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Autore: RoloChan105    11/05/2018    0 recensioni
"So parecchie cose su di te, mano di Noxus; le voci corrono, le persone parlano, ma la fonte non è mai affidabile. Dicono che tu sia un mostro, ma anche un uomo che in passato, è stato capace di amare. Dicono che sei una vera macchina da guerra, ma hai imparato da solo l’arte di sopravvivere. Dicono che tu sia senza anima, ma questo, lo dubito.
Non saresti qui altrimenti. "
-Darius x Quinn-
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darius, Quinn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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// Eccoci al secondo appuntamento con la storia! Domani sarà l'ultimo!
 

Capitolo 2

 

Tuoni e fulmini rimbombano in lontananza.

La locanda si illumina per pochi attimi, per poi tornare alle tenui luci delle lampade. Non c’è molta gente, solo due clienti affamati e la locandiera che nel retro, parla col marito. A distanza di mesi, torno nel mio piccolo rifugio.

Ho già mangiato, il boccale di birra è quanto rimane della mia precedente ordinazione e il tavolo, è inondato di fogli e mappe.

Tracciare una via non è semplice, specie in un ambiente ostile e poco dettagliato.

Con attenzione, cerco di ricordarmi i punti essenziali; sul mio taccuino, riporto con dettaglio dove sono riuscita a trovare determinate erbe mediche.

Con lentezza, traccio delle linee, abbozzandone la forma.

Accanto, scrivo il nome e la sua proprietà medica. Molte di queste nozioni nel tempo, mi hanno salvato la vita. Se da bambina pensavo che fossero solo un inutile perdita di tempo, ora me ne ricredo. La porta alla locanda si apre e una figura in nero entra facendo ammutolire tutti i presenti.

L’osservo mentre si dirige al bancone per prenotare una camera e immediatamente, fermo la mia mano. Riconosco quella voce, la tua voce. Non appena ti togli il cappuccio del mantello, fermo il mio respiro per un secondo.

Sei tu. Di nuovo.

Con un gesto secco, ordini da bere e non appena ti volti, il tuo sguardo vermiglio incontra il mio. Non c’è emozione nel tuo volto nel trovarmi di nuovo di fronte a te, ma lento, sei tu questa volta che mi sorprendi. Ti siedi con malagrazia al mio tavolo e sebbene alcune gocce di pioggia bagnino i miei precedenti appunti, non mi arrabbio.

Sono troppo sorpresa di vederti.

-Non pensavo di trovarti- Parli e devo ricordarmi, di tornare a respirare.

Hai il volto bagnato, i capelli sono attaccati alla tua fronte. La maglia che indossi è zuppa, così come i pantaloni e la sacca che velocemente, calci sotto al tavolo.

-Neppure io- Ammetto.

È passato del tempo, ma la curiosità verso di te, non è diminuita.

In pochi istanti, la locandiera ci raggiunge e con in mano i piatti, sbuffa nel vedere il tavolo pieno di fogli.

La fisso, un solo istante, per poi togliere una o tre mappe per permetterle di poggiare le vivande. Con malagrazia depone le stoviglie sul tavolo, per poi, voltarsi e tornare a discutere col marito.

È da tutta la sera che litigano.

Stanca, poso la penna che fino a quel momento, tenevo in mano: è chiaro che non tornerò a lavorarci sopra.

Non riesco a fare a meno di osservarti, di nuovo.

Con calma, non prima di aver bevuto un sorso, afferri la forchetta e inizi a mangiare. Non so che diavolo di cibo ti abbia servito, ma sicuramente, non è carne. Con attenzione, comincio a togliere i miei lavori e questo ai tuoi occhi non sfugge.

-Sei brava- borbotti masticando il boccone. Osservi le linee che ho tracciato, il luogo che ho disegnato e il nome che ho scritto. Sicuramente, non ci capirai niente, ma comprendo che vuoi iniziare una discussione. La volta precedente, te ne eri andato, silenzioso, senza dire niente.

-Non così brava- non mi piace mettere in mostra le mie doti. Per molti, è solo un inutile perdita di tempo, per me, sono informazioni vitali.

Nuovamente, il silenzio si frappone tra noi.

Non sono abituata a parlare con le persone, meno ancora con persone come te. Mentre mangi, torno ad osservarti.

L’ampia fronte, i tuoi occhi verdi, le labbra sottili ma piene.

