Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    20/05/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quasi una speranza
 
Gladia si fermò davanti alla porta riccamente decorata ed esitò. Appoggiò una mano sulla superficie, avvertendone ogni increspatura e solco lasciati dall'artista.
Riusciva quasi a immaginarlo all'opera mentre disegnava elfi e unicorni che danzavano sulla sfondo di un'antica foresta.
Spinse la porta e questa cedette. Oltre la soglia era buio, tranne che per una singola lama di luce che tagliava in due la stanza al centro esatto.
Particelle in sospensione danzarono nell'aria al suo passaggio.
Sotto lo spicchio di luce intravide una figura umana. Indossava un mantello scuro e un cappuccio gli nascondeva il viso, ma sapeva bene chi era.
Mentra si avvicinava disse: "Spero che tu abbia un buon motivo per aver chiesto un incontro proprio qui, in pieno giorno."
La figura incappucciata si mosse appena. "Ce l'ho" disse con voce profoonda.
Gladia sentì la tensione aumentare e fu subito all'erta. "Tu" disse bloccandosi in mezzo alla stanza. "Che ci fai qui? Dov'è Relya?"
"Lei sta bene" disse la figura. "Attualmente, è a Daford, credo. Non si è mai mossa da lì."
Gladia non si sentiva affatto sollevata dal saperlo. D'istinto preparò un dardo nella mano dinistra e lo scudo magico in quella destra. "Ti ho chiesto che cosa ci fai qui."
"Dobbiamo parlare." La figura sollevò il cappuccio e quando Gladia lo vide ebbe un tuffo al cuore.
Era cambiato. Non tanto quanto si sarebbe aspettata, ma riusciva a cogliere delle sottili differenze tra il volto che aveva davanti e quello scolpito nella sua mente.
Ma il sorriso era sempre lo stesso, immutato.
Robern le sorrideva col suo modo beffardo e sincero allo stesso tempo. Aveva più rughe intorno alla bocca e gli occhi e i capelli erano tinti di grigio, ma era lui.
Sentì avvampare la rabbia e la paura allo stesso tempo. Se lui era lì, allora...
Robern sospirò. "Lo so a che cosa stai pensando."
"Non lo immagini affatto." Gladia sollevò la mano col dardo magico pronto a partire. Da quella distanza non lo avrebbe mancato. "Ti avevo promesso che se ti avessi visto di nuovo, ti avrei ucciso."
"Lo so" ammise lui. "Ma dovevo parlarti."
"Allora dimmi quello che hai da dire e in fretta" disse lei.
"Riguarda l'erede."
Gladia si sentì sopraffarre dal panico. "Erede? Di che cosa parli? Tutti gli eredi sono morti o..."
"Non mentire, Gladia. So che ne esiste almeno un altro. Forse due. Siete stati abili a nasconderli, all'epoca. Mi avete dato un'esca e io ho abboccato."
"Non so di che cosa stai parlando, dico sul serio."
"È stato un piano di Khone? Mi sorprende che lui abbia accettato. Ho avuto anni per rifletterci, mentre pensavo a come rimediare al male che ho causato."
"Tu vuoi rimediare, adesso?"
Robern annuì.
"È tardi per farlo."
"Non è del tutto vero."
Gladia voleva guadagnare tempo per pensare a come agire. Poteva attaccarlo subito, ma al tempo stesso voleva scoprire che cosa sapeva Robern. Era di vitale importanza.
"Che cosa hai fatto in tutti questi anni per rimediare?"
"Più di quanto tu creda" disse Robern.
"Ti ho chiesto cosa."
"Se te lo dicessi, scagieresti quel dardo senza alcuna esitazione."
"Chi ti dice che non lo farò lo stesso?" lo sfidò Gladia.
Lui si avvicinò di qualche passo.
Gladia puntò il dardo verso il suo petto. "Lo sai che non minaccio mai a vuoto. Se farai un altro passo..."
"Lo so che non esiteresti. E spero che tu non esiterai a fare ciò che devi, quando ti dirò quello che sta per accadere."
"Qualunque cosa tu mi dica, sappi che non crederò a una sola parola. Tu lavori per lui."
