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Autore: DredaSM    14/05/2018    0 recensioni
Jared Ouray è un ragazzo problematico.
Nonostante sia benestante non perde occasione per dimostrarsi una vera e propria testa calda. Sarà Gad, suo nonno, a tentare di riportarlo sulla retta via portandolo nelle foreste della sua tanto amata riserva.
Tuttavia, non passerà neppure un giorno che il ragazzo scapperà e sarà proprio sul rettilineo intrapreso in macchina che, nel buio, una figura a quattro zampe sbucherà fuori all'improvviso provocando l'incidente in cui perderà i sensi.
Quando si risveglierà si scoprirà diverso.
Perchè lui? Cosa gli sarà successo veramente? Come potrà tornare ad essere ciò che era prima?
E, soprattutto, questa trasformazione gli cambierà solamente l'aspetto o anche il cuore?
Genere: Avventura, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP 2:
 
Ci mise diverso tempo per riprendersi.
In un primo momento non capì dove potesse essere e non ricordò neppure cosa fosse successo. Dovette passare quasi un minuto prima di fargli ritornare tutto alla mente, come fossero scene di un film visto a rallentatore.
Tornò in se, ma non sapeva quanto tempo fosse ormai passato. Il silenzio sovrastava la zona molto più di prima ma si accorse che non era più seduto nella macchina e non aveva neppure la testa contro il volante sul quale aveva perso i sensi.
Aprì gli occhi ma non riuscì a vedere nulla e il mal di testa prese ad aumentare.
Gemette di dolore dopo aver provato a muovere qualche muscolo. Una stilettata bollente dietro il collo partì da questo e percorse tutta la spina dorsale.
Tutto ciò che riuscì a comprendere fu che era stato disteso sul fianco destro e che si trovasse al suolo. Attorno a se vi era solamente il buio.
In un primo momento era circondato dal totale silenzio ma un rumore gli entrò nelle orecchie catturando la sua attenzione: un pianto. Come una goccia d’acqua che continua a cadere, a ogni singulto sentiva il rimbombo del suono in tutta la sua testa.
Schiuse le labbra secche in cerca dell’acqua che non sarebbe arrivata di certo da sola. Aveva sete.
Sentì una ventata di vento gelido e tremò sentendo talmente tanto freddo che pensò quasi di essere nudo lì nel mezzo della foresta.
Forse dei ladri passati di lì lo avevano spogliato dei suoi averi e lasciato inerme nel bosco?
Poco probabile.
Di sicuro il tizio che lo aveva levato dall’interno del furgone non aveva chiamato l’ambulanza. Forse si trattava di uno dei bracconieri di cui aveva parlato a pranzo suo nonno? A dirla tutta erano anni che giravano per quei territori. Li aveva anche visti una o due volte di ritorno dai suoi viaggi lampo quando sua madre era malata.
Non avrebbero mai chiamato soccorsi. Non avrebbero avuto di che rispondere sul perché, di notte, questi si aggirassero per certi spazi aperti e disabitati e neppure si sarebbero presi la briga di fare una chiamata anonima dovendo per forza utilizzare un numero di cellulare.
Uno sparo, freddo e tagliente, fendette il quasi totale silenzio confermando la sua versione.
Già, non poteva che essere bracconieri in cerca di qualche bella preda nelle terre della riserva a cavallo della strada.
Sentì il rumore del pianto martellargli in testa ancora più di prima. Chiunque esso fosse, sembrava essersi spaventato al suono di quello sparo e Jared non gli dette di certo torto.
Chiunque si spaventerebbe al suono degli spari così vicini, in un posto isolato e senza avere la certezza di poter incontrare gente diplomatica.
Eppure avrebbe creduto quasi che quel pianto fosse il proprio o che forse si potesse trattare dello scherzo della sua immaginazione o del suo mal di testa.
Fu in quel momento che, prima di aprire di nuovo gli occhi chiari nel buio profondo, provò a muovere la mascella per parlare.
