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Autore: Barbra    15/05/2018    1 recensioni
Questa fanfiction è un crossover tra l'Universo di Pokémon Adventures (il manga) e l'Universo di "Avatar, the Legend of Aang"/ "Legend of Korra". La storia si svolge, secondo la cronologia Pokémon, dopo gli avvenimenti di Sole e Luna. Secondo la cronologia di Avatar, dopo la morte di Korra e la nascita della sua successiva reincarnazione.
DAL TESTO: Il Maestro dell'Aria Meelo scese dalla tribuna dei giudici e si diresse verso la sedicenne senza una parola.
Era stato chiamato per controllare che la sua allieva non “sporcasse” la Prova dell'Acqua applicando tecniche del Dominio dell'Aria per tenere d'occhio gli avversari. Sapeva bene che la cieca, nel cui mondo non esistevano né forme né ombre, avrebbe usato il Senso del Sangue al posto del super-udito che i montanari le attribuivano. Tuttavia, non si aspettava uno scivolone così clamoroso da parte sua. || NOTA: canon-divergent || PERSONAGGI PRINCIPALI (non in elenco): protagonista OC, Sird (pg esclusivo del manga), Lunala, Giratina (Pokémon); Raava e Vaatu (Avatar). TERMINATA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arceus, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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2.Spiriti




Fu un processo lampo, a porte chiuse.
Dopo una ramanzina da parte del giudice sulla sua condotta in aula, Gong fu bandita dalla Repubblica della Terra per tre anni.
Fu accompagnata da una scorta militare da Ba Sing Se fino alla costa settentrionale del continente e poi si imbarcò su una nave di ultima generazione diretta al polo: la Tribù dell'Acqua del Nord, patria natale alla sua nonna materna, si era detta felice di darle asilo.
La giovane Avatar rimase serena come una bambina in gita scolastica, finché non si rese conto che nessuno Shan si sarebbe presentato a salutarla. Aveva infangato il nome della famiglia e la pena sarebbe stata più severa e duratura dell'esilio.
Si imbarcò lagnandosi, chiese telefonate che non le furono concesse e prima di partire riuscì a convincere un corriere a recapitare una lettera dettata a un militare della scorta.
La navigazione si preannunciò terribile: la cieca scoprì di soffrire il mal di mare.

 
*

Erano le quattro del pomeriggio, il sole aveva ormai ceduto il posto alla lunga notte polare.
Gong era aggrappata al parapetto della nave incurante dei pericoli e del freddo. Piegata in due, regalava al mare tutto il cibo pieno di burro che aveva mangiato, pregava che il viaggio finisse presto. Ne aveva abbastanza di stare china su un secchio, stava valutando se tuffarsi e proseguire fino alla costa aiutandosi col suo Dominio dell'Acqua.
«Pew!» udì alle sue spalle. C'era un animale a bordo della nave, ma non era né un ratto né un uccello. Sbucò da chissà dove e le si avvicinò fino a sfiorarle un polpaccio. «Pew!».
Gong spostò istintivamente la gamba ed entrò nella forma Avatar per guardarlo: non era un animale, ma uno Spirito dai tratti infantili. Era simile a una minuscola nuvola blu, poco più piccolo di un pallone da beach volley e così leggero da levitare a pochi centimetri da terra. I suoi occhi dorati come monete erano sgranati dal terrore, dal lato sinistro della sua testa si alzava una nuvoletta simile a un pompon che lui agitava senza tregua. La sua omologa destra era deformata e immobile.
«Pew!» ripeté.
Era spaventato, aveva bisogno di aiuto, la pregava di seguirlo. Saltò da solo in mare e scivolò sull'acqua senza bagnarsi. «Pew! Pew!» gridò. «Peew...!».
Il suo verso acuto le entrava nella testa come il pianto di un lattante: Gong si tuffò dietro di lui in Forma Avatar e lo seguì senza pensare. Il piccoletto correva a perdifiato. «Pew!» la chiamava di tanto in tanto, sempre più agitato.
Presto, la nave non fu più a portata d'orecchio.
Il cucciolo sparì nel buio o sotto le onde basse, non si fece più sentire.
Gong si ritrovò in mezzo al mare nella notte artica.
«Ehm... peew...?» imitò maldestramente.
Niente da fare: nessuna risposta.
All'improvviso un predatore alato le piombò addosso con un grido da belva e la disarcionò dalla sua sfera d'aria rotante. L'acqua gelida quasi la paralizzò, ma la sua Forma Avatar la protesse dal freddo.
Si levò sulle onde sorretta da un mulinello e guardò la bestia che l'aveva attaccata. Leggero e silenzioso, con un'apertura alare di almeno sette metri, uno Spirito era in guardia di fronte a lei. Forse era la bestia da cui il piccoletto scappava, o forse era la sua seconda e vera forma. Alla prima occhiata sembrava un enorme pipistrello scheletrico dai canini aguzzi, ma il suo viso non ricordava da vicino il muso di nessun animale. Le sue ali esibivano un cielo stellato in movimento e i suoi grandi occhi allungati brillavano di una fioca luce rosa scuro. Schivò con agilità le lame di ghiaccio scagliate da Gong e le si avvicinò per ipnotizzarla.
Non funzionò, la cieca gli si ribellò e lo colpì in faccia con una frusta d'acqua. Poi si dette alla fuga scivolando sul mare.
Lo Spirito emise il suo forte grido stridente e si lanciò al suo inseguimento.
Quando Gong entrò in forma Avatar per guadagnare velocità e tenerlo d'occhio col Dominio dell'Aria, non c'era più. Da nessuna parte, né in cielo né in mare. La ragazza rallentò e creò una piattaforma di ghiaccio per non sprecare energia.
L'inseguitore era sparito, forse perché la caccia si era rivelata più difficile di quanto pensasse.
Poi una luce improvvisa illuminò il cielo e Gong fu investita da un potente raggio di energia. Raava prese il controllo totale della ragazza e la difese lei stessa. Il corpo dell'ospite divenne azzurro e luminoso come il vetro. Il ghiaccio sotto di lei si sciolse e Gong si ritrovò in acqua mezza svenuta.
La creatura accennò un sorriso malvagio, mostrando due file di piccoli denti aguzzi. Planò su di lei e la raccolse dall'acqua senza sforzo. La tenne delicatamente nella mano scheletrica e parlò con una voce femminile e profonda: «Ma guarda, l'uccellino è vivo! Allora aveva ragione lui: sei piuttosto dura da buttare giù!».
Gong prese fiato, entrò nella Forma Avatar e le soffiò sul viso una vampata di fuoco.
«Ah...!» gridò lei. Serrò le palpebre, scattò all'indietro e lasciò la presa. Mentre ancora strizzava gli occhi si alzò il vento.
La vampira chiuse le ali per non essere trascinata via, ma un attimo dopo sentì la testa in un vuoto d'aria.
Si portò le dita scheletriche alla gola come per spezzare una corda invisibile, cercando disperatamente di respirare. Lottò per alcuni secondi scossa dalle convulsioni, poi la luce rosa scuro nei suoi occhi sgranati si spense.
Non era un vero Spirito, o non avrebbe avuto bisogno d'aria per sopravvivere.
Cadde in acqua a peso morto e tornò a galla ad ali aperte, immobile a faccia in giù.
Gong, che non aveva mai ucciso neppure un animale eccetto insetti e ragni, andò in agitazione. Creò una piccola piattaforma di ghiaccio accanto alla vittima e vi si posò per toccare le sue grandi ali di membrana.
D'un tratto, la creatura si rianimò e la trascinò sott'acqua con sé.
L'aveva ingannata: era veramente uno Spirito.
Era la seconda volta che Gong cadeva in un tranello del genere, ma ora le sarebbe costato molto più di un esilio. Era stanca, la sua riserva d'aria si stava esaurendo e il gelo iniziava ad intorpidirle le membra. Cominciò a pensare di abbandonarsi a una morte prematura.
Prima che uscisse dalla sua Forma Avatar per l'ultima volta, due occhi rossi come braci apparvero nel buio davanti ai suoi. Quello che le parve un gigantesco serpente marino si scagliò contro di lei e la spinse all'indietro, finché l'oceano artico non scomparve come per magia.
Gong si ritrovò a galleggiare nell'aria, in una notte buia e senza stelle né nubi.
Tossì e si rigirò goffamente come se ancora stesse nuotando: non distingueva il sotto dal sopra, non percepiva né terra né acqua nei dintorni.
Il mostro che l'aveva portata lì le si avvicinò mentre ancora scalciava. «Raava...!» bisbigliò. Aveva una voce mentale molto potente, sussurrava solo per non danneggiare l'udito della cieca. «Sembra che tu non mi riconosca...».
Gong gli si rivoltò e tentò di nuovo col fuoco: soffiò una fiammata sulla sua enorme maschera d'oro. Lui avvertì a stento il calore, non accennò neppure ad arretrare.
Fu distratto improvvisamente dalla voce offesa della sua scheletrica complice. «Potevo catturarla io!» lo rimproverò.
