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IMPERI
-Parte
prima-
Mentre
il
1800 si era rivelato un secolo molto stimolante dal punto di visto
demoniaco,
il secolo successivo era parso fin da subito più complesso.
Molteplici demoni
procacciatori di anime si erano riuniti a palazzo, in una sorta di
meeting per
discutere della situazione. L'uomo stava cambiando in fretta, il mondo
stava
mutando. Keros personalmente non ci faceva molto caso.
Per lui gli uomini erano e rimanevano
stupidi, facilmente manipolabili. Lucifero concordava con il suo erede
ma allo
stesso tempo tentava di tenersi aggiornato sul mondo esterno. Da un
lato vedeva
demoni spaventati da alcune cose, come l'era industriale, e dall'altro
pareri
del tutto opposti. Keros era affascinato dalle novità ma
restava cauto, non
amando molto il chiasso di metro e treni. Ammetteva di sentire la
mancanza di
feste in maschera, concerti di pianoforte e duelli di spada. Durante
una pausa
di quella sorta di riunione di esperti, ne aveva approfittato per
mostrare al
regno un oggetto che reputava affascinante. Era un revolver, dono
dell'imperatore dell'impero Austroungarico. Ogni casa ricca e potente
aveva
almeno un demone al seguito e Keros aveva fatto amicizia con Francesco
Ferdinando.
“Non
hai
paura di sbagliare mira e fare male a qualcuno?” lo
rimproverò velatamente Lucifero,
osservando il principe sparare alle lanterne poste attorno alle mura.
“Io
non
sbaglio mai" assicurò il sanguemisto “È
genetico".
“Genetico?”.
Il
diavolo ripensò al fatto che di fronte aveva il figlio di
Mihael, patrono delle
armi e delle forze armate. Di certo l'Arcangelo non sbagliava mai un
colpo…
Il
revolver era decorato riccamente e scintillava fra le mani del proprio
padrone.
“Ma
fra
gli umani ora usano quelle cose?” volle sapere uno dei
presenti al meeting.
“Già…”
confermò Mefistofele “…bisogna stare
attenti. Una volta mi è capitato di vedere
un demone colpito da uno di quegli aggeggi. Non se l'è
cavata facilmente ed ha
sofferto parecchio. Non mi stupirei se anche gli angeli si stessero
armando in
tal senso".
“Gli
angeli con le pistole? Ma dai!” rise qualcuno.
“Mihael
con un cannone sotto la gonna" rise qualcun’altro.
“Ridete
pure" si stizzì Mefistofele “Ma qui le cose non
sono per nulla belle. Gli
umani sono sempre più incazzati, egocentrici e pazzi. Non
voglio ritrovarmi un
fucile puntato in bocca. Meglio imparare ad usare le loro stesse armi,
come fa
il principe".
Keros
non
ascoltò i vari discorsi. Era perplesso. Sì,
quell'arma era terribile ma una
volta finiti i proiettili che ci faceva? In un corpo a corpo non vi era
il
tempo di ricaricare. Pensò che una bella sfida spada contro
spada fosse mille
volte più bella ed interessante.
“Perdonate,
altezza…” si sentì chiamare.
Si
voltò,
trovandosi accanto un demone estremamente elegante, con il panciotto ed
un
bastone da passeggio dall'aspetto decisamente costoso.
“Non
ho
mai avuto l'onore di conoscervi, principe. Mi chiamo Belial,
procacciatore di
anime fin dai tempi antichi".
“È
un
piacere" sorrise Keros.
“Mi
chiedevo fosse possibile discutere di affari con
voi…”.
“Che
genere di affari?”.
“Anime,
ovviamente. Vedete… Sto lavorando ad un progetto molto
importante ma ho qualche
problema di natura tecnica. E voi mi sareste di immenso aiuto, se
è vero ciò
che dicono”.
“Che
dicono, di grazia?”.
“Che
il
vostro potere è così grande da permettervi di
entrare in terra consacrata senza
subire danni".
“È
questo
ciò che dicono?”.
