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Autore: JosephineStories    12/05/2018    1 recensioni
La vita di Amy Davies scorre tranquilla: tra studio, amici e lavoro sembra non avere problemi.
Eppure le sue notti sono tormentate da un incubo, che col passare del tempo diventa sempre più reale.
Un incubo dagli occhi di ghiaccio.
Quegli occhi saranno la sua rovina o la sua salvezza?
Presto si renderà conto che non si può fuggire da ciò che la perseguita...
Copyright © 2015, Josephine-C
Questa opera letteraria è coperta da diritto d'autore e, in rif. alla Legge 22 Aprile 1941, n. 633 ogni tentativo di plagio,
in questo e altri luoghi, è punibile a norma di legge e pertanto verrà segnalato alle autorità competenti.
La parziale o totale copia del contenuto è punibile penalmente.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Chiudo la telefonata e mi tremano le mani, tanto che non riesco nemmeno ad aprire la borsa per riporre il cellulare.

-Maledizione!- urlo.

David mi stringe le mani nelle sue e ripone il cellulare al mio posto. -Hey calma, chi era?-

Racconto brevemente il contenuto della telefonata e in men che non si dica, lui mi trascina di sotto per correre in macchina.

L'auto sfreccia sulle piccole stradine del paese; se non fossi così in ansia gli chiederei di rallentare, ma devo scoprire cosa è successo.
Arrivati all' esterno del palazzo pubblico, guardo con timore l'entrata tormentandomi le dita.

David mi cinge le spalle con un braccio. -Sta' tranquilla, andrà tutto bene.-

Faccio un cenno d'assenso; poi mi avvio spedita all'interno del palazzo pubblico: è il momento di scoprire la verità.

Il capo ufficio Laurent ci ha fatti accomodare nel suo studio e dopo pochi minuti, l'agente della sicurezza pubblica entra con sguardo serio, sedendosi dinanzi a noi.

-Signorina Deveraux, abbiamo arrestato l'uomo che l'ha aggredita l'altra sera- mi informa.

Questa era davvero l'ultima cosa che mi aspettavo di sentire. Mi chiedo cosa c'entri con mia madre...

-Come avete fatto a trovarlo? E soprattutto, questo perché dovrebbe interessare le ricerche di mia madre?!-

L'agente incrocia le braccia al petto, ma non mi guarda negli occhi.

-Vede, l'uomo che abbiamo arrestato si è dovuto recare in ospedale, a causa delle ferite causate dal signor Van Dalen. Per questo siamo riusciti a catturarlo e ha confessato. Ci ha detto che avevano intenzione di rapirla, non volevano soltanto un riscatto, volevano appropriarsi di tutto il suo patrimonio. Loro volevano che lei glielo cedesse.... Il mandante di tutto ciò è Rick Galloway, avrebbe organizzato un'evasione sfruttando i soldi e i complici esterni al carcere. Sono loro che hanno rapito sua madre, gli uomini che hanno tentato di rapire anche lei. Avrebbero minacciato di ucciderla, se lei non avesse accettato il trasferimento del patrimonio. Stiamo indagando anche sul figlio per valutarne il coinvolgimento- spiega l'agente, con voce calma.
Mark? No, non può essere. Non farebbe mai una cosa gel genere.
Sento l'ansia aumentare, ma anche il sollievo... quindi l'hanno trovata!

-Ma loro non sono riusciti a rapirmi. Quindi mia madre dov'è? Dove l'hanno nascosta? State andando a prenderla?- Di sicuro avrà già confessato tutto e tra poco riabbraccerò la mamma! Non riesco a contenere la gioia.

Tuttavia il viso e lo sguardo dell'agente iniziano a farmi paura, non sembra in procinto di dare buone notizie.

-Signorina Deveraux, visto che non sono riusciti a rapirla, la posizione di sua madre si è complicata. Li aveva visti in faccia, non era più una buona merce di scambio...- rivela con cautela.

Mi alzo di scatto dalla sedia, battendo le mani sul tavolo. -Non era?! Perché parla di lei al passato? Dove diavolo è?!- urlo.

Lui abbassa lo sguardo. -Purtroppo è stata uccisa. Sua madre è morta, signorina Deveraux, mi dispiace tanto.-

Uccisa?! Morta?! Cosa sta dicendo?! Quest'uomo è pazzo! Non hanno potuto uccidere mia madre.

