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Autore: tsukuyomi_    13/05/2018    2 recensioni
✿ Tsunade/Dan ✿ Tsunade/Jiraiya ||
Perché una misera e flebile speranza non lo avrebbe mai lasciato. Esisteva sempre quel Chissà!, che non abbandonava per nulla al mondo il suo pensiero, il suo animo, i suoi desideri. [...]
[...] «Dovevi proprio commentare in quel modo, Orochimaru?», borbottò Jiraiya, osservando con la coda degli occhi la Principessa allontanarsi a passo svelto da loro, da lui¹. Senza voltarsi neanche una misera volta, desiderosa di riversare il suo dolore in altri luoghi, lontana da occhi indiscreti.
[...] [...] «Preferivi forse che lo vedesse in quello stato? L'ho fatto per lei, nonostante mi sia divertito a vedere la sua espressione di puro dolore.» Rispose, senza alcuna emozione, fatta eccezione di un insano divertimento che arricciò i lineamenti del suo viso, che ricordavano perfettamente quelli dei rettili che tanto amava. «O forse preferivi di no, così avresti potuto tranquillamente scoccare una freccia a tuo favore, Jiraiya?».
[ Questa storia partecipa al Contest "L'amore è dietro l'angolo" indetto da Nede&Rohan sul forum di EFP. ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dan Kato, Jiraya, Tsunade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Nickname EFP/Forum: tsukuyomi_ / 6Misaki
Titolo: Ti ha amato, ti ha avuto, ti ha perso; Ti ha amato, ti ha allontanato, ti ha perso
Citazione scelta: La numero 13 e la 15: “L'amore, c'è chi ne parla tanto e chi invece silenziosamente lo vive". 
"I miei occhi ti diranno di noi, insieme ai miei baci, perché tra mille carezze sarai il mio respiro". 
Fandom: Naruto.
Coppia: Tsunade/Dan ( → Tsunade/Jiraiya ).
Rating: Verde.
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale. 
Note: Questa storia partecipa al Contest "L'amore è dietro l'angolo" indetto da Nede&Rohan sul forum di EFP. 






 

Ti ha amato,
   ti ha avuto,
       ti ha perso;

( Ti ha amato,
ti ha allontanato,
ti ha perso. )



Si lasciò ricadere su una bassa sedia del suo appartamento, socchiudendo le palpebre, mentre un sorriso dal retrogusto amaro comparve silenzioso sulle sue labbra con una lentezza tale da distruggere ogni cosa che, ne era sicuro, lo rendesse vivo, reale in quel mondo che non riusciva ancora a comprendere sino in fondo, e che forse non avrebbe mai capito. Nonostante tutti gli anni che erano passati, nonostante tutte le singole volte che aveva provato con tutto l'ardore che lo contraddistingueva dalla massa, nonostante tutte le volte in cui aveva miseramente fallito, nonostante tutte le sue richieste, cancellare il suo viso sorridente — o arrabbiato, o triste, o elettrizzato chessia — dalla sua mente e le sue emozioni dal suo cuore erano delle azioni improbabili, indicibili, irreali da compiere. 
Perché una misera e flebile speranza non lo avrebbe mai lasciato. Esisteva sempre quel Chissà!, che non abbandonava per nulla al mondo il suo pensiero, il suo animo, i suoi desideri. 
Nonostante tutto, nonostante la speranza che risiedeva nel suo cuore da tempi che neanche ricordava, sapeva che non sarebbe mai stato abbastanza per lei. Che non lo avrebbe mai amato quanto lui sperava, o tantomeno quanto immaginava nei suoi sogni migliori. 




