Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: JosephineStories    19/05/2018    1 recensioni
La vita di Amy Davies scorre tranquilla: tra studio, amici e lavoro sembra non avere problemi.
Eppure le sue notti sono tormentate da un incubo, che col passare del tempo diventa sempre più reale.
Un incubo dagli occhi di ghiaccio.
Quegli occhi saranno la sua rovina o la sua salvezza?
Presto si renderà conto che non si può fuggire da ciò che la perseguita...
Copyright © 2015, Josephine-C
Questa opera letteraria è coperta da diritto d'autore e, in rif. alla Legge 22 Aprile 1941, n. 633 ogni tentativo di plagio,
in questo e altri luoghi, è punibile a norma di legge e pertanto verrà segnalato alle autorità competenti.
La parziale o totale copia del contenuto è punibile penalmente.
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Di fronte a me c'è il volto di Frederik vicinissimo. Non so dove sono, sento solo un terrore profondo invadermi e ho la nausea, il cuore mi martella nel petto a un ritmo impazzito. Lo scruto e noto i suoi occhi attraversati da ombre: sembrano dei fili di tenebra che nuotano in quegli immensi laghi d'argento. Tutto ciò che desidero in questo momento è morire.

Sgrano gli occhi urlando. -No! Ti prego, non voglio! No!-

Le mie mani sono intorpidite, tutto è confuso e mi terrorizza. Sento che qualcuno mi stringe le braccia, scuotendomi.

-Amy! Ti prego non urlare! sono io, David, svegliati!-

Quando metto a fuoco il volto a pochi centimetri dal mio, la paura mi paralizza: quegli occhi di ghiaccio, fissi nei miei, mi danno i brividi.

-Amy, torna in te, non guardarmi così... mi uccide...-

Quella voce implorante e disperata... quegli occhi che mi danno il tormento, ma che adesso mi guardano con amore, apprensione e senso di colpa, mi riportano alla realtà.
So quanto lo faccia soffrire il fatto che io abbia paura di lui...
Lentamente il mio respiro torna alla normalità e David abbandona la presa dalle mie braccia; quando le guarda però resta sbigottito, adesso lo sguardo di puro orrore è il suo.
Non riesco a chiedergli il perché, visto che subito la solita sensazione di nausea mi pervade.

Corro verso il bagno e come da routine mattutina, ormai da una settimana, lui mi tiene i capelli e si prende cura di me. Mi inumidisce la fronte con un panno umido, dandomi sollievo e quando i conati di vomito sono passati, mi guardo allo specchio: il mio viso è più bianco del solito, solcato da due occhiaie scure, sono dimagrita e i capelli cadono disordinati sulle spalle.
Eppure la cosa peggiore è un'altra: ho due lividi violacei sulle braccia; ecco spiegato il motivo della reazione di David.

Anche lui li sta guardando e lo vedo subito irrigidirsi. -Dannazione!!- urla, prima di dare un pugno alla dura parete del bagno.

Inizialmente sono paralizzata dal suo gesto, poi riscuotendomi corro verso di lui, prendendogli la mano ferita dal pugno.

-Cosa fai! Sei forse impazzito?! Guarda cosa ti sei fatto.- Il suo sguardo è perso e infuriato.

Lo accompagno al lavandino, facendo scorrere l'acqua fredda e spostando la sua mano sotto il getto. Restiamo in silenzio per qualche minuto.

-Perché l'hai fatto, non è ferendoti che risolveremo il problema...- sospiro tristemente.

-Non ce la faccio più...- risponde frustrato, continuando a guardare le mie braccia.
-Mi sento completamente inutile. Vorrei aiutarti, proteggerti, ma sono incapace di farlo.-

Sposto con dolcezza una ciocca di capelli scuri che gli è ricaduta sul volto. -Ma tu mi stai già aiutando, David. Ti prendi cura di me, mi dai sollievo- cerco di rassicurarlo.

-Non basta. Guarda quei lividi... se potessi entrerei nei tuoi incubi e ti difenderei da lui, non gli permetterei mai di toccarti. Non tollero che qualcuno ti faccia del male, soprattutto se quel qualcuno ha il mio aspetto. Questa cosa mi manda fuori di testa!- si stringe le tempie. Sembra prendersela più con se stesso che con qualcuno in particolare.

-Non puoi combattere contro un fantasma- sorrido amaramente.

Si passa l'altra mano tra i capelli -mi dispiace. L'ultima cosa di cui hai bisogno in questo momento sono i miei scatti d'ira.-

-No, scusami tu. Mi dispiace per come ti ho guardato poco fa, ma devi sapere che la mia paura non era rivolta a te! So che mai mi faresti del male- lo guardo con sicurezza e in qualche modo questo sembra tranquillizzarlo.

