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Autore: nini superga    23/05/2018    2 recensioni
Durante una nevicata che ha dello straordinario, Ganadlaf giunge ad Isengard con una richiesta per Saruman: vuole che la giovane Annael, apprendista Istari presso la Torre di Orthanc, vada a Minas Tirith con lui. Il Grigio Pellegrino vuole portare la ragazza a Gondor per permetterle di approfondire certe ricerche infruttuose che sta svolgendo negli annali e nelle cronache di Isengard, riguardanti un certo Anello che tutti credono sparito ma che tutti comunque bramano… Cosa dirà Annael, strega incompleta? E chi o cosa troverà a Minas Tirith?
Non scrivo da anni, ma la passione per il mondo di Tolkien non si è affievolita, proprio come per i suoi personaggi!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Denethor, Faramir, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.V.
 
 
         Odil bussa alla porta nel momento in cui io la sto aprendo per uscire.
<< Buongiorno >>, mi saluta con un leggero inchino, accennando al vassoio che ha tra le mani. << Mi stavate forse aspettando? Vi ho portato la colazione. >>
La ringrazio con un cenno, facendomi da parte per farla entrare.
La ragazza si dirige allo scrittoio, dove appoggia il vassoio con delicatezza.
<< Spero abbiate fame >>, commenta Odil scoperchiando il piatto nel vassoio e mettendo in mostra della focaccia calda e quella che sembra essere marmellata. La fragranza del pane riempie la stanza, facendomi venire l’acquolina in bocca.
<< In verità, io non faccio mai colazione >>, rivelo ad Odil sedendomi davanti al piatto e annusando l’aroma, << Ma ad Isengard non c’erano colazioni simili! Sembra squisita! >>
Odil ride di gusto, versandomi una tazza di the bollente. Consumo la colazione in silenzio, assaporando ogni boccone e godendo del contrasto tra la marmellata dolce e la focaccia leggermente salata. Anche il the è buono, e ne bevo due tazze.
Quando Odil sparecchia, sul vassoio noto degli scampoli di tessuto.
<< E questi? >> Chiedo, sapendo già cosa risponderà la giovane.
<< Sono vostri >>, risponde Odil, avvicinandosi per mostrarmeli. Sono cinque pezzi di stoffa di vari colori e fattura, grandi quanto una mano. Odil accarezza con particolare cura una pezza verde bosco dai ricami dorati.
 << Il principe Boromir si è affidato a me per prendere al mercato queste stoffe, per i vostri abiti ha detto. >>
Li dispongo sul tavolo e li osservo: una pezza è rossa con piccoli fiorellini ricamati nello stesso colore; l’altra è nera e ha stelle d’argento piccole come un polpastrello ricamate nel raso; una è blu con impunture dorate; un’altra è proprio color oro, senza ricami; e poi c’è la pezza di Odil, verde bosco, con piccole ghiande ricamate.
Questa è quella che mi piace di più e la stringo tra le mani, sfregandola piano.
E’ una ragazza come tante, solo che questa sa leggere e scrivere.
Appoggio il pezzo di stoffa sul tavolo e mi allontano verso il catino sulla cassapanca.
<< Non vi piace niente? >> Chiede Odil, il tono vagamente perplesso.
Mi sciacquo il viso prima di risponderle con un’alzata di spalle.
Vorrei essere indifferente a tutto questo, vorrei dimenticare quello che ho sentito ieri sera, ma quei pezzi di stoffa mi fanno venire in mente il sorriso di Boromir mentre diceva che si, ci avrebbe pensato lui, a farmi avere le stoffe più belle di Gondor. 
E poi, quelle parole mi suonano di nuovo nelle orecchie: E’ una ragazza come tante.
Guardo Odil, che si passa gli scampoli tra le mani con aria sconsolata e sorrido: tra tutti, lei è quella che non ha nessuna colpa.
<< Lasciali sul tavolo, Odil, li guarderò con più attenzione stasera >>, le dico,
<< Così domani mattina saprai che stoffa comprare. >>
Odil annuisce, soddisfatta, lisciando gli scampoli sullo scrittoio con cura.
<< E’ stato mio fratello ad avvisarmi della richiesta del principe >>, mi racconta concitata, << Isildil me l’ha detto a colazione, dicendomi che avevo credito illimitato per andare e scegliere ciò che più mi piaceva per la mia signora dai migliori mercanti della città. >>
<< A te quale piace di più? >> Le chiedo, incuriosita.