* * *
 
«Dovevi proprio commentare in quel modo, Orochimaru?», borbottò Jiraiya, osservando con la coda degli occhi la Principessa allontanarsi a passo svelto da loro, da lui¹. Senza voltarsi neanche una misera volta, desiderosa di riversare il suo dolore in altri luoghi, lontana da occhi indiscreti.
L'altro, sentendosi prendere in causa, ghignò, senza rivolgere nemmeno un'occhiata al proprio compagno di team, come se non meritasse minimamente la sua attenzione — situazione, del resto, assai veritiera —. «Ah», rispose, scrollando appena le spalle con un rapido movimento fluido. «Mi dovresti ringraziare, Jiraiya.» Commentò, poi, dopo una lunga pausa di alcuni minuti.
«Ringraziare?» esclamò invece l'altro, spalancando le palpebre, sorpreso. «Di cosa? Di averla fatta stare peggio? Dannazione, Orochimaru, era sul punto di svenire! Potevi lasciare quel dettaglio per te!» continuò, furibondo, alzando il tono della voce di qualche ottava, senza la minima preoccupazione di poter essere sentito da qualche passante.
«Preferivi forse che lo vedesse in quello stato? L'ho fatto per lei, nonostante mi sia divertito a vedere la sua espressione di puro dolore.» Rispose, senza alcuna emozione, fatta eccezione di un insano divertimento che arricciò i lineamenti del suo viso, i quali ricordavano perfettamente quelli dei rettili che tanto amava. «O forse preferivi di no, così avresti potuto tranquillamente scoccare una freccia a tuo favore, Jiraiya?».

Per buona risposta lo shinobi dai lunghi capelli marmorei gli rivolse un'occhiata in cagnesco, prima di allontanarsi a sua volta, blaterando ingiurie contro il cuore di pietra di quello che, a tutti gli effetti, considerava suo amico. 
Dovrebbe imparare ad avere più a cuore i sentimenti delle altre persone, dannazione!  

 
*
 
«Tsunade?».
La donna scansò bruscamente la mano che si era appoggiata con delicatezza sulla sua spalla, voltanto il capo dalla parte opposta, allontanandosi di qualche passo mentre si sfregava incessantemente il dorso della mano sulle palpebre socchiuse e, soprattutto, sulle gote percorse da delle lunghe e interminabili scie perlacee. 
Il mondo le era caduto violentemente addosso, e questo lui lo sapeva molto bene. L'eveva pensato nel momento esatto in cui aveva appreso la notizia; fosse stato in lui, o almeno in suo potere, avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare a quella giovane donna un simile dolore, uno sconforto così marcato, grande e pesante da portare sulle proprie spalle in solitudine.
Avrebbe voluto essere la sua spalla su cui piangere, da amico, in qualsiasi occasione, accontentandosi nonostante tutto.
«Tsunade...», ritentò, cercando di fare un passo verso di lei, prima di essere improvvisamente bloccato dalla sua voce spezzata dai singhiozzi. 
«Era... solo un bambino, Jiraiya...» affermò, in molti sussurri scostanti, le sue spalle tremanti scosse dai forti singhiozzi che tentava di sopprimere. «Un bambino...».
Il giovane uomo non commentò, limitandosi a osservarla in silenzio, dandole la libertà di svuotare il suo cuore poco alla volta, pian piano, senza alcun tipo di fretta, alcun freno inibitore. Nel mentre lei si accasciò a terra, priva di forze per resistere a quella imperturbabile della gravità — incapace di stare in piedi, le ginocchia immerse nella melma da poco formata da delle enormi lacrime che picchiettavano sulle loro spalle incessantemente con forza disarmante, dando forse una misera forma di senso alla tristezza che, in quel momento, la Senju stava provando.
«... Ho sempre pensato che sarei morta prima di lui».

Jiraiya, in cuor suo, sapeva che non avrebbe mai scordato quella immagine di lei, così diversa dal solito, da come era abituato a vederla da anni, oramai. 
Debole,
Fragile,
Umana,
Donna.

Tsunade, la sua tanto amata, desiderata, quanto odiata² Tsunade, in lacrime, privata della sua infinita gioia, della sua forza, del suo conforto.
Del suo amore.