Questi giorni sono stati difficilissimi per noi... per lui. La mia paura nei suoi confronti, quando mi risveglio dagli incubi, non fa che farci stare peggio, ci allontana in qualche modo... Sembra che abbia paura persino di sfiorarmi; il fatto che Frederick abbia il suo aspetto lo fa sentire tremendamente in colpa, come se fosse lui stesso a farmi del male.

Fa scivolare una mano dietro alla mia schiena, tirandomi a sé. Mi guarda interrogativo e capisco la sua domanda muta: mi sta chiedendo il permesso. David non mi chiede mai il permesso, odio ciò che i miei incubi ci stanno facendo...

Mi stringo a lui, poggiando le mani sul suo duro petto. Guardo il suo viso stanco e preoccupato come il mio, perdendomi come sempre nell'argento liquido dei suoi occhi.
Non abbiamo avuto molti momenti simili, tra la morte di mia madre e i ricordi di Anita...
Il mio respiro accelera e con esso il mio cuore; guardo le sue labbra piene, che so essere morbide come il velluto e che non smetto di desiderare, nemmeno in questo momento.

Con lentezza e timore avvicina il suo viso al mio e io trattengo il respiro, fin quando le sue calde labbra non toccano le mie, facendomi rabbrividire e chiudere gli occhi.
Mi è mancato così tanto.
Lentamente le nostre lingue si sfiorano, ma il bacio resta dolce e delicato. Porta anche l'altra mano dietro la mia schiena, stringendomi e facendomi trasalire, per l'acqua fredda che la bagna. Affondo delicatamente le mani nei suoi capelli sottili e scompigliati dal sonno: in momenti come questo, nonostante tutto ciò che ci sta succedendo, non posso fare a meno di sentirmi fortunata.

Sono circondata dal suo profumo e assaporo le sue labbra... la sua bocca... lo sento rilassarsi finalmente sotto le mie dita.
Vorrei potergli trasmettere ciò che provo: fiducia incondizionata.
Vorrei dirgli che mi affiderei ciecamente a lui.

Cerco di trasmettergli tutto questo con il nostro bacio e sembra percepirlo. Lentamente sento l'atmosfera cambiare intorno a noi: la dolcezza si trasforma in qualcos'altro.

Il mio cuore accelera e il bacio diventa più profondo. Le nostre bocche e le nostre lingue si cercano e si scontrano, come se non fossero mai appagate. Stringo più forte le ciocche dei suoi capelli tirandolo verso di me e lui fa lo stesso, stringendo il mio corpo tra le sue braccia. Sembra che stia cercando di lottare contro se stesso per trattenersi, ma evidentemente la cosa non sta funzionando e non mi dispiace affatto.
Mentre ci baciamo percepisco che mi sta spingendo all'indietro, facendomi scontrare col mobiletto del lavandino. Senza smettere di baciarmi cinge i miei fianchi, aiutandomi a salirci: adesso sono quasi alla sua altezza e mi stringo ancora di più a lui, avvolgendo le mie gambe alla sua vita, facendo aderire i nostri corpi.
Fa scorrere frenetico le mani sul mio corpo, baciandomi e mordendomi le labbra e io faccio lo stesso, godendomi appieno le sue. Il suo tocco lascia una scia di brividi incontrollati; i nostri respiri sono frenetici, quasi scandiscono i battiti del mio cuore impazzito.
Voglio di più, lo desidero con tutto il mio cuore e sento che anche lui mi desidera.
Una paura lontana affiora dentro di me ma la soffoco completamente.
Sposto le mie mani sotto la sua maglia, sfiorando i suoi addominali e il petto scolpito, mentre lui continua a baciarmi con foga, assaporandomi.
Non penso, non respiro, sono completamente persa in lui.
Stringo i lembi della sua maglia, cercando di toglierla e lo sento irrigidirsi.
Con dolcezza prende le mie mani tra le sue, allontanandole e smettendo di baciarmi; mi fissa, puntando le sue lame d'argento nei miei occhi.

-Amy, no...- sussurra allontanandosi, con la voce affannata e le labbra arrossate dai nostri baci.

Le sue parole mi fanno ritornare bruscamente alla realtà. Una sensazione bruciante mi colpisce dritta al petto e so cos'è: è l'imbarazzo per essere stata respinta.
Sento le guance bollenti e sono sicura di essere arrossita violentemente. Cosa mi è saltato in mente?
Ricordo il mio riflesso: le occhiaie, il viso pallido, non posso certo definirmi desiderabile in questo momento. Vorrei scomparire, non ho nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi; patetica come sempre, si fa beffe di me la mia fastidiosa vocina.

