Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: CthulhuIsMyMuse    28/05/2018    0 recensioni
"Giovanni aveva compreso che il tempo non le aveva cambiate, almeno non fisicamente, ma riusciva a vedere chiaramente i solchi che aveva lasciato nell'anima di ognuna di loro. L'unica cosa che era rimasta identica era la loro dipendenza l'una dall'altra, erano nate insieme, continuavano a vivere insieme e molto probabilmente sarebbero morte insieme e questa immagine azionava la leva della tristezza che era posta accanto al suo cuore."
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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... 

Il serpente sulla borsa di Gucci ebbe un fremito, scostò la testa argentata e sibilò profondamente. Quando Belial posò, con delicatezza, la sua mano sul manico in bambù il rettile tornò a quietarsi. 

«Una scelta interessante» sorrise candidamente e si volse verso l’uomo al suo fianco. 

Asmodeus aveva gli occhi spalancati e lucidi e si stava mordendo con forza il labbro inferiore. Sembrava non aver udito le parole della donna ma perso in qualche pensiero particolarmente intenso. 

I due presenti lo guardarono in silenzio, Dantalion flesse il volto verso l’interno del tavolo e socchiuse le palpebre come se stesse mettendo a fuoco una figura indistinta 

«Dantalion» Belial ne sibilò minacciosamente il nome attirando così la sua attenzione «non è il caso» 

L’altro annuì, apatico, lasciando che quella punta infinitesimale di curiosità annegasse nel mare di accidia che componeva il suo io. 

«Parecchio interessante» proferì l’uomo con voce calda e pacata, dopo qualche minuto di silenzio «quanti omicidi?» si allungò verso il vassoio e afferrò una delle tazzine di caffè. 

«Sette» rispose Dantalion. 

«Produttivo il nuovo arrivato» commentò la donna «Sappiamo chi è?» 

«Non con certezza» intervenne nuovamente il rosso. 

Asmodeus bevve il suo caffè nero, assaporò con piacere l’amaro della bevanda e rapì, con la punta della lingua, le gocce che si erano depositate sulle labbra. 

Lentamente poggiò la tazzina sul vassoio e poi giunse le mani, come in preghiera, vicino al busto, con le braccia piegate e poggiate parallele al tavolo. 

«Dantalion» l’inflessione interrogativa destò l’attenzione demone 

Quando mise a fuoco il volto dell’uomo provò un brivido di quella che aveva più volte riconosciuto, negli uomini, essere la paura. 

L’aveva avvertita quando aveva sondato la mente di un bambino che aveva fatto arrabbiare sua madre; quando aveva spiato tra i recessi di una donna che nascondeva i suoi lividi e anche quando aveva assistito all’incidente di quell’adolescente investito che si era accorto che stava morendo. 

Era come una leggera scossa che prendeva vita dalla base della spina dorsale. La si percepiva risalire e poi diffondersi lungo i nervi facendo rizzare tutti i bulbi piliferi, nei casi peggiori paralizzando tutti i muscoli del corpo. 

Nel fondo di quegli occhi grigi, attraverso la pelle tesa del volto i cui tratti perfetti erano deformati da un ghigno sadico, si poteva scorgere con chiarezza, la natura distorta dell’essere che secoli addietro aveva deciso di lasciare gli inferi più profondi per mescolarsi agli esseri umani. 

In quel momento gli fu chiaro perché Asmodeus era salito all’apice degli inferi arrivando ad investire una delle quattro cariche di Re e cheneanche la sua inedia lo avrebbe potuto salvare dai dolori che avrebbe potuto infliggergli quell’essere infernale. 

«…continua, te ne prego» la sua voce si insinuò serpentina fin nei recessi più profondi della mente del duca. 

Posò lo sguardo sulla donna, che lo osservava con il mento poggiato sulle dita intrecciate delle mani. Gli sorrideva sardonica, come avesse intuito il filo dei suoi pensieri. 

«Hanno inviato le gemelle a seguire il caso di questo assassino. Klepoth e Minoson lo hanno scoperto e hanno avvisato la donna che ha tergiversato troppo e pare sia stata presaPerò…» si interruppe, socchiuse gli occhi per una frazione di secondo ricercando il filo dei pensieri che era più lento di quanto lo fossero le parole ad uscire dalla sua bocca «…pare sia successo qualcosa mentre la prendevano. Qualcosa le ha disturbate ma non sono riusciti a capire cosa stesse succedendo. Hanno chiamato qualcuno e si sono fatte venire a prendereÈ arrivata una vecchia punto azzurra hanno caricato due persone svenute e poi se ne sono andate» nuovamente dovette interrompersi «Non sono riusciti a seguire la macchina né a leggerne la targa, doveva essere coperta da un qualche tipo di magia che distorce la realtà» terminò la frase, guardò entrambi i presenti «Questo è tutto» 

L’espressione di Amodeus sembrò placarsi, allargò un sorriso di soddisfazione insieme alla braccia che portò verso l’esterno della sedia «Al di là dell’operato di Minoson e Klepothche è sempre discutibile abbiamo qualche elemento su cui lavorare» richiuse gli arti e poggiò le mani sui braccioli della sedia, strinse le dita intorno alla copertura e dovette trattenersi per non romperle. 