-Non è possibile... Lei mente! Quell'uomo non sta dicendo la verità! Dovete trovarla! Cosa le ha raccontato per rendere questa assurdità credibile?!- La voce mi esce stridula e David mi cinge i fianchi per farmi calmare.

-Non è il caso che lei conosca i dettagli, si risparmi il resto...-

La mia rabbia aumenta -voglio sapere quale assurdità le ha raccontato e voglio saperlo adesso.-

Continuo a starmene alzata di fronte a lui, con le mani piantate sul tavolo e lo sguardo minaccioso. L'agente resta in silenzio.

-La signorina le ha fatto una domanda, agente- sibila David freddamente e mi stringe ancora di più.

Lui sospira. -Ci ha detto che le hanno sparato. La ferita era mortale, aveva ancora un alito di vita quando hanno gettato il suo corpo in mare, per accertarsi che morisse. Non può essere sopravvissuta, conosce gli effetti che le acque inquinate dei nostri mari avrebbero su una ferita aperta.-

, li conosco e so che le sofferenze che deve aver provato saranno state indicibili. Sento il sangue defluire dal mio viso; le sue parole mi entrano dentro, sotto la pelle, fin dentro alle ossa, dove un gelo mi pervade.

Morta.
Morta.
Morta.

Dicono che quando ripeti una parola nella tua testa, più e più volte, questa perda di significato. Io sto sperimentando l'effetto contrario: più la ripeto nella mia testa, più questa sembra abbattersi su di me, come la lama di una ghigliottina.

-Abbiamo fatto il possibile, mi dispiace per la sua perdita. So che è un momento difficile ma avrei qualche domanda su Mark Galloway.-

Non sento le sue parole, fisso il suo volto e rivedo il viso di mia madre, quello del mio incubo: quel volto terrorizzato che mi chiedeva aiuto e che io non sono riuscita ad aiutare.

-Ci lasci soli- dice David all'agente.

-Ma veramente io...-

-Ho detto fuori!- gli urla minacciosamente.

L'agente esce dalla stanza, ma io continuo a restare immobile come una statua di sale. Credo che il mio cuore si sia fermato, tutta la mia vita si è fermata... è ridotta a questo momento. Mia madre, la donna che mi ha cresciuta, amata e protetta, non c'è più?

-Amy, guardami- David mi stacca dalla scrivania, voltandomi delicatamente. Tengo il corpo rigido e il viso immobile.

-Dopo portai essere forte quanto vorrai, ma adesso devi sfogarti- tiene il mio viso tra le sue mani, perforandomi con il suo sguardo.

Le sue mani sono talmente delicate che sembra avere paura di rompermi.
Poi mi tira a sé, avvolgendomi nel suo caldo abbraccio: il suo profumo rassicurante mi avvolge immediatamente. Io continuo a starmene immobile e rigida, non sapendo, né volendo, fare altro.

-Devi sfogarti, amore mio, non permetterò che tu vada in pezzi. Ci sarò io a tenerti- sussurra al mio orecchio.

Non so se sono le sue parole o se il mio corpo è troppo piccolo, per contenere tutte quelle emozioni e reprimerle come faccio solitamente.
Sento un singhiozzo scuotermi le spalle, poi un altro e un altro ancora, finché smetto anche di contarli. Le lacrime scivolano come acido sulle mie guance, il dolore è talmente insopportabile da non riuscire a respirare, a pensare, a vivere.

David mantiene la sua promessa: mi tiene stretta e sussurra al mio orecchio parole rassicuranti. Non so per quanto restiamo così...

Quando esco dal palazzo pubblico mi sento svuotata completamente. Il mio volto è tornato rigido e impassibile, lo sguardo perso.
Ci avviamo all'auto e senza che me ne accorga, arriviamo alla pensione. David tiene la mia mano stretta nella sua: è calda, gentile e protettiva. Non mi conduce verso la mia stanza, arriviamo alla porta di Jess e Aiden.

Bussa con decisione, finché entrambi si svegliano e increduli ci fissano.

-Cos'è successo?- esclama Aiden, vedendo la mia faccia.

