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Autore: Francois79    06/05/2018    12 recensioni
Una seconda rivisitazione dell'Ep. 29, ma forse in chiave molto più ironica, e stavolta dal punto di vista di André.
Un casuale incontro che sembrava essere piccante ma che, invece, si rivelerà al contrario decisivo per André e il suo futuro con Oscar.
Ringrazio tutti coloro che si sono cimentati nella lettura precedente.
E' anche questa scritta senza scopo di lucro, dove i personaggi sono solo e unicamente una mia interpretazione personale.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Camminava barcollando per i vicoli del rione popolare, l’ennesima bottiglia di vino in mano, una di quelle dalla pessima qualità a basso costo.
Da un po’ di tempo a questa parte André si era abbandonato inesorabilmente all’alcol, e non soltanto per cancellare le preoccupazioni alla sua retina oculare.
Era consapevole che comunque uno stile di vita così sregolato avrebbe solo aggravato quel precario stato di salute, che da giorni gli intimava il dott. Lassonne… le frequenti emicranie erano un brutto segno per quel medico, un sintomo di richiamo dallo sforzo intensivo a cui era sottoposto il suo unico occhio.
Ma ciò che più gravava sulle sue spalle era il nuovo peso della solitudine.
Si era sentito improvvisamente abbandonato da quel giorno in cui la sua padrona aveva accettato di congedarsi dal vecchio incarico di Comandante delle Guardie di Sua Maestà, congedando anche lui dal suo vecchio incarico di attendente al servizio personale.
Che problema c’era? “Morto un Papa, se ne fa n’antro” …dicevano i romani; un altro impiego, bene o male, si poteva pur sempre trovare.
C’era un particolare però, quella padrona era la donna della sua vita.
La sua famiglia, la sua casa, il suo mondo, la sua ragione di vita.
André non aveva perso solo un lavoro, ma tutta quanta la gioia di vivere.
La sua ‘routine’ si scandiva ora di frequenti riflessioni notturne davanti a un bicchiere, seguite poi da lunghe mattinate di sonnolenza incosciente, accasciato su un letto come non ci fosse più un domani.

Perché la mattina lui dormiva, e la notte sognava o meglio… più che sognare, era braccato dagli incubi.
Il suo inconscio non se ne perdeva una: dalle scene in cui egli assisteva impotente di fronte a lei, circondata da una cerchia di rudi omaccioni, i suoi futuri soldati, intenti a farle ciò che lui non avrebbe mai voluto vedere… oppure ripercorrere nel sonno i frangenti di quella maledetta sera in camera sua, piangente sul letto, dopo quello strappo, e voltarsi alle spalle per trovarsi improvvisamente freddato con un colpo di pistola dal Generale.

Sapeva già dove lei sarebbe andata a finire.
L’avevano destinata ai soldati del reggimento di classe B, alla caserma della Guardia cittadina…  i suoi pensieri correvano su quei burberi commilitoni… di certo, la cosa migliore che avrebbero voluto offrirle sarebbe stata una galante collezione di apprezzamenti a sfondo erotico-sessuale.
E la cosa peggiore? No no… meglio non pensarci…

Immerso tra i pensieri, percorreva i viottoli degradati sopra la cloaca fognaria, da cui sboccava un fetido canale di scarico pluviale… svoltando le scale André vi scorge un sottopasso dove alloggiava da tempo uno strano tizio, uno di quegli stravaganti mendicanti che per anni giravano nel quartiere.
Era intento a suonare la sua inseparabile fisarmonica, su cui ogni sera intonava una storia nuova da raccontare.

“Ti spiace se mi siedo accanto a te?” chiede André.
“Ma no, fa pure, giovanotto…” risponde il mendicante, che nel frattempo scruta quell’insolita presenza mai vista prima: un giovane ed innocuo benestante probabilmente di estrazione nobiliare, e magari trafitto da strani tormenti, ben diversi da quelli economici e più vicini a quelli amorosi.
E chi mai lo avrà portato fin qui a bere? – pensava curioso.