«Belial, cosa ne pensi?» 

La donna sbuffò tra le belle labbra messe in risalto da un cremoso rossetto color melograno «Che dovresti rilassarti un po’ prima di continuare, stai facendo spaventare anche me» e si posò una mano sul cuore mimando un mancamento per poi nuovamente ridere con leggiadria. 

Asmodeus la guardò affilando lo sguardo ferino «Quanto tempo è passato dall’ultima volta che l'ho vista?» le domandò. 

«Un centinaio di anni?» mormorò Belial perplessa poggiando l’indice al centro, sotto il labbro inferiore. 

«Esatto» allargò un nuovo ghigno «Non chiedermi quindi cose impossibili» passò la mano tra i capelli, facendo ricadere qualche ciocca sopra la fronte la cui pelle era ora corrugata da mille pensieri. 

Belial alzò le spalle e scosse leggermente la testa facendo ondeggiare i capelli neri «Non hanno molti contatti a Milano, non credo che sarà difficile arrivare a chi si sono appoggiate» passò una mano sotto i crini, facendoli saltare leggermente «Me ne posso occupare io. Eviterei di inviare nuovamente quei due buoni a nulla» sospirò e allargò nuovamente un sorriso ferino. 

«Ottimo» proferì Asmodeus «Quando sai qualcosa avvisa Dantalion». 

Spostò lo sguardo su quest'ultimo «Dantalion voglio sapere cosa è successo, cosa ha turbato le gemelle» allontanò la sedia dal tavolo, le ruote produssero un leggero sfrigolio a contatto con il pavimento. 

L'uomo si alzò, passò le mani sul capo e sistemò i capelli. Fece scorrere la mano sul volto, inspirò lentamente e poi riesalò il fiato caldo.  

Quando scoprì il viso aveva recuperato la sua compostezza. Dantalion ne fu in qualche modo sollevato. 

«Se riesci, recupera anche la donna» afferrò il bavero della giacca e tirò leggermente la stoffa per conferirle nuovamente un aspetto ordinato «Porta con te Valac. Di Minoson e Klepoth scegli tu cosa farne» 

«D'accordo» il rosso rispose senza esitazione facendo scorrere a sua volta la sedia indietro. 

Insieme si alzò anche Belial la quale sistemò con grazia l'orlo del suo vestito «Hai intenzione di farla arrabbiare?» 

L'uomo sorrise beffardo, allungò il braccio piegato verso Belial e attese che la donna vi si appoggiasse «Quel tanto che basta per far sì che venga a cercarmi». 

Belial poggiò la mano sull'avambraccio dell'uomo e recuperò la sua borsa il cui serpente sembrava essersi acquietato 

Asmodeus l'accompagnò verso l'uscita, aprì la porta e si scostò per lasciarle spazio «A presto Belial» gentilmente le afferrò la mano e posò le labbra sul dorso di questa.  

La donna sorrise maliziosa e scivolò, con grazia, oltre l'uscio. 

«Tienimi aggiornato, Dantalion» il rosso fece un piccolo cenno di assenso con il capo prima di seguire la donna sui passi del ritorno. 

... 

Quando la porta venne richiusa la serratura emise un flebile suono che fu seguito dai passi misurati dAsmodeus verso la sua scrivania. 

Si lasciò andare sulla sedia, poggiando il capo sul poggia testa e stringendo i braccioli tra le dita delle mani. 

Dopo un secolo finalmente l'avrebbe rivista nuovamente. 

Rovistando tra i ricordi riusciva a recuperare quello sguardo fiero e selvaggio che l'aveva, da sempre, distinta da chiunque presente nell'intero universo. 

In quegli occhi, in quello stesso corpo ardevano incessanti le fiamme dell'inferno nelle quali avrebbe voluto buttarsi lasciando bruciale la pelle, le ossa e tutti gli organi interni sino a che, di lui, non fosse rimasta solo la cenere più nera. 

Un brivido di eccitazione gli strinse l'inguine. Percepì il sangue defluire dal cervello e riversarsi nei lombi ingrossando la sua virilità.  

Si morse l'interno del labbro inferiore quando premette contro la stoffa dei boxer, deformando il cavallo dei calzoni. 

Emise un mugolio strozzato quando sfiorò il rigonfiamento con il palmo della mano.  