Quell'espressione, lui e Jess la conoscono bene.
Non hanno bisogno di spiegazioni o parole, capiscono immediatamente. Jess scoppia in lacrime stringendomi, Aiden ci stringe entrambe e noto che con un cenno ringrazia David che mi lascia lì, con i miei amici.
Ha capito perfettamente di cosa avevo bisogno, non credevo mi conoscesse così bene.

Non un'altra lacrima solca il mio volto, non un altro singhiozzo. Come quando ho saputo della morte di mio padre, il dolore mi paralizza e mi lascia spiazzata. Speravo di non provare mai più nulla di simile.
Eccoci qui: di nuovo su un letto ricolmo di disperazione, Jess e Aiden accanto a me, noi tre e tutto il resto del mondo fuori; ricordo le settimane trascorse in questa posizione, dopo la morte di mio padre e le braccia dei miei amici che mi circondavano.
Stavolta però non permetterò che la sofferenza mi schiacci, devo reagire, come lei avrebbe voluto. Certo è più facile a dirsi che a farsi.  Fisso la parete della camera buia, ripensando continuamente a mia madre, a tutte le cose che avrei voluto dirle... non potrò più farlo e questo mi uccide.

 

È una giornata fredda e grigia. Il bosco in inverno ha il suo fascino, gli alberi sembrano immersi in un sonno profondo.
Guardo la superficie del lago e aspetto Frederick con ansia. Stringo tra le mani il sottile ombrellino, cercando di difendermi dalla pioggia. Non abbiamo ancora detto alle nostre famiglie del fidanzamento, credo voglia parlarmi di questo.

-Anita- la sua voce profonda mi fa voltare immediatamente.

La pioggia l'ha bagnato completamente, ma questo non sembra disturbarlo. Vedo qualcosa di strano nella sua postura, è stranamente rigido.

Non corre ad abbracciarmi come al solito, ha il volto tirato, lo sguardo serio.

-Frederick, qualcosa non va?- mi avvicino.

-Devo partire, Anita, questa sera stessa- il suo tono non ammette repliche.

Il mio cuore accelera e guardo il cielo grigio e minaccioso. Subito un mare di pensieri invade la mia mente... che voglia lasciarmi? Rompere il fidanzamento?

Lo guardo intimorita. -Partire? E dove?! Non è il periodo adatto per una partenza. Vuoi rompere nostro fidanzamento, vero? Avevamo deciso di comunicarlo alle nostre famiglie subito dopo il Natale e le altre feste- sono molto preoccupata.

-Amore mio, come puoi pensare queste assurdità! Non ti facevo così insicura.- Sorride, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

In effetti non sono mai insicura, solo che non sono brava con le faccende di cuore.

-Mio padre è malato, sono io a dover guidare la famiglia e gli affari. Devo ritirare alcune cose, prenderò una nave questa sera stessa. È una richiesta di mia madre, non posso non andare, mi dispiace. Starò via una settimana, poi racconteremo alle nostre famiglie del fidanzamento, te lo prometto- mi guarda con dolcezza.

-Non pensi ai pericoli, Frederick? Guarda il cielo, ci sarà una tempesta. È pericoloso!-

Sono allarmata, se dovesse succedergli qualcosa io...

Prende il mio viso tra le mani e mi bacia dolcemente: le sue labbra morbide e calde sulle mie fanno battere più forte il mio cuore.

-Devi stare tranquilla, saprò cavarmela vedrai- è deciso e sicuro.
Vorrei credergli ma non ho mai tenuto a qualcuno così; non credevo che un'altra persona potesse completarmi quanto lui. Il pensiero che debba andare lontano mi spaventa a morte, lo stringo tra le mie braccia. Passa tutto il resto del pomeriggio a rassicurarmi mentre io giocherello nervosamente con il mio ciondolo. Più mi parla di questo viaggio improvviso, più una terribile sensazione si fa largo dentro di me, come un brutto presentimento.

 

Vengo svegliata da alcune voci che parlottano all'esterno della camera. Lentamente apro gli occhi e per un momento non mi rendo conto di dove mi trovo: posso ancora sentire la pioggia sulla pelle e il profumo di Frederick circondarmi. Mi immergo sempre di più nei ricordi di Anita, ogni sogno è più vivido di quello precedente...

