Fanfiction
partecipante alla 26 prompts challenge.
1/26:
SONNO: 1.Fenomeno periodico di sospensione più o meno completa della coscienza e
della volontà, indispensabile per il ripristino dell'efficienza fisica o
psichica.
Titolo
opera: LAY
DOWN YOUR HEAD
Fandom:
Hannibal
Ship:
Hannigram
Parole:
1540
Tags:
Post 3x13, Th Wrath of the Lamb; Hurt/Comfort; Angst.
Erano
poche le cose con cui Will Graham poteva affermare di avere un buon rapporto: i
suoi cani, la pesca, le serate passate in compagnia di Hannibal erano tra
quelle, mentre, per esempio, il sonno non rientrava nell’elenco. Ne aveva
bisogno, lo agognava soprattutto dopo una giornata di lavoro lunga e intensa,
come qualunque essere umano sulla faccia della Terra. Con il riposo, tuttavia,
per lui arrivavano anche gli incubi. Terribili, angoscianti,
tali che, nonostante fossero passati molti anni e la sua encefalite fosse solo
un ricordo, capitava che lui si risvegliasse madido di sudore, con il respiro
corto e tanti tremiti a scuotergli il corpo.
Certo,
erano meno frequenti rispetto al periodo in cui era vissuto a Wolf’s Trap, a
Baltimora, quando aiutava Jack Crawford e l’FBI a catturare i più pericolosi
serial killer degli Stati Uniti. All’epoca si era trovato a dover entrare nelle
menti di quei criminali, a doversi immedesimare in loro per capirne il modo di
agire e questo, molto spesso, aveva spalancato le porte a bestie oniriche sempre
più forti e più indistruttibili che, aiutate dalle sue condizioni fisiche,
avevano prosperato fino a condurlo a un passo dalla
follia.
Le
cose erano gradatamente migliorate fino a stabilizzarsi quasi del tutto dopo la
sua fuga con Hannibal, avvenuta all'’incirca un anno prima. Malgrado le
aspettative, la loro vita proseguiva tranquilla: avevano scelto di fermarsi a
Vienna per un po’, dopo aver trascorso alcuni mesi in Sud America per far
calmare le acque. L’ormai ex-psichiatra aveva trovato un lavoro come insegnante
privato, mentre Will era stato assunto da una ditta che si occupava di produrre
e gestire alcune imbarcazioni, piccole e grandi, che solcavano il Danubio
soprattutto nei mesi estivi. La loro era un’esistenza pacifica, con giusto
qualche “battuta di caccia” una o due volte al mese e qualche cena di tanto in
tanto con pochi conoscenti intimi. Una vita distante dalla “normalità” di
Balitimora, eppure Will non avrebbe potuto chiedere di
meglio.
Tuttavia…
Tuttavia
ogni tanto bastava poco per ricordargli che quell’idillio erano in realtà il
frutto di azioni oscure, sanguinose, terribili, di una natura crudele e
assassina che per anni aveva cercato di respingere e soffocare, fino a trovarsi
costretto ad accettarla, lasciando dietro di sé morte e dolore.
Amava
Hannibal, amava quello che avevano conquistato, ma quella piccola parte di lui
che ancora provava ribrezzo e orrore ogni tanto tornava a farsi sentire,
attaccando soprattutto nei momenti in cui la sua mente era più vulnerabile, in
particolare quando si addormentava. Fortunatamente il suo compagno aveva
imparato a capire quando si trovava in quelle condizioni e sapeva come aiutarlo
a uscirne.
Quella
sera non fu da meno. Will era rientrato a casa, annunciando il suo ritorno con
voce mesta e sospirando mentre si sfilava il cappotto e lo appendeva
nell’ingresso. Era in ritardo e lo sapeva, ma non era riuscito a trovare la
forza o la volontà di chiudersi in casa, una volta finito di lavorare. La
giornata era stata particolarmente pesante: con l’arrivo della bella stagione,
il lavoro era aumentato di molto. C’era bisogno di manutenzione continua, vista
l’affluenza di turisti, e Will spesso si era trovato a fare gli straordinari,
arrivando a fine turno con giusto le forze per mandare giù un boccone prima di
andare a letto. Tuttavia non era stata la mole di motori da pulire e aggiustare
a rendere cupo e mesto il suo umore. Durante una delle pause, i suoi occhi
avevano osservato un gruppo di visitatori, fermandosi in particolare su una
ragazza. Gli dava le spalle, ma non poteva avere più di diciotto anni, o almeno
così gli sembrava di intuire. Era magra, con lunghi capelli lisci e scuri e,
quando si era voltata, Will si era trovato davanti due occhi grandi e chiari e
un sorriso dolcissimo, pieno di vita. Non era Abigail Hobbs, ma le somigliava
tremendamente e la sua mente aveva impiegato poco a fare il collegamento. Era
stato come ricevere un pugno nello stomaco e per un po’, forse troppo, era
rimasto a fissarlo, finché un suo collega non gli aveva messo la mano sulla
spalla, facendolo sobbalzare e richiamandolo all'attenzione. Non era stato
facile tranquillizzare l’uomo che continuava a chiedergli che cosa avesse. Anche
se avesse conosciuto meglio il tedesco, non ci sarebbero state parole
sufficienti per raccontare cosa gli era successo e per sperare che l’uomo
capisse.