"Una volta, ma ora ho compreso il mio errore."
"È tardi. Lo distruggeremo."
"Follia" disse Robern. "Nemmeno con gli eredi ci riuscirete. Non sono abbastanza forti."
"Lui non è invincibile."
"Ma lo sta diventando, giorno dopo giorno. Chiediti come ha fatto a tornare."
"Dimmelo tu."
Robern parlò. All'inizio Gladia lo ascoltò incredula, ma più andava avanti, più la sua disperazione cresceva.
Infine, quando Robern disse: "E questo è tutto", non potè fare altro che sedersi nell'angolo più buio della stanza.
Robern sedette accanto a lei e rimase in silenzio.
"Tu sapevi tutto questo e non hai fatto niente per fermarlo?" chiese Gladia dopo molti minuti. Aveva le lacrime agli occhi.
Robern si strinse nelle spalle. "Vedevo in lui una speranza." Sorrise e scosse la testa. "Credevo di partecipare alla creazione di un mondo migliore per tutti. Fu allora che lui mi diede una missione. Quella missione eri tu."
"E tu hai accettato."
"Ero giovane e ingenuo."
"E ora che cosa sei?"
"Un po' meno giovane e un po' meno ingenuo."
Gladia stava ritrovando le forze. Sentiva di avere delle cose da fare, delle decisioni da prendere, delle persone con le quali parlare. Sarebbero stati giorni intensi. "Che cosa succederà adesso? Che cosa farai?"
"Ho il mio piano da seguire."
"Non voglio conoscerlo."
Lui sorrise. "Non te lo avrei detto lo stesso. Conocendoti, cercheresti di mandarlo a monte."
"A parte questo, ci aiuterai?"
Robern sembrò rifletterci. "Vorresti il mio aiuto?"
Gladia strinse i pugni. "Arrivati a questo punto, ho bisogno dell'aiuto di tutti. Tu lo conosci bene, forse meglio di chiunque altro. Se tu riuscissi a portarlo in un determinato posto e noi riuscissimo a coglierlo di sorpresa, con l'aiuto degli eredi..."
"Non può funzionare."
"Ma se lo facessimo?"
Robern scrollò le spalle. "Forse avreste una possibilità."
Gladia annuì. "Allora è deciso." Fece per alzarsi.
"Che cosa farai adesso?"
"Per prima cosa, convincerò il re che è giunto il momento di unirci a questa guerra" disse Gladia. "Conto di salpare verso Valonde entro la fine di questa luna, se non prima. Una volta lì, ci uniremo alle forze di re Andew."
"E poi?"
"Raduneremo gli eredi e li porteremo con noi. Il resto dovrai farlo tu."
Robern annuì. "C'è un luogo che sarebbe adatto."
"Come farai ad attirarlo lì?"
"Ho qualcosa a cui tiene molto. È da tempo che cerca di impossessarsene e non si lascerà sfuggire l'occasione."
"Vuoi usare un'esca?"
"Voi avete fatto lo stesso con me e ha funzionato."
"Allora è deciso" disse Gladia.
"Ti contatterò quando sarete sul continente vecchio." Robern fece qualche passo indietro e scomparve nell'oscurità.
Gladia non cercò di fermarlo. Con gambe malferme e con rinnovata speranza uscì dalla sala.
 
***
 
Roge si nascose nell'erba alta, aspettò che la carovana passasse e poi uscì allo scoperto. Indossava ancora gli abiti sbrindellati di quando aveva lasciato Krikor.
Accanto a lui, Malbeth non era messo meglio. L'uomo aveva lo sguardo spento di sempre e un segno rosso attorno al collo dove prima c'era la catena.
Spezzarla non era stato facile ma era la prima cosa che avevano fatto.
Il portale li aveva trasportati da qualche parte, ma non era il grande continente. L'accento che usavano quelle persone era diverso e i nomi dei villaggi non gli dicevano niente.
Nel primo che avevano visitato li avevano scambiati per vagabondi e le guardie erano intervenute per scacciarli via in malo modo.
Nel secondo avevano trovato solo macerie fumanti e pochi sciacalli che vagavano tra le case annerite alla ricerca di ciò che era rimasto.