Il
mezzosangue si sentì lusingato. Sorrise, compiaciuto. Essere
considerati
potenti e non più strambi era una grande vittoria.
“Mi
chiedevo se potevate aiutarmi. Si tratta di un progetto molto
importante".
“Parlamene…”.
“Sono
molto vicino ad ottenere le anime di un'intera famiglia. E non una
famiglia
qualsiasi. Siete mai stato in Russia?”.
“Tempo
fa. Tendo ad evitarla perché odio il freddo".
“E
come
darvi torto? Ad ogni modo, se siete stato in Russia, di certo avrete
sentito
parlare dei Romanov”.
“Gli
zar?! Possiamo ottenere le anime degli zar?!”.
“Sono
riuscito a far avvicinare un certo Rasputin. Grazie ai miei consigli,
ed a
qualche trucco, ha guarito un paio di volte i figli malaticci della
zarina e
compiuto altre cosette interessanti. Lo zar Nicola è
già del tutto soggiogato
ma manca ancora un piccolo passo…”.
“Che
dovrei fare?”.
“Dimostrare
che non siamo demoni. Girano voci e sospetti, specie fra i
più anziani della
famiglia. Ma se voi andaste in chiesa con loro, mi faceste vedere come
un pio
uomo fedele a Dio… Secondo me cadrebbero tutti ai nostri
piedi".
“Tutto
qui? Andare a qualche messa, pregare un po' e fingermi religioso? Non
c'è problema.
Quando si comincia?”.
Belial
ghignò soddisfatto. Keros rispose a quel ghigno, facendo
lievemente brillare
gli occhi.
La
reggia
dello Zar era immensa, ricca di oggetti preziosi e con la
servitù in perenne
movimento. C'era il rischio di perdersi, fra stanze e corridoi. Per
Keros era
stato facile intrufolarsi a corte, accanto a Belial. Fra sfarzo ed oro,
il
principe aveva recato in dono una pregiata raffigurazione di Santa
Sofia, a cui
lo Zar era particolarmente devoto. Pregare dinnanzi ad essa, assieme
alla
famiglia, non era stato affatto un problema per il sanguemisto. La
parte più
complicata della missione si era rivelata la neve. Keros odiava la
neve. Il
gelo lo indeboliva e l'inverno Russo non era esattamente il clima
ideale per un
demone di fuoco come lui. Per limitare al massimo i danni ed i disagi,
il
principe tornava spesso all'Inferno per qualche ora, o qualche giorno,
raccontando agli Zar di viaggi e lievi malesseri. Ad ogni rientro,
Lucifero lo
pregava di lasciar perdere, trovando troppo pericolosa la situazione.
“Ho
tutto
sotto controllo" aveva rassicurato Keros, notando una vistosa
fasciatura
al polso del sovrano.
Entrando,
aveva incrociato Azazel ed Asmodeo e pure loro presentavano ferite e
bendaggi.
“Che
è
successo?” ghignò il principe, divertito
“Ti lascio solo qualche giorno e
rimani coinvolto in una rissa?”.
“Scempiaggini”
si era limitato a commentare il re.
Lilith
non era stata in grado di dire molto di più. Probabilmente
perché non vi era
molto da dire. Non era raro che venissero alle mani, e Keros un po'
rimpianse
di non essere stato presente. Con un lieve accento russo, camminando
lungo i
corridoi, raccontò a Lucifero si essersi fatto fare una foto.
“E
che
roba è?” aveva attorcigliato la coda il diavolo.
“È
come
un quadro… Circa… Vedrò di procurarti
qualche macchina".
“E
perché
te la sei fatta fare?”.
“Allo
Zar
piace. Si fa spesso ritrarre. Così ha voluto una foto di
gruppo ed io ho
accettato".
“Intendi
dire che c'è una macchina che ti ha ritratto come in un
quadro?”.
“Sì”.
“Una
macchina che non puoi assoggettare con il tuo potere e che quindi ti
avrà visto
per quello che sei?”.
“Papà… È
una scatola con un buco. Con delle lenti ed altre varie cose. Non
è una
creatura senziente".