Aveva
perdonato Hannibal già da molto tempo per quanto era successo. Aveva capito le
sue motivazioni al punto da non potergli più addossare la colpa di quel futuro
che avrebbero potuto avere tutti e tre insieme e che si era disintegrato quella
notte di alcuni anni prima, ma era impossibile sperare che il ricordo non
tornasse a tormentarlo con prepotenza.
Da
quel momento, la giornata aveva proceduto quasi in sordina, ovattata: aveva
lavorato meccanicamente, seguendo gli ordini del suo capo squadra e, alla fine
del suo turno, aveva lasciato il posto quasi senza salutare e senza più guardare
in faccia nessuno. Uno sguardo all'’orologio gli aveva confermato ciò che già
sapeva: se fosse tornato a casa, l’avrebbe trovata vuota, dato che Hannibal era
ancora fuori. La sola idea di trovarsi da solo nel silenzio di quelle mura
l’aveva fatto rabbrividire. Aveva quindi preso la decisione di passeggiare un
po’ e così aveva fatto fino al calare del sole, quando si era deciso a
rientrare.
Dei
passi pesanti e lenti avevano annunciato l’arrivo di Hannibal nell’ingresso e,
quando Will aveva alzato gli occhi, si era trovato davanti lo sguardo
preoccupato del compagno.
“Buonasera
Will. Ti hanno fatto lavorare tanto anche oggi?”
Sempre
cortese e gentile, Hannibal. Will dubitava che sarebbe mai cambiato sotto
quell’aspetto e la cosa lo fece sorridere giusto un po’.
“In
un certo senso…” gli rispose, passandosi una mano sulla fronte e sospirando di
nuovo. Quando sentì che l’altro non diceva niente, ma attendeva pazientemente
una spiegazione, sollevò di nuovo gli occhi su di lui. “C’era una ragazza, oggi,
in un gruppo di turisti e… le somigliava moltissimo.”
Non
servì altro. Lo sguardo di comprensione che attraversò il viso di Hannibal fu la
prova che l’uomo aveva capito perfettamente la situazione e che sapeva anche a
quali rischi andava incontro la mente di Will quella notte. Molti altri
sentimenti attraversarono gli occhi del dottore, ma questi fu fin troppo pronto
a metterli da parte e a nasconderli. Era sempre stato così: Will era sempre
stato al primo posto, nel bene e nel male.
“Vieni”.
Gli disse semplicemente a voce bassa e Will non se lo fece ripetere. Gli si
avvicinò, seguendolo fino nella sala da pranzo, già apparecchiata per la cena.
Hannibal aveva già disposto anche le vivande, coprendole con delle cloches in
modo che il cibo non si freddasse. Si sedettero e mangiarono in silenzio, con i
rumori delle posate che colpivano la ceramica dei piatti a fare da sottofondo.
Era ironica, quella situazione: per anni il loro rapporto si era basato sul
dialogo, sulla reciproca comprensione mediante le parole, sul cercare di dare
voce a ciò che provavano, stando attenti tuttavia a non scoprirsi fino in fondo.
Era sempre stato quasi un gioco, che in quel momento, però, nessuno dei due
aveva voglia di cominciare. Finita la cena, avevano sparecchiato, sempre in
silenzio, avevano lavato insieme i piatti, poi erano andati in camera da letto e
si erano preparati per la notte. Solo una volta sotto le coperte, con la sola
luce dell’abat-jour a illuminarli, Hannibal si era deciso a parlare, voltandosi
a guardare il compagno.
“Non
possiamo più tornare indietro sulle decisioni irrevocabili che abbiamo preso
anni fa. Ciò che possiamo fare, tuttavia, è vivere ciò che è nato da quelle
decisioni. Almeno, questa è la mia intenzione e intendo perseguirla finché mi
sarà possibile. Ciò non toglie che, se questi ricordi e questi rimpianti
dovessero diventare troppo pesanti per te, non ti fermerei se decidessi di
andartene.”
“Hannibal,
ne abbiamo già discusso.” Replicò Will, voltandosi a sua volta verso di lui.
“Non nutro risentimento nei tuoi confronti, non più ormai. È inevitabile che
ogni tanto ci ripensi, ma non potrei mai immaginare una vita che non sia al tuo
fianco.” Si fermò per qualche istante, sospirando.
“Inoltre,
sono certo che avrei comunque questi pensieri e preferisco che ci sia tu a
calmarli, piuttosto che affrontarli da solo.”
Quell’ultima
conclusione fece sorridere Hannibal, che passò un braccio intorno alle spalle di
Will, tirandoselo vicino.
“Sembri
molto stanco. Dovresti provare a dormire un po’.” Gli disse stendendosi di nuovo
sulla schiena.
“Lo
sai che non ci riuscirei, per ora.” Gli rispose Will, posando la testa sul suo
petto e passandogli un braccio intorno all'addome.
“Allora
dovrò provare a sfidare quei pensieri che cercheranno di tenerti sveglio. Chiudi
gli occhi, mylimasis, e dormi. Questa
notte ci sarò io a vegliare.”
A
Will non servì altro: quell’invito era tanto perentorio quanto dolce, tipico di
Hannibal. Lasciandosi guidare dalla stanchezza che si faceva man mano più
pesante e dalle mani del compagno che gli accarezzavano i capelli, chiuse gli
occhi, concentrandosi sul battito del cuore dell’uomo sotto di lui e sulla sua
voce che aveva cominciato a intonare una canzone in
tedesco.
Gli
incubi sarebbero sicuramente venuti a tormentarlo durante il suo sonno, ma non
li avrebbe temuti, non con Hannibal accanto a lui.