-Ehi…- rantolò. Neppure le sue stesse orecchie sentirono quel lieve rumore. Dopo qualche colpo di tosse, quasi avesse ingoiato il Sahara accompagnato da un bis di Montagne Rocciose, tentò di nuovo di prendere parola.
-Ehi- riuscì a dire con voce più normale. -Cosa… cosa succede?- domandò Jared, non sapendo come altro fare per comprendere il punto della situazione. Non vedeva niente e non stava capendo più nulla ormai. Ragionare per conto proprio era difficile.
Provò ancora ad aprire gli occhi, riusciva ora a mettere a fuoco abbastanza da vedere i contorni degli alberi e della macchina a circa cinque metri di distanza. Decise di tenere le palpebre chiuse per rilassare gli occhi e attenuare il mal di testa opprimente.
-Credo di essermi rotto qualcosa- frignò la voce di un giovane che doveva essere poco più che un bambino.
-Dannazione…- mormorò a denti stretti Jared.
Ora aveva capito.
Per colpa del suo colpo di sonno doveva aver preso sotto un ragazzino intento probabilmente a chiedere un passaggio. Possibile? A quelle ore di sera e, ironia della sorte, proprio sul pezzo di tratta da lui intrapreso con gli occhi appesantiti dal sonno? Era vero, non aveva gli occhi aperti e quindi non ne aveva la certezza ma sperava che stesse meglio di quanto s’immaginava.
Ci fu un altro sparo e quello fece scaturire dal più giovane un gemito strozzato.
-Che succede?- domandò Jared, ancora più preoccupato.
-Il rumore… i fuochi- rispose il ragazzo prima di essere interrotto da un altro sparo ancora.
-Sono solo bracconieri. Non ci uccideranno, anzi, probabilmente potranno chiedere aiuto a qualcuno… spero-.
Le sue parole avrebbero dovuto risollevare il morale del ragazzo, era per quello che fingeva di crederci sul serio, ma sapeva benissimo di star dicendo una bugia. I bracconieri, pur di evitare rogne, li avrebbero lasciati lì, abbandonati a se stessi.
Il ragazzo aveva ragione ad averne paura e Jared iniziava ad agitarsi.
-Allora…- mormorò serrando gli occhi dopo aver tentato di riaprirli ancora una volta.
Quella carta doveva lasciarla a parte. Inutile continuare a controllare se ci vedesse bene o no in quel momento. Meglio concentrarsi su qualcosa per riuscire ad andare lontano da quel luogo. Immediatamente.
Doveva cercare di salvare la pelle a entrambi.
Il cellulare purtroppo non l’aveva con sé. Era sicuro di averlo lasciato in casa del vecchio, per cui non poteva chiamare soccorso.
-Ehi, hai un cellulare?- provò a chiedere Jared, tentando di sedersi per terra per stare un po’ più comodo.
Il giovane ci mise qualche secondo di troppo a rispondere, cosa che innervosì Jared.
-Cosa?- domandò con tono incerto lo sconosciuto.
-Lascia stare. Ascolta: dobbiamo trovare un modo per uscire da questa situazione e chiamare soccorsi. Io non riesco a vedere niente, probabilmente ho battuto troppo forte la testa. Puoi darmi una mano?-
Non gli andava a genio doversi appoggiare a qualcuno in questo modo ma di sicuro non poteva fare di più, per entrambi.
Jared cercò di voltare il capo in direzione del punto in cui doveva trovarsi l’altro ragazzo.
Seguirono ulteriormente altri tre spari, uno di seguito all’altro. Sembrava che i bracconieri avessero adocchiato qualcosa e che questa non fosse stata presa al primo colpo.
Pochi secondi.
Un altro sparo vibrò in aria e colpì il punto prefissato.
Un grido agghiacciante lo seguì.
-No… No! Arty!- urlò il ragazzo in lacrime vicino a Jared col tono di voce incrinato.
D’improvviso, in quei pochi istanti, un rombo sconquassò le orecchie di Jared. Ebbe quasi lo stesso senso di vertigine provato prima dello schianto.
