Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Theironlady    21/05/2018    3 recensioni
Cosa accadrebbe se qualcuno promettesse a Fujiko miliardi di rubini in cambio della testa di Jigen?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Jigen Daisuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jigen stava seduto, teneva i gomiti sul tavolo e le mani conserte, sulle quali aveva poggiato il mento, esibendo un’espressione cupa e impenetrabile. Non bastava coprirsi lo sguardo con l’ombra del suo fedele cappello, non bastava neppure restare di spalle e controllare tutti coloro che man mano entravano nel ristorante attraverso il loro riflesso sulla grande vetrata di fronte a lui.
Ormai il sicario aveva analizzato tutto, ogni singolo anfratto di quel rinomato ristorante italiano, che aveva la nomina di essere il più prestigioso d’America.
Dall’esterno, lui e Fujiko avevano tutto l’aspetto di una coppia come tante altre, e così doveva essere, per non rischiare che qualcuno li notasse.
Fujiko si era vestita in maniera particolarmente chic, come se volesse essere bella per il suo appuntamento con Jigen, e si comportava esattamente come se fosse davvero soltanto quello, come se non si trovassero in quel locale per assassinare delle persone.
 Il Boss aveva spiegato loro nei minimo dettagli in che modo avrebbero dovuto agire; si sarebbero seduti nel tavolo più vicino alla finestra, il più isolato, avrebbero ordinato un piatto di spaghetti, nell’attesa dell’arrivo degli obiettivi; una donna sulla quarantina dai capelli neri, accompagnata da un uomo anziano, del quale gli aveva mostrato la foto in modo da non confonderlo, e un bambino, presumibilmente il figlio di lei.
Nel corso della sua vita, Jigen di omicidi ne aveva compiuti parecchi. Aveva ucciso criminali, sicari come lui, ma raramente donne e mai, almeno fino ad allora, bambini.
Aveva tentato di obiettare, per risparmiare quantomeno il figlio della donna, ma come immaginava, Tony Morello non voleva saperne assolutamente.
Quel pensiero lo teneva assorto, gli impediva perfino di pensare a quanto odiasse Fujiko, a quello che con lei stava per fare la notte precedente, e il modo in cui poi aveva reagito.
Si era sentito in colpa quasi subito, per averle lanciato uno schiaffo tanto forte. Non era da lui, eppure non era riuscito a impedirlo.
Dopo che lei era corsa via dalla sua camera, era rimasto sdraiato sul letto con gli occhi chiusi, deciso a prendere sonno ma incapace di farlo, con la testa piena di voci, di domande. Non capiva perché l’avesse assecondata, anzi, una parte di lui lo desiderava perfino, che lei facesse quello che aveva fatto, che entrasse nella sua camera nel cuore della notte per essere sua, soltanto sua almeno per una volta.
E in quel momento, il sicario non riusciva a dirle neanche una parola, anche se, dentro la sua testa, stava già discutendo con lei animatamente.
Fujiko lo aveva osservato per tutto il tempo da quanto erano arrivati; era visibilmente teso, troppo per un sicario esperto come lui.
Forse perché non agiva da anni in quel modo, aveva probabilmente perso l’abitudine con quel genere di cose; la vita con Lupin infondo era diversa, totalmente diversa, sebbene fosse anche lui un criminale tanto quanto il Boss e i suoi scagnozzi.
E poi non riusciva a non chiedersi per quale ragione, Morello fosse così deciso a eliminarlo. Che avessero avuto una discussione, oppure magari dei precedenti incontri di cui lei non sapeva nulla?
Aveva tentato più volte di domandarglielo, aprendo la bocca per iniziare a formulare una domanda, che però le si era strozzata in gola prima di essere pronunciata.
Ma anche Jigen l’aveva guardata, si era chiesto cosa pensasse, cosa ci fosse dentro la sua mente contorta. Si rifiutava di credere che lei non avesse un piano, un obbiettivo, che volesse semplicemente continuare a farsi viziare da quell’uomo come un’ inutile prostituta.
La osservò arrotolare una forchettata di spaghetti al pomodoro, per poi avvicinare il boccone alle labbra di lui. Quel gesto lo aveva colto del tutto impreparato, tanto che non era riuscito a fermarla prima, sporcandosi di sugo le labbra mentre qualche goccia gli era perfino caduta sulla camicia.
Si limitò a lanciarle uno sguardo cagnesco al quale la donna rispose ridendo di gusto, prima di allungare una mano per tentare di ripulire le macchie di pomodoro dalla sua camicia, quanto bastasse per rendere credibile l’immagine di un criminale che da lì  a poco avrebbe ucciso delle persone a sangue freddo.
<< Ti chiedo scusa, cercavo soltanto di tirarti un po’ su di morale. >>
Ci furono alcuni istanti di silenzio, al termine dei quali Jigen decise finalmente di mangiare quel boccone di spaghetti che Fujiko gli aveva preparato, strappandole un sincero sorriso.
<< Sai, pensavo fossi più abituato a queste cose. >> 
<< Uccidere delle persone non è una cosa da prendere alla leggera. Non ho paura di fallire, ma preferisco non distrarmi, altrimenti non mi tirerò mai fuori da questa situazione. >>
In quel momento, lo sguardo di Jigen si assottigliò e Fujiko lo vide fissare attentamente il vetro. Finalmente, gli obiettivi erano arrivati e si erano seduti al tavolo dietro il loro.
A quel punto, il pistolero avrebbe semplicemente dovuto aspettare che tutti quanti uscissero dal ristorante per iniziare l’operazione, alzandosi e puntando contro di loro la pistola.
Non avevano guardie del corpo, né scagnozzi, e la cosa lo insospettì parecchio. Pensò che non ne avessero bisogno, probabilmente erano abili combattenti o cecchini provetti, anche loro nascondevano un’arma, si, di questo ne era sicuro. Una famiglia della malavita non sarebbe mai andata in giro senza protezione, senza un minimo mezzo di difesa.
L’attesa fu breve; ci volle poco meno di mezz’ora perché il ristorante si svuotasse, data l’ora tarda. Non ci sarebbe voluto molto prima della chiusura del ristorante; mentre Fujiko era intenta a distrarre il proprietario, per evitare che interferisse, Jigen avrebbe dovuto agire rapidamente, sparare tre colpi veloci e scappare in auto, dove lo avrebbe aspettato la complice.
Così accadde. Fujiko si alzò e scomparve oltre il corridoio, dove stavano le cucine del ristorante, e dopo aver aspettato qualche minuto per accertarsi che tutto stesse andando per il verso giusto, si alzò e puntò la sua magnum prima contro la donna, in modo che sia l’uomo che il bambino fossero incapaci di reagire.
Tutti e tre alzarono le mani sopra la testa, mentre Jigen li scrutava, non riuscendo a decidere chi uccidere per primo.
Se avesse ucciso la donna, il figlio avrebbe visto sua madre morire. Una visione troppo terribile perfino per lui, che per quanto mercenario esperto, riteneva la scena troppo cruda per quel bambino innocente, così, infine, decise.
Il primo colpo andò al vecchio, poi il bambino, infine, con le mani già tremanti, sparò l’ultimo proiettile verso la donna.
   
 
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