Poi tutto ciò che è successo ieri mi ripiomba addosso: mi sento come se il peso della realtà mi schiacciasse su questo letto e mi impedisse di rialzarmi.
Vedo Jess e Aiden rientrare in camera, accompagnati da David.
Hanno tutti l'aria stanca e afflitta; non dicono nulla, lasciano avvicinare soltanto lui che si siede accanto a me. Con un sospiro accarezza il mio viso e mi lascia un leggero bacio sulle labbra, veloce come un battito d'ali.

-Amy, so che probabilmente non vuoi vedere nessuno e che preferiresti startene qui. Ma ho pensato che sarebbe giusto dare a tua madre una cerimonia, un addio.-

Il suo tono è misurato e gentile, credo abbiano paura di una mia reazione negativa. Effettivamente sto per infuriarmi, non posso. Poi ripenso al volto di mia madre, alla sua dolcezza e comprensione...
Sono passati giorni dal suo rapimento, probabilmente giorni dalla sua morte; non avrò mai una tomba su cui piangere la sua mancanza, ma merita che qualcuno le dica addio e che ricordi il suo passaggio in questo mondo.

-Va bene...- la mia voce è impercettibile, quasi un sussurro. È la prima parola che pronuncio da ieri: non ho intenzione di dire altro, non ho la forza di dire altro...

-Passeremo a prenderti tra un'ora, organizzeremo le auto per chiunque voglia partecipare. Prova a mangiare qualcosa- non rispondo, mi limito a restare in silenzio e fissare la parete.

Poi mi alzo e mi dirigo verso la mia camera. Nessuno mi segue, hanno capito che voglio restare sola.

Apro l'armadio, guardando il contenuto: abiti colorati, gioiosi e festosi.
Perché questa doveva essere una vacanza... Secondo mia madre, Jess e Aiden, doveva essere il modo per convincermi a riprendere in mano la mia vita e i miei sogni; credevano non l'avessi capito.

Prendo dei semplici jeans e una maglia scura, non so cosa si indossi a una cerimonia funebre e francamente non ricordo nemmeno di aver partecipato a quella di mio padre.
Dopo un'ora sento bussare alla mia porta, stavo guardando il mio viso e i miei occhi che sembrano del tutto persi e spaventati.
Ho fatto la doccia, mi sono vestita, tutto con movimenti meccanici; ho addirittura aggiustato i capelli in una coda, come piacevano a mia madre. Che stupida, come se potesse vederli...
David mi conduce verso la sua auto, indossa anche lui degli abiti scuri. Vagamente ascolto quello che sta dicendo: qualcosa sul fatto che Jess e Aiden ci avrebbero raggiunti con Sue.

Guardo per tutto il tempo fuori dal finestrino dell'auto: ci stiamo allontanando molto dal paese e vedo lentamente il paesaggio di montagna scomparire alle nostre spalle. Non so per quanto tempo restiamo in macchina, ma vedo che a un certo punto David rallenta: è come se mi guardassi dall'esterno, non so descrivere ciò che provo in questo momento, se non con il vuoto assoluto. Una sensazione che mi è fin troppo familiare...

Quando usciamo dalla macchina, con mia grande sorpresa noto il mare.
La spiaggia è chiusa, come tutte quelle dei Tre Stati, visto che anche la sabbia è troppo inquinata per passeggiare liberamente.
David mi conduce verso lo strapiombo che dà sull'acqua e vedo che sono tutti lì riuniti: Jess, Aiden, Agata, Sue, la signora Bright, Matt e Nora; a una certa distanza dagli altri c'è anche Albert Van Dalen che mi sorride mestamente. Aiden stringe tra le mani una corona di Peonie di un rosa chiarissimo, sono i fiori preferiti di mia madre, difficilissimi da trovare.
Ognuno di loro stringe una Peonia tra le mani. Sento un nodo alla gola, tuttavia riesco a trattenere le lacrime. 

Quando si avvicinano tutti mi abbracciano e mi dicono quanto siano dispiaciuti; io continuo a restare in silenzio mentre ci disponiamo in semicerchio, di fronte allo strapiombo: le onde del mare si infrangono violente sugli scogli, nonostante la giornata di sole c'è un forte vento.

