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Autore: Shireith    07/05/2018    2 recensioni
{Marichat // raccolta mista di trentuno storie che partecipa alla challenge Marichat di maggio 2018 indetta dai fan su Tumblr}
#01 — Mentre fuori piove » Vestito d’una tuta nera che ricopre ogni centimetro del suo corpo, i capelli biondi e sbarazzini ora intrisi d’acqua piovana, la figura che vede distesa a terra sul balcone di casa sua non può essere altri che lui.
#13 — Il mio faro nella notte » Lo scenario che si presenta ora ai suoi occhi, tuttavia, gli sbatte in faccia la triste e crudele e realtà: che un individuo qualsiasi può, se quello è il suo volere, porre fine alla vita di tanti altri come lui.
#17 — Sul filo del rasoio » La pioggia, intanto, è fitta, malinconica: lo scenario ideale per una tragedia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#07. Marinette protegge Chat Noir


Sempre la tua Ladybug


 «È la terza volta che hai l’onore di salvare il mondo assieme a Chat Noir: eccitante, eh?»
  «Tutte le fortune a me!» esclamò Marinette, ostentandosi felice come non mai all’idea di salvare Parigi – non di certo il mondo – assieme a Chat Noir. A onor del vero, era un’attività che svolgeva quasi tutti i giorni, ma non si poteva permettere di rivelare quel dettaglio.
  «Credo che Ladybug sia impegnata, altrimenti sarebbe già qui» commentò Chat Noir, che un’altra volta aveva provato a contattare la collega tramite il suo bastone allungabile.
  «Un supereroe come te è più che sufficiente, no?» cercò di ingigantire il suo ego Marinette per amor di divertimento.
  «Sì, hai ragione» rispose quello, vaneggiandosi come durante il loro primo incontro, quando Papillon aveva trasformato Nathaniel, che all’epoca aveva una cotta per Marinette, in Dessinateur.
  A strapparli da quel momento di spensieratezza ci pensò un forte rumore, che, giungendo alle loro orecchie assieme alle urla di loro concittadini, gli fece capire che l’akumizzato non era lontano.
  «Resta qui!» Con l’ausilio del suo bastone allungabile, Chat Noir compì un lungo balzo dalla cima del palazzo su cui si erano fermati a quella di un altro, percorrendo così il tratto di strada che lo separava dal nemico.
  Non appena fu sicura che fosse lontano abbastanza, Marinette fece per trasformarsi, pianificando già che, come le precedenti volte, avrebbe detto a Chat Noir che lei, Ladybug, era giunta sul luogo dello scontro e aveva portato in salvo Marinette. Non poté tuttavia attenersi ai suoi piani, poiché, qualche istante dopo, vide Chat Noir essere scaraventato nella sua direzione. L’eroe atterrò sul tetto dell’edificio in maniera brusca, rotolando per un paio di metri prima di fermarsi.
  «Chat Noir!» esclamò Marinette, allarmata, correndogli subito in contro. «Tutto bene?»
  «Sì» rispose l’altro, che si sentiva solo un po’ frastornato. «Quella tizia però ha come arma un fono gigante, bisogna stare attenti. Ladybug potrebbe non farsi viva per un po’, quindi, finché ci sono solo io, sei sotto la mia stretta sorveglianza.»
  «Ehm, ne sei certo? Non credi sia meglio lasciarmi in un posto sicuro e affrontare l’akumizzato
  «L’affronterò mentre posso vederti.»
  «Come vuoi tu» gli concesse Marinette, non vedendo altra via di fuga. Credeva, comunque, che la lotta avrebbe distratto Chat Noir abbastanza da permetterle di uscire dal suo campo visivo e di trasformarsi poi in Ladybug quando non sarebbe più stata sotto il suo occhio vigile.
  Chat Noir la prese in braccio e la portò il più lontano possibile dall’akuma, correndo e saltando a gran velocità da un tetto all’altro. «Rimani qui» le disse quando raggiunsero la cima di un edificio da cui la figura della ragazza sarebbe stata visibile anche da lontano. «Se l’akumizzato cerca di raggiungerti scappiamo di nuovo, ok? Tu non ti preoccupare.»
  Mentre Chat Noir tornava ad occuparsi del nemico, Marinette pensò che fosse estremamente dolce, da parte sua, preoccuparsi a tal punto. Certo lei, Ladybug, non aveva bisogno di essere protetta da un akumizzato, ma questo Chat Noir non poteva saperlo: vedendola come una civile, voleva solo farle sapere che, pur essendo il bersaglio di un individuo ostile, era totalmente al sicuro, con lui.
  In quel momento, il kwami della Coccinella fece capolino dalla sua borsetta. «Marinette, dobbiamo fare qualcosa.»
  «Lo so, Tikki, ma non possiamo farci vedere da Chat Noir. E, soprattutto, non possiamo che sia Papillon, attraverso l’akumizzato, a vederci.»
  Pochi attimi dopo, Marinette vide Chat Noir avvicinarsi nuovamente a lei, prenderla in braccio e andare alla ricerca di un altro posto sicuro.
  Adrien era preoccupato: non riusciva a trattenere il nemico per più di cinque minuti, ma non poteva permettersi di dirlo a Marinette – anche se era piuttosto certo che la ragazza l’avesse già capito da sé.
  Mentre il giovane si apprestava a balzare di tetto in tetto nell’intento di allontanarsi il più possibile, un forte getto d’aria li investì in pieno, scaraventandoli diversi metri più in là: Chat Noir strinse Marinette a sé e le fece da scudo quando entrarono in collisione con le mura esterne di un edificio. L’impatto fu piuttosto violento e il giovane non riuscì a trattenere un lamento.
  «Chat Noir!» esclamò il suo nome Marinette, allarmata. Lo accolse tra le sue braccia mentre si accertava se stesse bene o meno, dovendo purtroppo constatare che era momentaneamente svenuto. La ragazza guardò in tralice la figura del nemico che si avvicinava pericolosamente a loro, giurando a se stessa che non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
  «Marinette, dobbiamo fare qualcosa!»
  Sapeva che Tikki aveva ragione, ma non poteva permettersi di trasformarsi in Ladybug di fronte all’akumizzato sapendo che, attraverso i suoi occhi, Papillon sarebbe stato in grado di vederla. Quindi ebbe un’idea.
  Sfruttando la mole del nemico, Marinette afferrò Chat Noir e deviò in un vicolo, cominciando a strisciare come un serpente tra le vie urbane di Parigi che si ramificano per chilometri e chilometri alla base di alti palazzi. L’akumizzato era robusto, dunque non poteva permettersi di seguirla; era anche forte, certo, ma non abbastanza da poter sradicare dal terreno gli edifici che le facevano da scudo.
  Momentaneamente al sicuro, Marinette s’intrufolò quindiin uno spacco tra due fabbricati – era così modesto di larghezza che poteva a malapena essere chiamato strada – e adagiò Chat Noir al terreno, ripromettendosi che sarebbe tornata da lui non appena si fosse trasformata.
  «Grazie di tutto, chaton» gli disse, offrendosi la libertà di posargli un bacio sulla guancia. Poi si allontanò di poco, la distanza necessaria che serviva ad assicurarle che il collega, sebbene fosse per lo più incosciente, non la vedesse mentre si trasformava.
   
 
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