembrava tutto perduto… finito lì vicino a quel fiume senza che nessuno potesse fare niente per lui.
Anche Dhebran lo abbandonò lasciando che cadesse sul terreno dinanzi a lei…. Gli Dèi e tutti gli altri non smisero di attaccarlo, volevano essere sicuri di finirlo lì in quel misero luogo isolato da qualsiasi civiltà.
Il sole che brillava maestoso fu improvvisamente oscurato da nubi cariche di pioggia… tuoni e fulmini comparvero a illuminare cielo e terra. Un fulmine, senza una ragione apparente, si scagliò proprio su di loro colpendo Dhebran.
La scarica elettrica attraversò l’arma che si sbarazzò dell’energia nel terreno raggiungendo Kashda e i suoi compari. Nello stesso istante comparve una tromba d’aria e il vento diventò più violento.
Erenock si ritrovò nell’occhio del ciclone e dinanzi a lui comparve l’angelo Raiziel che arrivò in suo soccorso…. Recuperata Dhebran e il suo proprietario, l’angelo spiccò il volo scomparendo all’interno delle nubi.
Il cielo ritornò nuovamente sereno e tutti loro non trovarono altro che delle piume bianche.
 
Sopra le candide nuvole era nascosto alla vista sia dei mortali, che degli immortali un luogo, dove si viveva in completa armonia.
Gli occhi ancora chiusi e pesanti, sembravano incollati da qualcosa di vischioso e trasparente eppure cercavano con insistenza e disperazione di aprirsi. Quando le palpebre si alzarono, i bulbi oculari videro un’intensa luce bianca.
Era tutto sfocato, confuso… fece forza sulle braccia sollevando il busto. A stento riusciva a vedere… i suoi occhi non si erano abituati a quella luce e li strofinò per alleviare il bruciore. Sembrò funzionare iniziando a vedere con precisione.
Si guardò intorno… la stanza in cui si trovava era rettangolare con pareti bianche quasi luminose. Il letto dove giaceva era del medesimo colore; tutto lì dentro era bianco e candido.
La luce del sole lo inondava attraverso i finestroni dinanzi a lui…. Si scoprì dalle lenzuola e si vide avvolto da stravaganti garze lattee che luccicavano. Il suo corpo ne era coperto per il novantacinque per cento e non curandosi del suo stato, si sollevò dal letto tentando di mettersi in piedi.
Barcollò per qualche secondo e fu capace a stabilizzare subito il suo equilibrio, ma dovette supportarsi di un sostegno per camminare e poter reggere tutto il peso del suo corpo.
«Dovreste rimanere a letto finché quelle bende non finiranno il loro compito.» lo bloccò Raiziel, mentre si avvicinava a lui.
«Dove mi trovo?» chiese lui seguendolo con lo sguardo fino a una sedia dove l’angelo si accomodò.
Raiziel ritirò le sue ali affinché non gli procurassero alcun fastidio e in seguito rispose alla sua domanda: «Non siete sulla Terra, se questo è quello che vi state chiedendo.».
«Allora illuminami… angelo.» usò il bastone per ritornare verso il letto sedendosi sul bordo e appoggiando l’asta contro la parete.
«A tempo debito saprete ogni cosa, per ora provate a riposare e a riacquistare le vostre forze… la battaglia contro i vostri rivali è solamente al principio.» si sollevò dalla sedia e si volse verso la soglia della porta senza aggiungere altro.
Erenock tentò di prestare attenzione al consiglio ricevuto… dolorante si distese poggiando la testa sui cuscini, mentre chiudeva gli occhi ancora troppo grevi.
Quando riaprì gli occhi, vide Raiziel in piedi accanto a lui che lo fissava. L’angelo non gli parlò ma lo aiutò ad alzarsi dal letto e a rivestirsi con i nuovi abiti.
Il corpo non gli doleva più così molto e Raiziel lo condusse fuori dall’alloggio per mostrargli dove si trovava. I suoi occhi fecero fatica ad abituarsi a quella luce accecante e l’angelo si consegnò degli occhiali con le lenti ovali e di un grigio chiaro.
