Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: Manto    15/05/2018    5 recensioni
Prima classificata al contest “L’immaginazione vi porterà dappertutto [CONTEST MULTIFANDOM]” indetto da wurags sul forum di EFP
❤ Quarta classificata al contest “The crack - The ship - The canon! Get ready! - II edizione” indetto da missredlights sul forum di EFP, e vincitrice del premio per la migliore storia nella Categoria Ship.
Tamaki Amajiki x Nejire Hado
"«Quanti desideri esprimerai sotto queste lanterne?»
Una pausa che parve un grande sospiro, o l’ombra di un sorriso pervaso di quiete. «Forse è solamente uno quello che esprimiamo, ma in modi diversi.
Tutto ciò che già abbiamo, ma vediamo spesso troppo tardi; qualcosa che non è poi così lontano da noi.»
Distante solamente un battito? Lì io sono sempre…
… Lì sei sempre anche tu."
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nejire Hado, Tamaki Amajiki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NOTE INTRODUTTIVE: Siccome all’inizio è lasciata velata come informazione, la fic si ambienta subito dopo l’“Internship Arc” (quello che riguarda le vicende di Nighteye, Chisaki…).
I personaggi sotto presentati non mi appartengono; la storia è stata scritta senza scopo di lucro.



♦ Storia partecipante al contest
The crack - The ship - The canon! Get ready! - II edizione
indetto da missredlights sul forum di EFP


♦ Storia partecipante al contest
L’immaginazione vi porterà dappertutto [CONTEST MULTIFANDOM]
indetto da wurags sul forum di EFP



A un Battito da Te





Gli occhi di Nejire erano unici: si riempivano della notte e delle infinite forme della città, le luci scivolavano nelle iridi e vi rimanevano fino a quando il giorno successivo non trovava la strada per ritornare; in quel momento, il cielo non sembrava più così distante da lui.
«Quasi mi dimenticavo come ci si senta ad avere una serata solo per sé. Ed è da così tanto che non guardiamo più le stelle insieme!»
E la sua voce… quel timbro allegro e dolce al medesimo tempo, che rimaneva nell’aria anche dopo interi minuti, come la traccia di una carezza.
Dopo quella di Mirio, era stata la seconda che si era aperta un varco nel suo grande silenzio e gli era rimasta al fianco — come in quell’istante, nella calma del parco che si erano trovati ad attraversare.
Da quanto tempo, lei chiedeva? Non aveva una risposta.
Quel pomeriggio divenuto rapidamente sera, quando avevano lasciato la UA e il vento dell’autunno aveva spinto la ragazza a stringersi a lui e sorridere mentre le raffiche avvolgevano i capelli pervinca intorno a entrambi, nella frase: —
Perché non facciamo la strada insieme? — aveva percepito tutta la distanza presente tra quell’istante e le prime volte in cui aveva udito quelle stesse parole; distanza che non si misurava in giorni o anni, ma in eventi e in una sottile consapevolezza che non lo aveva più lasciato, neppure tra le mani calde di Nejire che gli avevano stretto delicatamente il braccio.
Anche in quel momento c’era qualcosa, tutto intorno a loro: non un pericolo, ma più un’inarrestabile sensazione di tensione diffusa che incrinava la serenità.
Era la normalità di quell’istante, di accompagnarsi a vicenda verso casa, ad avere tutta quell’energia? Dopo gli avvenimenti che avevano vissuto, poteva davvero essere così.
E i pensieri, quelli non si fermano; non lo fanno mai. E la notte non fa che portarne altri.

