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Autore: Hotaru_Key22    11/05/2018    0 recensioni
Aki, nel pieno della sua adolescenza, si trova di fronte ad un problema che le sembra insormontabile. In un ambiente che la porta ad entrare continuamente in contatto con ciò che riguarda il lato fisico di un rapporto amoroso, lei non si sente ancora pronta e troverà un aiuto in un amico.
AkixKazuya con accenni molto lievi RikaxKazuya, ShuuyaxShirou e ToukoxTsunami
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eric/Kazuya, Shawn/Shirou, Silvia/Aki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kino Aki si reputava una ragazza nella media 

Kino Aki si reputava una ragazza nella media. Non aveva particolari abilità in nessuna disciplina, studiava, aveva i suoi hobby, uno sport preferito come tutte le altre ragazze della sua età e le andava più che bene. Poi aveva compiuto diciassette anni e si era fidanzata con Ichinose Kazuya, uno dei ragazzi più carini e popolari della scuola, suo migliore amico da sempre.
Le sue compagne già da qualche mese le chiedevano come fosse lui a letto, come la convincesse a spogliarsi e se le sussurrasse qualcosa mentre lo faceva, poi tutte si mettevano a parlare dei loro ragazzi e delle loro prime volte. E Aki non si sentiva più nella media. Si sentiva una specie di alieno venuto da qualche pianeta lontano. La verità era che lei era sempre stata l’ultima; l’ultima a cui era cresciuto il seno, l’ultima ad avere le prime mestruazioni, l’ultima ad aver trovato un ragazzo e l’ultima ad aver baciato qualcuno. E ovviamente era l’ultima tra le sue amiche che avrebbe fatto sesso. Ormai era diventato quasi un chiodo fisso e anche Kazuya aveva notato che qualcosa non andava, ma lei non aveva voluto dirgli nulla. Si sentiva una stupida a voler parlare di una cosa del genere. Lui era stato con tante altre ragazze e con Urabe Rika avevano anche fatto sesso in un campo di minigolf il giorno del loro mesiversario. Dirgli che lei non era pronta e che tutto questo la spaventava avrebbe comportato il dover ammettere di essere ancora una bambina. Kazuya l’avrebbe sicuramente lasciata.
Avrebbe voluto tanto parlarne con qualcuno, ma era un argomento delicato e nessuno le sembrava la persona giusta; le sue amiche avrebbero riso di lei, sua madre l’avrebbe messa in imbarazzo con mille domande e Domon sarebbe sicuramente andato a spifferare tutto a Kazuya, l’unico che non doveva saperne assolutamente niente.
E per un po’ di tempo era anche andata avanti evitando il problema, facendo come se nulla fosse con il suo fidanzato e rimanendo sul vago nelle risposte alle domande delle sue amiche, dicendo che erano cose private e che non le andava di raccontare nulla in giro. Poi era arrivato un lunedì di maggio, quando le giornate si erano ormai fatte più calde, il sole spuntava timido da dietro le nuvole e Aki si sentiva quasi in pace con sé stessa.
Come ogni mattina Kazuya la aspettava davanti il cancello di casa sua e le sorrideva sereno. Lei chiuse la porta e gli corse incontro, tuffandosi tra le sue braccia e baciandolo dolcemente un attimo dopo.
«Dormito bene?» chiese lui e lei annuì. Era una specie di rituale che si ripeteva ogni mattina; lui arrivava lì, le faceva quella domanda e poi commentava «Stamattina sei ancora più bella di ieri», lei arrossiva e poi entrambi si mettevano a ridere.
E anche quel lunedì era andata proprio così, solo che poi lui le aveva preso entrambe le mani e aveva detto, lievemente rosso in viso e munito della sua solita dolcezza mista a determinazione «Sai, sabato saranno cinque mesi che stiamo insieme e i miei genitori saranno fuori per lavoro…»
Il cuore di Aki perse un battito, ma lo recuperò subito dopo, accelerando tutti gli altri. Le si fermò il respiro in gola, mentre un senso di angoscia le attanagliava lo stomaco e le faceva tremare le mani e le gambe.