Tengo lo sguardo basso e scendo dal mobiletto, allontanandomi. -Sc... scusami... io credevo... lascia perdere. Non so cosa credevo- sento gli occhi inumidirsi e cerco di fuggire via da questo dannato bagno.
Lui però non me lo permette: riesce a prendermi per un braccio, bloccandomi.

-Hey, guardami- sfiora la mia guancia.

Continuo a tenere lo sguardo basso e lui si passa una mano tra i capelli nervoso. Poi prende il mio viso con forza, costringendomi a guardarlo; l'imbarazzo scorre ancora sotto la mia pelle.

-Credi che io non voglia?! Mi prenderei a calci da solo per averti respinto e credimi, mi darò abbondantemente del coglione più tardi. Non ho mai rifiutato nessuna in vita mia- dice sicuro.

Sta forse cercando di consolarmi? Beh... perché, in tal caso, qualcuno dovrebbe dirgli che a consolare fa davvero schifo. Non c'è limite al peggio: sono l'unica che abbia mai rifiutato. Andiamo bene.

Quando mi guarda negli occhi e capisce di star peggiorando la situazione. -Non volevo dire quello!! Insomma, vuoi smetterla di pensare sempre al peggio?- La sua voce è frustrata, la mia credo sia andata a farsi benedire.

-Non voglio che la nostra prima volta sia così...- adesso è lui ad abbassare lo sguardo imbarazzato. -Non voglio che ci siano incubi e paura a rovinarla o sia frutto di uno scatto improvviso. Insomma, siamo in un cazzo di bagno!!- indica ciò che ci circonda innervosito.
-Voglio che sia diverso da ciò che ho sempre avuto e ti assicuro che di scopate senza senso nei bagni ne ho avute fin troppe. Voglio portarti a cena, a ballare, voglio avere la paura e l'ansia di scegliere i vestiti adatti... il posto. Voglio vedere la gioia nei tuoi occhi e la sicurezza.-

Lo vedo rialzare di nuovo lo sguardo e fissarlo nel mio. -Potrà sembrarti strano, alle mie orecchie suona quasi vomitevole un discorso tanto sdolcinato. Sai che non sono il tipo ma, Amy, sei l'unica che mi fa venire voglia di fare tutto questo. Non sai quanto mi sorprenda e mi faccia sentire onorato, il fatto che tu, nonostante tutto, voglia fare l'amore con me per la prima volta. Ma dammi la possibilità di mostrarti quanto può essere bello donarsi a qualcuno completamente, anima e corpo. Possiamo scoprirlo insieme, perché so che con te sarà così.-
Mi accarezza il viso delicatamente: non c'è traccia di imbarazzo nella sua voce, c'è sicurezza e speranza, forse un po' di timore. Non credo abbia mai detto cose del genere e il mio cuore si scioglieva a ogni parola.

Sorrido timidamente. -Beh... non sarai un tipo sdolcinato, David Van Dalen, ma è innegabile che impari maledettamente in fretta!-

Alza l'angolo della bocca in un mezzo sorriso, poi mi dà un leggero bacio sulle labbra. -Come puoi pensare anche solo per un secondo che io non ti desideri?- mi guarda come se fossi pazza. -Cazzo! Passo il novantanove per cento della giornata a desiderarti! Mi controllo con tutte le mie forze, e credimi, non vorresti essere nella mia testa!- sorride maliziosamente, facendomi arrossire.
Ora lo riconosco.

Soffoco una risata. -Ok, basta! Hai chiarito il concetto. A questo punto sarà meglio fare una doccia fredda- ridacchio imbarazzata.

-Sì, sarà meglio- sbuffa, passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
-Inizia a scegliere cosa indossare, formaggino, perché oggi usciremo da questa tenuta. E se te lo stai chiedendo, te lo anticipo, no! Non hai voce in capitolo- mi guarda minaccioso, prima di chiudere la porta del bagno lasciandomi fuori.

Guardo la scrivania della mia camera e qualcosa attira la mia attenzione: il biglietto da visita di Margaret Gleeson; le avevo promesso l'intervista parecchio tempo fa e so che probabilmente non ha ancora chiamato a causa di quanto è successo a mia madre. Ma non starà ancora lontana per molto, credo sia arrivato il momento di incontrarla; come si dice, via il dente via il dolore.

Compongo velocemente il suo numero e risponde al secondo squillo.

-Margaret Gleeson, con chi parlo?-

-Salve signorina Gleeson, sono Amy Davies... Deveraux, Amy Deveraux- mi correggo immediatamente, maledicendomi.

-Oh, signorina Deveraux, finalmente ci sentiamo. Vedo che ha ancora problemi ad accettare il suo cognome- insinua, con una punta di ironia.

-Le abitudini sono dure a morire. Non mi faccia pentire di averle telefonato, signorina Gleeson, come sa non è l'unica a richiedermi interviste. Spero di aver scelto bene- lascio trasparire tutta la freddezza e il controllo possibili.

-Su andiamo, non si scaldi tanto! In fondo mandare frecciatine è il mio lavoro. Mi ha chiamato per l'intervista, giusto?-

-Sì. Se per lei va bene, questo pomeriggio sono libera- dico tutto d'un fiato, onde evitare ripensamenti.

-Certo. A questo pomeriggio, signorina Deveraux- mi saluta, calcando particolarmente l'ultima parola.

David è di fronte a me, intento a fissarmi con le braccia incrociate. Non mi ero accorta della sua presenza.

-Dimmi che non stavi parlando con chi penso- è visibilmente irritato.

-Stavo parlando con chi pensi... Mi avrebbe cercata lei, ho solo anticipato l'inevitabile- scrollo le spalle.

-Maggie non è la persona adatta. Tu non la conosci, ti metterà in difficoltà. Cercherò di contenerla...-

Mi sta davvero irritando. Non riesce a capire che so cavarmela benissimo da sola, è quello che faccio da tutta la vita. Non sono una stupida ragazzina indifesa.

-Sta' tranquillo, saprò tenere a bada la tua Maggie e comunque tu non ci sarai. Verrà questo pomeriggio- lo informo, incrociando le braccia al petto con aria di sfida.

-Sapevi che avrei avuto da lavorare! Non vuoi che la incontri! Non ti facevo così gelosa, formaggino- sta cercando, con scarso successo, di non ridere di me. Tuttavia non riesce a trattenere l'espressione compiaciuta che si è appena formata sul suo viso.

-Non sono gelosa, ma quella donna ti guarda come se volesse scartare un pacco regalo!- ribatto infuriata. Il mio pacco regalo, aggiungo mentalmente.

-Beh... non che non abbia avuto modo di farlo- ride. Subito dopo però, guardando la mia faccia omicida, perde il sorriso.

Prendo un cuscino dal letto e glielo tiro con violenza.

-Ok... ok. Battuta infelice!- Alza le mani in segno di resa.

-Più che infelice- lo incenerisco con lo sguardo.

-Sta' attenta, sul serio. Non farti mettere in bocca parole che non diresti, Amy. A causa mia potrebbe anche metterti ancor più in difficoltà. Adesso andiamo a fare colazione, informeremo i tuoi amici della nostra uscita.-

-Sta' tranquillo. Dopo aver affrontato Valerie, sono abituata alle tue amiche psicopatiche- rispondo con un pizzico di stizza e decido di darmi una sistemata.

Ci dirigiamo verso la piccola sala da pranzo, situata all'ala est della tenuta. Non abbiamo ancora utilizzato quella grande al centro; sembra davvero troppo imponente e per me già è abbastanza strano che qualcuno mi chiami continuamente "signorina" e soddisfi anche il mio più piccolo desiderio.
Jess e Aiden sono già seduti e Nora sta chiacchierando allegramente con loro. Josette e Danielle, due donne sui quarantacinque anni che ho scoperto essere sorelle, servono la colazione con il solito sorriso allegro stampato sul volto. Nora mi ha raccontato che erano felicissime di ritornare a casa Deveraux.

-Buon giorno a tutti!- li saluto sedendomi e David fa lo stesso.

-Buongiorno, bambina, com'è andata la notte?- domanda Nora preoccupata.

-Il solito... Perché non sei seduta con noi?! Nora, quante volte devo dirti che non devi fare così. Se ho accettato che lavorassi qui, è solo per averti più vicina.-

Dopo le mie proteste, acconsente a sedersi con noi.

-Tra poco io ed Amy andremo a fare un giro. Vi unite a noi?- chiede David.

Jess e Aiden mi fissano sorpresi.

-Sei riuscito a convincere Amy a uscire?- Aiden lentamente, anche se non lo ammetterà mai, sta iniziando a tollerare David.

-Più che altro mi ha costretta- ribatto irritata.

-Complimenti, Van Dalen! Se fa storie ti darò un aiuto a trascinarla fuori- gli propone soddisfatto.

-Conta pure su di me!- Non poteva mancare Jess a dare manforte, sbuffo infastidita.

La colazione prosegue tranquilla, anche se David e Aiden battibeccano come sempre. Iniziano a tollerarsi, ma non credo diventeranno mai amici per la pelle.

****

Subito dopo la colazione, David mi ha praticamente trascinata fuori, non ha sentito ragioni.

-Coraggio, signorina Deveraux, la sua auto la attende- si inchina teatralmente, tenendomi la portiera aperta e io alzo gli occhi al cielo, entrando.

Riconosco subito la strada che sta percorrendo e nascondo un sorriso. Non posso non provare un po' di gioia: andremo alla casa al lago.
In questi momenti mi sento ancora più in colpa... La mia gioia nello stare con David, mi rende una persona orribile?
Sento la mancanza di mia madre, come un ronzio continuo di sottofondo e non riesco a superarlo; per ogni mio minimo sorriso, una parte di me si colpevolizza. Ogni giorno che passa mi ricordo che non la rivedrò mai più.

Scendiamo dall'auto e attraversiamo il boschetto umido per la pioggia appena caduta, uno splendido arcobaleno sta spuntando nel cielo, si respira solo pace e tranquillità qui...
Senza pensarci prendo la sua mano: è calda e liscia nella mia.

Lui alza un sopracciglio eloquentemente, fissando le nostre dita intrecciate. -Com'era? Non cammineremo mai mano nella mano, sotto un fottuto arcobaleno? Vuoi proprio far crollare le mie convinzioni, formaggino- ride di gusto, attraversando il prato.

-Credo di essere nata per questo- sorrido anch'io soddisfatta.

Quando arriviamo al lago, lo spettacolo mi lascia come al solito senza fiato: ammiro l'acqua, i raggi del sole che la colpiscono, le dolci increspature causate dal vento.
David apre la borsa che porta con sé e che io non ho notato; tira fuori una coperta e qualche libro...
Poi si siede, appoggiando la schiena a un albero e invitandomi a fare lo stesso. Mi siedo accanto a lui.

-Eh no...- dice, prendendomi e spostandomi tra le sue braccia. Ora ho la schiena poggiata al suo petto, e lui mi stringe affettuosamente a sé.

-Ora va molto meglio- affonda il viso nei miei capelli.

Mi godo la sensazione provocata dalla sua vicinanza, non credo riuscirò mai ad abituarmi; il mio corpo risponde immediatamente ai suoi gesti.

-Ho pensato che una mattinata tranquilla, lontano dalla tenuta, era assolutamente necessaria. Visto che hai praticamente divorato la libreria di casa Deveraux, ti ho portato qualche libro... diciamo i miei preferiti- li indica e ne prendo uno.

"RACCOLTA DI POESIE ANTECEDENTI"

Spesso i libri che raccolgono gli scritti precedenti alla Terza Guerra, vengono chiamati semplicemente antecedenti.

-Poesia? Non ti facevo un tipo da poesia...- sfoglio le pagine, vedendo alcune sottolineature e segni.

La maggior parte dei versi evidenziati in questo libro parlano di abbandono, della corruzione dell'animo umano...
Non credevo che David avesse così poca fiducia nelle persone o in ciò che lo circonda. Sembra che abbia una visione talmente pessimistica delle relazioni con le altre persone, da non trovare alcuna speranza. Poi dei versi in particolare mi colpiscono e inizio a leggere quanto da lui sottolineato.

-Mi piaci quando taci perché sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.-

Resto in silenzio, osservando quelle parole e non posso fare a meno di veder scivolare dinanzi a me, i momenti trascorsi con David: quella volta in cui disegnai la facciata della chiesa in sua compagnia, perdendomi come sempre nei miei momenti di pace; la prima volta che mi ha condotto al lago, il tempo speso a osservare questo spettacolo persa. Poi ci sono i momenti dolorosi... quelli dopo la morte di mia madre, la sua silenziosa e costante vicinanza, i suoi gesti per tirarmi su e il suo sguardo tormentato dopo ogni mio incubo. Sto per leggere gli ultimi versi che ha evidenziato, ma mi interrompe, sussurrando al mio orecchio.

-Mi piaci quando taci perché sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così-

Le sue labbra sfiorano il mio orecchio, mentre recita gli ultimi versi della poesia. Il mio cuore accelera con l'incedere della sua voce profonda. Perché purtroppo devo ammetterlo, David che mi recita una poesia è quasi da infarto...
Mi stringo a lui, affondando il viso nell'incavo del suo collo e godendomi il profumo che tanto mi dà tranquillità e calore.
Restiamo in silenzio, osservando il lago, stretti l'uno all'altra. Posso sentire il battito del suo cuore dietro la mia schiena e le sue forti braccia stringermi.

-Perché credi così poco nei rapporti tra le persone? Perché hai una visione così pessimistica?- domando e per un momento ho paura di turbarlo, so quanto è riservato.

-Sai, quando ero bambino avevo una famiglia felice. I miei genitori si amavano alla follia, posso ancora sentire le nostre risate rimbombare in quella casa- la sua voce è sofferente e guarda malinconico la casa sul lago. Non credo abbia mai affrontato questo discorso con qualcuno.

-Ma allora perché non stanno insieme?- chiedo, con il massimo della delicatezza. Lui mi stringe più forte.

-Perché l'amore, Amy, è solo una stupida favola raccontata per farci credere in qualcosa- risponde con un tono duro e distante. -Guarda ciò che resta del mondo, pura distruzione e per cosa? Per fame di potere. L'uomo aspira soltanto a questo e mio padre non è da meno. Cominciò a dedicarsi anima e corpo agli affari, alla ricchezza e alla potenza della famiglia Van Dalen. L'uomo che giocava con me o baciava mia madre con passione, scomparve in una nuvola di fumo. Iniziò a chiudersi in quel dannato studio notte e giorno, ancora oggi è così. Divenne duro e freddo. Ci trascurava, ignorava mia madre, che lentamente sprofondò in una buia depressione e ignorò me.- Sento una profonda rabbia nelle sue parole.

-È per questo che tua madre è andata via?- non posso reprimere il dolore nella mia voce.

-Vive nel Primo Stato. Ho cercato in tutti i modi di supplire alle mancanze di mio padre. Le stavo vicino, dosavo quelle stupide pillole, dormivo con lei, cercando di farle passare quegli attacchi di panico come meglio potevo... ma avevo nove anni, ero un bambino. Non erano i miei abbracci quelli che lei anelava, non erano le mie carezze... La verità è che mio padre l'ha distrutta pezzo per pezzo e poi ha distrutto me. Ho tentato di passare del tempo con lei dopo la sua partenza, ma tutte le volte che andavo a trovarla, notavo quanto la mia presenza la facesse soffrire. Rivedeva lui in me, rivedeva e rimpiangeva tutto ciò che aveva perso. Così ho smesso di farle visita. Mi ha educato mio padre, ha fatto di me un vero Van Dalen, posso ripeterti a memoria le parole che hanno scandito la mia infanzia e la mia adolescenza. Non fare il moccioso... Il potere della famiglia deve crescere... Sii degno del cognome che porti... Niente smancerie... Un uomo della tua posizione deve avere un polso fermo... Sei un sentimentale come tua madre- irrigidisce la mascella infuriato.

Adesso riesco a capire molto di più la sua durezza e la sua freddezza: riesco a vedere dietro il suo sguardo di ghiaccio, gli occhi di quel bambino ferito.
Non posso consolarlo in alcun modo, posso solo stargli vicino e dimostrargli che l'amore esiste ed è meraviglioso. Mi volto, prendendo il suo viso tra le mani; subito il battito del mio cuore accelera, mentre contemplo la forma degli occhi, le sopracciglia scurissime, gli zigomi pronunciati e il viso a tratti dolce e a tratti duro.
Guardo quell'argento liquido, schiarito dai raggi solari e avvicino il mio volto ancora di più, sfiorando le sue labbra morbide e calde. Ne assaporo il dolce sapore di menta, mescolato al suo profumo inconfondibile.
Lui mi stringe a sé e restiamo così: stretti l'uno all'altra dinanzi a questo lago, come spesso avviene anche nei miei sogni, in quelli dove l'amore di Frederick e Anita non è stato ancora corrotto. Sembra quasi che passato e presente si mescolino.

****

Dopo aver trascorso così gran parte della mattinata, decidiamo di ritornare alla tenuta. David è rimasto in silenzio per molto tempo, credo sia ancora sorpreso dall'essersi aperto tanto a me.

-Adesso devo andare. Tornerò più tardi, in bocca al lupo per l'intervista e non lasciarti sopraffare!- si raccomanda ed è molto serio.

-Sta' tranquillo, non lascerò tutto nelle sue mani. Tu mettici tutto il tempo che vuoi- l'idea di quella donna che posa gli occhi su David mi manda in bestia.

Soffoca una risata, prima di andare via.

Nora apre immediatamente le grandi porte della tenuta.

-Ti ho vista entrare. Com'è andata la mattinata?- domanda, gentile come sempre.

-Molto bene, la signorina Gleeson è già arrivata?-

-Sì, ti aspetta nello studio di tuo pad... di Cristopher- si corregge subito.

Mi avvio verso lo studio. L'ultima volta che sono entrata qui, i ricordi di Anita mi hanno sopraffatta...
Non posso non pensare a quella dolce bambina, tanto felice tra le braccia di suo padre.
Sospiro aprendo la porta: in quella camera mi attende tutt'altro che un padre amorevole, la definirei piuttosto una vipera velenosa.

Mi stampo sul viso un sorriso di circostanza e mi avvio alla scrivania. -Signorina Gleeson, spero non abbia dovuto attendere troppo- la saluto con voce misurata, allungando la mano e stringendogliela.

Come al solito è impeccabile: i capelli scuri sono legati in una coda alta e indossa un tailleur dall'aria costosa e professionale.

-Non da molto signorina Deveraux. Prima di cominciare volevo farle le mie più sentite condoglianze, anche per questo ho preferito non chiamarla- quello sguardo compassionevole è la cosa che più odio quando si subisce un lutto.

-Grazie, anche per il suo tatto- distolgo lo sguardo e mi siedo dietro la scrivania.

-Bene, direi di cominciare! Parto subito con la prima domanda. Si è pentita di aver rivendicato il suo nome? Insomma, da quando ha scoperto di essere una Deveraux, è stata aggredita, poi c'è la questione di sua madre e ovviamente di Mark Galloway, che si è avvicinato a lei per interesse ed è stato incarcerato- il suo tono insinuante è estremamente fastidioso.

La cosa che mi ha sconvolta di più è ciò che ha detto su Mark, in carcere?! Trattieni la sorpresa, non farti prendere alla sprovvista, mi ripeto. Questa è opera di Jess e Aiden: mi hanno nascosto la verità.

Mi stampo sulla faccia un'espressione impassibile. -Non mi sono pentita di aver rivendicato il mio nome. Preferisco la verità sempre, meglio vivere una vita basata sulla verità che su una bella menzogna. Mi pento soltanto di non aver difeso mia madre.-

Non posso controllare la voce che mi si incrina sull'ultima frase; lei però non sembra per nulla soddisfatta di una risposta così diplomatica.

-Passiamo a un argomento più personale- dal suo sorriso enigmatico, capisco subito a cosa si riferisce. -Che tipo di relazione la lega al signor Van Dalen? Vi frequentate da quando ha rivendicato il suo nome?-

Stringo i pugni sotto la scrivania, mordendomi l'interno della guancia. Non posso resistere, devo sbatterglielo in faccia.

-Io e David stiamo insieme, questa è la relazione che ci lega. Ci siamo conosciuti molto prima e gradirei altri tipi di domande. Non amo parlare della mia vita sentimentale- lei sgrana gli occhi sorpresa, poi deglutisce, passando a un'altra domanda.

L'intervista procede senza intoppi, con molto dispiacere di Margaret, si aspettava certamente uno scoop o uno scatto d'ira.

Terminate le domande, la riaccompagno alla porta. Quando la apro, David è all'entrata con il braccio a mezz'aria. Stava per bussare...

-Maggie! Com'è andata l'intervista?- chiede e non appena mi volto, noto lo sguardo della donna: lo stesso mio e di Jess di fronte a una torta al cioccolato.
Ma David non è una torta e anche se lo fosse, sarebbe la mia torta. Ok, sto impazzendo...
Fortuna che nessuno può ascoltare i tuoi ridicoli pensieri, mi ricorda la mia fastidiosa vocina, sempre presente quando si tratta di infierire.

-L'hai istruita bene, purtroppo.-

-Che vuoi farci, sta imparando dal migliore- si pavoneggia, scrollando le spalle.

-La signorina Gleeson stava andando via- ribatto freddamente.

Lei si volta e mi scruta divertita.

-Oh signorina Deveraux, coraggio non sia gelosa. Le do un consiglio, non sprechi fatica a provare gelosia verso le ex frequentazioni del suo ragazzo. Sono talmente numerose che sprecherebbe tutte le sue energie, impieghi il tempo con lui in maniera più proficua- sorride, strizzandomi l'occhio maliziosamente.

David si irrigidisce e le dedica uno sguardo ammonitore -Maggie...- la richiama.

-Non ho bisogno di nessun consiglio, soprattutto di quelli non richiesti- sibilo ancora più infuriata, fulminandola con lo sguardo e cercando di darmi un contegno per quanto possibile.

Lei ignora le nostre reazioni, sogghignando -non sapete quanto pagherei, per vedere la faccia di Valerie Gardiner quando leggerà il mio articolo! Buona serata, signorina Deveraux. David, ci si vede in giro- lo saluta mellifluamente, con un tono davvero troppo insinuante e ammiccante.

-Contaci- sussurro ironica e stizzita, sbattendole la porta in faccia.

Quando mi volto, incenerisco David con lo sguardo. -Maggie, com'è andata l'intervista?- scimmiotto la sua voce da pesce lesso, avviandomi a grandi passi verso la sala da pranzo, dove ci aspetta la cena.