Inarcò le labbra in un mezzo sorriso, non si sarebbe concesso quel piacere da solo. 

Allungò la mano e premette il tasto dell'interfono. L'accorata voce maschile del suo segretario fece capolino «Ha bisogno, Signore?» 

«Si Angelo, per favore vieni nel mio studio» il respiro profondo arrivò sino alle orecchie del ragazzo che perse per un attimo il senso della realtà quasi percependo, attraverso la cornetta, il desiderio dell'uomo. 

«Subito» rispose e già stava arrossendo.  

Chiuse la chiamata e si apprestò alla porta dell'ufficio. Esitò, per un istante, prima di bussare. 

Chissà cosa voleva, forse era solo per ritirare il vassoio ma la sua voce era così tesa, come se fosse desideroso di qualcosa o qualcuno... 

Bussò e attese. Aveva i palmi delle mani sudati e se ne vergognò. 

«Avanti» 

Deglutì, entrò nell'ufficio. 

Rimase pietrificato quando vide, oltre la scrivania, due occhi ferini che lo puntavano con avidità sostenuti da un'espressione bramosa che non aveva mai visto in nessuna persona che avesse incontrato nella sua vita. 

Solo nei felini in caccia era possibile ritrovare quella frenesia e quello di fronte a lui era, solo, un uomo. 

Per un istante dubitò di trovarsi di fronte ad un vero essere umano. 

Come gli animali, Asmodeus percepì la diffidenza che stava nascendo nel ragazzo. Per questo sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, quelli dove gli angoli della bocca vanno a sfiorare le orecchie e ad arrotondare le gote. Uno di quei sorrisi che ti fa guadagnare la fiducia dell'altro con un unico sguardo. 

All'inizio gli venivano contriti e poco convincenti ma ora, poteva ammaliare chiunque in poco tempo con quel singolo e semplice movimento muscolare. 

Di fronte a quel sorriso disarmante, in quell'espressione più sciolta Angelo riconobbe l'uomo denominato Mauro Galeni e tirò un sospiro di sollievo. 

Probabilmente la penombra della stanza lo aveva tratto in inganno. 

«Ha bisogno, Signore?» domandò innocentemente. 

Il sorriso di Asmodeus si affilò, poggiò i gomiti sulla scrivania e intrecciò le dita sotto il mento «Si, ho bisogno di te per qualcosa di molto importante» la voce sibillina dell'uomo gli penetrò sin dentro l'anima facendola vibrare di un'emozione che non riusciva a riconoscere. 

Eccitazione? Paura? Cos'era quella sensazione che riverberava dentro di lui e che quell'uomo era riuscito ad accendere? 

«Di cosa di preciso?» domandò nuovamente. 

Asmodeus si alzò, sorpassò a grandi passi la scrivania e, avanzò in sua direzione.  

Angelo, scrutandone la figura, vide il rigonfiamento all'altezza del cavallo e ad un tratto provò una profonda vergogna che lo fece arrossire vistosamente. 

Arretrò di un passo ma finì per ritrovarsi con la schiena aderente alla porta dalla quale avrebbe voluto fuggire.  

Intanto l'uomo si era avvicinato e ora lo affrontava apertamente.  

Un sorriso arcigno gli tagliava il volto da parte a parte, la coscienza di Angelo gli suggerì si fuggire il prima possibile. 

Quasi intuendone il pensiero il demone allungò il braccio sinistro in avanti, poggiando con forza la mano aperta accanto alla testa del ragazzo, proprio sulla porta. 

Il tonfo atterrì il giovane le cui gambe iniziarono a vacillare sotto il peso della paura incombente. Gli occhi gli si inumidirono. 

«No...» l'uomo cercò di rincuorarlo carezzandogli i capelli chiari «Non devi aver paura di me» la mano scese lungo il profilo imberbe dell'altro fino al mento che tenne tra le dita. Lo sollevò appena per potersi specchiare in quegli illibati occhi azzurri. 

Non era quantificabile il godimento che ne traeva a vederli così inermi di fronte a lui. 

«Signore, per favore...io...» la voce gli uscì flebile e il demone ne approfittò per allungare il dito su quelle labbra morbide dischiudendole quel tanto che bastava per poter vedere il rosa della lingua. 

Abbassò il capo verso di lui e con la sua stessa lingua descrisse il profilo della bocca dell'altro con meticolosa attenzione. 

Angelo tentò una pacata ribellione posando i palmi contro il torace dell'uomo, spinse con leggerezza contro il muro di muscoli tesi che gli si parava davanti ma non riuscì a vincere. 

Asmodeus emise una flebile risata contro quella bocca che poi sigillò con la sua in un profondo bacio lascivo con il quale sembrava voler divorare la sua nuova preda. 

Angelo, inerme, si lasciò divorare. 

   
 
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