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Autore: Koa__    05/05/2018    23 recensioni
Questa raccolta conterrà storie più o meno brevi, incentrate sulla coppia John Watson e Sherlock Holmes e (anche, ma non soltanto) sul loro ruolo di genitori.
La storia: "La geniale imperfezione di Sherlock Holmes" partecipa al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP.
Alcune di queste storie partecipano alle Challenge dei gruppi: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart" e "Aspettando Sherlock 5".
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La ballata della piccola John





 
"In the arms of the angel
Fly away from here
From this dark, cold hotel room
And the endlessness that you fear
You are pulled from the wreckage
Of your silent reverie
You're in the arms of the angel
May you find some comfort here"
Angel, Sarah McLachlan

 


 
 
 
Non lo sai com’è successo. Ed è sciocco, e ridicolo, e ti senti un idiota. Dovresti vergognarti di te stesso perché, per quanto geniale tu sia o brillante ti vanti di essere, adesso fatichi a formulare persino un banale ragionamento. Dovrebbe essere la cosa più facile del mondo, ma più gli istanti passano e più il peso di ciò che stai facendo ti grava sull’anima, distruggendoti. E hai la sensazione che il tuo palazzo mentale sia ormai seppellito sotto ai mille pezzi di una felicità brutale, che spazza via ogni cosa peggio di quanto non abbia fatto il vento dell’est. Per quale assurdo motivo quel tuo stupido cuore batte tanto alla svelta, proprio non lo sai. Hai scarsi ricordi degli istanti appena passati e quelli che possiedi sono vaghi e confusi. Sai che c’era lui (perché sai sempre quando lui c’è) e che era tutto preso a rovistare in quella cameretta oberata di giocattoli e disordinata di vita, là dove dorme Rosie Watson. Ricordi che tentava malamente di reggere la bambina tra le braccia, sperando al contempo che non si svegliasse e poi… più niente, il nulla più assoluto. Un abisso nero ti ha avvolto e stretto a sé. Un attimo dopo, John te la lasciava in braccio, pregandoti di tenerla. E il tempo a quel punto s’è fermato, perché era la prima volta e lui neanche se ne dev’esser reso conto. Non hai capito più nulla, hai notato vagamente un suo sorriso nascere e poi venir nascosto, il suo divertimento nel vederti impacciato. Una dolcezza che non sai descrivere che dilagava in uno sguardo forse arreso da troppo tempo all’infelicità. Quindi poche parole a giustificare quel gesto sconsiderato: «Mendeleev dev’essere rimasto in soggiorno» ha detto, riferendosi a quell’orrendo pezzo di stoffa che Rosie sembra addirittura adorare. Forse perché ha il tuo odore, sì, sarà questa la ragione per cui lo stringe a sé le volte in cui sei troppo preso da un caso o in cui sei a Baker Street. Probabilmente quel Mendeleev, che non sa assolutamente pronunciare, le ricorda te. Assurdo. Ma è una bambina di appena tre anni e di pensieri razionali non ne ha davvero. John, tuttavia, sembra tenere prepotentemente al fatto che Rosie dorma col suo peluche preferito e quindi te lascia lì, e poi sparisce nel corridoio. È allora che ti ritrovi solo. Con la piccola Watson tra le braccia. Lei che respira piano, rapita dal sonno. A fidarsi di te come soltanto John è stato capace di fare. Così dannatamente Watson anche in questo, pensi con una punta di sorriso che nasce mentre sparuti ricordi d’infanzia s’affacciano timidamente.

Rosie che è così come John nella maniera in cui riesce a rubarti pezzi di cuore e a sparpagliarli ovunque.