Indossandoli, Erenock notò che i suoi occhi non gli bruciavano e poté camminare senza inciampare godendosi il panorama. Vide tanti pinnacoli, alte cupole sulla sommità delle torri e ponti, viadotti, cavalcavia e passerelle che li collegavano fra loro.
Ciò che catturò la sua attenzione erano gli angeli che svolazzavano nell’aria. Era un continuo via vai e ognuno si accingeva a compiere il proprio dovere.
Raiziel lo guidò in una zona, dove degli angeli coltivavano dei bellissimi fiori. Erenock interruppe il suo cammino osservando un tramonto viola che si appoggiava all’orizzonte basso punteggiato di alberi, alcuni piccoli e gialli, altri torreggianti, svettanti, appuntiti e verdi.
Le dolci colline innevate, tutte intorno, erano tinte di rosa. Qua e là cipressi e abeti che, come viandanti stanchi, erano immutati in un lunghissimo riposo. E, mentre riposavano, ascoltavano e apprendevano le voci degli angeli.
Scesero una lunga scalinata di pietra, dove ai lati si potevano osservare piccole e ampie aree dove crescevano svariati tipi di piante. Queste aiuole erano sovrapposte le une alle altre in modo tale da formare una scalinata naturale.
In fondo si trovava una piazza circolare non molto grande circondata dalle aiuole che ospitavano immense decorazioni floreali. Sebbene ci fosse, un’elevata profumazione non dava la nausea.
«Il luogo in cui ora vi trovate, fu stato creato per gli angeli che sono sopravvissuti. È stato chiamato Anjelia in onore dei fratelli e delle sorelle che sono trapassati.» l’angelo Raiziel gli comunicò piccole informazioni e si accomodò sul bordo di un muretto.
«In che punto dell’universo ci troviamo?» chiese Erenock sedendosi accanto a lui, ma in modo da poterlo guardare negli occhi.
«Sei più vicino alla Terra di quanto pensi.» Raiziel fu schivo, ma allo stesso tempo fu preciso nel rispondergli, «Io credo che non sia questo, quello che tu voglia davvero sapere. Allora mi chiedo cosa possa essere….» e così l’angelo lo fissò per vedere una reazione.
«Perspicace… sì c’è ben altro che m’interessa chiederti…. C’è una cosa che Albhozz non spiegò a Dranerre… perché degli angeli si rifugiarono sulla Terra ancora prima della scomparsa di Dio e antecedente alla battaglia fra Dèi e gli stessi angeli. Tu cosa sai dirmi in merito?» chiese Erenock, mentre osservava delle piume bianche cadere dal cielo.
Raiziel aveva compreso… l’angelo decise di tenersi sul vago sperando che il suo comportamento non irritasse il comandante: «Albhozz non le rispose perché non erano né il momento né il luogo per sapere.».
«Ora lo è?» esigette Erenock facendo una leggera smorfia di dolore, mentre si stringeva la spalla sinistra.
“Sì” la voce femminile si collegò a un volto familiare. Era Meelezza che proseguì nel racconto: «Dio sapeva cosa sarebbe accaduto se i suoi fratelli, gli Dèi, fossero comparsi nella vita dei mortali. Decise di inviare alcuni fra i più potenti e fidati angeli a vivere fra gli Uomini, nascondendoli alla vista di chiunque.».
«Ti riferisci ai padri e alle madri dei Difensori della Fede, vero?» chiese lui con espressione poco sorpresa lasciando che l’angelo continuasse a parlare.
Meelezza annuì.
«C’è ancora una cosa che vorrei sapere… ci sono altri angeli disperi nel mondo, non è così?» alla domanda Erenock voleva aggiungere altro, ma sapeva che non era ancora il momento.
Raiziel confermò con un cenno della testa e una specie di mugolio poi prese a specificare: «Quelli di noi che furono schiavizzati da Lucifero, ora sono liberi grazie a te e ai tuoi amici, invece gli angeli che si mescolarono fra i mortali, prima e dopo la dura battaglia, sono anch’essi liberi e alcuni in un altro senso.».