 
*
 
Jiraiya la vide riniziare a vivere poco alla volta; non era semplice rialzarsi dopo aver ricevuto una ferita tanto grande, grave e profonda, non era affatto facile ricostruire il proprio mondo dalle macerie che erano rimaste sulla base del proprio animo, era solo tanto complicato dimenticare il dolore provato. Lei, però, aveva tirato su quello che poteva, rianimandosi poco alla volta, lottanto per il proprio villaggio, per altri bambini, ragazzi, shinobi che non avrebbero più dovuto perdere la vita in battaglia in una maniera talmente cruenta come quella — perché con il suo ricordo ancora ben presente nel cuore, avrebbe reso con le sue forze quel luogo migliore, dimenticandosi del resto, dimenticandosi dei suoi sentimenti. 
Si era alzata alla bell'e meglio, ricadendo molte altre volte, lasciandosi trasportare dalle giornate più cupe e dolorose, in cui il ricordo era impossibile da nascondere come in altri giorni, dove pensare ad altro era un'opzione troppo semplice, una scelta che non si poteva permettere e prendere, che non riusciva a prendere. 
Alle volte, Tsunade ammetteva a se stessa e agli altri di sentire il bisogno di un aiuto, una spinta; in quei momenti Jiraiya diventava il suo pilastro, il suo punto fermo, la sua spalla su cui piangere tutto il dolore che era ritornato a tormentarla, in cui diventava la sua unica luce in quella oscurità che la inghiottiva. Altre volte, invece, lei lo allontanava con arroganza, affermando con sicurezza quasi palpabile di essere abbastanza forte per affrontare i propri demoni con le proprie forze da sola, aggiungendo che non era più una bambina da tanto, troppo tempo. In quei giorni Jiraiya la lasciava fare senza opporre resistenza alcuna, senza lasciarsi sfuggire alcuna negazione dalle labbra, ma accompagnando la giovane donna cona la speranza che, quelle parole, fossero realmente il punto di svolta che tanto attendeva per lei. 

 
*
 
«Oh, ma guarda un po'» esclamò Orochimaru, «sembra che quel ninja abbia fatto un certo effetto a Tsunade». 
Jiraiya fece finta di nulla, alzandosi dal proprio posto in maniera piuttosto rude anche per il suo temperamento, per il suo autocontrollo che andava mano a mano ad affievolirsi con le continue osservazioni della serpe. Scese qualche gradino in completo silenzio, prima di girarsi verso quell'amico così ambiguo, che sembrava qualsiasi cosa a una prima occhiata tranne, per l'appunto, un amico, che aveva aperto nuovamente bocca per metterlo in cattiva luce, per prendersi beffe di lui, del suo sentimento mai ricambiato. «C'è chi ha effetto subito, e chi invece non riceverà mai una forma d'amore dalla sua “lei”... non è triste, Jiraiya?» commentò, senza sforzarsi neanche di nascondere quel suo sorriso sbilenco, colmo di sadico divertimento che era ormai parte esclusiva di lui, probabilmente da sempre.
«L'amore è strano, Orochimaru» sussura, senza alcuna forma di risentimento oppure astio, nonostante il suo stesso cuore in quel momento stesse precipitando in qualche posto oscuro, nascosto, invisibile a qualsiasi occhio. «C'è chi non fa altro che parlarne, il lungo e in largo, senza alcuna forma di riservatezza. E va bene così, ognuno è libero di fare quello che si sente.»
«E tu cosa fai, invece?» chiede di rimando alla sua risposta, sinceramente curioso. 
«Io?» domandò retoricamente, sorridendo appena. «Mi accontento di amare in silenzio.» Mi sta bene così. «Va bene così, se la renderà felice non m'importa nulla di me».

