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Autore: _astronaut_    13/05/2018    1 recensioni
||SPOILER AVENGERS:INFINITY WAR||
"Se non uccide, fortifica", dicono.
E' proprio così?
Raccolta di One-Shots tutte tra loro collegate per creare una storia più lunga narrata dal punto di vista di Tony e degli altri personaggi; se non avete ancora visto il film, non leggete (siate saggi, non rovinatevi la visione di uno dei film più emozionanti dell' MCU!). Enjoy!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Canzone consigliata: Ruelle – Recover

STEVE

 
 “Di cosa hai paura?”
Da ragazzo, a questa domanda, avrei risposto: “Di nulla”.
Accanto a me avevo Bucky, che cosa avrei dovuto temere?
Ora invece potrei rispondere solo ed unicamente col silenzio: ho troppe paure da esprimere, così tante e così terribili, che se fossero colori, si ricomporrebbero nel nero, ma un nero più nero degli occhi della notte più scura.
 
Di cosa ho paura?
 
Non lo so nemmeno io con precisione.
So di aver paura di perdere tutto quel poco che mi è rimasto.
So di aver paura di non riuscire ad alzarmi, non questa volta.
So di aver paura di chiudere gli occhi e di addormentarmi, perché il viso di coloro che ho perso si sgretolerebbe all’infinito davanti a miei occhi.
So di aver paura di essere inutile, in caso di un nuovo scontro, di fronte a un titano come Thanos – odio dirlo, so che suono superbo, ma perdere non è mai stato nel mio stile.
Ma soprattutto, so di aver paura di vedere Tony morire dissanguato sotto i miei occhi.
Il mio cuore non è in grado di reggere altre perdite. Non oggi, non domani, non tra una settimana.
 
Pietà!
 
Nat, Bruce, Rhodes e Thor si sono appena ritirati nel palazzo di T’Challa, e ora nel grande piazzale, deserto e solcato da profonde crepe, siamo rimasti solo io e Tony, i nostri respiri rotti a rompere il silenzio, mentre tutto intorno a noi si tinge di meravigliose tinte rosse, gialle e arancio – come se nulla fosse cambiato -.
 
E invece è cambiato tutto.
 
Tony alza gli occhi per incontrare i miei, e vederlo così devastato non fa che farmi sentire ancora più debole di quanto io sia disposto ad ammettere.
“Tony” sussurro il suo nome, che assume un sapore e un significato tutto nuovo: sa di affetto e amicizia, nostalgia e pentimento, dolore e preoccupazione “Te la senti di alzarti?”
“Steve” mormora in rimando, il viso contratto in una smorfia di dolore “Mi sento svenire”
 
Non ci provare nemmeno. Ti voglio bene, ma non ho intenzione di portarti in camera in stile principe azzurro!
 
“Capitan Ghiacciolo” sorrido a quello stupido nomignolo datomi anni fa “Sarei comunque una bellissima principessa” dice con l’ombra di un sorriso sul suo volto stanco.
Non riesco a non ridere sommessamente mentre lo aiuto ad alzarsi, cercando di non far trapelare la preoccupazione che quella ferita mi fa provare.
 
E’ impressionante quanto ancora riesca a leggermi nel pensiero, nonostante tutto.
 
Lo conduco alla camera vicino alla mia, ancora vuota, e tiro fuori da un armadietto l’occorrente necessario a medicarlo.
Lui mi guarda profondamente mentre, seduto sul letto, cerca di far passare il senso di nausea che lo pervade per lo sforzo e per il calo di pressione che in questo momento sta avendo.
“Sei in versione crocerossina?” domanda mentre si leva faticosamente la giacca della tuta incrostata di sangue.
Non so cosa rispondergli, non voglio che si chiuda a riccio. Voglio davvero solo aiutarlo.
“Se non vuoi” dico con la voce un po’ tesa preventivando il suo rifiuto – odia farsi vedere debole e ammettere di avere bisogno di aiuto – “Basta che tu non me lo dica. Non ho alcuna intenzione di darti fastidio”.
Sto già per andarmene, quando lui mi chiama: “Steve” dice a mezza voce “Cristo, Steve” sospira “Non ho detto che non voglio il tuo aiuto” si passa nervosamente una mano sul viso “Solo… Voglio prima lavarmi e magari mangiare qualcosa. Tu… torna pure, ma… Ho un attimo bisogno di stare solo, per piacere”
Non riesco a spiegarmi tutta questa gentilezza, ma annuisco, poi me ne torno in camera.
Mentre mi spoglio dell’uniforme incrostata di sangue, riaprendo dei tagli sulle mie braccia che stavano per richiudersi, mi viene la spiegazione al comportamento di Tony, e scuoto la testa, pensando che inconsciamente ci stiamo tutti comportando come lui: ogni nostra parola potrebbe essere l’ultima che i nostri cari ci sentono dire, e non vogliamo entrare in contrasto con nessuno perché ciò di cui abbiamo bisogno è sapere di avere qualcuno di reale accanto, e chi ha la forza di litigare con i pochi amici che – incredibilmente – sono rimasti vivi? L’affetto, ora e, probabilmente, per sempre, prevale sull’orgoglio.
Apro il getto d’acqua, che mi colpisce gelido per poi diventare tiepido, e infine caldo.
Inorridisco guardando l’acqua ai miei piedi tingersi di un rosa acceso, merito delle mie ferite e del sangue altrui, mentre nel bagno si diffonde un forte odore di sangue e polvere.
Pensando che la mia sia solo una forma di soggezione, prendo a strofinarmi energicamente testa e corpo con shampoo e bagnoschiuma per tre volte, ma respirare diventa sempre più difficile.