Sentì le frasi di sconforto del giovane lì vicino e al contempo quello strano e inquieto boato dentro di se.
Fu come tapparsi le orecchie e sentire il battito del proprio cuore. Il suono dei polmoni che cercano aria e la ricacciano fuori. Ma non era di Jared quel misto di rumori e sensazioni. Ciò che sentiva, in realtà, erano le condizioni di qualcuno in serie difficoltà.
Il fragore del cuore che accelera. Il respiro frequente e affannoso. Tamburi che battevano i loro suoni dentro la sua testa con forza, violenza. E poi, solamente un sussurro.
Randy… Lany…”.
Si trattò solamente di un mormorio soffiato, come dettato da qualcuno lì, al suo fianco, e per Jared fu come avere quei nomi marchiati a fuoco nella propria testa.
In seguito, ebbe un’enorme sensazione di vuoto e di gelo, paragonabile a ciò che si prova quando si manca un gradino o quando ci si rende conto di aver dimenticato qualcosa di dannatamente importante.
Era perso.
Non sentì più nulla se non l’ambiente circostante e si accorse di essere scosso dai brividi.
Fece passare qualche secondo per tentare nel migliore dei modi di rimettersi in piedi e, quando si sentì la sensazione di essere diritto con la schiena, si disse abbastanza soddisfatto.
-Arty…- mormorò senza voce il giovane lì, vicino a lui.
-Cos’è successo? Chi è Arty?-
-Hanno… hanno ucciso mio fratello. N-no! Arty!- proruppe in un grido disperato, lento e straziante.
Se quel che diceva il ragazzo era vero, e cioè che quei tizi dal grilletto facile avevano appena ammazzato una persona a sangue freddo, allora sì che avrebbero dovuto iniziare a preoccuparsi.
Nella testa di Jared iniziarono ad accendersi diverse lampadine d’allarme. C’era una situazione di rischio, non vi erano oramai più dubbi.
Che fossero bracconieri, assassini o gente facente parte di un attentato, la cosa da fare era comunque la stessa: scappare.
-Dobbiamo andarcene. Ora!- sentenziò Jared mantenendo la voce bassa ma perentoria.
Da quel poco che era riuscito a capire, si trovavano di fianco alla strada, non molto lontano da questa e neppure dal luogo in cui era stato ucciso Arty.
Troppo rischioso. Non erano per nulla riparati.
-Riesci a camminare?- domandò al ragazzo, una volta che questo sembrò essersi ammutolito.
Nemmeno gli spari successivi lo sbloccarono da quel torpore mentale che ci si sente addosso quando qualcuno che si ama muore. Jared sapeva bene ciò che stava passando in quel momento il ragazzo, ma dovevano darsi una mossa per non fare la stessa identica fine.
-Come ti chiami?- gli chiese, cercando di farlo parlare e trovando un modo per avvicinarsi in direzione della sua voce.
-Randy- mormorò questo.
-Io sono Jared. Jared Ouray. So come ti senti, sul serio, ma dobbiamo alzarci e camminare. Mi capisci?- forse troppo duro con il tono di voce ma non c’era tempo da perdere. Non poteva neppure lasciarlo indietro, oltretutto aveva bisogno dei suoi occhi per vedere in che direzione andare.
-Non riesco a muovermi… non posso alzarmi- rantolò Randy dopo qualche secondo.
-Così avrai fatto morire tuo fratello per niente- rispose Jared con tono fermo.
Doveva dare una svegliata al ragazzo o avrebbero davvero rischiato grosso.
-Non parlare di lui in questo modo!- sbraitò il giovane, liberando una parte della rabbia che portava ora dentro di se. Anche si fosse beccato un pugno in faccia, a Jared sarebbe importato poco. L’importante era uscire vivi da lì.
Lo sentì alzarsi in piedi sopra la sterpaglia. Vacillava ma si era finalmente tirato su.