 
*
 
E, per assurdo, fu veramente così. Il tempo passò in fretta e poco alla volta, senza quasi rendersene conto, la rivide tornare a sorridere come un tempo, a comportarsi con la solita sua forza, ad amare.
Certo, una forma di amore diversa dalla precedente, ma vera e profonda allo stesso modo quanto l'altra; lo capiva anche da lontano, senza neanche sforzarsi troppo per rendersene conto, senza quasi dover aprire gli occhi per comprenderlo veramente: la sua presenza lo affermava gia da sé, il suo modo di porsi era differente rispetto a tempo prima; i suoi sorrisi erano diventati celermente più luminosi, i suoi occhi rispecchiavano il suo animo nuovamente colmo di un sentimento dirompante e positivo, sereno. Il suo corpo, semplicemente, emanava quella luce che la Principessa delle Lumache aveva perso alla morte del suo amato otouto³, che però era andata rapidamente ad aumentare conoscendo quello shinobi; una luce più intensa, un fuoco più caldo, più ardente di intensità propria, più vivo.
Quell'uomo, quello shinobi, era entrato nella sua vita. Con semplicità, era entrato. Probabilmente senza neanche bussare all'animo di lei, riportandola a galla dall'oceano in cui si era lasciata annegare. Aveva abbattuto le sue barriere con un solo sguardo, una parola gentile, una carezza dalla lieve pressione. Avevano un passato simile; erano affini. Potevanano comprende l'uno il dolore dell'altra e darsi forza reciprocamente, ma non era solo quello e lui l'aveva compreso fin troppo bene dal modo in cui stavano insieme, dal modo in cui lei si comportava quando era con lui, dell'amore sincero e incondizionato che era nato nel cuore della kunoichi dopo averlo conosciuto, dopo essersi persa in lunghe conversazioni con lui, dopo essere stata salvata da un suo sorriso. 
Lo sapeva perché lui non aveva mai notato quella luce nei suoi occhi in altri momenti, in tutti quei anni che avevano passato insieme all'interno di un team, tantomento la piacevole sensazione di ammirare il suo sorriso più viviso e sincero.


«Direi che Tsunade si è finalmente innamorata» commentò Orochimaru, sedendosi al fianco del pensieroso Jiraiya, che sembrava più che assorto nell'osservare la novella coppia, il quale ritornò con i piedi per terra udendo proprio la sua cupa voce, «quasi quasi mi dispiace per te». 
«Sei diventato la voce della mia mente, per caso?» brontolò di risposta il ninja, scoccando una fugace occhiata al suo fianco, dove la serpe sorseggiava tranquillamente un qualcosa su cui lui non aveva la minima intenzione di indagare. Lui ridacchiò, scrollandò le spalle. «Chissà.»
«Ad ogni modo... sono felice per lei».
«Ah sì?» esclamò, sorpreso. «E come mai?».
«Non lo hai visto il suo sorriso? È innamorata, felice, serena... cosa potrei desiderare di meglio per lei? Sono contento che Dan l'abbia tirata fuori da quel baratro in cui, silenziosa e senza accorgersene, stava cadendo dal quale io stesso non sono riuscito a salvarla.»
«Capisco.»

 
* *

 
«Io e Dan stiamo pensando di sposarci».
Jiraiya strabuzzò gli occhi e, per poco, quasi non sputacchiò sul tavolo tutto ciò che aveva inserito con foga in bocca, allargandola a dismisura. Masticò a fatica, ingoiando tutto con la più grande velocità che possedeva, senza lasciarci nel mentre le penne. Sia mai che morisse in un modo tanto patetico! «Come... come hai detto?» borbottò, tossicchiando, ancora visibilmente incredulo. 
«Io e Dan pensiamo di sposarci, stupido!» esclamò di rimando, inarcando appena un sopracciglio. «Mi piacerebbe davvero molto se partecipassi anche tu, Jiraiya. Sei il mio migliore amico, il mio pregiato, stupido consigliere e la mia spalla su cui mi abbatto quando le cose per me si fanno troppo dure; la tua presenza è fondamentale».
«Oh, cavolo...» ridacchiò, osservando il viso della compagna di una vita, della donna che aveva desiderato da sempre, della persona che immaginava sarebbe diventata — un giorno — la sua compagna.
«Non vuoi venire?» domandò Tsunade, arricciando le labbra. «Hai una faccia!».
Il ninja scosse il capo. «Sono solo sorpreso,» spiegò. «Ci sarò» La rassicurò, sorridendo, mentre il suo animo affogava da qualche parte, lontano, nonostante si sentisse realmente rassicurato per la serenità di Tsunade finalmente ritrovata.

