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Autore: MarcoMarchetta    12/05/2018    0 recensioni
Fra storia e racconto.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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IL  TRIBUNO  
(122 a.C.)  
 
"A chi lo devi se quest'anno il popolo ti ha eletto?"
"A te, Gracco. Ma quante volte ti devo ringraziare?" gli rispose  Marco Druso senza mascherare l'esasperazione. "Comunque se ti candidi nuovamente al tribunato non ti spalleggerò più. E questa è una certezza per quanta gratitudine ti porti."
 Il paesaggio africano attorno a loro era verde e accogliente. Lì era sorta Cartagine e presso quelle gloriose rovine stava sorgendo Iunonia, il nuovo insediamento per i coloni romani.
Caio tentò ancora:
"Marco, siamo sempre stati amici. Ti prego, non farmi mancare il tuo appoggio: il mio compito non è concluso. Fallo per il popolo se non per me."
"Credi che il popolo voglia un re che lo governi, Caio?"
Gracco afferrò la tunica di Druso a due mani e lo scosse.
"Riprendi la tua nave, Druso, prima che ponga mano al gladio! Ho capito che se mi restano amici come te sono bell'e finito."
Marco si ricompose e, pallido di rabbia, gridò:
"Sei tribuno da due anni, Caio. Un terzo tribunato equivarrebbe al trono e questo non lo sopporterei neanche se fossi mio fratello.
Ti voglio bene e ho viaggiato fin qui per metterti in guardia: a Roma ti uccideranno come fecero con tuo fratello."
"Stai tranquillo e sicuro che non c'e nessuno che possa odiare regni e dispotismi più di me. E circa il mio povero Tiberio, Scipione Nàsica è morto, lo sai?"
"Certo, ma è vivo Opimio e tanti altri che ti farebbero la pelle volentieri."
"Erano altri tempi allora: Tiberio non aveva lo stesso appoggio che ho io dai cavalieri e dalla plebe. Il grosso del popolo, se è unito, non sarà mai vinto!"
"Se è unito, l'hai detto tu. Ma credi sia difficile dividere il popolo?"
"E come? La gente non capisce che sto migliorando la loro situazione contro gli ottimati che lo opprimono? Non sto fondando, forse, colonie come questa per loro? Sanno che lo faccio per distribuire terre da coltivare."
"Caio" commentò Druso amaramente, "sei un patrizio anche tu. Il popolo ti sfutterà quanto più può e poi ti volterà le spalle attratto da chi lo pagherà, lo sfamerà e lo suggestionerà meglio. E ciò vale anche per i cavalieri.
Potresti continuare a svolgere la tua opera solo se ti si dimostrasse riconoscenza fino a dar la vita per te. Guarda me, Caio: pensi che disattenderei le tue richieste se non avessi paura che potresti togliere a Roma la libertà? Tale paura si spargerà fra tutti i cittadini, nessuno dei quali ti è amico come me, non appena un oratore come Opimio ne parlerà.
E dirà dell'altro. Credi che l’aver dato la cittadinanza ai latini vada a vantaggio dei romani? Roma e Lazio sono sempre stati avversi. E fondare una colonia sui resti maledetti di Cartagine non sarà presentato come un sacrilegio da chi ti vuole male?"
I due tribuni restarono per un po' immobili e in silenzio.
"Guardati le spalle, Gracco" concluse Marco.
Con l'addio di Druso, Caio si sentì come scivolare sempre più precipitosamente senza intravedere alcun appiglio.
 
Marco Marchetta
 
 
L' ASTUZIA
(1815)        
  
"Conte Bülow" chiedeva Büchler al suo luogotenente, "per cosa si distingue il nostro avversario?"
"Principe, Napoleone ne studia sempre una più del diavolo, credo io. Per questo ha quasi sempre vinto."
"Esatto! Noi qui dobbiamo studiarne tre più del diavolo.
Primo: questa battaglia la dobbiamo perdere."
"Anche se siamo quasi il doppio dei francesi?"
"Soprattutto per questo: Napoleone ci ha inviato contro il maresciallo Grouchy per impedirci di appoggiare gli inglesi. Wellington, a Waterloo, è schierato a sbarrargli la strada di Bruxelles e senza di noi potrebbe trovarsi a mal partito. Dobbiamo sconfiggerlo là se vogliamo liberarci di quest'usurpatore.
Grouchy ha il compito di bloccarci non di darci una seconda batosta qui a Ligny. Vi immaginate, Bülow, che farà se da solo, con poca truppa, porrà in rotta i prussiani? Sarebbe capace di inseguirli fino a Liegi.
E succederà proprio questo mentre sgomineremo Napoleone una volta per tutte. Noi combatteremo qui per un'ora e mezza e poi ci faremo porre in rotta ... apparentemente. Cinquemila di noi al comando di Feldhofer si scompagineranno verso est per farsi inseguire dai francesi mentre io col grosso raggiungerò Waterloo a marce forzate."
"Principe, io con i miei che faccio?"
"Voi, conte, farete quello che farò io, ma adesso, immediatamente: questa battaglia la lascerete tutta a noi mentre voi raggiungerete e darete man forte a Wellington. Mi precederete di qualche ora. La via verso Waterloo senza essere visti da quelli di Grouchy è fra quei boschi e poi dietro le colline."
"E così stiamo a tre più del diavolo come dicevate voi, principe."
 