«Che ne dici di cenare a casa mia e stare un po’ insieme?»  domandò lui dopo un secondo che sembrò alla ragazza interminabile.
Aki accennò un sorriso ed annuì, sospettando che se avesse provato a pronunciare anche una sola sillaba, dalle sue labbra non sarebbe uscito alcun suono.
Kazuya sorrise, sembrava felice e continuava a parlare senza che la ragazza lo ascoltasse più. Lei era persa in un luogo remoto della sua mente, sola con le sue paure, bugiarda e diversa.
Prima di lasciarla andare in classe, Kazuya le lasciò un bacio sulle labbra che lei non ebbe la prontezza di ricambiare; era come un manichino, un involucro vuoto e privo di sentimenti.
La prima ora di lezione le sembrò interminabile, ma non prestò attenzione a nessuna parola del professore, era come se fosse assente.
«Aki-chan» la chiamò Otonashi dal banco di fianco al suo, facendola sussultare e risvegliandola per un istante da quello stato di trance «Qualcosa non va? Sai che con me puoi parlare»
«N-no…» si affrettò a rispondere Aki, sfoderando uno dei suoi soliti sorrisi cortesi e distanti «Va tutto bene…»
«Mi sembri strana…» provò ancora Haruna, aggiustandosi gli occhiali rossi che le erano scivolati sulla punta del naso.
«Aki-chan» chiamò anche Touko dal banco dietro quello della diretta interessata «Sai che ieri Jousuke-kun mi ha portato in barca per tutto il pomeriggio?»
«E che avete fatto voi due, porcellini?» domandò curiosa Rika, che non parlava molto con Aki, ma si inseriva spesso nelle conversazioni con le altre.
Zaizen divenne rossa quasi quanto i suoi capelli e puntò lo sguardo sul soffitto «Beh…siamo usciti dal porto e quindi non ci guardava nessuno…»
«Voglio tutti i dettagli!» esclamò ancora Rika, appoggiando la testa su una mano con il gomito dello stesso braccio puntato sul banco.
Aki sospirò e si voltò, non aveva intenzione di sentire nient’altro di quel discorso. Nel fare ciò, si accorse che Fubuki la stava osservando, ma questo sussultò e distolse subito lo sguardo come si fosse scottato.
Suonata la campana Aki si diresse da lui e, sorridendo cordialmente, chiese «Qualcosa non va, Fubuki-kun?»
«Ma no…» rispose quello, accennando ad una risata imbarazzata e portando una mano a grattarsi la nuca «Il fatto è che per tutta la lezione sei stata come…persa in un luogo lontano e poi ti ho vista parlare con le altre e girarti tutta scocciata, quindi mi ero incuriosito».
Per un momento Aki pensò di poter parlare di tutti i suoi problemi a Fubuki e si sentì sollevata anche solo di questa possibilità di aprirsi. Loro due non avevano mai parlato molto, soprattutto perché entrambi erano due persone introverse che preferivano tenersi tutto dentro. Potevano magari essere simili?
«Fubuki-kun?» esordì allora Aki, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche «Tu per caso…non è che vorresti parlare e darmi qualche consiglio?»
Shirou inclinò leggermente la testa di lato, schiudendo per un istante le labbra, poi sorrise «Ma certo».
Si erano messi d’accordo per incontrarsi a casa del ragazzo il mercoledì pomeriggio ed Aki si sentiva molto sollevata. Finalmente avrebbe potuto sentire il parere di qualcuno che le assomigliava e avrebbe potuto aprirsi e sputare fuori tutto quello che sentiva. E questa piccola isola di serenità in mezzo a quel mare tempestoso l’aveva anche sbloccata, rendendola capace di poter guardare e baciare Kazuya come se nulla fosse. Sapeva in cuor suo che sabato sarebbe riuscita a fronteggiarlo.