«Amajiki-kun?»
La mano della giovane si strinse intorno a quella di Tamaki e la scrollò piano, per attirare la sua attenzione; e il ragazzo alzò il volto dal suolo solamente per incontrare la preoccupazione in quello dell’altra.
«Ti sei messo a tremare all’improvviso. Va tutto bene? Hai freddo?»
Ancor prima che il moro potesse replicare, lei si tolse l’enorme sciarpa che l’accompagnava da giorni e gliel’avvolse intorno con delicatezza. «Ti prenderai un malanno se non ti riguardi. E poi, come facciamo io e Togata-kun? Come duo non funzioniamo molto bene.»
Il giovane accennò un sorriso, ma non riuscì a sostenere per molto lo sguardo dell’amica, specie quando questa diminuì la già debole distanza tra i loro corpi. Nejire era legata al contatto fisico e alle dimostrazioni d’affetto intense, che spesso non lasciavano spazio alla razionalità; dopo tutto il tempo che si conoscevano avrebbe dovuto esserci abituato, o almeno sapere come reagire nei momenti in cui il suo naturale pessimismo e l’entusiasmo della ragazza collidevano con forze uguali e opposte sensazioni… invece, quella sarebbe stata un’altra delle volte in cui le già poche parole che aveva sarebbero state infrante da un entusiasmo irrefrenabile —
solamente da quello, Tamaki? —, e che di certo avrebbe meritato molto più che imbarazzato silenzio. E di certo non questo malessere. Mi dispiace, Hado-chan, questa sera non sarà per noi… temo.
«Sei strano, oggi», mormorò la studentessa, limitandosi a guardarlo da
fin troppo vicino, «quasi triste.»
Raramente il suo tono si abbassava così tanto; e ogni volta, a lui non poteva sfuggire. Ogni ombra era
sbagliata quando si rifletteva in quegli occhi blu, così grandi da sembrare sul punto di abbracciare il mondo intero; tale pensiero non l’avrebbe mai mutato.
«Beh… sono solo i postumi degli ultimi avvenimenti. Niente di più.»
No. No, non è vero, e almeno a lei e Mirio non dovresti mentire.
Nejire non rispose immediatamente, come se stesse ponderando il suono della sua voce; ma quando ritornò a sorridere, a Tamaki sembrò che i precedenti momenti non avessero preso vita, e attese.
«Amajiki-kun… vuoi ascoltare una storia?»




«La Festa dei Mille Fuochi… hai detto che con questo nome intendi quella delle Lanterne, vero?»
L’appartamento della ragazza era un’oasi di pace stretta nella furia della vita notturna; ma alla fine bastava chiudere le finestre e ascoltare solo il ticchettio sommesso del grande orologio alla parete per dimenticarsi del mondo che circondava quelle stanze. Il profumo dolcissimo del tè al gelsomino, il preferito di Nejire
[1], era un’ulteriore fonte di oblio, e si mischiava perfettamente alle frasi di pochi minuti prima — È tardissimo… andiamo a casa mia, è vicina e ci eviterà un brutto raffreddore.
«Così la chiamo io, infatti… mi piace di più», esclamò lei, staccandosi dal ripiano cucina e raggiungendo Tamaki sull’unico divano della stanza, un vassoio ricolmo di ogni genere di cibo stretto tra le mani e l’entusiasmo nello sguardo, «c’è una leggenda che la riguarda, che ho sempre trovato toccante. Vado a prendere il libro dove l’ho letta, torno subito!»
Il ragazzo recuperò al volo il povero vassoio traballante e istintivamente lo strinse a sé, il sentore della pelle della compagna incastrato tra le porcellane e l’aria mossa dalla sua corsa, e l’appoggiò sul piccolo tavolo davanti a lui un attimo prima che il ciclone celeste ritornasse nella stanza e riprendesse il suo posto, un tomo dalla copertina viola e dalle pagine ricolme di scritte già aperto sulle sue gambe.
«Te la posso leggere?»
Il moro annuì, e allora la giovane gli si fece più vicino.
«
Accadde che la natura vedesse nemici la forza umana e quella delle fiere; queste, aiutate dagli uccelli, portarono scompiglio e morte verso i primi, tanto che l’Imperatore del Cielo fu costretto a chiudere gli occhi e lasciare che gli uomini cercassero una soluzione nella stessa violenza che li stava decimando; scoppiò così la guerra, giunse in tal modo la follia. Ma dove c’è follia c’è errore; c’è cecità e crudeltà, l’innocenza non trova più una dimora. Così venne il giorno in cui un uccello sacro, intoccabile e puro, lontano dalle lotte, raggiunse l’occhio dei mortali; aveva perso la via delle stelle e la paura lo aveva fatto smarrire… così come fece con chi incoccò la freccia e mirò al suo cuore.
La volta pianse quando il corpo precipitò al suolo; ma ancora di più avrebbero pianto gli umani. Infatti, quella volta l’Imperatore del Cielo non distolse lo sguardo e si rannicchiò nella furia; e dalle sue parole uscirono voleri terribili:
“Bruci ogni cosa: villaggio, veste e persona. Brucino i bambini come i vecchi, muoiano tutti!”
E all’orizzonte già compariva un’onda di fuoco, pronta a eseguire l’ordine del supremo regnante e purificare la colpa; il mondo sembrava destinato a finire quella notte stessa, sotto la prima luna piena dell’anno…