 
* *
 
Quel giorno in cui aveva ricevuti quella notizia, Jiraiya riuscì a vedere -tutto- riflesso chiaramente negli occhi della nipote del primo Hokage. Riuscì anche a percepire una misera dose di tristezza e, forse, anche di rimpianto.
Vide l'amore che provava per Dan — così ben ricambiaro da lui; riuscì quasi a intravedere la sua futura vita da donna sposata, sposata e felice con l'amore che desiderava e che aveva avuto. Dannatamente felice.
Vide chiaramente quei occhi ambrati parlare di lei e Dan, dei loro sentimenti, delle loro parole, delle notti di piacevole passione in cui lei, in tutto e per tutto, si lasciava andare fra le sue braccia. Quei occhi ambrati parlavano solo di loro due, lei e Dan, e nessun altro. 
I suoi occhi parlavano di carezze, che spesso lui stesso aveva visto scambiarsi con quel ninja che aspirava al titolo di Hokage, quando erano certi di non essere visti. Erano uno il respiro dell'altra; il riflesso del sentimento dell'altra parte. E lui, Jiraiya, non avrebbe mai e poi mai pensato che la tristezza, il rammarico e la perdita avrebbero mai potuto travolgere e stravolgere quelle due pozze preziose. 
Ma si sbagliava, eccome se si sbagliava. 

 
*
 
«Tsunade...». 
«Lasciami in pace!». 
«Tsunade, ti prego...».
«Lasciami in pace, Jiraiya. Vattene! Vattene!».
Ma lui bussò ancora alla porta, imperterrito.
Senza sosta.
«Vattene!».
«Dan sapeva a cosa andava in contro, accettando quella missione. Non avrebbe mai voluto vederti in questo stato, Tsunade.»
Debole,
Fragile,
Triste,
Umana.

 
«È morto per colpa mia».
«Lo sai anche tu che non è vero, Tsunade.»
«Non sono stata abbastanza forte... non sono riuscita a curarlo, non sono riuscita a salvarlo... non sono riuscita a fare nulla, nulla di quello che avrei dovuto fare...».
«Tsunade...». «Non è colpa tua se Dan non c'è...».
«Zitto! Zitto!». 
Riuscì a sentire i suoi singhiozzi nonostante la porta che li divideva, sempre più forti, sempre più intensi. Riuscì quasi a vedere le lacrime solcare il viso della Principessa, ancora una volta. Percepì sulla sua stessa pelle i suoi occhi, il suo sguardo vuoto, malinconico, privo di quella luce che solo Dan era riuscito a instaurarle, a donarle.
«Tu non lo sai, non lo sai!».
«Cosa?»
«Il sangue che vedo sulle mie mani. Il suo di sangue, Jiraiya.
Il suo viso sul punto di morte, che vedo anche quando le mie palpebre sono chiuse. La vita che lo abbandonava, nonostante continuassi a dirgli di resistere... a pregarlo di resistere...».

E lei, mentre le lacrime percorrevano il suo volto imperterrite, quello stesso viso deformato dal dolore, dall'amore perduto, stringeva tra le mani quel ciondolo che gli aveva donato prima della sua morte. Quell'oggetto che aveva donato la morte alle uniche due persone che aveva amato con tutta se stessa, e che avrebbe continuato ad amare con tutta la forza che aveva in corpo, sempre. 



 
*
 
Jiraiya restò in solenne silenzio, senza proferire parola, limitandosi a osservare il viso martoriato dal dolore della compagna del team in cui era cresciuto, diventando poco alla volta un uomo fatto e finito.
Non vi era bisogno che lei proferisse parola, in fin dei conti. Non era mai stato molto sveglio da piccolo, ma crescendo aveva imparato a studiare i dettagli, a essere un ninja. Aveva visto immediatamente quello zaino certamente colmo di abiti sulle spalla della Principessa, e non gli era sfuggita l'immagine di una giovane ragazza a qualche metro in lontananza, che attendeva impacciata il ritorno di quella che era diventata la sua maestra.
«Ho pensato di passare a salutarti.» Rivelò, senza perdersi in frivole chiacchiere.
«Quando tornerai?»
«Chissà.» Fu la sua breve risposta, seguita dall'accenno di un sorriso tirato. «Magari tra un anno, forse due... oppure mai.»

