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Autore: veneresun    21/05/2018    1 recensioni
" Era come se si fosse costruita una corazza invisibile addosso, e a nessuno fosse dato di scalfirla. "
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo plumbeo di New York rispecchiava perfettamente il suo stato d’animo. L’odore di pioggia era particolarmente intenso, al punto da sovrastare il puzzo di frittura e sugo alla marinara che proveniva dalla pizzeria giù all’angolo. Si preannunciava una serata temporalesca, e quello era l’unico pensiero in grado di donarle una qualche sorta di serenità. La passione per i tuoni, i lampi e la pioggia scrosciante contro i vetri delle finestre se la portava dietro fin da piccola.
Sospirò, rannicchiandosi meglio contro i cuscini che aveva appoggiato sul davanzale interno della grande finestra della sua camera da letto. Era il suo posto preferito, fin da quando si era trasferita in quel fin troppo affollato loft nel Queens. I suoi coinquilini le piacevano, certo, ma spesso e volentieri aveva bisogno di stare da sola. E quella finestra si prestava incredibilmente bene allo scopo.
Inspirò profondamente una boccata di fumo dalla sigaretta che se ne stava in bilico tra l’indice ed il medio della mancina, e – come al solito – pochi secondi dopo un colpo di tosse interruppe il silenzio quasi surreale che regnava in camera sua, conseguenza del bruciore fastidioso che le aveva attraversato la gola e si era depositato poi nei polmoni. Fumare non le piaceva granché, né le riusciva poi così bene, ma in qualche modo osservare il fumo azzurrino che si sprigionava dalle sue labbra e respirare l’odore acre del tabacco bruciato, riusciva a calmarla. E quello strano sapore che le restava poi sulla lingua e sulle labbra le piaceva. Forse perché le riportava alla mente ricordi del passato, precisamente baci al sapore di tabacco e colluttorio. E sentirsi nostalgica era certamente più piacevole di quel perenne stato d’ansia che sperimentava ormai da settimane. La cosa peggiore, poi, era che credeva di essersene liberata da tempo. Ma, evidentemente, si sbagliava.
Abbassò lo sguardo, osservando lo smartphone che teneva in equilibrio su di una coscia, e morse distrattamente il proprio labbro inferiore, assumendo la sua tipica espressione pensierosa. La voglia di sbloccare lo schermo e digitare il numero di Liam era forte, ma altrettanto lo era quella vocina nella sua testa che gli suggeriva di non fare nulla, paventando disastri dei più vari se mai avesse compiuto quel gesto. Non si vedevano ormai da settimane, ma quella mancanza di lui che aveva pensato potesse scemare, era invece sempre la stessa. Anzi, a dire il vero, sembrava essere aumentata. E, verità per verità, non era esatto dire che non si vedessero da settimane. Perché lei, in effetti, l’aveva visto anche recentemente. Ma si era trattato di incontri “a senso unico”. Qualcuno avrebbe anche potuto definirli “donna che spia il suo ex marito, gli fa le poste e non ha il coraggio di avvicinarsi, neppure per salutarlo”. Sempre se qualcuno fosse stato a conoscenza della cosa, certo. Perché, fortunatamente, nessuno ne sapeva nulla; non Jacqueline, non Amanda… neppure Mila, la sua migliore amica, era stata messa al corrente del suo nuovo passatempo.
In effetti, nessuno sapeva poi molto neppure degli altri aspetti della sua vita, nell’ultimo periodo. Era tornata a New York da mesi, eppure sembrava che non vi fosse tornata affatto. Si limitava a recarsi al lavoro, facendosi assegnare più turni possibile in ospedale, semplicemente perché quello le impediva di pensare. Ma lavorava quasi meccanicamente, sembrava non esserci più passione in quello che faceva. Aveva imparato a ridurre al minimo il contatto coi pazienti, a non farsi più coinvolgere dalle loro storie. Era come se si fosse costruita una corazza invisibile addosso, e a nessuno fosse dato di scalfirla. Avrebbe dovuto prepararsi per l’esame di specializzazione che l’aspettava da lì a pochi mesi, ma per quanto il pensarci le trasmettesse un’incredibile ansia, quella stessa ansia le impediva di concentrarsi per studiare al meglio.
La destra raccolse il cellulare color oro, e il pollice digitò velocemente il codice per sbloccarlo. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, per uscire da quel circolo vizioso in cui si era rinchiusa da sola. Il numero di telefono di Liam riempì presto buona parte dello schermo, e un sorriso delicato le increspò le labbra rosee. Già immaginava la sua voce calda e rassicurante, le parole che le avrebbe detto, quel suo modo particolare di restare in silenzio e di comunicarle molto al tempo stesso. Sarebbe stato piacevole parlare con lui, molto. Magari l’avrebbe invitato a cena, o semplicemente a bere un caffè. E sarebbero potuti andare in quel posticino di Brooklyn, quel negozietto di dischi che sembrava essere stato trasportato in quell’epoca dal 1950. Era certa che gli sarebbe piaciuto, anche se non sapeva spiegarsi bene il perché. E poi sarebbero tornati a Manhattan, perché la statua di Alice a Central Park meritava assolutamente di essere vista per l’ennesima volta.
Sì, avrebbero trascorso del tempo decisamente piacevole insieme. Se solo si fosse decisa a premere il tasto verde. Invece lasciò scivolare lo smartphone tra i cuscini, così da non doverlo vedere e non avere nessuna tentazione.
Magari l’avrebbe chiamato un’altra volta.
  
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