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Autore: Shireith    15/05/2018    3 recensioni
{Marichat // raccolta mista di trentuno storie che partecipa alla challenge Marichat di maggio 2018 indetta dai fan su Tumblr}
#01 — Mentre fuori piove » Vestito d’una tuta nera che ricopre ogni centimetro del suo corpo, i capelli biondi e sbarazzini ora intrisi d’acqua piovana, la figura che vede distesa a terra sul balcone di casa sua non può essere altri che lui.
#13 — Il mio faro nella notte » Lo scenario che si presenta ora ai suoi occhi, tuttavia, gli sbatte in faccia la triste e crudele e realtà: che un individuo qualsiasi può, se quello è il suo volere, porre fine alla vita di tanti altri come lui.
#17 — Sul filo del rasoio » La pioggia, intanto, è fitta, malinconica: lo scenario ideale per una tragedia.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#15. Gesti ridicolmente romantici

Quando le distanze non contano

 «Non sai quanto vorrei essere lì» disse, Marinette che aveva appena finito di raccontare le tante piccole pazzie compiute dai suoi genitori – ossia quasi sempre suo padre – perché «la mia piccolina sta per diventare una donna!».
  Marinette non capiva perché una tale eccitazione: i diciott’anni erano il raggiungimento della maggiore età, ma le cose non sarebbe cambiate da un giorno all’altro solo per quello. Non era come se si stesse trasferendo dall’altra parte del globo. Tom però non voleva sentire ragioni, era la sua piccolina.
  «Non è colpa tua se non sei qui» gli ricordò. «È il tuo lavoro, lo capisco.»
  «Lo so, ma vorrei comunque poter essere lì a festeggiare con te e con gli altri» sbuffò. «Sicuramente mi divertirei molto di più che a stare qui a fare da portavoce per mio padre.»
  «Ci rifaremo la prossima volta.»
  Marinette era, cronologicamente parlando, la prima del loro gruppo di amici a compiere gli anni: poco dopo ci sarebbe stato Nino, poi Alya e infine Adrien. Indubbiamente sarebbe stato l’ideale avere Adrien a festeggiare lì con loro – lì con lei –, ma non poteva fargliene una colpa se lavorare come modello per la maison di suo padre ogni tanto portava a intoppi del genere.
  «Marineeeette!» sentì all’improvviso la voce del genitore giungere dal piano di sotto.
  Rise. «Questo è mio padre che vuole sapere cosa ne penso dell’idea per la torta.»
  «Sta dando di matto, eh?»
  «Sembra che ci stiamo per sposare! Voglio dire, non che io e te— Non che non mi piacerebbe, però—»
  «Ho capito che cosa intendevi» la tranquillizzò lui ridendo. «E se dobbiamo essere del tutto onesti Alya mi ha detto in confidenza di quella cosa dei tre figli.»
  Marinette arrossì, maledicendo mentalmente la lingua lunga della sua migliore amica.
  «Quindi… tre figli, eh?» la stuzzicò l’altro, un tono di voce che suggeriva che ci stava trovando gusto.
  «Se non la finisci subito te ne darò tre tutti in una volta sola e lascerò te a casa a badare a loro per tutto il tempo.»
  «Potrei sempre affidarli a Plagg.»
  «Nei tuoi sogni!»
  Oltre alla voce di Plagg, Marinette ne udì quasi subito una terza chiamare Adrien con l’appellativo di “signor Agreste”.
  Il ragazzo sbuffò. «Mi vogliono. Ci sentiamo più tardi, okay?»
  «Sì, a più tardi.»
***