Ma qualcun altro stava guardando; occhi capaci di provare pietà, che conoscevano sia i peccati degli uomini, sia la loro bontà.
Lei era solo una dama delle nubi, un semplice spirito; eppure scese sul suolo, abbracciò il corpo del suo compagno di voli e raggiunse un vecchio saggio che conosceva, con la velocità della disperazione. “Solo tu puoi salvare l’umanità!”, esordì quando fu da lui, “questo mio amato amico è stato ucciso, e ora il mondo sta per venire bruciato dalla vendetta del Grande Re! Cerca una soluzione in fretta o nessun umano rivedrà più la Luna, e nemmeno il Sole!”
Scosso da quel discorso, il vecchio corse allora di villaggio in villaggio, radunò gli abitanti e a tutti disse le stesse parole: “Accendete dei fuochi questa notte, e quella di domani e del terzo giorno; accendete fuochi e lanterne, creati giochi di luce quanto più potete, perché solo così potremmo salvarci dalla fine.”
Nessuno disobbedì, ognuno compì il suo dovere: e quando l’Imperatore volse lo sguardo al regno umano e lo vide rifulgere di fiamme e fulmini, credette che la purificazione fosse già avvenuta e abbandonò la rabbia.
In tal modo, gli uomini si salvarono e impararono dalla paura; e ancora oggi, una lanterna abbandona le nostre mani nel primo mese lunare, per ricordare il pericolo scampato.
»[2]
La voce si affievolì sull’ultima frase, divenne un sussurro; ma già aveva perso il tono alto e sicuro quando Nejire si era accorta che, a metà del racconto, gli occhi di Tamaki si erano inumiditi. Aveva accennato a smettere, ma la stretta che la sua mano aveva ricevuto l’aveva fatta proseguire fino a quel punto. «Amajiki-kun… scusami, non volevo farti piangere.» Un mormorio, seguito dal morbido frusciare di una lieve carezza; un solo istante di esitazione, quindi le braccia della studentessa avvolsero il compagno e lo strinsero con tutta la forza che possedevano, i suoi capelli fluirono intorno ai loro corpi come un’onda sorta a proteggerli da una realtà estranea a entrambi.
Nessun altro gesto, perché non serviva niente di più; e per la prima volta, il moro non si sentì turbato dal corpo dell’amica, così che il calore che emanava da esso abbassò i suoi muri con facilità.
Perdonami, se non sarà una serata per noi. Perdonami davvero.
«Continuo a sentire ogni cosa di quei giorni, Hado-chan», mormorò, «continuo a risentire la paura, la confusione quando quel proiettile mi ha colpito e ha annullato il quirk; rivedo lo sguardo di Kirishima, la sua preoccupazione, il secondo proiettile che questa volta colpisce lui. Avrei dovuto intervenire, non lasciare che affrontasse un avversario così pericoloso da solo; invece ho avuto paura.
E poi, tutti quegli scontri, e Mirio… Mirio…»
L’eco di un singhiozzo, strozzato in una delle ciocche della ragazza. «Non ero nemmeno con lui quando Overhaul lo ha colpito. Sono stato lontano dal fianco di chi avrei dovuto difendere; e nonostante ciò… si sono preoccupati per me.
Di qualcuno che ha lasciato che fossero gli altri a subire, e rischiato di perdere ogni cosa. Sempre.