Odil tentenna, per poi prendere in mano la stoffa verde e sorridermi.
Annuisco, per poi prendere il bastone.
<< Vado in biblioteca >>, annuncio, << Se hai bisogno di me, sono là. >>
<< E il pranzo? >>
<< Portalo là. Che sia leggero. Disturbami solo se necessario, per favore. >>
Odil si inchina, compita. << Sarà fatto! >>
La ragazza inizia a spalancare le finestre e scopre il letto per fargli prendere aria.
Prima di uscire, mi avvicino di soppiatto allo scrittoio e prendo lo scampolo di stoffa verde.
 
     I corridoi sono vuoti, soprattutto questi dell’ala degli ospiti.
Con la luce tutto mi risulta più facile e ripercorro lo stesso tragitto che ho fatto ieri sera perdendomi.
Passo anche dal giardino in cui ho origliato la conversazione dei capitani di Gondor. Entro attraverso una delle arcate, andando a sedermi proprio dove erano seduti loro: sul pozzo, che è chiuso da una grata, sotto gli alberi da frutto.
Resto lì un attimo, alzando lo sguardo alla mia camera da letto con la finestre spalancata.
Sento Odil cantare una canzone triste.
Mi vergogno di aver origliato, e un po’ me ne pento: se non fossi stata lì, non avrei mai saputo cosa pensano di me.
Scuoto la testa, cercando di riprendermi: che importanza ha il loro giudizio? Soprattutto, il giudizio di Boromir? Come mai continua a pesarmi?
Devo levarmelo dalla testa, penso, continuando a sfregare lo scampolo di stoffa tra i polpastrelli.
Ripenso anche alla serata di ieri, a come è andata a finire, alla tragedia che sembra essere dietro l’angolo. Anche i principi sento lo stesso odore … alzandomi, penso a quanto sarebbe confortante avere Olorin qui con me.
Lui saprebbe cosa fare, mi dico avviandomi verso la biblioteca, cercando ci capire come andrà a finire questa storia del matrimonio. Certo, la storia insegna che il matrimonio è il mezzo principe per contrarre alleanze, ma c’è sicuramente dell’atro sotto … sospiro, dicendomi che vorrei conoscere meglio Denethor per capire se quel lato feroce e autoritario del suo carattere è normale o solo passeggero.
D’altro canto, i suoi figli hanno parlato di un cambiamento repentino da quando quella strega di Morwiniel è entrata  a far parte delle loro vite. Hanno anche parlato di guerra, e di come non si fidino dei Kurai …
Venti di guerra aleggiano su Gondor, penso trovandomi davanti alla porta della biblioteca, e io ci sono giusto in mezzo.
 
         Apro il pesante battente di quercia ed entro in un ambiente completamente diverso da quello di Isengard. In uno stanzone di pietre freddo come l’inverno sono accatastate scansie in legno alte quasi fino al soffitto, gremite di pergamene arrotolate, lasciate a prendere polvere e umidità senza alcuna protezione. Con un verso di disappunto, mi addentro fra di esse, notando che alcune sono così fragili da rischiare la rottura quando le tocco, mentre altre sono macchiate di umidità e praticamente illeggibili. Mi lascio prendere dallo sconforto, notando quanto questo dono della saggezza sia lasciato alla mercé degli elementi.
<< Avete la stessa espressione che ho io ogni volta che entro qui. >>
La voce di Faramir mi arriva da dietro una scansia, facendomi sobbalzare dallo spavento.
Mi giro e lo vedo, tra un rotolo e l’altro: seduto ad un tavolo, ha diverso pergamene srotolate davanti a sé.
Faccio il giro e mi avvicino, lanciando ancora occhiate agli scaffali malconci.
<< Immagino che ad Isengard il sapere non sia abbandonato a se stesso come qui >>, commenta il principe sorridendo e invitandomi con un cenno cortese a sedere allo stesso tavolo.
Lui si alza e sposta altrove il vassoio, ormai vuoto, della colazione e si risiede.
<< Da che ora siete qui? >> Domando, incuriosita.
<< Oh, da molto presto >>, risponde lui, << Ma questi sono gli unici ritagli di tempo che riesco a passare qui, quindi prendo quello che riesco a prendere. >> 
Continua a sorridermi, questo giovanotto, mettendomi in imbarazzo.
<< E voi siete venuta per iniziare le vostre ricerche? >> Si informa con delicatezza.