Aiden si pone al centro con aria seria e triste. -Siamo qui riuniti oggi, per dare l'ultimo saluto a Elise Davies. Chi la conosceva da tanto, sa quanto si percepirà la sua mancanza in ciò che resta di questo mondo. Chi ha avuto modo di conoscerla per poco, ha avuto l'onore di incontrare una delle poche persone che meritano di essere conoscoute. Elise era una madre ammirevole, perché non si comportava da madre soltanto con sua figlia, si comportava da madre con chiunque ne avesse bisogno. Ero un bambino quando ho conosciuto Amy, ero solo un bulletto che la infastidiva, perché era infuriato con il mondo intero. Elise si avvicinò a me, perché all'uscita di scuola stavo tirando le trecce alla sua bambina e lei di rimando stava per rispondermi con un bel pugno in faccia- ride per un momento, perso nei ricordi. -Non si infuriò con me, non mi disse di lasciare in pace sua figlia, mi guardò negli occhi per un secondo e poi notò che nessun genitore mi aspettava per riaccompagnarmi. Mi invitò a casa sua per una merenda, cucinò per me e spinse me ed Amy a diventare amici. Poi mi riaccompagnò a casa e da quel giorno fu sempre lei a riprendermi all'uscita da scuola, a preparare per me la merenda, ad aprimi le porte della sua casa e della sua famiglia. Non so cosa vide negli occhi di quel bambino solo, ma posso dire che questa era la sua dote, il motivo per cui rendeva questo mondo un posto migliore. Lei guardava dentro le persone e cercava di renderle felici.- Vedo una lacrima scendere sul viso di Aiden. Stacca un fiore dalla corona di peonie e lo getta in mare, lasciando la corona nelle mani di Jess.

Lei si avvia al centro del nostro semicerchio, stringendo la corona tra le braccia, come se fosse la cosa più preziosa e poi sospira.

-Elise era la migliore amica di mia madre, come io lo sono di sua figlia. Per me tuttavia, è stata più di questo, non dimenticherò mai la comprensione, la dolcezza e l'amore con cui mi trattava. Era la seconda figura di riferimento che avevo, dopo che mio padre ci ha abbandonate. Da quando sono venuta al mondo, non ho mai conosciuto una vita senza Elise ed Amy. Loro per me e mia madre sono la nostra famiglia ed Amy lo sarà sempre per me. Siamo cresciute come sorelle e come sorelle continueremo a vivere.- Poi smette di parlare, non riesce a continuare il discorso.
Inizia a singhiozzare e stacca una peonia dalla corona, gettandola in mare. Asciugatasi le lacrime viene verso di me, con gli occhi ancora lucidi, cedendomi la corona di fiori.

La sento come un macigno tra mie mani, quei passi verso il centro sembrano i più lunghi della mia vita.
Guardo i volti di tutti, poi decido di voltarmi a fissare il mare, avvicinandomi allo strapiombo.

Devo dire addio a mia madre? Come posso farlo, come posso riassumere ciò che provo, ciò che lei ha fatto per me. Guardo le onde, il mare e il modo in cui il vento lo increspa.

-Eri la persona più importante. Ho cercato in tutti i modi di renderti felice, di evitare che le lacrime che ti avevo visto versare, dopo la morte dell'amore della tua vita, si ripresentassero. Sono stata forte per te. Perché tu mamma, tu hai conosciuto la vera sofferenza, prima con i tuoi genitori, poi con papà. Eppure non hai mai tramutato la sofferenza in amarezza o rabbia. Tu sei sempre stata buona, hai sempre sperato che la vita ti riservasse dei momenti di gioia. Non hai reso arido il tuo cuore e ti prometto che anche io farò lo stesso. Perdonami mamma, se puoi, perché nonostante i miei sforzi, non sono stata in grado di proteggerti...-

Vorrei continuare, dirle tutto ciò che ho dentro, ma la mia voce si spezza e non ho intenzione di scoppiare a piangere; quindi mi richiudo nel mio silenzio. Stringo la corona di peonie tra le mani, annusandola e lasciando un bacio leggero su uno dei petali chiari. Poi la getto in acqua.
Resto lì a guardarla galleggiare, con lo sguardo perso.
David si avvicina, stringendomi da dietro, con Jess e Aiden che si tengono al mio fianco. Tutti si avvicinano allo strapiombo, gettando in acqua la peonia che avevano tra le mani. Poi si allontanano, dandomi un colpetto sulla spalla o una carezza sul viso.
Guardiamo la corona di fiori allontanarsi, spinta dalle onde: più si allontana, più sento mia madre allontanarsi da me; forse perché solo adesso ho realizzato che non la rivedrò mai più.