Entrambi scoprono una peculiarità in comune: la cecità parziale, con la differenza che il fisarmonicista portava anche una menomazione alla gamba sinistra.
André si siede accanto a lui, lo sguardo assorto sul riflesso lunare creato dallo specchio di un’acqua pestilente che a malapena si ricambiava.
Un monito distoglie il suo oblio.
 “Stai attento giovanotto…tu hai perduto solo un occhio, io pure questa gamba. Cerca di non perdere anche la testa per amore…”

André sgrana gli occhi come in un colpo di striscio, ma questi non aveva ancora finito.

“Ascolta ragazzo: l’uomo può vedere due tipi di luce a questo mondo.
La prima è la luce del sole, facilmente vista dagli occhi dell'uomo.
L'altra è la luce del cuore, la fiamma interiore della speranza, la luce più importante: per nutrirsi di questa luce gli occhi non servono, mio giovane amico.
Anche se un uomo ha sbagliato, questa forza interiore gli darà sempre la possibilità di ritrovare la vera felicità.”

Ma davvero? – rimuginava André – …e quale sarà mai la mia luce? –

Diffidente e non poco infastidito da quella frase così saggia quanto priva di soluzione, si alza dalla panca e decide di salutare lì quello strano cantastorie.

“Non perderti d’animo, mio giovane amico!” incalza ancora il fisarmonicista.

Avrà anche ragione quello là – pensava André – ma non voglio pensarci… certamente si riferisce ad una persona che non potrò mai essere io… io sono solo un uomo disperato... – rimuginava dentro di sé.

Mentiva a sé stesso perché consapevole di aver già da tempo smarrito la sua strada, e non soltanto quella ricoperta dalle lastre dell’antico selciato.
E colpa un po’ della scarsa illuminazione e dell’incombente cecità che lo tradiva a più riprese…
Si era nel frattempo perduto sul serio.
 
Un confuso e indistinto suono di voci, o meglio, di schiamazzi, fra sparpagliate divise blu in movimento.
Un’insegna familiare, “Le Bonne Table”, il vago ricordo di un’altra posteriore sbornia in preda alla depressione.
Guardava assorto quell’insegna mentre un paio di prostitute si esponeva nell’angolo di ingresso della sgualcita taverna, molte di queste già palpeggiate brutalmente da alticci energumeni che tutto davano a mostrare tranne l’impressione di esser galantuomini…
Tornavano stremati dall’ennesima ronda notturna… un'altra vetrina in frantumi, un furto al fondo cassa, i malviventi erano scappati col misero bottino che gli era costato tafferugli e non pochi guai.
Era finalmente arrivata l’ora di regalarsi una ‘lauta’ ricompensa.
“Ragazzi, giro di birra, offro io… al diavolo le disgrazie, beviamoci sopra per dimenticare…”

Dimenticare…
Un tuffo nei ricordi, i raggi accecanti di quel sole meridiano di metà aprile, le aiuole fiorite del Trianon.
“…e comunque preferisco dimenticare...”
Un pensiero istintivo - …anch’io voglio dimenticare. Voglio farlo in fretta… -
 
Entra nella sala gremita del piano bar, una zaffata di sudore, tabacco e aromi etilici gli penetra fin dentro le narici. Un paio di ragazze more in abiti succinti si avvicinano, ma vengono prontamente richiamate indietro dai soldati lì vicino.
Tra le varie meretrici, una particolarmente più avvenente delle altre, già da un pezzo approcciata dai quei rozzi clienti al bancone, da qualche minuto osservava André tentando di declinare a fatica le loro avances.