Mi manca l’aria.
 
Serro gli occhi e vedo Sam che ride sereno, Wanda e Visione che si tengono per mano.
Spengo il getto dell’acqua, ansimando, esco in fretta e furia dalla doccia, mi avvolgo un candido asciugamano in vita, apro in fretta e furia la finestra, inspiro aria pulita, ma l’odore è ancora lì.
Ma la cosa che più mi ha spezzato, è stato vedere davanti a me Bucky che mi abbracciava, sorridendo della sorte che lo aveva visto di nuovo combattere a mio fianco, solo poche ore fa. Un sorriso sornione, anche un po’ sbruffone, ma un sorriso sincero e, in un certo senso, felice.
L’odore di cenere si mischia a quello che ho sempre ricollegato a Bucky – profumo di casa -, e ciò provoca in me un forte senso di nausea: combatto contro un calo di pressione terrificante, riesco a stento a mettermi intimo e pantaloni prima di dovermi accucciare sul wc e, preda di dolorosi crampi, cominciare a dare di stomaco mentre dal dolore – fisico o mentale? – i miei occhi stillano lacrime salate che mi scivolano sul viso.
 
Ho fallito, Buck.
 
E ammetterlo fa male, fa molto, molto male.
Fa male come aver visto Bucky cadere giù dal treno negli anni ’40.
Fa male come averlo visto in crisi quando, pochi anni fa, l’ho risvegliato dalla sua condizione di trance assassina.
Fa male come averlo visto buttarsi in acqua per salvarmi la vita e poi andarsene.
Fa male come averlo visto ammanettato su una sedia in una cellula di sicurezza, che alla fine, non era servita a niente.
Fa male come averlo visto riaddormentarsi nella culla criogenica in Wakanda.
 
Fa male, fa male e basta.
 
“Oh, merda, Steve” la voce di Nat giunge ovattata alle mie orecchie, e mi giro appena per vederla accucciarsi accanto a me, un bicchiere d’acqua del rubinetto in mano.
Lo accetto pronunciando un flebile “Grazie” e mi sciacquo la bocca, poi mi infilo la maglietta – mi imbarazza che qualcuno veda il mio corpo – e lascio che Nat mi aiuti a rialzarmi in piedi.
“Ehi, ragazzone” cerca di farmi sorridere “Sei più pesante di quanto ricordassi, levati un po’ di muscoli”
Sorrido, ma subito il mio viso tradisce una smorfia di disgusto: sento ancora quell’orribile odore.
“Portami da Tony” le ordino con gentilezza.
“Ma stai male, sudi freddo!” protesta spalancando i suoi grandi occhi verdi.
“Nat” sospiro “Per piacere”
Natasha alza gli occhi al cielo, poi mi sostiene per quei pochi metri che devo percorrere per andare da Tony: lo trovo disteso a petto nudo sul letto, il viso concentrato mentre guardava il notiziario, la bocca serrata per la tensione, la ferita aperta in bella vista.
Si gira verso di noi, facendo scorrere velocemente lo sguardo da me a Nat e viceversa, poi, come suo solito, ironizza: “Debole di stomaco, Cap?”
 
Non mentirmi, Tony, non ne sei capace: sei stato male anche tu.
 
“Smettila di fare lo splendido” lo redarguisce Rhodes facendo capolino dal bagno “Anche tu stavi avendo un incontro ravvicinato del terzo tipo con il wc”
Una risata sommessa pervade la stanza.
 