<< Esattamente, anche se non so bene da dove iniziare. >>
<< Forse desiderate che me ne vada? >>
<< No, al contrario. >> Perché ho detto al contrario?
Faramir si rilassa sullo schienale, continuando a guardarmi in silenzio.
Io mi alzo e vado agli scaffali, cercando di prendere una direzione d’avvio.
<< Non avete alcuna domanda da farmi, mia signora? >> Chiede il principe dopo un attimo di silenzio.
Mi blocco, girandomi lentamente verso di lui. << In merito a ieri sera? >>
Faramir annuisce, alzandosi a sua volta. << Vorrei scusarmi con voi, per il pessimo comportamento di cui mi sono macchiato a cena, ieri >>, mormora, << Ma non ho saputo trattenermi. >>
<< Nemmeno voi sapevate niente del matrimonio, immagino. >>
Lui schiocca la lingua, un evidente segno di disappunto. << Niente di niente. >>
<< E non approvate. >>
<< Assolutamente no. >>
<< Perché no? >>
<< Ditemi, voi cosa ne pensate di Morwiniel? >> Chiede, cambiando argomento.
Mi stringo nelle spalle, sapendo già quello che gli piacerebbe sentirsi dire.
<< Sembra essere una donna decisamente … intraprendente. >>
L’aggettivo fa ridere il principe di Gondor di una risata ironica. << Questo aggettivo è troppo gentile per essere usato con una come lei >>, sostiene grattandosi con noncuranza il mento, << quella donna è una approfittatrice della peggior specie. >>
<< Ma come ha fatto ad arrivare fino a qui? >>
<< Oh, ha iniziato quando mio padre è andato a farle visita all’accampamento di Osgiliath, dove Colinde l’ha curata dalle sue ferite. Da allora, potrei dire che ha stregato il Sovrintendente, ma credo che offenderei una strega come voi a parlare in questi termini. >> Si fa serio, serissimo. << Nel giro di poco tempo, ce la siamo trovati letteralmente in casa e, se prima era una semplice ospite, adesso impartisce ordini alla servitù e segue mio padre come un’ombra malefica, per non parlare del fatto che potrebbe diventare la mia matrigna. >>
L’accento che Faramir pone sull’ultima parola mi fa rabbrividire: quello è odio.
<< Nessuna offesa, solo non capisco se dietro l’interesse di vostro padre ci sia solo la possibilità di creare un’alleanza o qualche influenza esterna. >>
<< Influenza esterna? >> Faramir si fa più attento.
<< Beh, avete accennato alla stregoneria. >>
<< Ma davvero si possono stregare le persone? >> Sembra molto perplesso in merito.
Annuisco con aria convinta. << Pochi possono, il resto sono ciarlatani. >>
<< Ma è possibile scoprire se qualcuno è stregato? Voi ci riuscireste? >>
<< Si, ma … >> Vorrei dirgli che non so bene come si possa svelare una stregoneria, ma cerco di non deluderlo. << E’ complicato, e richiederà molto sforzo. E non è nemmeno detto che sia questo il nostro caso! >> Concludo incrociando le braccia al petto.
Faramir sospira, camminando avanti e indietro sul posto con aria pensierosa.
<< Io oggi pomeriggio parto >>, dice tornando a guardarmi dopo attimi di silenzio, << Ma mio fratello resta qui. >>
Con due falcate, Faramir si avvicina e mi fissa con occhi grigi e penetranti.
<< Dovete aiutarci a risolvere questo problema, mia signora. >>
Faccio un passo indietro, mantenendo comunque gli occhi nei suoi.
<< Le vostre ricerche sono importanti, lo capisco e lo immagino >>, insiste lui avvicinandosi ancora, pedante, << Ma il Nemico è qui, sotto il mio tetto, vicino alle persone che più amo. Macchinazioni sono in atto e sono certo che tutto porta il marchio di quella femmina. Quindi, vi prego, ti prego … aiutaci. >>
Faramir è così vicino che riesco a specchiarmi nei suoi occhi.
Sto cercando di prendere fiato per dirgli che si, cercherò di aiutarli, quando un grido squarcia l’aria del palazzo.
<< Oh Valar… >> mormoro, avviandomi verso la porta della biblioteca. Usciti sul corridoio, vedo che tanti servi hanno la nostra stessa espressione sul volto: incomprensione, sgomento, paura.
<< Sembrava provenire dalla corte principale >>, sostiene un servo a cui Faramir ha chiesto informazioni, quando altre urla di panico ci fanno scattare in avanti.