La mascella robusta, qualche goccia di pioggia che scende lungo il collo. Piccoli particolari che registro nella mia mente.

Infine, anche tu mi imiti.

Osservi prima i miei occhi ambrati, poi le mie labbra. Ci perdi del tempo ad osservarle e ti vedo socchiudere le tue. Infine, scendi con lo sguardo verso il mio collo, poi, sui miei seni ed infine, torni al mio volto.

-Sei ferita- mormora e un piccolo sospiro, esce dalla mia bocca.

-Sei un bravo osservatore...-

-Che ti è successo?- ignori la mia lode e vuole sapere i dettagli.

-Un arma da taglio- spiego infine, perché so che è inutile nasconderlo. -Non mi ha lesionato organi vitali, ma ha sortito l’effetto desiderato.- ormai ero sulla via di guarigione e anche se poteva essere considerata una cicatrice tra le tante, ancora doleva.

Una ferita sul fianco, per molti, era segno di disattenzione.

Nuovamente, mi sorprendi quando allunghi una mano verso il mio fianco. Sento le tue dita sfiorarmi la maglietta ed infine, senza un consenso o un permesso, la alzi quel tanto che basta per poter vedere la fasciatura.

-Ti hanno atterrato...-Per l’ennesima volta, mi sorprendi. Riesci a capire l'angolazione della ferita.-In quanti erano?- Percepisco le tue dita sfiorarmi la pelle e rabbrividisco.

Sono fredde, dure, decise.

-Sette- rispondo rimanendo immobile. Con le dita, ti sposti, sentendo mentre scorri sulla mia pelle dei solchi e delle linee irregolari. Cerchi di seguirla ma immediatamente, le mie mani ti fermano.

Mi osservi e io, osservo te.

Apri la bocca per dire qualcosa.

-Che cos’è?- domandi rimanendo immobile.

-Il prezzo della mia vendetta.- Rispondo per poi smettere di stringerti le mani, fino a lasciarti libero accesso.

Tocchi di nuovo la mia cicatrice, la sfiori, cerchi di capire la sua forma. Quando la senti perpetuarsi verso l’alto, però, fermi le tue mani.

Con lentezza, le togli e per l’ennesima volta, torni a fissarmi.

Vuoi sapere di più, vuoi capire, vuoi studiarmi.

Anch'io voglio sapere...

-Che fine hanno fatto quegli uomini?- domandi serio.

Mi mordicchio le labbra. Cosa importa ad un uomo come te di che fine hanno fatto?

Ad ogni modo, non posso fare a meno di risponderti. Voglio risponderti.

-Sono morti- Affermo.

-Meglio così.-

-Anche se erano Noxiani?- il tuo sguardo si scioglie mentre fissi i miei occhi, si fa liquido, ardente.

-Meglio che siano morti...- mormori con un intensità che mi lascia quasi stordita.

Un rombo tuona in lontananza facendo imprecare uno dei due uomini che da qualche minuto, avevano terminato la loro cena. Entrambi, si alzano e andando al bancone, pagano la loro ordinazione apprestandosi ad uscire. Le porte sfregano tra loro, fino a quando, non cessano di far rumore.

Anche la locandiera e il marito non si sentono più.

Adesso, siamo soli.

-Erano tuoi uomini?- domando e tu, scuoti il volto.

-Li riconosceresti...sono come me.- Mi spieghi e con gli occhi, scendi a fissare nuovamente la mia maglia. Questa volta, sono io che mi alzo. Mi osservi e in pochi attimi capisci. Restando impassibile, ritorni al tuo piatto, mentre io, raccolgo le mie cose e salgo le scale. Più mi avvicino a te, più comprendo che questo, non porterà a nulla di buono. Nè a te, né a me.

Mentre salgo le scale, sento i tuoi occhi accompagnarmi. Arrivo alla porta della camera che mi è stata assegnata e la apro. Le mie mani sono ferme, ma sento il mio corpo tremare.

Tremare dal desiderio.

Desiderio per un uomo che è il nemico del mio paese.

Desiderio per un uomo che mostra un interesse verso di me.

Un vero interesse.

Un desiderio che so, è sbagliato.

Chiudo la porta e mi sdraio sul letto. La pioggia, assieme al battito del mio cuore è una nenia che mi culla facendomi addormentare.

 

 

   
 
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