Quando stiamo per tornare, David mi informa del fatto che i miei amici hanno già organizzato il trasferimento, mentre eravamo alla cerimonia.
Le cameriere assunte da Nora, hanno spostato le nostre cose alla tenuta; una parte di me ne è felice, non voglio più rivedere quelle camere alla pensione, troppa sofferenza tra quelle mura...
Arriviamo davanti alla tenuta: i giardini sono ancora più curati dell'ultima volta, anche la facciata è stata ridipinta e adesso sembra ancora più grande e sorprendente.
In questo momento mi mette così in soggezione che correrei a gambe levate verso l'isola, nella nostra accogliente e piccola casa. Nella mia adesso, lei non vivrà più lì... mi correggo amaramente.
Le grandi porte sono chiuse e a terra noto un biglietto.

Per Amy Deveraux

Lo rigiro incuriosita tra le mani, anche David lo fissa aggrottando le sopracciglia. Apro subito la busta.

Troverò chi ti ha fatto questo, bambina mia, te lo prometto.
Corinne.

Lo accartoccio in un moto di rabbia. Continua con le sue stupide ricerche, come se potesse servire a qualcosa, come se potesse restituirmi mia madre.
Inoltre è stato Rick Galloway, Mark non era nemmeno alla cerimonia, deve vergognarsi per ciò che ha fatto suo padre e francamente sono felice che non sia venuto. So che non c'entra nulla con suo padre, ma non l'avrei tollerato.

-Credi che riuscirà davvero a scoprire qualcosa?- domando a David.

-Non credo. La polizia ha già fatto le sue ricerche e i piani di quel criminale sono sfumati- risponde risoluto.

Bussiamo alla porta e subito una cameriera viene ad aprirci: indossa una divisa di colore scuro con un grembiule; sembrano quelle dei vecchi film, simili a quelle dei Van Dalen.

-Buongiorno, signorina Deveraux, io sono Camille- sorride. È una donna dal viso gentile, deve avere sui quarant'anni e porta i capelli biondi legati in una treccia.

-B...buongiorno. Grazie- non so come comportarmi. Cosa dovrei dire a queste persone? Mi sento così a disagio.

-La signorina Deveraux ha bisogno di rilassarsi. La accompagno nella sua stanza a rinfrescarsi, le saremmo grati se volesse prepararci il pranzo. Per favore faccia in modo che nessuno la disturbi, come può immaginare, è stata una mattinata dura.- David parla con naturalezza e formalità, evidentemente lui è molto abituato a tutto questo.

Continuo a guardarmi intorno: tutto mi sembra così grande, così eccessivo. So di essere taciturna e probabilmente di poca compagnia; nonostante ciò David continua a starmi accanto, cerca di rendermi tutto più facile e gli sono grata per questo.
Saliamo al primo piano, dove ci sono le camere padronali. Apro la porta di fronte alla camera scelta da Jess e Aiden, ignorando deliberatamente la porta della camera di Anita.

La stanza è un trionfo di colori pastello: una tonalità di verde acqua e azzurro, che la rende incredibilmente rilassante.
Come le altre al centro c'è un enorme letto matrimoniale. Le grandi finestre lasciano filtrare la luce e c'è un armadio di colore chiaro. Poco distante noto una scrivania, sulla quale c'è il mio album da disegno e una porta dietro alla quale deve esserci il bagno. David siede sul letto, facendomi un cenno di incoraggiamento, affinché vada a rinfrescarmi.
Apro la porta del bagno, anch'esso è molto grande: ci sono una doccia e una vasca rotonda, il tutto sempre sulle stesse tonalità pastello, adornate con finissimi mosaici.
Odora di pulito e di nuovo, si sente che è stato ridipinto tutto da poco.
Quando decido di  uscire dal bagno, David è ancora lì ad aspettarmi, sorride mestamente e subito andiamo a pranzo.

Le altre due cameriere si presentano, mentre ci servono la zuppa: Danielle e Josette, dicono di chiamarsi. Non riesco a mangiare nulla e terminato il pranzo ritorno in camera.

-Ti lascio sola- sussurra David, mentre io mi stendo sul grande letto.

-No, David, per favore... resta.- Lo guardo con aria implorante.