Il mercoledì pomeriggio bussò incerta alla porta di casa di Shirou. Questo la accolse con un sorriso e la invitò ad entrare. L’abitazione era piccola e comprendeva solo un salotto-cucina, una stanza con un armadio ed un futon a terra ed un bagno.
«Ma vivi da solo?» domandò Aki, guardandosi intorno e notando delle vecchie fotografie appese ad una parete.
«Ogni tanto viene una vecchia zia, ma…» rispose Fubuki, fermandosi a metà della frase per prendere un profondo respiro «I miei genitori sono morti in un incidente quando ero piccolo, quindi sì, vivo da solo…»
Aki si morse il labbro inferiore «Scusami, ti ho chiesto qualcosa di spiacevole…»
«Figurati, di cosa volevi parlarmi?» domandò invece il padrone di casa, avvicinandosi ad un tavolo posto al centro del suo salotto e sedendosi su un cuscino rosso a terra.
La ragazza lo imitò e arrossì, iniziando a raccontare a Shirou tutto: la sua relazione con Kazuya, le sue amiche che non facevano altro che metterle pressione, lei che non si sentiva pronta e tutte le sue paure.
Lui la ascoltò molto attentamente fino alla fine, senza battere ciglio quasi come fosse una statua, poi si alzò e andò a prendere il thè che fischiava nella teiera.
Aki lo accettò volentieri, insieme a dei biscotti che il ragazzo le offrì su un piattino di ceramica.
«Non è un problema se sei spaventata» disse infine Fubuki, stavolta senza sfoderare il suo solito sorriso di cortesia «Ognuno di noi ha il suo tempo e se lo deve prendere tutto, fino all’ultimo secondo. Non importa se le altre ragazze sono già pronte e se fanno già sesso con i loro ragazzi, non sono loro il problema tanto quanto non lo sei tu. Poi, sai…anche Ichinose prima di farlo la prima volta avrà avuto i suoi timori e anche lui avrà passato un periodo in cui non si sentiva pronto…»
«Però…» protestò Aki, iniziando a torturarsi le dita «A voi ragazzi non…non fa male, ecco!»
Shirou ridacchiò, sinceramente divertito «Ma abbiamo tante paranoie anche noi, sai? Abbiamo paura che non ci si alzi e molta, moltissima ansia da prestazione.»
La ragazza sorrise, sentendosi leggermente più tranquilla, poi chiese «Tu hai già fatto sesso, Shirou-kun?»
Fubuki scosse la testa, sorridendo come suo solito «Ti voglio confidare un segreto, ma devi promettermi che non lo dirai a nessuno…»
Aki annuì, così l’amico poté continuare «Io e Shuuya stiamo insieme già da un po’, ma la cosa non si deve sapere in giro perché suo padre potrebbe picchiarlo se lo venisse a sapere e potrebbe mandarlo in un’altra scuola…»
«Gouenji Shuuya?» domandò stupita Aki, portandosi le mani di fronte la bocca.
«Una volta io l’avevo invitato qui per passare una serata insieme» riprese Shirou dopo aver annuito «E lui mi aveva chiesto di farlo, così io gli ho spiegato che non ero pronto e non me la sentivo. Il ché non voleva dire che io non lo amassi, solo che ancora avevo bisogno di tempo»
«Ma Kazuya è già stato con Rika e se io gli dicessi una cosa del genere lui mi lascerebbe! Penserebbe che sono una bambina…» sbottò Aki, già sentendo il cuore riprendere a batterle più velocemente nella cassa toracica.