André la scorge dal vetro del suo boccale.
Occhi di zaffiro, il viso incorniciato da una lunga chioma bionda e il fisico avvenente sotto la scollatura stretta…
Si chiamava Louise, un’esuberante e un po’ sguaiata ragazza dallo spiccato accento popolare…
Ma che vuoi che importasse a lui del suo nome?
André era ancora sopraffatto dall’estasi del vino, vedeva doppio sotto la precaria vista appannata dall’alcol e lo sguardo ceruleo di lei che intrappolava sempre più la sua attenzione.
Gli era sembrato di trovare sotto quelle vesti succinte, un’altra bionda, la sua, quella bionda donna-soldato che da settimane lo aveva abbandonato per inseguire il sogno di una vita da vero uomo.
Si sentiva come un viandante legionario vittima di un miraggio in pieno deserto.
E voleva illudersi di ritrovarsela davanti, in quel momento, la sua Oscar… l’illusione di stringerla a sé immaginandola dietro la sagoma di quella donna.

“Vedo che sei solo stasera… Vuoi che ti tengo compagnia?” stuzzicava maliziosamente la donna.

Aveva deciso che quella sera si sarebbe fatto del male.
Entrarono in camera da letto che egli si trovò già tra le sue braccia, iniziando a baciarla come un folle disperato e intanto già cercava nella sua mente di navigare con la fantasia ritornando alle immagini di quella sera che da tempo, infestava le sue notti.
Stringeva brutalmente quel prosperoso corpo di donna che mai avrebbe potuto rassomigliare a quello sinuoso e longilineo di Oscar…
Già la rivedeva, la sua Oscar, su quello stesso letto di quell’altra camera, la sua… le mura sgualcite di quella bettola si stavano trasformando nelle pastellate pareti affrescate di palazzo Jarjayes, testimoni di quella Oscar che egli immaginava anziché piangere, godere del contatto coi suoi baci roventi in un gemito di piacere.
Le sue mani febbrili scorrevano bruscamente tra i seni e i fianchi di lei, intente a strapparle con foga la già aperta scollatura, avide di trovare uno sfogo per dimenticare quel che era stato impossibile da cancellare.

Un lamento di stizza emise la donna, e un tempestivo sonoro ceffone irrompe nell’atmosfera.
Uno schiaffo anche nella mente.
“E fermati, porca miseria… o chiamo aiuto!”

Nell’udire la sua voce, André si scuote di soprassalto come da un lunghissimo sogno.

La stessa supplica di quella sera addietro, la sua donna in lacrime umiliata tra le lenzuola del suo letto.
Il ricordo di una risposta sofferente - Giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa come questa… -  e stavolta no, aveva capito la lezione, e non l’avrebbe più sprecata l’occasione di comportarsi da uomo civile.
Quella violenza non si sarebbe mai più replicata, né con lei, né con nessun’altra donna.

Si sveglia come da un incubo, la voce di quella donna non aveva nulla a che vedere con quella grave, e al tempo stesso morbida e vellutata di Oscar, quando ella stessa non sapeva di essere inconsapevolmente sensuale.
Il suo sogno si spezza come in una bolla di sapone… si volta frastornato, il volto in profondo imbarazzo, la frustrazione di non potersi ma più liberare da quell’incubo.
Un lungo silenzio e Louise ne prova subito compassione, aveva intuito che quel ragazzo, nell’orfano occhio tanto orfano come la sua condizione di uomo, nascondeva un animo buono e gentile, con un grosso peso sulle spalle lungo vent’anni di vita.

“L’ho capito io cosa ti tormenta a te, bel giovanotto… e mi sa tanto che per quanto tu ne voglia, il sesso non potrebbe mai aiutarti. Anzi, non s’ha da fare… tu la testa la tieni tutta da un’altra parte… e verso un’altra donna, giusto?” spiegava lei in un sorriso quasi ironico di fronte al volto mortificato di André.

Avrebbe voluto scappar via senza dare spiegazioni… ancora una volta faccia a faccia con la verità.
“Ti chiedo umilmente scusa, hai ragione… non sarei dovuto venire qui…” ma fu zittito immediatamente da una pacca sulla spalla - “…su sta’ tranquillo… siediti qua dai, che mo’ ci penso io a te…” - indicando una poltrona vecchia e consunta poco distante da quel letto, e si accinge tutta trafelata all’apertura di un’altra consunta credenzina accanto all’armadio.

E che mai voleva fare? …André timidamente si siede, si scruta a destra e sinistra nel timore di trovarsi di fronte ad un probabile agguato, ignaro di dove volesse mai arrivare quella giovane donna.