Grouchy, da un'altura, osservava il campo di battaglia e diceva al suo luogotenente:
"Tissot, sapete per quale motivo l'imperatore vince sempre ... o quasi?"
"Certo, mio generale. L'imperatore ne studia sempre una più del diavolo."
"Proprio così! L'imperatore cosa vorrebbe che facessimo qui a Ligny? Trattenere e impegnare i prussiani perchè non accorrano a spalleggiare Wellington.
E se noi, Tissot, dopo un paio d'ore di combattimento ce la dessimo a gambe ponendoci in rotta verso Namour? Otterremmo di evitare ulteriori perdite e ci tireremmo dietro Büchler ancora più lontano da Waterloo."
"E così, mio generale, ne avete studiate due più del diavolo.
Però noi francesi facciamo paura: mettete il caso, mio generale, che li sgominiamo."
"In tal caso, si fotta il diavolo! A che servirebbero le astuzie? Gliele continueremmo a dare fino a Liegi!”
 
Marco Marchetta
 
 
LA  LETTIGA   (racconto storico di Simone Delizioso) 
(43 a.C.)    
 
Dopo una lunga e stancante cavalcata Tizio Rufo e Menenio Latino lasciarono i cavalli nel serraglio e si recarono a chiedere asilo all'economato dei sacerdoti di Anxur.
Lucio Flòstene, greco e liberto, sovrintendente dei servizi ospitalieri del santuario di Giove, incassò l'obolo fisso e si dimostrò disposto a delle confidenze in cambio di un altro obolo volontario.
"Cicerone ha lasciato il tempio l'altro ieri" rivelò sussurrando.
"Dei impietosi!” imprecò Rufo. “A quest'ora starà al sicuro nella sua villa di Formia."
"Puoi starne certo, Tizio" concordò Latino. "Noi due soli non possiamo farcela contro i suoi servi. Mi hanno detto che cinque vecchi gladiatori sono pronti a battersi per quel gufo."
"Signori" interloquì Flòstene, "permettetemi. Ero un giovincello al servizio di Lèpido e il vostro gufo mi fece assestare quindici scudisciate per avere amoreggiato con una sua inserviente."
"Siamo afflitti, davvero" mentì Rufo "ma non possiamo vendicarti: la nostra preda ci è sfuggita."
"No, cavalieri illustri, non credo affatto. Vi prego, venite."
Lucio li portò sullo strapiombo a mare, indicò verso Sperlonga, invisibile nella foschia serotina, e suppose:
"La vostra preda forse è ancora là nella villa di Flacco e potrete appostarvi in quei pressi ad attenderlo.
Lui, certo, non aveva memoria di quel seduttore fustigato e si è intrattenuto con me in conversari pieni di degnazione e familiarità. E non si è dimostrato neanche avaro in verità.
Sapete che diceva? 'Sono stufo del carro e di averne le ossa rotte. Con quattro servi continuerò in lettiga. Sono troppo vecchio per affrettarmi ancora. Flacco Numantino mi deve un favore, ossia un pranzo decente e un buon letto. A Formia avrò modo e tempo di imbarcarmi per l'Oriente. Marco Antonio dovrà mangiarsi il fegato, ormai' ."
"Guai a scudisciare un tipo come te, Flòstene" commentò Menenio. "Cicerone se l'è proprio voluta."
"Lucio, forse non sarà quanto hai ricevuto da quello là, ma" e Tizio posò delle monete nella sua mano spalancata, "con queste c'è anche la nostra gratitudine.
Ora portaci da mangiare alla svelta e preparaci due cavalli freschi e buoni. I nostri li riprenderemo al ritorno. Partiamo al più presto e viaggeremo di notte.
Noi non ci lamentiamo se le ossa si ammaccano e ti assicuro che assieme alla nostra ci sarà anche la tua vendetta."
 
L'oratore nel riconoscere gli accoliti del suo nemico in attesa a impedirgli il passo sospirò:
"Ho vissuto già abbastanza, signori miei, e questo nemmeno il vostro padrone può togliermelo più. Portategli pure la mia testa."
"Cicerone" lo schernì Latino mostrando il gladio sfoderato, "la tua lingua è stata sempre più tagliente della spada. Perchè non ti difendi?"
"Hai torto, ragazzino. Bastasse quella... : ho indirizzato a chiunque stia dalla vostra parte già tante invettive e maledizioni che dovreste essere già morti tutti."
"Ti lasciamo qualche attimo per affidarti ai Numi."
"Chi crede all'anima e a una nuova vita è un povero sprovveduto. Il tempo che ho trascorso sulla terra l'ho gradito, ma lo considero più che bastevole, grazie."
"E allora" gridò Rufo prendendo di mira il collo rugoso sporto dalla lettiga, "sappi che questo te lo manda Marco Antonio e pure Lucio Flòstene."
"Chi?" squittì il vecchio prima che il suo capo tronco rotolasse.
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Appuntamento al prossimo sabato, 19 maggio, con un altro racconto)
   
 
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