-E allora muoviti e andiamocene!- rispose in malo modo Jared, seguito da un altro colpo di pistola che sferzò l’aria proprio vicino al suo viso.
Sentì colare il caldo sangue sulla guancia e il bruciore del taglio provocato dal proiettile. Lo avevano colpito. Di striscio, ma preso proprio in pieno. Li avevano localizzati e ora miravano a loro due. Non gli avevano mai sparato addosso, nonostante le sue bravate.
Spalancando gli occhi sentì l’adrenalina scorrergli nel sangue.
-Andiamocene!- gridò.
Si mossero per cercare di dirigersi il più veloce possibile verso la meta: il profondo del bosco. Pochi istanti di corsa e sentì avvicinarsi qualcun altro al suo fianco. Questo, dopo un primo spavento di Jared, lo indirizzò per la giusta strada rimanendo al suo fianco.
Dietro di loro, gli spari arrivavano precisi come palle di cannone e li sfioravano di continuo in quella folle corsa zoppa e disperata.
Soltanto alcuni minuti dopo riuscirono a distanziarsi e a nascondersi abbastanza bene da non essere più seguiti dagli uomini armati. Passò almeno un’ora prima che, sfiniti, crollassero su un manto di foglie secche e rami umidi del sottobosco.
 
Quando Jared si risvegliò non seppe capire dove fosse e neppure di che giorno si trattasse ma ebbe l’impressione di non aver aperto per nulla le palpebre, nonostante avesse la certezza di aver aperto gli occhi.
Aveva ancora problemi alla vista?
Assottigliò lo sguardo e provò a cercare dettagli nel buio. Li trovò.
Bagliori sottili di luce si muovevano sopra la sua testa, tra le fessure e le sporgenze del soffitto in pietra. La debole luce era smossa e vibrante, come riflessa da uno specchio d’acqua.
Ne sentì il rumore. Goccia dopo goccia cadeva dentro una pozza da qualche parte nel luogo. Il suo stesso respiro produceva un debole eco tutt’intorno.
Aveva l’aria d’essere una grotta.
Sapeva che in quel territorio ve n’erano almeno una decina, abbastanza profonde da poter ottenere un’oscurità simile ma in sole sei di queste c’erano sorgenti d’acqua all’interno. Piccole pozze abbastanza sostanziose da rendere quelle fredde grotte comode tane per dei branchi di lupi e orsi.
Chiunque lo avesse portato in quel posto lo aveva adagiato su un letto di erba secca e pagliericcio dietro ad una grande roccia. Da dietro questa sembrava arrivasse la luce del giorno.
Rimase a riflettere per un po’ ma, dopo qualche minuto, decise di muoversi e di provare a sedersi.
Non fu affatto facile perché la testa ancora gli doleva e i muscoli indolenziti reclamavano il loro tanto agognato riposo.
Iniziò a pensare di essersi fratturato qualcosa. Una costola? Una gamba? Una vertebra?
Si sentiva strano dal momento in cui si era risvegliato dopo l’incidente.
-Ma… che?- mormorò con la bocca ancora impastata dal sonno e portando la mano alla testa.
Appena prese a grattarsi sembrò che al posto delle unghie avesse delle piccole lame che lo pizzicarono dolorosamente e subito si ritrasse di soprassalto.
Rimase con la destra a mezz’aria per qualche secondo ma poi accantonò il fatto e fece spallucce. Meglio analizzare un problema per volta e cercare, prima di tutto, la luce del sole.
Era tutto intero e non aveva nessun dolore serio. Si sentì solo stranamente scomodo.
Forse proprio perché aveva dormito sopra a un misero giaciglio di paglia sistemato su dei sassi contusi…
Più si guardava attorno e più si sentiva diverso.
La grotta non era molto alta a ben vedere, non sarebbe dovuto riuscire a stare in piedi al suo interno, eppure la sensazione era di essere in perfetta postura.
Abbandonato anche questo mistero, si concentrò sull’uscire da quel buco freddoloso e dirigersi verso l’uscita illuminata da quello che sembrò essere sole mattutino.