Roge ne aveva interrogato uno.
"Che cosa è successo qui?" aveva chiesto all'uomo che stava rovistando tra la cenere.
L'uomo aveva scsosso le spalle. "Una battaglia. Mantelli grigi contro mantelli azzurri."
"Chi ha vinto?"
"Posso solo dirti chi ha perso" aveva risposto indicando le macerie.
"Ma chi è stato? Malag?" aveva chiesto Roge.
"Che importanza ha?" Strappò qualcosa dalle mani carbonizzate di uno scheletro, lo esaminò poi lo buttò via. "A loro non importa."
Roge decise di cambiare argomento. "Sai dove trovare un fabbro? O un maniscalco?"
"Prova ad andare verso Penca. Ci sono parecchie fattorie lì. Forse qualcuno lo trovi."
"Penca" aveva ripetuto Roge. "Da che parte si trova?"
L'uomo aveva indicato un gruppo di colline a nord. "Da quella parte."
Roge si era portato dietro Malbeth. Ogni volta che incrociavano qualcuno faceva in modo che non notassero che lo portava al guinzaglio. Voleva evitare delle domande scomode e non aveva voglia di attirare attenzioni indesiderate.
Raggiunsero Penca dopo due giorni di viaggio e di piogge incessanti.
Fradici e sporchi di fango cercarono tra le fattorie e alla fine ne trovarono una abbandonata. Il padrone aveva liberato gli animali o erano scappati e nessuno era venuto a reclamare quella terra.
Roge si era guardato in giro alla ricerca di cibo e aveva trovato qualche vecchia conserva e della carne essiccata sulla quale si era gettato con avidità.
Poi si era ricordato di Maleth e gliene aveva offerto un pezzo, ma lui l'aveva rifiutata.
"Così morirai di fame, stupido" lo aveva rimproverato mentre metteva da parte delle scorte.
Malbeth lo aveva ignorato.
Roge aveva cercato nella stalla e aveva trovato delle pinze e un martello. Con quelle, dopo molti sforzi, era riuscito a sezzare il pesante lucchetto che chiudeva la catena.
Quando l'aveva tolta, sul collo di Malbeth era apparso un profondo solco rossastro.
"Per l'Unico, da quanto tempo porti questo affare?" gli aveva chiesto.
"Otto anni, sette Lune e dodici giorni" aveva risposto l'uomo, rompendo un silenzio durato diversi giorni.
Roge aveva perso la speranza di sentire di nuovo la sua voce. "Allora parli" aveva detto sollevato. Poi gli aveva passato un pezzo di carne essiccata.
Malbeth lo aveva soppesato tra le mani come se fosse un oggetto misterioso.
"Mangia" lo aveva esortato Roge. "È buona."
"Ho il permesso?"
"Non lo devi chiedere a me. Se vuoi mangiarla, fallo."
Malbeth aveva strappato metà della carne e l'aveva masticata per qualche minuto prima di ingoiarla.
"Allora amico mio" aveva detto Roge dopo la cena. "C'è qualche domanda che ti voglio fare."
Malbeth sedeva in un angolo fissando il vuoto.
"Sai spiegarmi che cosa è successo mentre eravamo dall'altra parte, nel portale intendo? Insomma, che cos'era quel rituale che hai fatto? Perché era una specie di rituale, no?"
Malbeth era rimasto in silenzio.
"Non ne vuoi parlare? Ti capisco, nemmeno a me piace ricordare, ma credo che sia importante. Sanzir e Persym sembravano tenerci molto e io sono preoccupato. Non riesco proprio a togliermelo dalla testa."
Malbeth si era limitato a fissare il vuoto.
Deluso, Roge aveva incrociato le braccia dietro la nuca e si era appoggiato al muro. "Così non andremo da nessuna parte, amico mio. Abbiamo assistito a qualcosa... non so dire cosa esattamente, ma ho la sensazione che dovremmo riferire a qualcuno quello che è successo, non credi?"
Silenzio.
"Io credo di sì. Devo trovare mio padre o i miei fratelli. Bryce, tanto per cominciare. Lei deve sapere. Se è vero quello che ha detto quell'uomo, qualcuno sta combattendo Malag proprio qui. La guerra deve essersi spostata in questo continente dopo che... sono partito. Se è così allora mio padre e mia sorella sono certamente qui. Se riuscissi a trovarli..."