«Lascia che venga con te, Tsunade. Ti aiuterò... vi aiuterò.»
La donna scosse il capo, facendo oscillare le due basse code - diventate da tempi che neanche ricordava più così bene il suo marchio di fabbrica. Jiraiya vide nei suoi occhi il vivido desiderio di restare in solitudine con i propri più intimi pensieri e sentimenti, senza nessun altro. Sapeva che voleva restare in quella coltre di nostalgia, ricordando l'uomo che amava e che aveva tanto amato, restando sincera ai propri sentimenti.

«Lei me lo ricorda.
Io l'ho amato più della mia stessa vita.»
 «Questo viaggio è per una mia importante redenzione personale, per rimarginare le mie ferite con il tempo, come è giusto che sia.»
«... È sua nipote, Jiraiya... sola come me. E da oggi sarà la mia allieva, mi prenderò io cura di lei».

E se ne andò così, senza lasciare alcuna traccia, liberando una voragine nel petto dell'Eremita dei Rospi che, come già sapeva di per sé, per il suo sentimento non ci sarebbe stato alcun futuro. Lei era di Dan, lo sarebbe stata sino alla fine.
* * *

 

Non sarebbe riuscito a conquistare il suo cuore in nessun modo. Mai e poi mai lo avrebbe amato come aveva amato Dan, e tantomeno avrebbe pensato di tradire quel sentimento che l'aveva fatta sentire così viva, così bene. 
Perché lei, per quei sentimenti che aveva provato e per quella vita che aveva vissuto al suo fianco, sarebbe stata sincera sino alla fine, sino a quando non si sarebbe ricongiunta con lui. 










 
**********************


[ ¹ ] : Quel "lui", ovviamente, è riferito a Nawaki, il fratellino di Tsunade. 
[ ² ] : Tanto amore equivale a tanto odio, non vi pare? (?)
[ ³ ] : "fratellino".




Che dire? 
Sono decisamente contenta di essere riuscita a scrivere questa storia, raggiungendo il tetto minimo di parole (ah, che lavoraccio! xD). Spero davvero che questa storia riesca a interessarvi, e che vi piaccia almeno la metà di quanto è piaciuta a me scriverla, nonostante abbia martoriato questi poveri personaggi. :' 
In più, finalmente, mi sono tirata fuori dal blocco in cui ero tragicamente finita e dov sicuramente vi ritornerò a breve, vista la mia fortuna! Nonostante ciò, voglio lasciare alcune note per comprendere meglio cosa mi è passato per la testa e, soprattutto, il senso di questa storia:

Allora, allora, principalmente questa storia verte e ha come cardine Tsunade; anche se indirettamente, è lei il centro della storia, e il suo amore per Dan viene subito dopo. Quell'amore l'ho voluto segnare, appunto, come una nota positiva per la donna, che le ha permesso di rialzarsi dalle tenebre in cui, dopo la morte del fratellino, era caduta. Subito dopo, appena accenato (anche se può non sembrare, ma voi dovete leggerlo in chiave amichevole — come l'ho immaginato, e non in chiave romantica) l'amore mai sbocciato tra Tsunade e Jiraiya. Lo si nota, ad esempio, in quella nota di "rimpianto" che Jiraiya intravede nei suoi occhi. 


In più, sono davvero contenta di aver scritto qualcosina su queste due coppie, che mi hanno sempre attirato (soprattutto per la cara Tsunade, personaggio a mio parere fantastico da curare e scoprire). 
Grazie per essere arrivati a leggere sino a qui! *-* 

tsukuyomi_

 
   
 
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