Uscito, dovette richiudere immediatamente gli occhi per il forte bagliore sprigionato dalla palla di fuoco nel cielo.
Riprovò a osservare qualcosa intorno a se ma il sole picchiava sui suoi occhi e sembrò che ancora non fosse guarito dal suo problema visivo.
-Dannazione...- mormorò Jared scrollando il capo con stizza.
-Ehi, si è svegliato!- gridò qualcuno.
Al suono di quella voce estranea, Jared si voltò istintivamente verso destra, direzione dalla quale si era sentito il grido.
-E’ vero. Chiamate Dreda!- urlò qualcun altro poco più lontano facendolo ricapitolare verso la direzione opposta.
Era confuso. Si sentiva il cervello come un enorme polpo sulla testa, intento a sprigionare scariche elettriche dai suoi tentacoli fino al resto degli arti. Dovette comunque riconoscere che, rispetto a pochi minuti prima, il male iniziava ad affievolirsi.
Sentiva tanti movimenti ed intuì che per lui fosse meglio starsene fermo lì per evitare di scontrarsi contro qualcuno o qualcosa.
Perché, se questa gente li aveva trovati, non li aveva portati all’ospedale? Non avevano chiamato un’ambulanza? Perché portarli in una grotta? Poteva parlare solamente per se giacché non sapeva dove fosse finito Randy.
Provò a chiedere proprio di lui a qualcuno ma nessuno disse niente. Il fremito di tutti quanti era nell’aria, tanto che avrebbe potuto sentirlo calare come nebbia tutt’attorno.
Dove cavolo era finito?
-Chi diavolo è?- chiese qualcuno sovrastando tutti in quella cerchia di gente. Dalla voce sembrava essere qualcuno d’imponente e alquanto irritato.
-Se vuoi sapere il mio nome basta chiederlo a me: sono Jared- rispose il ragazzo, innervosito dal suo tono.
Se la questione fosse degenerata chissà se avrebbe avuto il coraggio di fare a botte con un ragazzo reduce da un incidente stradale e dalla fuga da un gruppo di tizi armati. Sempre ammesso che ne fosse a corrente, certo.
Il fendente, inaspettato e repentino, gli arrivò dritto in faccia pochi istanti dopo.
-Tu non sei nessuno, nomade. Non ti permettere mai più di usare quel tono con me, sono stato chiaro?!- sbraitò questo mentre Jared, da terra, dove era finito a seguito del colpo incassato, sputò un grumo di sangue ritrovatosi in bocca e tornò a fronteggiarlo.
Di pugni in faccia ne aveva ricevuti parecchi, ne portava anche i segni in vari punti sul naso, sulla bocca e sul sopracciglio destro, ma un pugno del genere non l’aveva mai sentito impattarsi contro il suo viso. Pareva quasi che questo indossasse un tirapugni dentato alla mano.
Un grugnito da parte dell’energumeno e subito fu richiamato da un'altra voce. Era una voce femminile e autoritaria.
-Lex! Allontanati!- intimò questa, dando l’impressione di comandare a bacchetta quel tizio. Probabilmente Lex era il tipo che lo aveva colpito pochi istanti prima.
E quella chi era? Sua sorella?
-Tutto bene?- domandò lei facendosi più vicina. Il tono era più calmo ma comunque distaccato. Non sembrava molto preoccupata.
Dava l’idea d’essersi trovata di fronte una rogna grande come una casa di cui ora si sarebbe dovuta occupare, contro la sua volontà per giunta. Forse aveva altro di meglio a cui pensare che sbrogliare certe matasse.
-Non riesco a vedere granché bene- disse Jared decidendo di rispondere alla sua domanda. Non aveva di certo il coltello dalla parte del manico per dettare lui le regole. Si sentiva piuttosto circondato in vero…
-Non sei stato colpito dai fuochi… non gravemente almeno. Il graffio sotto l’occhio è già guarito-
-Che cosa?- domandò Jared frastornato piazzandosi subito la destra sulla faccia.