Malbeth aveva risposto ruotando gli occhi verso l'alto.
"Almeno capisci quello che sto dicendo?"
"Una volta avevo una famiglia" aveva detto l'uomo.
Roge si era raddrizzato subito. "Prosegui."
"Avevo una figlia e un figlio."
"È una bella cosa. Dove abitavate?"
"Nergathel."
"Luogo lugubre" aveva detto Roge, per poi pentirsene subito. "Ma immagino che abbia il suo fascino, vero?"
Malbeth non aveva detto altro per quella sera.
Il giorno dopo aveva infilato in una sacca tutto il cibo che erano riusciti a trovare e avevano lasciato la fattoria.
"Vorrei restare qui, ma non credo che sia sicuro. Se i padroni tornassero, potrebbero accusarci di furto vedendoci, no?" aveva detto Roge tanto per chiacchierare.
Malbeth non aveva più detto una parola dopo le frasi smozzicate della sera prima.
Lasciatisi alle spalle Penca, si immisero su una strada ben tenuta e in parte lastricata che proseguiva verso nord.
Non ci volle molto prima che incontrassero dei pellegrini che come loro seguivano la stessa via. Uno di essi era un uomo di mezza età vestito con una tunica lurida. Era accompagnato da due ragazzini che gli somigliavano, anche loro malmessi.
"Salve" disse Roge incrociandoli.
"Salve" dissero i tre quasi all'unisono. "Andate a nord anche voi?"
"Così pare." Roge ci pensò su prima di aggiungere: "Crediamo di esserci persi dopo aver lasciato Penca. Sapete dirci dove ci troviamo?"
"Siete diretti ad Azgamoor, la città santa" disse l'uomo.
Roge si sentì sollevato e preoccupato allo stesso tempo. Sollevato perché ora sapeva dove stavano andando. Preoccupato perchè non era un posto sicuro per lui e Malbeth.
Salutò i pellegrini e li lasciò guadagnare terreno, prima di spostarsi fuori dalla strada, nascondendosi nella folta vegetazione che la costeggiava.
"Azgamoor" esclamò Roge. "Tra tutti i luoghi possibili, quel portale doveva portarci proprio qui."
Malbeth come al solito era imperturbabile.
"Al Culto non vanno a genio quelli come noi, capisci amico mio? Se andiamo ad Azgamoor e veniamo scoperti c'è la morte o l'esilio a Krikor. E io non ho intenzione di tornarci così presto."
Eppure c'era qualcosa in quella città che lo attirava. Non era da lì che veniva Sanzir? Qualsiasi cosa stesse facendo a Krikor, doveva avere a che fare con quello che accadeva tra le mura di Azgamoor.
Non poteva tornare indietro e non poteva andarsene senza almeno provare a indagare per trovare delle informazioni.
Quello che avevano fatto a Krikor, ciò che avevano visto... doveva scoprire di più e trovare il modo di riferirlo a suo padre.
L'unico modo era entrare in città e rischiare in prima persona. Sarebbe stato il suo modo per riscattarsi agli occhi dei suoi amici e parenti. E ai suoi.
Tornarono sulla strada principale e si unirono ai pellegrini in marcia verso Azgamoor.
Chiedendo in giro, scoprì che i preti davano asilo a quanti erano in fuga da campagne e villaggi distrutti durante le battaglie.
Tutti sembravano fiduciosi che le mura della città li avrebbero protetti dagli orrori da cui stavano fuggendo.
Dopo quello che aveva visto, Roge iniziava a temere che esistessero ben altri orrori e che le mura di Azgamoor, per quanto solide, non li avrebbero protetti da quello che li attendeva.
Non aveva idea di come sarebbe entrato in città e che cosa avrebbe fatto se fossero stati scoperti, ma per la prima volta dopo molte settimane, aveva di nuovo uno scopo e una ragione di vita.
Una speranza, pensò in un attimo di trionfale ottimismo.

Prossimo Capitolo Giovedì 24 Maggio
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor