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Autore: GiulsBlack    21/05/2018    2 recensioni
Questa non è una storia di amore e rivalsa, questa è la storia di tutti quelli che sono nati e hanno fatto a botte con la vita dal primo minuto. È per quelli che subiscono e non hanno il coraggio di raccontare. Questa è la storia della mia vita, che ha provato a divorarmi, e non c’è riuscita.
Avevo bisogno di mettere nero su bianco che il male esiste anche se sei solo un bambino e non conosci ancora tutti i colori del mondo.
È per tutti quelli che pensano sempre: “cazzo, la vita con me ha fatto veramente schifo.” ma che alla fine non le serbano mai rancore. Bravi, continuate cosi, non c’è dramma che valga il rancore. Non spegnetevi mai.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’è mia nonna, da qualche parte, è stata lei a farmi il torto più grande.
Mi ha tolto la possibilità di provare le cose come gli altri: senza timore, senza rabbia, senza sospetto. 
Non può neanche darmi una giustificazione, tornare indietro e inventarsi un addio, raccontare una balla, trovare una scusa, inventarsi una cazzata che renda meno ridicolo tutto quello che è stato.

Nei miei sogni lei dice questo: “Scusa, bambina mia, non è stata colpa tua, per me eri abbastanza”. 
Nella vita reale, però, le cose sono diverse: per lei non contavo niente e ha deciso di cucirsi le labbra con la morte. 

A nove anni i bambini sono maestri nell’arte del nascondino.
Io ero la più brava di tutte: dietro quella porta semichiusa, la mattina in cui hai deciso che questo mondo non valeva più il tuo tempo, non mi ha trovato nessuno, nemmeno Dio, che ha sempre altro da fare quando si tratta di aiutare me. 
Allora sono rimasta nascosta, mentre mamma piangeva e sussurrava che eri morta, senza lasciare dubbi a chi stava dall’altra parte della cornetta, perché chi spicca il volo come hai fatto tu può atterrare solo con un gran baccano e le ali troppo devastate per provare ad alzarsi di nuovo. 

Ti ho perdonato tutto quello che era umanamente perdonabile Nonna, davvero, ma mi duole dirti che ci sono cose che non posso dimenticare e di quelle tu sei responsabile, quindi prendi le tue colpe, che io non so che farmene. 
Non ti perdono i piedi sempre ben piantati a terra, la paura di volare, di essere sul piedistallo, di guardare il mondo dall’alto, che mi prende sempre una leggera nausea e mi si stringe la gola per la voglia di urlare.
Non ti perdono l’egoismo nell’esserti lasciata dietro sei figli, SEI, che sono diventati l’ombra di ciò che erano.
Non ti perdono nemmeno tutti i nipoti a cui non hai saputo dire addio.
Non ti perdono per tuo figlio più piccolo, che all’alba della vita, con i vent’anni ancora appesi sulle spalle, ha deciso di seguirti, che lo sappiamo tutti che se ci fossi stata tu, lui sarebbe ancora qui a mordere la vita.
Non ti perdono la paura subdola e costante nel chiedermi cosa stia facendo il mio papà, uno dei tuoi tanti figli, che il timore che ti vengano dietro è ben radicato in tutti noi, spettatori del tuo circo. 
Hai condannato tutti, ci credi?
Hai guardato la tua famiglia sgretolarsi dall'alto dei cieli?
O ci guardi arrancare dietro a quello che hai lasciato da sotto terra, che di volare, mi pare scontato, non sei mai stata capace. 
Hai guardato le tue tre figlie farsi la guerra a vicenda?
O preferisci mantenere l'attenzione sui due figli maschi che ti rimangono?
Bada bene, Nonna, DUE, i maggiori, perchè il più piccolo ti è venuto dietro e ora guarda i fiori crescere dalla parte delle radici.
Li hai visti crescere i tuoi sei nipoti?
Sei figli e sei nipoti, fortunata stronza, che a malapena riescono a guardarsi in faccia vicendevolmente senza pensare ai segreti che condividono e che li separano dalla realtà delle persone normali.
Ecco a cosa ci hai condannato, ad essere anormali, difettosi, funzionanti solo a tratti, tutti e dodici, anzi undici, tienilo sempre bene a mente, ci hai fatti diventare undici.

Non ti perdono i sensi di colpa con i quali viviamo tutti, che tu risposte non ne hai volute lasciare e siamo tutti qui a chiederci di chi sia la colpa.

E pace all'anima nostra, non tua.
  
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