E...»
Nella pausa che seguì, la risposta risuonò ancora più forte. «Pensi davvero questo, Amajiki-kun?»
Tutto ciò che lei lesse negli occhi neri fu più che sufficiente; «Basta così, allora», mormorò quindi, «basta così. Tutte queste ombre, questo dolore non sono nate per te, non ti devono prendere così.» Sentì il cuore dell’amico accelerare i battiti, gridare contro il proprio petto; e allora vi appoggiò una mano sopra, senza il consueto impeto ma con la delicatezza che aveva imparato da lui, e trattenne un sospiro. «Non lasciarle mai vincere.»





♦♦♦





Le luci ti guideranno verso casa, infuocheranno le tue ossa; e io cercherò di consolarti [3].
Non ricordava nient’altro di quella conversazione, udita da uno sconosciuto quando il tempo per fermarsi era poco e molte le preoccupazioni; eppure, anche se non erano rivolte a lei, le parole l’avevano inseguita per tutto il giorno, le avevano stretto le spalle quando aveva realizzato che erano le stesse che avrebbe dovuto dire a
Tamaki da giorni, da quando Mirio aveva perso il suo quirk e i pensieri avevano iniziato a fluire e confluire senza alcun controllo — le uniche che, forse, stava sinceramente aspettando.
Quella stessa mattina si era svegliata con le immagini di un sogno nella mente, una stretta alla gola; e le sue mani erano umide di lacrime.
Ho rivissuto una notte di nemmeno un anno fa; la Festa delle Lanterne nell’aria, una sensazione dolce dentro di me.
Siamo saliti sui tetti della città per guardare le luci levarsi dalla terra, il mondo capovolto e noi a lanciare quelle stesse stelle sempre inseguite; io e Mirio abbiamo scelto il luogo più adatto per liberarti dalla pressione della folla e regalarti un momento di sola meraviglia.
Lassù abbiamo lasciato correre il cielo, lassù i cuori si sono tutti uniti su un’unica frequenza e nessuno si sarebbe mai sentito smarrito, sbagliato; lassù abbiamo lasciato volare le nostre promesse e richieste.
«E tu che desiderio hai espresso nel far volare la tua lanterna?»
La mia voce non ha perso la curiosità nemmeno in quell’attimo; ma da tempo ho scoperto che verso di te non provo solo quella, non solo affetto o simpatia… e da allora mi chiedo se ci sono anche io tra i tuoi sogni.
«Una notte come questa», hai risposto nel calore di un sorriso, le stelle al tuo fianco, «anche una soltanto.»
Mi è bastato questo per comprendere la fortuna che ho avuto nell’incontrarti, e quella che ancora ho nel poterti avere vicino.
Poi… poi il sogno è mutato: il ricordo è diventato qualcosa di nuovo, una voce mi ha detto che alla prossima Festa delle Lanterne sarei rimasta sola. Perché? ho chiesto; perché, chiedi? È stata la risposta.
Poi c’è stato il silenzio: un’assenza di suono che nemmeno un grido avrebbe potuto incrinare, la lontananza, quella solitudine con cui mi hanno minacciato a voce. Anche se solo in un maledetto incubo, mi sei mancato; perché ho avuto la sensazione di non poterti più incontrare, mai.
Allora, appena sveglia ho letto una vecchia favola per ritrovare pace, e sono venuta a cercarti tra quelle parole; ed è bastato così poco per comprendere che stiamo sentendo le medesime sensazioni.
E ora… ora è il momento di mostrarle, tutte.