Con sua grande sorpresa scopre uscirvi una modesta collezione di alcolici, quanto bastava per stuzzicare il palato… anche lui in effetti di alcolici se ne intendeva.
“…sai com’è, non che io sia una che beve tant’assai… li tenevo qui giusto per tenere a bada qualche cliente, prima di passare al dopo… mo’ stavolta li apriremo per tirarci su con una bella e sana chiacchierata… Chartreuse o Cointreau?”

…sarà il caso di rifiutare? – egli pensava interrogativo... “Ma tu… insomma, avrai altri uomini lì al bancone, che magari attenderanno impazienti te…” chiosava lui, nel timore di crearle impiccio con le sue lagne sentimentali.

La donna gli lancia uno sguardo furente - “…uomini? …ah guarda…” – una risata ironica – “meglio passar la notte in compagnia di un inguaribile innamorato perso come te, che in mezzo a quegli zotici che, se mi pagano ‘na mezza cifra, devo pure ringraziare…” e nel frattempo gli porge il bicchiere “…oggi mi hai salvato la serata, sai? …stanotte mi hai dato occasione di scansarmi via da quegli scimmioni… e mo' adesso che sei qua tu resti seduto, e mi racconti tutte quante cose riguardo a questa bella donna che ti fa battere il cuore… toglimi ‘na curiosità…sarà per caso bionda con gli occhi azzurri, vero?”



Chiacchierarono fino a tarda notte, tra un sorso e l’altro, ad ogni domanda la successiva risposta come un dottore davanti al suo paziente... Da tempo lui non trovava più l’occasione di affrontare sé stesso, per anni si era ritrovato un passivo spettatore delle eventualità accidentali che pilotavano lui e il suo segreto rapporto con Oscar.

Una persona estranea e perfettamente casuale … il caso aleatorio voleva accadesse proprio dal punto di vista femminile: approfittò di quella fatale presenza per svelarle tutte le peripezie del suo assurdo passato, lo smarrimento di sé stesso per una donna che mai avrebbe potuto sognarsi di portare all’altare.
E lei lo ascoltava stupita come di fronte a una prima al teatro di una coinvolgente opera melodrammatica, e non senza di tanto in tanto mettersi le mani sui capelli per la compassione.

“…senti un po’, bel moretto… ma tu sei davvero sicuro che a questa bionda soldatessa che ti tormenta i sensi, non le importi proprio n’accidente di te…?”

André sconsolato sentenziava senza farla attendere - “Beh… Oscar la mattina dopo mi aveva lasciato dicendomi che non avrei più dovuto occuparmi di lei…che se fosse stato per lei, avrebbe preferito dimenticare…” chiosava lui, ancora amareggiato dal ricordo di quella fuga a cavallo, nei giardini del Trianon.

“Ah davvero?"– incalza lei in una grassa risata – “E mo’ tu che fai ci credi?
E beh… del resto cosa avrebbe dovuto dirti? Di stare al gioco con una relazione clandestina e via? – lo sguardo deciso nel ribattere ancora – …eh certo… troppo comodo così!
Sai una cosa, ragazzo mio? Quel genere di cose lasciale a quelle altre damigelle…quelle tutte incipriate come pupe, piene di pizzi e merletti…” …imitandole coi gesti sarcasticamente.

André cominciava a sentirsi un po’ stupido di fronte a quella sconosciuta, la quale aveva già capito più di lui la natura particolare di colei che egli stesso affiancava sin dall’infanzia.
Oscar era uno stereotipo a sé, ben lontano sia dalla frivolezza capricciosa delle dame aristocratiche di corte, che dalla durezza appassita delle donne del popolo, svendute in nome della sopravvivenza.