Un proiettile lo aveva colpito di striscio provocandogli una lacerazione che addirittura aveva grondato sangue per una buona mezzora, ed era già guarito?
La sensazione sotto la pelle però fu quella. Non sentiva nulla. Guarito. Né croste e neppure sangue.
Com’era possibile?
Poi gli venne un dubbio.
-Quanto tempo è passato? Dove siamo? Dov’è Randy?... che giorno è?- chiese frastornato non capendoci più niente.
Doveva trovare dei punti fermi o si sarebbe messo le mani nei capelli gemendo in un moto di stizza.
Se solo avesse ritrovato quel ragazzo per fargli domande e cercare risposte…
-Il sole si è già affacciato due volte da quando sei arrivato con Randy. Lui è con sua sorella ora, immagino tu sappia il perché. Ti trovi nelle mie terre, a nord. Tu di che territorio sei? Chi è il tuo superiore? Rispondi-
Se avesse potuto tenere gli occhi aperti, anche contro la luce del sole e l’ipersensibilità delle sue iridi, l’avrebbe squadrata da capo a piedi come se fosse stata un’aliena.
Perché parlava di “terre” e “territori” appartenenti a qualcuno? Qualcosa non tornava… Ma era ancora in Canada?
-Terrrrritorio?- domandò allora Jared, strascicando le consonanti e piegando il capo a destra. La stava prendendo in giro, ma forse gli avrebbe spiegato ugualmente qualcosa di più.
Lei, esasperata, sbuffò riprendendo la parola.
-Da dove vieni? Come sei arrivato fino a qua? Il tuo manto e il tuo odore sono al quanto inusuale da queste parti… non sei di questa zona, dico bene?-.
Dai toni iniziava a essere non poco spazientita ma dalle frasi Jared sembrava non capirci proprio più nulla.
Vaneggiava?
Chi aveva battuto la testa, lui o lei?
Eppure lì attorno ci dovevano essere altre persone. Le aveva sentite e le avvertiva anche in quello stesso momento bisbigliare chissà cosa e a chi.
-Scusami un attimo-
In seguito a quelle parole aprì di nuovo gli occhi e, finalmente, non c’era più il buio. Riuscì a vedere meno sfocate le cime degli alberi, le montagne ed uno stormo di uccelli che, proprio in quel momento, passava basso nel cielo annuvolato.
Infine, abbassò lo sguardo e li vide.
Tutt’attorno vi erano animali a quattro zampe dal manto chiaro-scuro e dai lunghi musi con le orecchie ritte verso l’alto e lo sguardo acceso diretto a lui.
Spalancò gli occhi e trattenne il respiro cercando di muoversi il meno possibile da lì.
-Oh mio Dio…- sussurrò tra se e se tentando di fare un passo indietro, ma il lupo di fronte a lui abbassò la testa alzando gli occhi verso i suoi in segno di minaccia e si fermò.
Tornò a guardarsi attorno.
Era letteralmente circondato mentre dietro di se aveva solamente la grotta.
Era in trappola.
-Randy?- domandò a bassa voce. Da qualche parte doveva essere… Ma la gente che gli stava parlando poco prima? Dov’erano finiti tutti quanti?
-Ti ho detto che Randy si trova con sua sorella Lany in questo momento. Vedi di darci informazioni utili, nomade Jared-
Ecco la voce della ragazza che gli parlava anche in quello stesso momento. Dove diamine era?
-Io… voglio vederlo. Ora- disse Jared con la voce incrinata, preoccupato.
Oramai quel ragazzo era il suo unico punto fermo e in più, con tutti quei lupi di fronte, voleva riuscire a scappare in qualche maniera e portarselo dietro.
-Eccomi… ci sono problemi?- domandò qualcuno poco lontano da lì. Era Randy, lo riconobbe subito.
Perché però non lo vedeva da nessuna parte? Non c’erano tracce di esseri umani nelle vicinanze e, ironia della sorte, i lupi erano aumentati. Ne arrivarono altri due a passo tranquillo.