Nonna diceva che ogni bambino è un angelo che durante il sonno fa ritorno in paradiso. Un’immagine che la tua ferrea razionalità ha sempre ritenuto relativamente ridicola. Gli angeli sono solo disegni su un muro e Dio è un’invenzione dell’uomo, il quale spiega con miti e leggende ciò che l’ignoranza gli impedisce di comprendere altrimenti. Anche a cinque anni avevi il coraggio di dirlo ad alta voce, facendo valere le tue idee. Non aveva il minimo senso ciò che nonna diceva, eppure l’ascoltavi. Lei che era tutta presa a raccontarti di nuvole ed esserini con le ali e tu che rimanevi lì per delle ore, a roteare gli occhi e a sentir ciarle insensate soltanto perché sapevi che prima o poi ti avrebbe dato della cioccolata. Un atteggiamento opportunistico da parte tua, oltre che imprevedibile in un bambino così piccolo. Nessuno mai pensava che potessi avere un secondo fine. Stupidi illusi. Nonna non aveva la tua intelligenza, né quella furbizia che hai decisamente ereditato da tua madre e che neanche a Mycroft è toccata. Nonna, che credeva davvero che fossi un piccolo angelo, un vero dono del Signore (come diceva sempre). Le volevi bene, questo è ovvio dopotutto. Però restava il fatto che se ne uscisse con fantasiose teorie. Era convinta davvero che tu tornassi su nelle nuvole mentre dormivi. Illusa, pensi di nuovo. No, il sonno non è niente di simile. Non c’è paradiso, non ci sono piccoli angeli, le rispondevi con fare piccato e vagamente saccente. Dormire è una sospensione periodica della coscienza e della volontà, ribattevi tutto impettito e ripetendo a pappagallo parole lette in un libro e imparate a memoria. Hai ancora in mente la reazione inaspettata di lei nel sentirti parlare a quel modo. Il suo ridere, e ridere, e ridere. Ed era dolce. Stranamente arrendevole. Ti domandavi spesso perché non facesse valere le proprie obiezioni, invece che accarezzarti i riccioli e andarsene, tornando dopo qualche minuto con una tazza di cioccolata calda e fumante. Una parte di te ancora se lo chiede, forse quella che non è mai cresciuta.

I bambini sono davvero angeli?

Non sai davvero per quale motivo ci stai pensando adesso e perché questo ricordo d’infanzia t’è bruscamente tornato alla memoria, balzando fuori da una qualche stanza del tuo affollato palazzo mentale. Sarà per la piccola John che ti dorme tra le braccia. Per quella fiducia incondizionata che solo i bambini sembrano avere verso chi amano. Sarà per come ha rilasciato la testa indietro e per quei suoi ricci biondi che ti solleticano il braccio. Sarà perché è così piccola e serena o magari perché, un angioletto, lo sembra per davvero. Sarà per la canzoncina che hai preso a mormorare. A bocca chiusa. Leggera, Angel ti suona per i corridoi del palazzo mentale. Neanche sai come fai a conoscerla, ma non t’importa. Conta solo lei e la maniera in cui la culli, a ritmo di una melodia che diventerà sua. E che le canterai tutte le sere. La ballata della piccola John.

Perché sei così felice?

È un gesto assurdo, senza importanza. Non ha senso. È roba da idioti. Sarà, magari, perché lei c’entra con John? Sarà per quella lacrima che non hai davvero capito da dove arrivi, ma che sai andar a morire sulle labbra. Sarà, forse, per John che s’è appena fermato sulla soglia e che ti fissa a occhi sgranati. Un accenno di sorriso. L’infelicità del tutto scomparsa. Sarà, magari, perché sembra faticare a respirare anche e lui.
«La cosa più bella che abbia mai visto» sussurri, senza smetter di guardarla.
«È esattamente quello a cui stavo pensando.»
«Sarà» balbetti, e intanto continui a cullarla, e nel mentre John s’avvicina e una musica che non c’è sembra quasi riuscire ad aleggiare fra voi. È la ballata della piccola Watson che si tende e vi spezza il fiato. «Sarà che è tua figlia e che qualsiasi cosa ti riguardi non posso che amarla.» La voce ti trema appena mentre lo dici, il cuore palpita e la paura d’aver rovinato ogni cosa per un istante ti serpeggia dentro. Non vince. Per la prima volta in vita tua, non hai paura di rovinare tutto. E come potresti? Ora che hai la piccola John tra le braccia ti senti invincibile e sai di poter fare tutto.

«Buonanotte, piccola John.»

No, non finisce lì. Dio, certo che no! Tutto non termina nel momento in cui la posi nel lettino con Mendeleev accanto. Questo è soltanto l’inizio. Ci sarà tempo per le parole, per chiedergli di tornare a Baker Street. Per baci e amore. Un matrimonio. Adesso non importa. Ora c’è solo una piccola Watson che canta la sua splendida ballata.
 




Fine
 
 


 
Note: Questa cosa fluffosa e sdolcinata è stata scritta per la #26promptschallenge del gruppo Facebook “Hurt/Comfort Italia – Fanfiction e Fanart”. Il tema di questa settimana è dedicato al sonno, il prompt recita: “26 prompts challenge : 1/26: SONNO: 1. Fenomeno periodico di sospensione più o meno completa della coscienza e della volontà, indispensabile per il ripristino dell'efficienza fisica o psichica”.
La citazione fa parte del testo della canzone che è linkata in alto, che oltre ad aver ispirato la stesura della storia, mi ha dato l’idea anche per il titolo. L'ambientazione, come avrete notato, è dopo The Six Thatcher, ma non tiene conto degli episodi successivi.

(Questa storia potrebbe diventare una raccolta, non lo so ancora. Ma ci sto pensando).
   
 
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