«Non lasciarle mai vincere.»
La sua stessa voce le risultò estranea: forse perché nemmeno lei era abituata a fare i conti con la tristezza, forse perché di solito questa non era così forte…
di certo perché non voleva vedere lui così.
La solitudine era un’ombra che non se ne voleva andare da quell’anima; aveva conosciuto il ragazzo con quella debole traccia nello sguardo, che solo la presenza di Mirio riusciva sempre a scacciare, e questa ancora sopravviveva, pronta a rispuntare al minimo calo della resistenza, davanti all’impotenza. Tamaki aveva paura di perdere gli altri, e tutto questo si rifletteva nel luccichio che lei poteva vedere all’angolo degli occhi.
Come poteva non comprenderlo? Erano in molti a considerare la sua timidezza debolezza e in troppo, troppo pochi a riconoscere la sua forza, a non tralasciare nessuno dei timori di quello che era stato un bambino sempre lasciato in disparte, con solo la mano del suo migliore amico ad afferrare la sua e mostrargli le sue bellezze… per alcuni avrebbe potuto essere già abbastanza questo, spesso lo era; ma a volte c’era bisogno di qualcosa di più.
Quel
qualcosa lo avrebbe portato lei?
Ci sarebbe riuscita davvero, avrebbe trovato il modo?
Tra le onde di quei pensieri, gli ultimi istanti dell’incubo tornarono a visitarla; e allora strinse l’amico ancora di più, come se in verità quello più bisognoso di un conforto fosse stato il suo, di cuore.
Chi ti dice che non sia davvero così, Nejire?
«Non dire mai più niente di simile. Che cosa penserebbe Togata-kun se fosse qui ad ascoltarti? In quel buco hai combattuto con tutto te stesso, hai tenuto a bada tre degli scagnozzi di Overhaul… hai dato tutto te stesso, come puoi non riconoscerlo? Hai protetto i tuoi amici fino a quando non hai reso la loro strada sicura… sei stato un eroe.»
A ogni parola, vide gli occhi dell’amico mutare luce; ma non era ancora abbastanza.
Utilizza solo il tuo cuore, e fai quello che sai fare meglio.
«Ma uno di noi ha perso il suo quirk.»
«Ma non il suo insostituibile amico; Togata-kun non ha perso te, né nessun altro di noi. È questo che ti direbbe se fosse qui, è questo di cui sono convinta; tu sei importante per noi quanto lui lo è per te… e nessuno può essere sostituito.» Una pausa. «Prima ti sei adombrato perché hai ricordato la nostra ultima Festa delle Lanterne, non è vero?
Una notte come quella, dove non ci sia tristezza… una notte dove possiamo essere tutti insieme.» Un sorriso, il più gentile e spontaneo. «Ma siamo sempre
insieme; nemmeno in quel covo di orrori eravamo distanti, un legame più forte ci ha accompagnato.»
Tamaki deglutì, e rispose sorridendo a sua volta, lievemente imbarazzato. «Sei veramente la più ottimista tra noi, tu.»
Una lieve risata. «Scusa per prima. Non immaginavo nemmeno che avrei potuto intristirti così… troppo entusiasmo.»
«Va bene così, Hado-chan; ora va meglio.»
Nejire si staccò appena da lui, senza smettere di guardarlo. «Davvero?»
Il ragazzo chinò il capo, ma le sue mani rimasero tra quelle della ragazza. «Forse mi chiederò sempre il perché non sia successo a me, e come sarebbe stato
se fosse successo a me.»
«Togata-kun non se lo sarebbe perdonato, avrebbe reagito come te: siete così simili, voi due, e vi sentite così tanto… per questo non rimarrete mai soli. Avete la capacità di fortificarvi a vicenda, ma entrambi dovete imparare a essere meno severi con voi stessi.»
E far sì che quello che ho fatto rimanga ciò che è: solo un brutto sogno, che la luce cancellerà.
«Hado-chan… ora sei tu a piangere.»
La ragazza fu lesta a volgere il viso lontano da lui, ma non si sottrasse al gentile tocco che la liberò di una lacrima. «Già… sembra che gli ultimi avvenimenti non abbiano segnato solamente voi due», mormorò prima di ritornare a sorridere, ma sperando che Tamaki non interrompesse il contatto; cosa che non successe, e che dilatò i minuti di dolcezza.
«Brutti pensieri?»
«Sogni… ormai completamente svaniti, semplicemente parlando.»
«Perché anche tu sei più forte di loro.» Quella volta, fu il moro a sorridere per primo; e in quella luce c’era tutto, ogni grazia e conforto, c’era una risposta e un
grazie.
Nejire lo sentì ancor prima che la voce lo esprimesse, lo strinse a sé come un dono, e annuì. Ogni possibile parola scomparve, perché tutto era già stato compreso; e quando uno dei due spense le luci nella stanza —
forse si spensero da sole? —, neanche allora la città penetrò nei loro sguardi e nel respiro che sentiva il cuore della notte attanagliare il mondo ma non lo temeva: non in quel momento, non insieme.
Il mattino successivo, entrambi avrebbero portato sul volto i segni di un sonno breve, abbandonato all’alba, e di reciproco calore.
Nonostante quello che sarebbe potuto sembrare, non c’era stanchezza negli occhi, più sereni del giorno precedente; e nemmeno sulla pelle, che tratteneva la memoria del cuore dell’altro, del modo con cui cullava i pensieri e sussurrava:
la fine della paura è distante un solo battito da te.







«Ricordo questo posto.»
Tra le nubi purpuree del tramonto, gli occhi di Tamaki sembravano voler cercare lo stesso cielo di quella notte.
Ancora una volta, la città era pronta a cadere tra le stelle e a trasformarsi, seppur non tra stelle di carta e fiamma, ma d’argento e ombre di lacrime.
«Ci credo, tu e Mirio avete pure rischiato di bruciare i vostri kimono… o forse quello me lo ricordo solo io?»
«Purtroppo no.»
Nejire stentò a reprimere un sorriso fin troppo divertito e si strinse nelle braccia. L’altura su cui avevano visto nascere e morire l’ultima Festa delle Lanterne era rimasta un luogo solamente per loro; un nido dove poter dimenticare il tempo e smettere ogni apparenza.
«Proprio qui hai chiesto ancora una notte, anche solamente una, di serenità», mormorò lei, «ma perché aspettare che ritorni il primo mese lunare per poter realizzare il tuo desiderio? Possiamo anticiparla.»

Nulla è mai perfetto; ma almeno ora lascia che niente ti preoccupi.
L’avevi chiesto così tanto…

«Ma almeno i kimono dovremmo aver⸺» Il ragazzo si interruppe quando vide la ragazza spalancare l’inseparabile borsa scolastica e tra libri e quaderni far comparire l’angolo di un kimono ⸺ una nube di blu e oro, luminosa come il volto della sua proprietaria. «Le lanterne ce le offrirà il cielo… ma a qualcosa dovevamo pur provvedere noi.»
«Anche questo sarà destinato a rischiare una brutta fine?»
«Non stanotte», fu la risposta, mentre Nejire si avvolgeva nel gemello dell’abito che aveva passato a Tamaki,
«non necessariamente, almeno.»
I necessari siamo io e te.
La volta percorsa da onde lilla e stille di blu portò entrambi a stendersi completamente al suolo per meglio guardarne i giochi di colore, e non ci volle molto prima che la ragazza appoggiasse la testa contro la spalla dell’altro e sospirasse. «Quanti desideri esprimerai sotto
queste lanterne?»
Una pausa che parve un grande sospiro, o l’ombra di un sorriso pervaso di quiete. «Forse è solamente uno quello che esprimiamo, ma in modi diversi.
Tutto ciò che già abbiamo, ma vediamo spesso troppo tardi; qualcosa che non è poi così lontano da noi.»

Distante solamente un battito? Lì io sono sempre…

Lì sei sempre anche tu.
«Amajiki-kun…»
Un solo sguardo per comprendere il momento, il coraggio e la gioia.

Se ora realizzo il desiderio di baciarti, mi prometti di non svenire?







NOTE




[1] Informazione presa dalla pagina inglese della wikia su di lei.


[2] Questa leggenda è solamente una delle tante che circolano sulla festa.


[3] Ritornello di Fix You, dei Coldplay.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Manto