  Erano da poco passate le undici quando Marinette fece ritorno in camera sua dopo una serata passata con i suoi genitori. Di fronte ai loro occhi assonnati e sonori sbadigli, la giovane aveva osservato che non serviva che restassero svegli fino alla mezzanotte se il giorno dopo li aspettava un risveglio alla prima luce del mattino. Gli auguri glieli avrebbero dati poche ore più tardi, non serviva rimanere in piedi per farlo non appena scattata la mezzanotte.
  Tuttavia i piani di Marinette erano diversi: lei che era ancora giovane e piena di vita avrebbe aspettato, conscia anche del fatto che avrebbe ricevuto una chiamata da parte di Alya non appena le lancette dei secondi avessero superato il 12.
  Qualcos’altro, però, avvenne.
  A pochi minuti dalla fatidica ora, Marinette udì qualcuno picchiettare contro la botola del suo balcone. L’unico che negli anni gli avesse mai fatto visita in quel modo era Chat Noir, perché non era uso comune entrare in casa d’altri passando per il balcone, ma Marinette sapeva che non poteva essere lui.
  Curiosa, la ragazza risalì lungo le scalette che conducevano al suo letto e una volta qui aprì la botola, facendo capolino con la testa per vedere chi ci fosse.
  «Non si apre la porta agli sconosciuti, non te l’hanno insegnato?»
  Quella voce parlò alle sue spalle, una voce talmente familiare che non poté non riconoscerla non appena giunse alle sue orecchie. Sgusciò via da camera sua, la botola che si richiuse dietro di lei, e si volse nella sua direzione, incontrando il suo volto con un sorriso che esprimeva tutta la gioia che provava nel sapere che lui era lì.
  Con movimenti felini Chat Noir scese dal muretto su cui era rannicchiato e la raggiunse in uno schiocco di dita, stringendola a sé quando lei l’abbracciò. «Sorpresa» mormorò contro la sua nuca.
  Marinette si allontanò un po’ da lui solo per poterlo guardare negli occhi. «Che cosa ci fai qui?»
  «Potrei averti mentito giusto un po’ quando ho detto che non mi sarei liberato fino a dopodomani. In realtà il servizio fotografico finiva oggi.
  Lei s’aprì in un sorriso ancora più luminoso. Con Adrien andava a finire sempre così: era talmente tanto gentile e premuroso e dolce che ogni sua azione compiuta o parola detta per farle capire che l’amava erano così dolci che rendevano dolce anche lei, come se avesse appena ingurgitato la caramella con il più alto contenuto di zuccheri dell’intero pianeta. Adrien era dolce, dolcissimo, più dolce dei croissant che tanto amava.
  «I tuoi genitori ti aspettano di sotto?»
  «No, stanno dormendo.»
  «Bene, allora ti porto in un posto speciale.»
  Lo guardò perplessa. «Dove?»
  «E rovinare la sorpresa?»
  Marinette non replicò. Lasciò che Chat Noir la sollevasse da terra mentre lei rinforzava la presa delle sue braccia attorno al suo collo, lasciando che il giovane la conducesse verso la sorpresa di cui aveva parlato.
  «Chiudi gli occhi» si raccomandò l’altro. «E non sbirciare.»
  Sorrise. «Non lo farò.»
  Così, abbandonata tra le braccia del ragazzo, Marinette l’avvertì balzare via dalla superficie del suo balcone e atterrare sulla cima di un altro palazzo, continuando a spostarsi in quel modo finché non furono fermi e lei non capì che erano arrivati a destinazione.
  «Ora posso aprire gli occhi?» domandò, impaziente di posare la vista sulla sorpresa che l’aspettava.
  «Sì» acconsentì l’altro nel frattempo che l’adagiava al terreno.
  Marinette poté finalmente tornare a vedere, schiudendo le palpebre su ciò che si rivelò essere una barca ancorata a una sponda della Senna. Era di piccole dimensioni ma estremamente romantica, perché lungo tutto il suo perimetro correvano tante piccole candele che Adrien si era curato di posizionare poco prima, assieme anche a un tavolo apparecchiato con tutto l’occorrente per una cena per due.
  «Lo so che non è proprio l’ora adatta per una cena, però…»  Non ebbe mai l’occasione di finire quella frase, perché Marinette si abbandonò ancora una volta contro di lui e lo strinse forte a sé, mormorando un «Grazie» seguito da «È il regalo più bello che abbia mai ricevuto».
  Chat Noir le sorrise, abbracciandola a sua volta.
  In tutta la sua lunghezza, la Senna ospitava la barca nel punto in cui il museo d’Orsay si affacciava sul fiume principale della sua città. Adrien gli lanciò un’occhiata, osservando, sul lato nord della facciata, uno dei due grandi orologi che erano parte dell’architettura del monumento.
  «Marinette, guarda» disse, mostrando con una mano quello posto a sinistra.
  L’altra seguì il punto indicatole, posando lo sguardo sull’orologio e leggendone l’ora che aveva da poco sorpassato la mezzanotte.
  «Benvenuta ufficialmente nel mondo degli adulti» disse piano Adrien.
  Lei tornò a guardarlo dritto negli occhi. «Non dovrebbe essere un adulto a dirlo?»
   
 
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