“…c’hai mai pensato, André, che anche lei non sia forse spaventata di tutto quello che vi si potrebbe scaraventare contro?
Le vostre differenze di rango, e quella specie di padre-tiranno… è in conflitto con sé stessa, e per questo ha bisogno di trovare la sua strada. Lei sa bene che tu sei già cieco quasi come una talpa, e magari se ne porta ancora dietro delle colpe che non ti vuole svelare mai…
Magari quel Cavaliere Nero lo ha voluto freddare di spalle per vendicare quello sfregio che aveva fatto a te. E se non l’ha sbattuto in galera, è stato solo perché ha voluto dare peso alle tue parole.
Lei deve tenerci parecchio alla vita tua… se no avrebbe continuato a mettertela a rischio obbligandoti ad arruolarti insieme a lei…”.

“Fosse stato per me” – ribatteva André – “…sarei stato disposto ad inseguirla anche in capo al mondo, persino in Marina se lei avesse voluto. Ma secondo te quanto mai potrà valere l'amore di un uomo se questi non è di nascita nobiliare? Anche se le dedicassi tutta la mia vita, non basterebbe …dovrò continuare a star zitto assistendo impotente alla presenza di un altro uomo pronto a rubarle il cuore, e portamela via.” – alludendo implicitamente a Fersen, e al presentimento di un misterioso ‘tacito accordo’ tra Girodelle e il Generale, che già da un po’ gli destava pensieri.

 “E anche se fosse… secondo te lei accetterebbe così facilmente? – incalzava lei –
"…non devi stare a credere a ste cose… chi te le dice vuol fare di te un uomo piccolo, una barca senza vela.
Ma vedrai, caro mio, che appena s’alza il mare, gli uomini senza idee per primi vanno a fondo..." (*)  – e la donna, inconsapevolmente, aveva fatto un vago riferimento a quello che sarebbe stato l’immediato futuro dei nobili, anche se quel futuro non le apparteneva.
“Ma dimmi, credi davvero che se la caverà da sola in quella caserma di trogloditi?”

“…non sarà certo la prima volta che lei dimostrerà di esser capace di badare a sé stessa… io sarei solo un peso per lei…” - riprende sconsolato lui, con la stessa arrendevolezza della volpe di fronte all’uva.

Uno sbuffo di rassegnazione, la bionda prostituta alza le braccia al cielo – “…allora mettiamola così. Se davvero la tua donna si fosse infischiata del tuo amore, perché mai avrebbe dovuto svelarti il posto dove presto andrà a lavorare?
Certo che in tutti questi anni che sei cresciuto in mezzo alle donne, non ti sei ancora chiesto cosa passa loro per la testa. Con la testardaggine che ti ritrovi, poi, ne avrai ancora di strada da fare per riconquistarla!” imitando col gesto della mano a sventolare verso l’alto, e nell’intenzione di smorzare i toni di quell'ormai accesa discussione, accende una sigaretta affacciandosi davanti alla finestra.

Fuori la locanda scorge un volto familiare.

“Uh, André…” chiamandolo a bassa voce “…guarda quel soldato là. Quello che chiacchiera là fuori…è un amico mio.”

André si affaccia anch'egli incuriosito e lo riconosce subito, il ricordo recente di quel simpatico soldato che una sera di circa qualche settimana prima si presentava col nome di Alain de Soisson.
Lo aveva incrociato tra i tavoli di quella stessa taverna …tutta la notte a intonare canzonacce e dar giù di cazzotti… quanti ne aveva dati André, e quanti ne aveva presi… per dimenticare non c’era niente di meglio che bere… ma come si era sentito male dopo.


“Lo conosci vero?” chiede lei – “E’ fra i soldati della Guardia di città… prossima volta che lo vedi, mi raccomando… digli che hai parlato con me. Lui ti saprà aiutare, l’ufficiale di reclute è amico suo.
Inventati una storia …che ne so…digli che sei un povero disgraziato figlio di falegname… così ti scanserai pure la visita del medico.
Ti ci manderò quello che gira qui da noi. Quello con un paio di firme ti lascerà passare…”

André sgrana gli occhi di ingenuo stupore e lei di colpo lo ribatte a suon di sgomitate.
 - “Eh beh? …che già ti vuoi tirare indietro? Oh André! ...Te la vuoi riconquistare questa tua Oscar, si o no?
Se una cosa la vuoi, vai e prenditela!
Comincia da ora a farti furbo, amico mio, che tu messo così, con quest’occhio sfregiato non puoi manco farti assumere pe’ fa’ il taglialegna…” rimbeccava schiettamente lei.