-Credevo ti desse fastidio la mia compagnia. Non hai parlato molto...- mi scruta, cercando di interpretare la mia espressione.

-Non potresti mai infastidirmi- gli rispondo con sicurezza e a quel punto lui si avvicina al letto e si distende accanto a me.

-Goditelo, formaggino, perché sarà l'unico giorno in cui ti permetterò di startene a letto a rimuginare. A meno che tu non voglia fare altro su questo letto, in tal caso potremmo anche starci tutto il giorno.-
Sta cercando di tirarmi su e per un momento riesce addirittura a strapparmi un sorriso. Affonda il viso nei miei capelli, stringendomi i fianchi. Chiudo gli occhi, godendomi le sensazioni del suo profumo e delle sue forti braccia che mi circondano.

Il vento soffia violento, circondandoci e facendo svolazzare il mio vestito. Le mie scarpe affondano nella sabbia e Frederick mi fissa con aria implorante. Dai suoi capelli un po' lunghi, cadono goccioline d'acqua che scorrono lungo il suo viso. Le onde si abbattono violente sulla scogliera, il solo pensiero che debba affrontare tutto questo mi angoscia.

-Non essere triste, Anita, ti prego. Tornerò presto, non ti accorgerai nemmeno della mia assenza- mi stringe tra le sue braccia, mentre affondo il viso nel suo petto.

-Signore, dobbiamo andare- un uomo ci interrompe. Si trova accanto a una piccola imbarcazione in legno, deve condurre Frederick alla nave ormeggiata al largo.

-Sta' attento Frederick, ti prego-  accarezzo il suo viso, baciandolo dolcemente. Di nuovo quella sensazione di angoscia mi pervade e non mi abbandona per tutto il tempo.
Stringo il ciondolo al mio collo, mentre lo vedo allontanarsi da me, avviarsi verso la nave, su quella imbarcazione.
La pioggia e il vento continuano ad abbattersi sul mare e su di me. Prego silenziosamente affinché torni, prego perché i miei presentimenti siano soltanto frutto della mia irrazionale paura di perderlo.

Sobbalzo con il cuore in gola. Tocco frenetica le braccia che mi avvolgono e il viso di David.

-Amy! Che c'è ?- sobbalza preoccupato.

Deglutisco. -Scusami, un ricordo di Anita. Frederick stava partendo, ero così angosciata per lui... così allarmata. Quando è andato via era come se mi avessero strappato una parte di me, mi ha suggestionata così tanto che al mio risveglio credevo di non trovarti... che in realtà fossi stato tu a partire.- Appoggio il viso sul suo petto e mi stringo a lui.

-Non vado da nessuna parte- mi rassicura, dandomi un bacio.

****

Così è trascorsa la settimana peggiore della mia vita. Ho cercato in tutti i modi di abituarmi alla grandezza della tenuta e alla disponibilità delle cameriere.... inoltre la vicinanza di Nora mi ha aiutata molto. I primi giorni sono rimasta chiusa in camera, spesso tra le braccia di David che anche la notte non mi ha mai lasciata sola. Con pazienza ha cercato di farmi uscire, almeno dalla stanza.
Non ha avuto molto successo con il resto: non sono più uscita dalla tenuta.
Jess e Aiden stanno compilando i moduli per il nostro trasferimento universitario alla città di Rainissance e ho affidato il Sun alla madre di Jess, saprà prendersene cura.
Ho addirittura messo in pratica una sorta di routine giornaliera: tra l'ora di pranzo e la cena ne approfitto per leggere qualche libro in giardino, visto che la biblioteca è immensa ho una vasta scelta; oppure dormo, visto che le notti sono il mio incubo personale.
Non credo di riuscire a continuare per molto, David e i miei amici stanno cominciando a perdere la pazienza, inoltre non ho più toccato il mio album da disegno.
La cosa peggiore di tutto questo è che gli incubi sono tornati. In precedenza la vicinanza di David mi faceva rivivere tutti i ricordi felici di Frederick e Anita; ora invece non faccio altro che sognare la sua morte o quell'incubo che mi fa star male, di cui non ricordo nulla al mattino. Questa calma apparente che mostro all'esterno e che i miei amici mostrano, nasconde una grande preoccupazione e consapevolezza: perché in fondo tutti sappiamo che non è ancora finita.

 
   
 
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