“Ma
gli
uomini non vedono quel che sei. Non vedono il colore dei tuoi capelli,
dei tuoi
occhi, e…”.
“Ah,
tranquillo. La foto è in bianco e nero. E di certo non giro
con le corna di
fuori".
“E
se
qualcuno dovesse vedere quella foto fra, che so, mille anni? Come lo
giustificheresti?”.
“Intanto
spero di non essere identico a come sono ora, fra mille anni. Dovesse
accadere
prima, che problema c'è? Mi invento un parente. Uno zio o un
bisnonno".
“Devi
essere più prudente".
“E
tu
meno paranoico. Anche per il grammofono rompevi i coglioni ma ora ti
piace".
“Quello
è
un altro discorso".
“È
la
stessa cosa. Hai paura dei cambiamenti. Stai invecchiando".
“Non
è
vero. È che gli umani non mi piacciono, e tu lo sai.
Perciò me ne sbatto le
balle dei loro cambiamenti. Mi adeguerò alle loro mode di
merda quando vorrò tornare
su a divertirmi di nuovo con qualche anima pirla. E poi… Le
cose cambiano in un
modo che non mi garba. Ricordi quando andavamo insieme a vedere le
decapitazioni, durante la rivoluzione francese? O i roghi per la caccia
alle
streghe?”.
“Certo.
È
stato uno spasso".
“E
adesso
la gente che fa? Come si diverte? Stanno passando di moda perfino i
grandi
balli in maschera, i valzer, i grandi poeti, i concerti di
pianoforte… Che fanno
tutto il giorno per divertirsi?!”.
“Non
ci
sono più roghi in piazza, è vero. Però
ci sono impiccagioni e fucilazioni. Se
vuoi ti avviso la prossima volta, così vieni a vedere anche
tu. L'opera è molto
in voga, e so che ti piace. E secondo me gradiresti anche il
cinema”.
“Keros… O
usi termini a me noti, o traduci. Lo sai che è almeno mezzo
secolo che non vado
a fare un giro di sopra…”.
“In
verità non l'ho mai visto di persona questo cinema.
Però me ne hanno parlato
molto bene. Magari potremmo andarci insieme".
“Sistema
questa faccenda dei Romanov, in fretta, e poi ne riparliamo".
“Pare
quasi che ti scocci…”.
“Che
tu
stia in mezzo alla neve, vestito come un cretino, per cercare
anime?”.
“Capisco
che il colbacco sia un po' strano,
però…”.
“Sei
proprio un testone".
“È
un'intera famiglia! Perfino più di una famiglia,
perché stiamo assoggettando
perfino servi, autisti, visitatori…”.
“Cos'è
un
autista?”.
“Quello
che guida l'auto, mi pare ovvio…”.
“E
sarebbe…?”.
“Sì
ma
cazzo, papà! Sei antico! Metti il naso fuori da qui ogni
tanto, sul serio!”.
Lucifero
pensò per qualche istante ad una risposta adeguata, finendo
poi con l'assestare
un sonoro e ben più efficacie scappellotto sulla nuca del
principe.
La
notizia dell'attentato di Francesco Ferdinando arrivò al
palazzo dello Zar in
serata. I giovani figli di Nicola non erano stati informati in modo
diretto, e
tentavano di scoprire quel che accadeva grazie ai servi od alle persone
in
corte. Keros non si preoccupò più di tanto,
pensando che si trattasse della
solita stupida possibile guerra. Nei giorni seguenti la situazione
peggiorò e
fra i potenti ed i consiglieri militari si iniziò a parlare
di entrata in
battaglia.
“Non
devono entrare in guerra” parlò Belial,
discutendone anche con Rasputin.
A
Keros
spiegò che, se fossero stati uccisi, molti membri della
famiglia non sarebbero
andati all'Inferno, di conseguenza ne avrebbero perse le anime.
Però, come era
prevedibile, la Russia entrò in guerra.
Capitolino
breve. Il prossimo arriverà molto
presto (è già pronto) ma sarà un
pochino impegnativo, quindi ho preferito
spezzare il racconto in due fasi. A prestissimo!