E aveva ragione, la prostituta dallo spirito verace.
Era giunto il momento di crescere e imparare a muoversi da solo, in mezzo a quella sconosciuta giungla.

Aveva finalmente capito quale era la cosa migliore da fare.
“Meglio non continuare a farti perdere altro tempo…vedo che è già molto tardi…” incalza André – “tieni questi, sono per te..” porgendole un fascio di banconote.
La bionda prostituta sgrana gli occhi in un ampio sorriso “…ma che sei matto? …ma sono davvero tuoi?”

André in lieve imbarazzo, si giustifica – “beh… voi donne qui siete forse pagate a ore, o no?”
“…mo' che ti sei ammattito!?” – incalzava ancora stupita – “…ma se non abbiamo neanche combinato n’accidente…” e in una risata sonora, la donna ancora sbalordita toccava quei bigliettoni sentendosi già milionaria.
“Beh… non direi – risponde André – Diciamo che mi sei stata di grande compagnia, e soprattutto di grande aiuto… e poi al tuo padrone dovrai pur inventarla qualche cosa… mica potrai consegnargli i conti in cassa a mani vuote?”
“Dio santo… - rispose commossa - …ma certo che sei proprio 'n galantuomo… magari fossero tutti come te!” – e contandole una ad una – “…la tua Oscar sarà presto fortunata, avrà davvero un uomo d’oro accanto a sé… non perderti d’animo, mio giovane amico!”

La sorpresa di André nel sentire la stessa frase del bizzarro fisarmonicista di alcune ore prima.
Che strana coincidenza.
Decide che è ora di andare, scende le scale di corsa, sguscia fuori dall’ingresso e di colpo, una pacca sulla schiena.

“Ehilà, amico… ti ricordi di me?”
Si volta, di colpo faccia a faccia con colui che a breve sarebbe diventato il suo compagno di avventure.
“Alain… ma certo che mi ricordo di te…” risponde André, con la faccia di chi ha compreso che le sue sorprese non dovevano ancora essere finite.
“Ma tu… sempre a far bisboccia in questa locanda?”
André imbarazzato, fa spallucce e nel frattempo il soldato volge il capo in alto, verso quella finestra prima aperta, in una risata sorniona fa due più due.
“Eh bravo André …vedo che ti sei pure divertito con la Louise, eh?”
André lo guarda come un ebete per un paio di secondi, la fatica di decifrare cosa questi volesse intendere.
Poi comprende subito che in quel momento non era affatto il caso di fare una magra figura… troppi segreti da spiegare…
“Ma chi…io? Ah beh …come no… alla grande…” in una risata di circostanza quasi ridicola come quella di un pupazzo di cera.

L’orologio segnava quasi le quattro del mattino.
“Bah…mi sa che è un po’ tardi… se non torno di nuovo in caserma quel testa di legno del colonello mi farà di nuovo secco.
Meno male che fra qualche giorno arriverà il nuovo Comandante… speriamo avrà un po’ più di sale in zucca…” – risponde Alain frettolosamente, ignaro di rivolgersi a quella che, non molto tardi, diventerà la sua donna da ammirare.

Nella mente di André si accende una lampadina.
Il suggerimento della bionda prostituta di poco tempo prima.
Di colpo affretta il passo nell’inseguire in tempo il soldato.

“Alain ascolta… per caso sei arruolato tra i soldati della Guardia… reggimento B, giusto?”
“Si certo… come mai questa domanda?” – chiede lui in tono di mistero.

“Ecco…” -  e un barlume di astuzia gli guizza nella mente - “…vedi Alain, io sono l’orfano figlio di un povero falegname…”

Benedette notti, quelle che portano consiglio.








Note:
(*) Un rifermento a una nota canzone di Luigi Tenco.
   
 
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