«Anche Shuuya era già stato con Someoka, ma quando gli ho rivelato quello che sentivo, lui mi ha sorriso e mi ha detto che era tutto a posto, che avrebbe aspettato fin quando io non fossi stato pronto perché mi ama» spiegò con fare saccente Shirou, poggiando poi le mani sulle spalle dell’amica «Se Ichinose ti ama sul serio, vedrai che capirà.»
Aki posò lo sguardo sul pavimento, sospirando mestamente, poi sussurrò «Io e lui non ci siamo mai detti chiaramente che ci amiamo…»
«E un buon momento per iniziare!» concluse il ragazzo, facendole l’occhiolino.
Aki tornò a casa qualche ora più tardi, dopo aver finito i compiti a casa di Fubuki. Aveva scoperto che avevano tante cose in comune e che lui era un ottimo amico. Si sentiva più leggera dopo essersi confidata e quello che Shirou le aveva detto le aveva infuso coraggio. Probabilmente l’unica soluzione possibile a quel problema era solo parlare con Kazuya e poi mettere anche in chiaro le cose con le sue amiche. Era terrorizzata all’idea e sentiva ancora le gambe tremare, ma doveva farlo.
La fine della settimana sembrò passare in un attimo ed il sabato sera arrivò prima di quanto Aki si aspettasse. Indossava un vestito smanicato verde acqua e degli stivaletti neri, il cuore non smetteva di martellarle in petto.
«Aki-chan!» l’aveva salutata Kazuya, regalandole subito un bacio che lei aveva ricambiato.
Avevano mangiato dell’ottimo riso al curry che il ragazzo si era premurato di cucinare egli stesso, parlando per tutta la cena soprattutto di un nuovo calciatore che era arrivato in Giappone e che già giocava nel primo campionato.
Poi, finita la cena, Kazuya aveva portato Aki nella propria stanza e aveva acceso qualche candela e lo stereo per creare la giusta atmosfera.
Lei si era come paralizzata, mentre lui le sorrideva e le accarezzava una coscia sotto il vestito.
«Qualcosa non va?» chiese allora il castano, che conosceva la sua ragazza come le sue tasche.
«Kazuya, io…» iniziò Aki, rendendosi conto che la sua voce era terribilmente acuta e che aveva preso a tremare irrimediabilmente «…io non sono ancora pronta per…per farlo…»
Il ragazzo non disse nulla, rimase immobile, come in attesa che lei dicesse qualcos’altro.
Aki allora ripeté solo quello che le aveva detto Shirou, con il viso che le andava a fuoco e delle piccole lacrime che le si stavano formando agli angoli degli occhi «Questo non vuol dire che io non ti ami, perché ti amo moltissimo, solo che…ho bisogno del mio tempo…»
La ragazza aveva abbassato lo sguardo verso il pavimento, ma lo rialzò per osservare quale espressione Kazuya avesse in volto, dal momento che non emetteva un fiato. Con stupore notò che questo sorrideva a trentadue denti con gli occhi che brillavano.
«C-che c’è?» balbettò, anche lei ridacchiando, preda di una crisi isterica.
«È la prima volta che mi dici che mi ami!» esclamò Kazuya, saltellando come un bambino «Oh, Aki, anche io ti amo tantissimo! Ed eri così bella alla luce delle candele mentre lo dicevi che…che voglio che tu me lo dica ancora, Aki-chan!»
Aki scoppiò a ridere, avvicinandosi al viso del suo ragazzo e dandogli un bacio lungo ed intenso, poi sussurrò «Ti amo, Kazuya-kun».
Lui sorrise di nuovo, sollevò da terra la sua fidanzata come se fosse una principessa e la portò in salotto, dove le propose di guardare un film d’azione con i due protagonisti che si innamorano e salvano il mondo.
E Aki rise ancora, capendo quanto fosse stata stupida a non aver voluto parlare subito di quella storia a Kazuya.
Lui era prima di tutto il suo migliore amico e non l’avrebbe mai e poi mai presa in giro per nessun motivo al mondo.
   
 
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