Faramir mi supera, facendomi strada tra la gente del palazzo che si accalca nei corridoi per arrivare alla fonte del terrore.
Arriviamo nella corte che c’è una piccola folla accalcata attorno a qualcosa che giace per terra. In molti sono pallidi, pallidissimi nelle livree nere, e si scostano  sobbalzando al passaggio mio e di Faramir.
<< Oh Valar … >> gemo di nuovo, riempiendomi gli occhi di orrore.
C’è un uomo morto a terra, ha la gola squarciata e l’addome aperto dallo sterno fino all’inguine.
Con le viscere così esposte, sembra che qualcosa l’abbia divorato da dentro.
Negli occhi vitrei, il cadavere ha ancora un’espressione di indicibile terrore.
Il massacro deve essere successo da pochissimo, tant’è che la macchia di umori sotto la schiena del cadavere si sta ancora espandendo sul selciato.
Il suo sangue è così vivido e rosso da sembrare vernice fresca e ne resto ipnotizzata mentre ricolma le pieghe del pavimento.
Un altro grido ci riscuote, assieme al rumore di porcellane infrante, facendoci voltare tutti verso il porticato: una cameriera ha lasciato cadere la brocca che reggeva, portandosi le mani al viso, nascondendosi allo sguardo del grande Occhio dipinto di fresco sul portone della sala del trono.
Secchi di acqua gelida mi percorrono la schiena, mentre la pelle si accappona così tanto da farmi male: cosa ci fa il simbolo di Sauron nel cuore più intimo del regno di Gondor?  Chi è stato e come ha fatto ad arrivare fin lì, uccidendo un uomo in pieno giorno nel fulcro del palazzo?
<< Che tutti riprendano i loro servizi. >>
Mi volto verso Faramir, che non ha abbandonato mai il mio fianco. Pallido ed evidentemente sconvolto, cerca di mostrarsi il più calmo e autorevole possibile.
<< Qualcuno vada a chiamare mio padre e mio fratello, devono essere avvisati di questo crimine. Qualcuno vada alle case di guarigione e avvisi un cerusico di venire a prelevare il cadavere, non possiamo lasciarlo qui. >> Man mano che Faramir parla, la sua voce si face più chiara e forte, e gruppetti di persone si avviano ai loro compiti con inchini tremolanti. << Che qualcuno pulisca questo macello e faccia sparire quell’orrore dalla porta. E che qualcuno avvisi la famiglia di questo poveretto. >>
Faramir cerca di piegarsi sull’uomo ed è allora che mi accorgo di avergli afferrato il polso e di non averlo più lasciato andare. Sorpreso, l’uomo mi guarda e cerca di farmi un sorriso tutt’altro che rassicurante.
 << Una ragione in più per indagare, non credete? >>
Lo lascio andare, piegandomi a mia volta sui poveri resti. Le prime mosche iniziano a ronzare nell’aria, ingozzandosi del sangue fresco. Le scaccio con un colpo di bastone sul selciato, spaventandole.
<< Come può essere che il Nemico sia penetrato fino a qui? >> Mormoro, sfiorando il polso del cadavere.
Come un lampo improvviso, davanti agli occhi aperti mi appare l’Occhio di fuoco, colui che non dorme mai e mai trova riposo: mi fissa nel buio, come se stesse aspettando la mia venuta. 
Sento il mio corpo irrigidirsi e Faramir mi sostiene, evitando che cada a terra.
<< Mia signora! >> Esclama, aiutandomi ad alzarmi in piedi. Ha l'espressione preoccupata e, nei suoi occhi, vedo specchiato il mio sconvolgimento.
<< Si, mio signore Faramir, questa è davvero una ragione in più per indagare. >>
 
 
DIF:
buona sera fanciulle del mio cuore!
Come state? Tutto bene?
Perdonerete la cortezza del capitolo, ma a farci stare tutto in uno diventava un poema!
Iniziano i primi movimenti strani in quel di Minas Tirith, e proprio quando la nostra giovane Istari stava iniziando le sue ricerche: depistaggio ? colpi di scena?
Capitolo introspettivo, sto cercando di dare spessore di carattere alla nostra Annael e anche al nostro Faramir che, da parte sua avrà una buona parte nella storia… e lui, quant’è gnocco da uno a dieci? Undici?
 
Spero che il chappi vi sia piaciuto, l’altro è già in corso di svolgimento!
A presto sentirci   ^_^
  
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