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Autore: SagaFrirry    08/05/2018    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IMPERI

-Parte prima-

 

Mentre il 1800 si era rivelato un secolo molto stimolante dal punto di visto demoniaco, il secolo successivo era parso fin da subito più complesso. Molteplici demoni procacciatori di anime si erano riuniti a palazzo, in una sorta di meeting per discutere della situazione. L'uomo stava cambiando in fretta, il mondo stava mutando. Keros personalmente non ci faceva molto caso.  Per lui gli uomini erano e rimanevano stupidi, facilmente manipolabili. Lucifero concordava con il suo erede ma allo stesso tempo tentava di tenersi aggiornato sul mondo esterno. Da un lato vedeva demoni spaventati da alcune cose, come l'era industriale, e dall'altro pareri del tutto opposti. Keros era affascinato dalle novità ma restava cauto, non amando molto il chiasso di metro e treni. Ammetteva di sentire la mancanza di feste in maschera, concerti di pianoforte e duelli di spada. Durante una pausa di quella sorta di riunione di esperti, ne aveva approfittato per mostrare al regno un oggetto che reputava affascinante. Era un revolver, dono dell'imperatore dell'impero Austroungarico. Ogni casa ricca e potente aveva almeno un demone al seguito e Keros aveva fatto amicizia con Francesco Ferdinando.

“Non hai paura di sbagliare mira e fare male a qualcuno?” lo rimproverò velatamente Lucifero, osservando il principe sparare alle lanterne poste attorno alle mura.

“Io non sbaglio mai" assicurò il sanguemisto “È genetico".

“Genetico?”.

Il diavolo ripensò al fatto che di fronte aveva il figlio di Mihael, patrono delle armi e delle forze armate. Di certo l'Arcangelo non sbagliava mai un colpo…

Il revolver era decorato riccamente e scintillava fra le mani del proprio padrone.

“Ma fra gli umani ora usano quelle cose?” volle sapere uno dei presenti al meeting.

“Già…” confermò Mefistofele “…bisogna stare attenti. Una volta mi è capitato di vedere un demone colpito da uno di quegli aggeggi. Non se l'è cavata facilmente ed ha sofferto parecchio. Non mi stupirei se anche gli angeli si stessero armando in tal senso".

“Gli angeli con le pistole? Ma dai!” rise qualcuno.

“Mihael con un cannone sotto la gonna" rise qualcun’altro.

“Ridete pure" si stizzì Mefistofele “Ma qui le cose non sono per nulla belle. Gli umani sono sempre più incazzati, egocentrici e pazzi. Non voglio ritrovarmi un fucile puntato in bocca. Meglio imparare ad usare le loro stesse armi, come fa il principe".

Keros non ascoltò i vari discorsi. Era perplesso. Sì, quell'arma era terribile ma una volta finiti i proiettili che ci faceva? In un corpo a corpo non vi era il tempo di ricaricare. Pensò che una bella sfida spada contro spada fosse mille volte più bella ed interessante.

“Perdonate, altezza…” si sentì chiamare.

Si voltò, trovandosi accanto un demone estremamente elegante, con il panciotto ed un bastone da passeggio dall'aspetto decisamente costoso.

“Non ho mai avuto l'onore di conoscervi, principe. Mi chiamo Belial, procacciatore di anime fin dai tempi antichi".

“È un piacere" sorrise Keros.

“Mi chiedevo fosse possibile discutere di affari con voi…”.

“Che genere di affari?”.

“Anime, ovviamente. Vedete… Sto lavorando ad un progetto molto importante ma ho qualche problema di natura tecnica. E voi mi sareste di immenso aiuto, se è vero ciò che dicono”.

“Che dicono, di grazia?”.

“Che il vostro potere è così grande da permettervi di entrare in terra consacrata senza subire danni".

“È questo ciò che dicono?”.

Il mezzosangue si sentì lusingato. Sorrise, compiaciuto. Essere considerati potenti e non più strambi era una grande vittoria.

“Mi chiedevo se potevate aiutarmi. Si tratta di un progetto molto importante".

“Parlamene…”.

“Sono molto vicino ad ottenere le anime di un'intera famiglia. E non una famiglia qualsiasi. Siete mai stato in Russia?”.

“Tempo fa. Tendo ad evitarla perché odio il freddo".

“E come darvi torto? Ad ogni modo, se siete stato in Russia, di certo avrete sentito parlare dei Romanov”.

“Gli zar?! Possiamo ottenere le anime degli zar?!”.

“Sono riuscito a far avvicinare un certo Rasputin. Grazie ai miei consigli, ed a qualche trucco, ha guarito un paio di volte i figli malaticci della zarina e compiuto altre cosette interessanti. Lo zar Nicola è già del tutto soggiogato ma manca ancora un piccolo passo…”.

“Che dovrei fare?”.

“Dimostrare che non siamo demoni. Girano voci e sospetti, specie fra i più anziani della famiglia. Ma se voi andaste in chiesa con loro, mi faceste vedere come un pio uomo fedele a Dio… Secondo me cadrebbero tutti ai nostri piedi".

“Tutto qui? Andare a qualche messa, pregare un po' e fingermi religioso? Non c'è problema. Quando si comincia?”.

Belial ghignò soddisfatto. Keros rispose a quel ghigno, facendo lievemente brillare gli occhi.