-Dai! Ma non le ho detto nulla di che...- si giustifica, ma vedo che la cosa lo diverte molto e fa infuriare ancora di più me.

-Sei un cretino!- esclamo sedendomi al tavolo.

-Pienamente d'accordo con Amy- si intromette Aiden soddisfatto.

-Non sai nemmeno di cosa stiamo parlando- ribatte David irritato.

-Non ho bisogno di sapere- aggiunge Aiden, ancora più compiaciuto e inizia ad assaporare le pietanze, preparate da Josette e Danielle, con noncuranza.

Lo ignoro per tutta la cena e dopo mangiato ci dirigiamo in camera. Non prima che Jess mi abbia sussurrato quanto la diverta la mia gelosia, e il tempo che ha aspettato per vedermela mostrare verso qualcuno. La mia migliore amica sa essere una vera strega quando vuole.

Dopo una lunga doccia, finalmente mi distendo sul morbido ed enorme letto. David mi raggiunge dopo poco ma continuo a ignorarlo bellamente.

-Dai, parlami, formaggino. Non devi arrabbiarti! Maggie...- alla mia occhiataccia si corregge subito, in difficoltà -Margaret... può apparire fastidiosa ma credimi, è tutta apparenza. Non è di lei che ti devi preoccupare- cerca di spiegarsi.

-So benissimo che la psicopatica è Valerie. Non sono arrabbiata- incrocio le braccia al petto -non mi interessa nulla di tutte le tue ex, puoi fare ciò che ti pare!- guardo altrove con sdegno.

Lui mi abbraccia di slancio, stringendomi e dandomi un bacio sul naso.

-Sei adorabile quando ti ingelosisci- sorride con dolcezza, facendomi appoggiare la testa sul suo petto -ma non devi esserlo, non ne hai motivo. Sei l'unica che abbia mai voluto sul serio, l'unica che sa tutto di me.- Nonostante io sia ancora irritata, la sua voce profonda e le sue parole mi sciolgono come un gelato al sole, facendomi finalmente rilassare. Ci sa fare troppo a differenza mia e per mia sfortuna ne è maledettamente consapevole. Sono rovinata.

Mi stringo a lui e lentamente sento il suo respiro cambiare, capisco che si è addormentato.

 

****

Sono trascorse ore, è quasi mattino ma non riesco a dormire.
Mi giro e rigiro nel letto: il nervosismo e la paura di un possibile incubo, non mi fanno chiudere occhio. Decido di alzarmi e andare verso la cucina, ho bisogno di qualcosa di dolce e di un bicchier d'acqua; forse in questo modo riuscirò a conciliare il sonno...
Mi avvio alla porta, dando un'ultimo sguardo a David che dorme beato.

A piedi nudi scendo la grande scala, dirigendomi verso l'atrio e l'ala opposta della tenuta.
Poi mi blocco improvvisamente: qualcuno sta bussando con violenza alla porta. Chi sarà a quest'ora del mattino? I colpi sono insistenti.

Con mano tremante decido di aprire. So che non è molto saggio, ma la curiosità è troppa.

Di fronte a me c'è Corinne: è affannata, ha i capelli spettinati e il viso tirato; indossa una camicia bianca aderente e sgualcita, e un paio di pantaloni scuri. Sembra aver corso molto...

-Corinne, che ci fai qui?!- chiedo sconvolta.

Si avvicina agitata, stringendomi le spalle, vedo la paura nei suoi occhi.

-Amy, ascolta non c'è più tempo. Ho scoperto la verità! È terribile, sei in grave pericolo, devo raccontarti tutto e subito. Devi sapere che...-

Uno strano scoppio interrompe le sue parole: è un rumore strano, mai sentito prima.

Mi guardo intorno, per capire da dove è partito ma non vedo nulla. Quando riporto lo sguardo sul suo viso è come sorpresa, quasi senza fiato e ha gli occhi sgranati.
Non capisco... poi lei abbassa lo sguardo sconvolta e io faccio lo stesso: un'enorme macchia rossa si sta espandendo sul candido bianco della camicetta che indossa.

Mi si mozza il respiro: quel rumore era uno sparo.

Le hanno appena sparato sotto i miei occhi.
Ho il cuore in gola e mi si gela il sangue nelle vene.

L'unica cosa che riesco a fare, prima che si accasci al suolo dinanzi a me, è urlare una parola, con tutto il fiato che ho in gola, con tutta la disperazione che provo.
Una parola che mai, avrei pensato di rivolgere a qualcuno che non fosse Elise.

-Mamma!!-

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: JosephineStories