«Che cosa sapete dirmi sugli angeli imprigionati in corpi mortali e dispersi ai quattro angoli del mondo?» domandò il comandante dal tono incuriosito e dall’espressione di dolore che non accennava a smettere seppur cercasse di nasconderlo.
«Purtroppo di loro non sappiamo nulla, non abbiamo nessuna informazione sulla loro locazione dall’istante in cui sono scomparsi.» le informazioni date a Erenock da Raiziel rattristarono i due angeli e Meelezza decise di ritornare ai suoi doveri.
«Non ho altre domande da porti, per ora….» Erenock lo salutò e ritornò nella sua stanza accomodandosi sulla stessa sedia dove si era adagiato Raiziel.
Divaricò le gambe lasciandole stese mentre il suo capo fu sorretto dal braccio sinistro che poggiava sui braccioli e dalla mano aperta che nascondeva il suo volto. Prese a contemplare ciò che gli era accaduto… ciò che i suoi nemici fossero arrivati a fare, si erano uniti sotto un'unica “bandiera” per eliminarlo.
Dalla mano destra, lasciata lungo il bracciolo, uscì lentamente qualcosa di scuro che man mano prese forma di un serpente… si trattava di Urtec che si presentò a lui.
Gli strisciò lungo il braccio fermandosi sulla spalla e iniziò a parlare solo nel momento in cui Erenock si voltò verso di lui: «Non fermate il vostro pensiero su chi si è alleato contro di voi… oltrepassate la soglia della coscienza riguardo ai vostri nemici.».
Erenock alzò leggermente le labbra in una specie di sorriso e disse: «Ciò che affligge i miei pensieri è la colpevolezza dei miei errori passati che hanno portato i miei avversari a essere ciò che sono oggi.».
«Non dovete colpevolizzarvi di nulla, voi avete fatto solo ciò che ritenevate opportuno in una determinata situazione. La temporanea alleanza dei vostri nemici è dovuta alle loro decisioni e non delle vostre.» Urtec cercò in qualche modo di farlo ragionare, ma sapeva che le sue parole non bastavano.
«Perché mi hai lasciato solo?» la domanda del comandante venne come un rimprovero nei suoi confronti.
Il serpente, chinando il capo, rispose con il rammarico di aver deluso il suo signore: «Perdonatemi… il mio compito non era di restare fisicamente al vostro fianco, ma sono stato ugualmente presente.».
Erenock poggiò anche l’altro braccio sul bracciolo e la testa contro lo schienale della sedia per rilassare la sua mente: «Avevo bisogno di te più di quanto tu immagini, non c’eri eppure non sono né deluso né arrabbiato con te.».
Il serpente si spostò sul suo petto per girargli intorno al collo e posarsi sulla spalla sinistra e parlargli ancora: «Lasciate scivolare via il passato e spalancate le braccia al futuro che vi attende…. Qualcosa di molto importante sta per avvenire, qualcosa che nessuno dovrà sapere eccetto voi e chi la eseguirà.».
Lui si girò verso Urtec e con sguardo curioso chiese: «Di cosa si tratta? Spiegati meglio….».
Gli occhi di Urtec divennero verdi e subito dopo rispose: «Sono ritornata per informarti del grave pericolo che corre lo Scrigno dei Peccati. Le Sorelle Harwin sono sulle tracce dello scrigno e molto presto, lo troveranno. Tu devi anticiparle e nasconderlo… ciò che contiene non deve essere liberato, se cadesse nelle mani sbagliate e fosse aperto, il mondo sprofonderebbe nel caos più completo. Sai dell’aiuto di chi devi avvalerti.».
Erenock annuì e s’issò dalla sedia per cercare Raiziel. Chiese all’angelo di fargli un insignificante favore: riportarlo sulla Terra.
 
Si coprì con un vecchio mantello e si mise in cammino verso il palazzo di Nits’Irc attraversando l’enorme folla di gente che girava per le strade nonostante l’ora tarda.
In cielo, la luna faceva da padrona circondata dalle stelle, che la adoravano come una Dea. Il vento creava una romantica atmosfera con la sua lieve brezza e le voci confuse delle persone rendevano tutto frizzante.
Erenock fece in modo che nessuno potesse vederlo per raggiungere senza ostacoli la regina. Aveva quasi raggiunto la sala del trono quando qualcuno lo costrinse a nascondersi nell’ombra e ad ascoltare in silenzio.
Sei guardie circondavano una donna incappucciata che all’improvviso alzò la mano destra per fermarli e rivolgersi al soldato di sinistra: «Lasciatemi sola.».
Il soldato annuì e insieme ai suoi compagni si allontanò. Lei invece restò lì immobile proferendo le sue parole: «Perché voi siete restato sulla Terra?».
Entrati nella sala, Erenock cominciò a raccontarle ciò che sapeva e lei restò ad ascoltare in silenzio finché lui non avesse finito.
«Io vorrei aiutarvi, ma il mio dovere è restare qui con il mio popolo… mi dispiace deluderla comandante.» Ardhenya aveva espresso il suo parere con rammarico e salutandolo con un cenno della mano si allontanò da lui in silenzio.
«Ci sarebbe una soluzione al vostro problema maestà.» intervenne una strana voce per convincere la donna.
Lei si bloccò e ritornò indietro di qualche passo restando ad ascoltare. Dall’ombra del mantello uscì Urtec ma Erenock aggiunse qualcosa: «Non voglio costringerla a fare qualcosa che non vuole… lasci solo che Urtec le proponga una soluzione adeguata e se le converrà potrà accettare o no.».
Ardhenya acconsentì e il rettile iniziò sibilando: «Per non lasciare il vostro trono vuoto potreste avvalervi dell’aiuto di una Sentinelle di Sangue che vi sostituirà durante la vostra assenza.».
Sebbene la regina fosse incerta su quella soluzione, diede ai due la sua risposta: «Accetto di buon grado e spero che vogliate usufruire del nostro portale per chiamare una delle vostre amiche.».
«Urtec si riferiva ad altre Sentinelle di Sangue, sono fra le più fedeli della Suprema Imperatrice e a me ovviamente.» ciò che Erenock le aveva rivelato, la sorprese e lui se ne accorse soddisfatto.
«Credevo che non vi fossero altre Sentinelle di Sangue, uccise dai nostri padri per la paura che avevano del vostro potere. Ora sono stupita nel sapere che ce ne sono altre, ma allo stesso tempo felice che non siate rimasti soli.» un inchino col capo ed Erenock fece comparire Yanseou.
Dopo alcuni istanti, dallo specchio né uscì la Sentinelle di Sangue, una delle poche che non si unì all’esercito restando a guardia del Palazzo Ombrato.
Guardò Erenock e spostò subito lo sguardo verso la regina; s’inchinò a lei e si presentò: «Sentinella di Sangue Rooph Reeddle, guardia personale della Suprema Imperatrice. Sotto richiesta del Comandante Erenock sarò al vostro servizio finché non avrete portato a termine il vostro compito.». Si tirò su e attese che gli impartissero nuovi ordini.
Quella stessa notte i due montarono in sella e partirono lasciando la città. Senza il favore degli astri, si accamparono nel bosco a Sud-Est della capitale.
Erano riunito intorno al falò e mentre Ardhenya alimentava il fuoco, osservò il comandante togliersi le bende che fasciavano tutto il braccio sinistro, seduto su un tronco di fronte a lei.
Aveva una brutta ferita sulla spalla e altre lungo il braccio ancora aperte; si stavano rimarginando molto lentamente e avevano bisogno di essere medicate.
Si addentrò nel sottobosco ritornando al campo una ventina di minuti dopo. Si sedette e prese dalla borsa pestello e mortaio sminuzzando le erbe che lei aveva trovato. Aggiunse un po' d’acqua per amalgamare il tutto e diventò ben presto un composto omogeneo.
Lasciò il pestello accanto a lei e si avvicinò a Erenock sedendosi al suo fianco… prese con la mano destra il composto e cominciò a spalmarlo sulle ferite dell’uomo osservando le strane bende.
Finito, prese le bende e Ardhenya, si diresse verso un ruscello che aveva visto in precedenza. Impiegò meno tempo…. Aiutò il comandante a fasciarsi le ferite e poi entrambi si sdraiarono a riposare.
 
La luce e il calore del sole erano così intensi in alcuni momenti da provocare addirittura un’aria afosa. L’astro dorato continuava a spostarsi nella volta celeste e loro con lui percorrendo la strada che attraversava il bosco circondante la capitale.
Si era già fatto sera quando i due avevano da poco tempo varcato la soglia della Foresta Nera. Viaggiavano a un’andatura normale procedendo per quella strada verso l’ignota destinazione senza che nessuno dei due emettesse una sola parola.
Tutto a un tratto Ardhenya tirò verso di se le redini arrestandone il passo. Erenock che l’aveva preceduta si arrestò anch’egli voltandosi verso di lei. Vide lo sguardo assente e nelle sue pupille, contornate dalle iridi castane, lo scrigno protetto da creature che non riuscì a scorgere.
Ritornò al suo fianco aspettando che lei si risvegliasse da quell’ipnosi. Dopo un po’, Ardhenya si riprese recuperando le redini e procedendo; Erenock, però non distolse lo sguardo dalla donna e all’improvviso chiese: «Che cosa avete visto?».
Ardhenya rispose meravigliata alla domanda che non si aspettava arrivare: «So, dove si trova.».
Kashda nel frattempo era intenta ad allenarsi con la sua spada. Moorgan le faceva da avversario nei duelli, invece Ylloon la osservava semplicemente per tener d’occhio il suo progresso nel controllare Tagha.
Anche se era Kashda a possedere Tagha, essa rispondeva solamente al suo proprietario…. In quell’istante la spada rilasciò un’intensa fonte di energia che bruciò il guanto e la mano. Gettò l’arma e si tenne in equilibrio.
Kashda si guardò la mano ustionata tenendosi il polso con l’altra. La spada però all’avvicinarsi della strega vibrò e il rubino conficcato nella testa del corvo s’illuminò mostrando le immagini di uno strano specchio e il luogo ove trovarlo.
Il loro cercare continuo fra mappe e carte varie li portò a una svolta… individuarono il posto nelle vicinanze di Goneal, un villaggio a Sud-Ovest della Catena Montuosa degli Spiriti di Blyhank. Era circondato da un bosco e aveva due sole strade, una di queste si apriva sulla scogliera a Nord-Ovest.
Usando un portale Diafarà ritrovandosi alle rovine di una fattoria; dedussero che fosse andata a fuoco per via delle pietre e mura annerite dal fumo. Moorgan e Kashda ispezionarono una zona e lei capì di essere vicina quando la spada vibrò.
Attraversò l’arcata di una porta e iniziò a spostare i detriti ancora presenti. Lei si sporcò di fuliggine mani e gambe, ma alla fine tutto lo sforzo fu premiato dall’oggetto della loro ricerca.
Con quanta forza aveva gettò a terra una pesante trave trovando una coperta annerita e impolverata; la gettò in un angolo scoprendo una lastra rettangolare. Sorrise e chiamò Moorgan a gran voce.
Lui la raggiunse in men che non si dica e le diede una mano a tirare lo specchio fuori da un buco dove era incastrato. Impiegarono una ventina di minuti dopo di che lo portarono fuori dalle rovine.
Ripulito per bene, i due lo portarono a Ylloon…. Lo specchio era una lastra ovale fissata a una base di legno, ancora intatta, con intagli che raffiguravano figure femminili danzanti. E per mantenerlo ulteriormente saldo erano stati utilizzati, ai lati, dei sostegni in metallo.
Moorgan sistemò lo specchio nel tempio adagiandolo di fronte alla stanza segreta. Seppur all’apparenza sembrasse comune, l’oggetto era un passaggio su altre dimensioni.
Circondando il Reantha, Ylloon recitò un incantesimo:
I miei figli, liberare noi dobbiamo
e in quest'ora l’energia richiamo.
Perché da chiave possa aprire
lo specchio come porta deve servire.