 

La reggia dello Zar era immensa, ricca di oggetti preziosi e con la servitù in perenne movimento. C'era il rischio di perdersi, fra stanze e corridoi. Per Keros era stato facile intrufolarsi a corte, accanto a Belial. Fra sfarzo ed oro, il principe aveva recato in dono una pregiata raffigurazione di Santa Sofia, a cui lo Zar era particolarmente devoto. Pregare dinnanzi ad essa, assieme alla famiglia, non era stato affatto un problema per il sanguemisto. La parte più complicata della missione si era rivelata la neve. Keros odiava la neve. Il gelo lo indeboliva e l'inverno Russo non era esattamente il clima ideale per un demone di fuoco come lui. Per limitare al massimo i danni ed i disagi, il principe tornava spesso all'Inferno per qualche ora, o qualche giorno, raccontando agli Zar di viaggi e lievi malesseri. Ad ogni rientro, Lucifero lo pregava di lasciar perdere, trovando troppo pericolosa la situazione.

“Ho tutto sotto controllo" aveva rassicurato Keros, notando una vistosa fasciatura al polso del sovrano.

Entrando, aveva incrociato Azazel ed Asmodeo e pure loro presentavano ferite e bendaggi.

“Che è successo?” ghignò il principe, divertito “Ti lascio solo qualche giorno e rimani coinvolto in una rissa?”.

“Scempiaggini” si era limitato a commentare il re.

Lilith non era stata in grado di dire molto di più. Probabilmente perché non vi era molto da dire. Non era raro che venissero alle mani, e Keros un po' rimpianse di non essere stato presente. Con un lieve accento russo, camminando lungo i corridoi, raccontò a Lucifero si essersi fatto fare una foto.

“E che roba è?” aveva attorcigliato la coda il diavolo.

“È come un quadro… Circa… Vedrò di procurarti qualche macchina".

“E perché te la sei fatta fare?”.

“Allo Zar piace. Si fa spesso ritrarre. Così ha voluto una foto di gruppo ed io ho accettato".

“Intendi dire che c'è una macchina che ti ha ritratto come in un quadro?”.

“Sì”.

“Una macchina che non puoi assoggettare con il tuo potere e che quindi ti avrà visto per quello che sei?”.

“Papà… È una scatola con un buco. Con delle lenti ed altre varie cose. Non è una creatura senziente".

“Ma gli uomini non vedono quel che sei. Non vedono il colore dei tuoi capelli, dei tuoi occhi, e…”.

“Ah, tranquillo. La foto è in bianco e nero. E di certo non giro con le corna di fuori".

“E se qualcuno dovesse vedere quella foto fra, che so, mille anni? Come lo giustificheresti?”.

“Intanto spero di non essere identico a come sono ora, fra mille anni. Dovesse accadere prima, che problema c'è? Mi invento un parente. Uno zio o un bisnonno".

“Devi essere più prudente".

“E tu meno paranoico. Anche per il grammofono rompevi i coglioni ma ora ti piace".

“Quello è un altro discorso".

“È la stessa cosa. Hai paura dei cambiamenti. Stai invecchiando".

“Non è vero. È che gli umani non mi piacciono, e tu lo sai. Perciò me ne sbatto le balle dei loro cambiamenti. Mi adeguerò alle loro mode di merda quando vorrò tornare su a divertirmi di nuovo con qualche anima pirla. E poi… Le cose cambiano in un modo che non mi garba. Ricordi quando andavamo insieme a vedere le decapitazioni, durante la rivoluzione francese? O i roghi per la caccia alle streghe?”.

“Certo. È stato uno spasso".

“E adesso la gente che fa? Come si diverte? Stanno passando di moda perfino i grandi balli in maschera, i valzer, i grandi poeti, i concerti di pianoforte… Che fanno tutto il giorno per divertirsi?!”.

“Non ci sono più roghi in piazza, è vero. Però ci sono impiccagioni e fucilazioni. Se vuoi ti avviso la prossima volta, così vieni a vedere anche tu. L'opera è molto in voga, e so che ti piace. E secondo me gradiresti anche il cinema”.

“Keros… O usi termini a me noti, o traduci. Lo sai che è almeno mezzo secolo che non vado a fare un giro di sopra…”.

“In verità non l'ho mai visto di persona questo cinema. Però me ne hanno parlato molto bene. Magari potremmo andarci insieme".

“Sistema questa faccenda dei Romanov, in fretta, e poi ne riparliamo".

“Pare quasi che ti scocci…”.

“Che tu stia in mezzo alla neve, vestito come un cretino, per cercare anime?”.

“Capisco che il colbacco sia un po' strano, però…”.

“Sei proprio un testone".

“È un'intera famiglia! Perfino più di una famiglia, perché stiamo assoggettando perfino servi, autisti, visitatori…”.

“Cos'è un autista?”.

“Quello che guida l'auto, mi pare ovvio…”.

“E sarebbe…?”.

“Sì ma cazzo, papà! Sei antico! Metti il naso fuori da qui ogni tanto, sul serio!”.

Lucifero pensò per qualche istante ad una risposta adeguata, finendo poi con l'assestare un sonoro e ben più efficacie scappellotto sulla nuca del principe.

 

La notizia dell'attentato di Francesco Ferdinando arrivò al palazzo dello Zar in serata. I giovani figli di Nicola non erano stati informati in modo diretto, e tentavano di scoprire quel che accadeva grazie ai servi od alle persone in corte. Keros non si preoccupò più di tanto, pensando che si trattasse della solita stupida possibile guerra. Nei giorni seguenti la situazione peggiorò e fra i potenti ed i consiglieri militari si iniziò a parlare di entrata in battaglia.

“Non devono entrare in guerra” parlò Belial, discutendone anche con Rasputin.

A Keros spiegò che, se fossero stati uccisi, molti membri della famiglia non sarebbero andati all'Inferno, di conseguenza ne avrebbero perse le anime. Però, come era prevedibile, la Russia entrò in guerra.

 

Capitolino breve. Il prossimo arriverà molto presto (è già pronto) ma sarà un pochino impegnativo, quindi ho preferito spezzare il racconto in due fasi. A prestissimo!

   
 
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