-Dove diavolo sei?!- sbraitò Jared mantenendo la voce bassa ma il tono agitato.
-… Sta male?- chiese questo e in quel momento, vedendo voltarsi contemporaneamente un lupo grigio di quelli appena giunti, qualcosa d’impossibile gli fece venire un’idea altrettanto impossibile nel cervello.
-Siete stati colpiti da quella strana cosa umana. E’ possibile che sia scosso e che abbia riportato conseguenze. Forse ha battuto la testa- disse la ragazza mentre delle voci risero in sottofondo tutt’attorno.
Capiva da che parte giungevano le voci ma non riusciva a comprendere chi e dove fossero le persone che stavano parlando.
-Si chiamano automobili e gli umani li usano per andare da un territorio all’altro- disse una voce divertita.
-Non m’interessa come si chiamano e a cosa servano… hanno quasi ucciso un membro del mio branco. E tu… Randy, perché tu e tuo fratello eravate in quella zona oltre il limitare del territorio?- ringhiò il lupo davanti a Jared voltandosi verso uno dei lupi più lontani. Questo appiattì le orecchie al cranio ed abbassò il capo.
-Arty ed io avevamo sentito l’avvicinarsi degli umani e siamo andati a cercare Anouk che era andata a caccia proprio in quella zona. Sapevamo che erano intenzionati a cercarla e così la volevamo avvertire per tempo- la sua voce era macchiata dall’amaro della morte del fratello, ma parlò con rispetto verso il suo interlocutore.
-Anouk?- chiese la voce femminile ed autoritaria.
-Si è diretta nelle terre a est ma ora sarà sicuramente tornata nel nostro territorio-
-L’ho vista. Sta bene, stava raccontando di un umano che gli ha gettato addosso qualche pietra minacciandola di romperle la testa… ma ci pensate? Questi esseri umani stanno diventando giorno dopo giorno più insostenibili-.
L’ultima voce, diversa dalle altre, sembrò provenire da uno dei lupi alla sua destra. Questo, comodamente seduto con le zampe posteriori, dava quasi l’impressione che stesse facendo chiacchiericcio con altri due lupi lì al suo fianco, raccontando del più e del meno su questa Anouk.
-Bene. Anouk almeno è salva-, riprese a parlare la voce proveniente dal quadrupede di fronte a Jared, il quale, ancora con il cervello inebetito, rimase fermo lasciando parlare gli altri e rimanendo lui stesso senza parole.
-Dreda, se posso permettermi…- tornò a parlare Randy. Il lupo con le orecchie basse si fece largo tra gli altri simili affiancando poi quello grigio di fronte a lui. Jared notò il suo zoppicare sulla zampa posteriore destra ma vi fece solamente caso. –Suggerirei di lasciar riposare qualche altra ora il nomade. Non sembra ancora in grado di rispondere alle nostre domande-.
Dopo qualche momento di riflessione, la voce di Dreda parlò di nuovo.
-Concordo. E sia, nomade Jared Ouray, torna pure a riposare ma alla comparsa nel cielo della Sfera Chiara verrò a cercare le risposte che voglio-.
Pochi secondi dopo quasi tutti i lupi si allontanarono e Jared fece un sospiro di sollievo.
Rimase solo il lupo zoppicante che si voltò verso di lui guardandolo in volto.
-Entra nella grotta e riposa, hai l’aria stanca e sembri assetato-
Ora iniziava sul serio a dare di matto. In pochissimo tempo, con una corsa di qualche secondo sempre dritto davanti a se, si ritrovò di fronte ad un torrente. Avvertì appena il sopraggiungere di qualche lupo alle sue spalle.
Era pronto a saltare verso l’altra sponda ma quando tentò di guardare in basso per constatare la lontananza da un capo all’altro del piccolo torrente, vide il suo riflesso nello specchio d’acqua e gli manco l’aria per qualche secondo.
Un grido così forte non l’aveva mai fatto prima in vita sua.
   
 
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