La superficie riflettente s’illuminò e richiamò a sé l’energia custodita nel Reantha. Durò tutto cinque minuti, ma non bastò affinché l’operazione si completasse.
L’incantesimo non funzionò e stufa della situazione, Kashda utilizzò Tagha caricandola di energia e immergendola nel Reantha.
Il liquido ribollì e ciò che li circondava tremò, mentre lo specchio emanò un’intensa luce susseguendo una brezza fredda che provocò in ognuno la pelle d’oca.
Tutto si fermò… il silenzio scese su di loro quando si udirono dei forti colpi provenire dall’altra parte dello specchio. Come i sassi smuovono l’acqua, così qualcosa smuoveva lo specchio.
Un dito uscì dallo specchio seguito dalle altre appendici della mano e dal resto del corpo. Il primo volto fu di Gundardh: aveva occhi e capelli castani su un viso rotondo e dalla capigliatura corta. Le sopracciglia folte, il naso aquilino – ereditato da Moorgan - il doppio mento e la leggera barba, completavano il tutto. La sua muscolatura media non deturpava il viso nonostante fosse alto un metro e settantanove.
Il grigio scuro dei suoi indumenti si confondeva con quello dello specchio. Fu seguito da Vharanyus, il minore, diverso dal fratello solo per la corporatura leggermente più muscolosa.
Horazz notò una cicatrice a destra del collo, semi nascosta dai suoi indumenti, rigorosamente di colore blu scuro. Si guardò intorno e dallo specchio uscì sua sorella Afìrash.
Lei era una donna bellissima e molto intelligente, furba e agile. La sua altezza era all’incirca un metro e settanta e la slanciavano le sue lunghe e sottili gambe. Portava i suoi lunghi e ricci capelli biondi sciolti che le cadevano sulle spalle a contornare i suoi occhi d’ambra.
Afìrash cercò di capire se qualcosa fosse cambiato dalla loro assenza, ma nulla le sembrò diverso. I suoi occhi si fermarono su Kashda e la stessa fissò il viso rotondo con le orecchie  un po’ a punta e le labbra sottili che le davano un’aria infida ancor peggiore della madre. E al contrario di Ylloon, lei aveva un seno più abbondante e la pelle più delicata.
Libera anche Afìrash, ora aspettavano solo che uscisse Vincent, ma dopo un’estenuante attesa capirono che non sarebbe stato libero per adesso.
Ylloon stava riabbracciando i suoi figli dopo lungo tempo… li ricordava esattamente in quel modo, non erano invecchiati di un solo giorno.
Erano felici che almeno loro tre fossero liberi dall’assurda prigione dell’Oblio Eterno e nessuno prestò attenzione alla spada immersa nel Reantha.
Kashda spostò il suo sguardo su Tagha diventata incandescente e il Reantha muoversi quasi a volersi staccare dal pavimento. Corse cercando di afferrare l’elsa di Tagha, ma nel preciso istante in cui sfiorò l’impugnatura, lei dovette ritrarla, portandosela contro il ventre.
Gundardh decise di scagliare contro Tagha una sfera di energia sperando che finisse fuori dal Reantha. La sfera però fu assorbita dall’arma provocando un nuovo squilibrio….
Kashda improvvisamente ebbe un lampo di genio e creò seduta stante un suo alterego, che al suo posto brandì la spada estraendola dal Reantha.
Faticò per estrarla, ma quando alla fine ci riuscì, perse l’equilibrio e cadde all’indietro lasciandosi sfuggire dalle mani la spada, che finì ai piedi di Afìrash, mentre roteava su se stessa.
La donna, non conoscendo nulla sull’arma, si chinò per raccoglierla, ma fu bloccata dalla madre, che le agguantò il polso impedendole di afferrare Tagha e morire.
Intanto l’alterego del demone scomparve e lei recuperò Tagha nello stesso istante in cui lo specchio si sciolse riversandosi sul pavimento alle loro spalle.
La conclusione era che Ylloon la strega aveva riavuto solamente tre dei suoi figli, ma anche questo era un risultato non da poco. Ora che erano ritornati, Ylloon si sentì più forte e i problemi di Horazz avevano inizio.
 
   
 
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