Lui continuò a bisbigliare. «No, Lunaala. Tu stavi combinando un disastro».
«Oh, non è vero! Avevo tutto sotto controllo!» si indignò lei. «Mi ero solo scordata della modalità “sputafuoco”».
Il drago scosse la testa. «Stavi facendo un casino. Primo, il freddo li danneggia troppo: si ammalano, tossiscono e poi muoiono. Secondo... tu la stavi affogando».
Parlava come un irritante saputello qualunque ma ricordava, nel complesso, un enorme centipede o persino un gigantesco serpente. Le sue sei ali a tentacolo terminavano con degli aculei rossi, sei spuntoni foderati di un metallo dorato gli proteggevano i fianchi, mentre il petto e l'addome a bande trasversali rosse e nere erano scoperti.
«...prima fingi di darmi carta bianca e poi pretendi che le cose si facciano sempre e solo a modo tuo. Ogni. Santa. Volta. Deciditi!» gli stava dicendo la vampira di nome Lunaala. «Tu...».
«Ma chi siete?!» la interruppe Gong, disperata.
Avrebbe dovuto starsene zitta.
La vampira sorrise e volò verso di lei. «Ra-a-ava...!» scandì in tono un po' canzonatorio, un po' di rimprovero. «Noi due non ci conosciamo, ma per lui credevo avessi una memoria... migliore!».
Il demone sbuffò.
«Tu sei quello che mi ha spaventata da bambina!» piagnucolò la cieca, rivalutando tutte la sue ore di psicanalisi e meditazione.
«Non parlava con te, sporca umana!» la rimproverò lui. Tenere la voce bassa in quel momento era un vero sforzo. «E tu, vecchia maledetta... lo so che puoi sentirmi! Non ti ricordi di me? Non hai idea di chi io sia?!».
Si stava arrabbiando, i suoi occhi mandavano lampi.
Lunaala gli prese la testa tra le mani da chirottero e lo costrinse delicatamente a voltare il muso verso di lei. «Calmati...!» gli disse. «È chiaro che non ti riconosce, non è la fine del mondo».
Il drago tacque, imbambolato. Ma appena girò lo sguardo si accorse che Gong si stava allontanando, e per lui fu l'ultima goccia.
«E' la sua fine!» urlò, lanciandosi al suo inseguimento.
Lunaala cercò di afferrarlo per la coda senza successo. «No! Giratina!» gli gridò dietro. «Non possiamo buttare via altro tempo!».
Se l'avesse uccisa, avrebbero dovuto attendere la maturazione di un altro Avatar. Raava si sarebbe preparata meglio per contrastarli, mentre il suo nuovo lato umano avrebbe potuto essere cocciuto e combattivo, o svogliato e indolente, troppo tranquillo o troppo irascibile, troppo coraggioso o troppo prudente. Avevano trovato la natura adatta e non potevano perderla per niente.
Giratina si lanciò contro la povera ragazza e la superò alla velocità di un'auto in corsa. Poi fece un giro della morte e tornò indietro per passarle di nuovo accanto. Lei era visibilmente disorientata, non aveva modo di difendersi. Chiamò a sé una roccia vagante che si dissolse spontaneamente prima di raggiungerla, cercò invano di influenzare il metallo indossato dal drago e poi di tenerlo lontano con un soffio infuocato.
Nulla da fare: giocava con lei come un'orca assassina con la preda.
Lunaala cercò di difenderla mettendosi tra lei e l'altro Spettro. Poiché le dava le spalle non si accorse della luce che stava invadendo il suo corpo. Raava uscì dall'ospite rimanendo agganciata ai suoi occhi e alla sua gola, la sua luce brillò nel crepuscolo violaceo come un piccolo sole. Gong rimase esanime, sospesa nel vuoto con la bocca semi-aperta e gli occhi spalancati. Giratina si era allontanato appena aveva capito le sue intenzioni, Lunaala era stata investita dal bagliore e aveva perso immediatamente i sensi.
«No..!» urlò il dragone, e si tuffò nell'aura per raggiungerla. Incurante del dolore e delle ustioni sulla pelle grigia, la afferrò con la finta mandibola a tenaglia e la trascinò con sé nella penombra, al sicuro.
Raava, coi suoi dieci metri di altezza e il suo corpo bidimensionale, non sembrava neppure fuori posto in quel mondo alterato.
Guardò il drago fantasma e parlò nel suo linguaggio semi-spirituale: “Qílādìnà! Come... come ti sei ridotto?!”.*
Lui lasciò andare la sua amica e scattò in avanti come per aggredirla. “Non lo sapevi, vecchia figlia di un tappeto?!”.