E’ tutto così normale da far male.
 
“Alzi la mano chi non è stato male” si difende Tony con un sorriso amaro poco dopo.
Il silenzio cala velocemente nella stanza, e con una scusa Nat e Rhodes scompaiono dalla nostra vista.
Senza attendere altro tempo, prendo garze, fasce e disinfettante e mi siedo sul letto di Stark.
“La puzza di sangue e di cenere. E’ vomitevole. La sento ancora”
Annuisco. “Sono stato male anche io per lo stesso motivo. Ah, Tony… farà male” dico mentre esamino la sua ferita e versando su una garza il disinfettante.
“Me lo merito, dai, per tutte le cose che ho fatto” ridacchia amaramente, poi aggiunge “Credo di soffrire della < sindrome da sopravvissuto >, ed è la cosa più brutta che mi sia mai capitata. Non oso pensare a come tu stia, Steve. E’ la seconda volta che ti capita”
Mi mordo il labbro, gemendo per il dolore: è spaccato e, scioccamente, me ne sono dimenticato. Mi passo una garza sul labbro, tamponandolo, temporeggio. Non so come rispondere a ciò che Tony ha detto perché di nuovo, ha colto nel segno.
Sindrome del sopravvissuto.
 
Perché non io?
 
Mi stringe la mano, trasmettendomi comprensione: non è il tipo che parla in maniera serena dei suoi sentimenti senza nascondersi dietro l’ironia, preferisce parlare coi fatti. Sospiro, limitandomi ad annuire e a ricambiando la stretta con decisione e gentilezza.
So anche cosa essa voglia dire; è una richiesta, che comprendo senza bisogno che la esterni: “Fa che il dolore dell’alcool sulla ferita allevi, almeno per un momento, il dolore mentale che sto provando”, sembra dirmi, ma dice anche: “Mi fido di te”.
Obbedisco, medico Tony il più delicatamente possibile, ma il bruciore è davvero intenso e doloroso, lo sento irrigidirsi e aspirare aria dai denti pur di non urlare mentre le sue mani stringono le lenzuola con forza.
“Scusami” mormoro quando ho finito di fasciarlo “Ho finito”
Si rilassa, lasciandosi andare a un gemito di sollievo.
“Grazie” risponde tornando a guardarmi. Poi, dopo qualche secondo, aggiunge: “E’ bello averti di nuovo accanto”
Sorrido davvero. “Lo stesso vale per me, Tony”
 
Can we recover? Can we get over this?
 
 
 
Angolino disagiato
Uhm, salve! So che rispetto a “And it hurts like hell” è più corta, però ecco, credo non scenderò mai sotto le tre pagine di Word, sennò non ha nemmeno senso consigliarvi una canzone da ascoltare in sottofondo!
Ve lo confesso, non ho resistito, e ho pensato: “Proviamo con un < What If? > !” Cercherò di inventarmi qualcosa che possa assomigliare almeno vagamente a ciò che potrebbe accadere nel prossimo film.
“And it hurts like hell” diventerà quindi il titolo di una storia più lunga, che proverò a scrivere al meglio delle mie capacità; analizzare tutti i personaggi sarà complicato, ma di sicuro i POV di Steve, Tony e altri – che non vi spoilero perché sennò vi tolgo il gusto della sorpresa – ci saranno! Mi importa poi che vi sia anche una certa attenzione nel cambiamento dei rapporti tra i vari personaggi: un’esperienza come quella che hanno vissuto li segnerà per sempre, giusto?
Grazie a tutti coloro che hanno letto fino a qui, grazie a tutti coloro che hanno messo “And it hurts like hell” (la One-Shot che ha dato inizio a questa storia) tra le storie preferite, ricordate o seguite: davvero, mi scaldate il cuore!
Grazie anche a coloro che hanno letto “Cold Water” e che l’hanno messa tra le preferite, ricordate o seguite: thank you very much! E grazie mille anche ai lettori silenziosi, voglio bene anche a voi.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se volete e se ne avete voglia, ogni feedback è per me importante!
Proverò ad aggiornare ogni due settimane (scusatemi, so che è tanto tempo, ma la scuola prosciuga tutte le mie energie… Prometto però che, se mai dovessi riuscirci, aggiornerò ogni settimana!).
Nel dubbio, domenica sera verso quest’ora, provate a controllare, così vi potrò augurare anche la buonanotte e un buon inizio settimana.
Per ora quindi vi abbraccio, a presto!
_astronaut_
   
 
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