“No... non ne avevo idea” gli rispose. Non mentiva: non aveva mai più pensato a lui o ai suoi simili dopo essere fuggita dal loro Universo, non si era mai domandata quale effetto avesse avuto su di loro restare fuori dalla sua influenza.
Vaatu l'aveva raggiunta e sfidata alla Convergenza Cosmica successiva, gli altri erano rimasti imprigionati nel loro mondo e lei se ne era completamente dimenticata. E il suo eterno avversario, che eccezioni a parte non li aveva mai avuti in simpatia, non aveva fatto nulla per ricordarle dei suoi vecchi alleati.
“Non sapevi che... bugiarda!” la accusò il serpente.
Il Grande Spirito della Luce non lo ascoltava, si guardava intorno covando angoscia. Non vedeva stelle, né pianeti, né forme di vita mortale. “Cos'è successo?”.
“Ci hai lasciati nell'Ombra, ecco cos'è successo! Vaatu si è trattenuto qui per più tempo di te e questo Universo è rimasto polarizzato verso di lui. Noi, noi Spiriti, ne subiamo ancora le conseguenze”.
“Questo l'ho intuito, la mia domanda era un'altra: il Mondo Materiale è scomparso?”.
“Ahimè... no. Questo è “l'altro lato”. Ma anche il resto non ti piacerà”.
Raava si allarmò. “In che senso?”.
“Vedrai” ridacchiò Giratina.
Lo Spirito guardò oltre il corno sinistro della sua maschera. “La tua amica sta andando alla deriva” lo avvisò con un cenno, cancellandogli l'espressione divertita dagli occhi rossi.
Il dragone si voltò perplesso e si precipitò a recuperarla. Il suo ectoplasma blu ustionato si rigenerava velocemente, presto si sarebbe ripresa da sola. Giratina la tenne accanto a sé mentre riprendeva la sua chiacchierata. “Beh, neanche la tua sta bene” osservò. “Adesso torna dentro di lei: il pianeta è invaso dai suoi simili, ci si troverà bene”.
“Im...possibile. Sono passati al massimo cento cicli, è ancora un mondo primordiale. È troppo presto per la sua specie”.
“Presto? Non siamo più voncolati alle tue regole, Grande Spirito del Buonismo e del Natale. Dialga ha accelerato i tempi e Palkia ha dato un contributo alla contaminazione importando umani da altri universi. Per te sono passati cento cicli, ma il pianeta ha avuto la sua regolare evoluzione e adesso ospita la loro brutta specie. Non so perché abbiano deciso di introdurla: ad oggi è la fonte della maggioranza dei nostri problemi. Ma tu... non correre. Segui le mie regole e alla tua umana non sarà fatto del male”.
“Non dire sciocchezze, non hai bisogno di ricattarmi. Dimmi cosa vuoi e basta”.
“Uccidere il mio creatore. E i miei due grandi rivali, i miei cosiddetti fratelli”.
“Qiladina... non credo di poterlo fare. È la tua unica richiesta?”.
“No, ma tutto il resto passa in secondo piano”.
Raava sospirò. “Parlami di tutto il resto”.



 
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Autrice: non voglio scaricare nvu perché ho già abbastanza problemi coi miei programmi di scrittura che si odiano a vicenda. L'editor di efp mi pare complicato quindi a me basta che le parole si leggano (a voi no... eh, vedrò cosa potrò fare in futuro). Ho pubblicato in fretta perché questa parte è molto connessa alla precedente, ora rallenterò. Questo capitolo è il primo punto di contatto tra i due fandom, e qui si vede il motivo dell'avvertimento OOC. Nel senso, Giratina non ha quel carattere, in ogni sua manifestazione non parla e si comporta come una bestiaccia. Facciamo che faceva finta per disprezzo verso i comuni mortali, ok? Capita in Avatar che gli Spiriti non accettino di parlare coi mortali. Lunala nel manga non è ancora comparsa (la chiamerò Lunala, Lunaala è una storpiatura sua) e non so bene che ruolo avrà, perciò facciamo che questo è un esemplare diverso da quello del manga.
Un consiglio sul versante delle tematiche delicate se avete deciso di continuare a leggere: per favore, pensate da politeisti.
*NOTA IN RITARDO: non so se l'ho scritto nel testo o si intuisce, ma quando scrivo " e " significa linguaggio pokemon, mentre le virgolette basse « e » indicano il linguaggio umano.
Buone giornate.
   
 
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