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Autore: Mari Lace    28/05/2018    2 recensioni
[Cross-over DC/Yu-Gi-Oh!]
Dal primo capitolo:
Shinichi si accorse di tremare. Gin. In più, l’uomo che aveva dato l’ordine indossava una maschera con un corvo… Ricordava fin troppo bene le parole sussurrategli da Akemi in punto di morte.
“«Si vestono sempre di nero, come dei corvi…»” (...)
«D’accordo. Ma come troviamo l’obiettivo di quegli uomini? Devi darmi un indizio», disse Conan, una volta ritrovata la lucidità mentale. Il ladro aveva ragione, non era il momento di perdere la calma.
«L’uomo l’ha descritto così: un ragazzo di circa 17 anni, con i capelli neri e le punte viola, ritti a formare quasi una stella. Ha anche una frangia bionda, insomma non passa proprio inosservato. Ha anche detto che sarà quasi sicuramente spaesato, in giro per la città».

[Scritta per "The crossover challenge!" indetta da Elettra.C sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Il cortile interno della villa era piuttosto ampio; quella sera era anche stranamente affollato.

Al centro vi erano un uomo con una maschera da corvo e, a pochi passi di distanza, un ragazzo alto dai tratti stranieri.

Vicino all’entrata c’erano un uomo dai lunghi capelli platinati, completamente vestito di nero – come l’uomo con la maschera – che puntava una pistola alla tempia di un ragazzo curiosamente simile allo straniero al centro.

Quest’ultimo notò che qualcuno li stava spiando dalla finestra, ma non ne sembrò particolarmente preoccupato.

Nonostante la situazione manteneva la calma.

L’uomo mascherato tolse la maschera, suscitando non poco stupore nei presenti, stupore che poté solo aumentare vedendo il volto che aveva tenuto nascosto fino a quel momento.

Non era, come avevano pensato tutti, un adulto – né tantomeno un anziano.

Era il volto di un giovane uomo.

¤

Fuori dalla villa, a guardia dell’entrata, c’era Vodka.

Era abbastanza infastidito per essere stato nuovamente escluso dal fulcro dell’azione, ma non avrebbe mai osato contestare le decisioni di Gin – ancora meno quelle del Boss.

Il suo compito si preannunciava piuttosto tranquillo: perfino tra i membri dell’organizzazione quelli a conoscenza della manovra di quella sera si contavano sulle mani.

Quando sentì dei rumori, il primo pensiero dell’uomo fu che fosse qualche scoiattolo o qualche altro animale selvatico. Quando alzando lo sguardo intravide una figura umana, il volto coperto da un cappuccio, rimase non poco stupito. Possibile che qualcuno fosse capitato lì per caso?

Tirò fuori la pistola e gliela puntò immediatamente contro.

«Chi sei?» chiese, facendo del suo meglio per suonare minaccioso.

Il ragazzo non rispose, fece solo un gesto: si calò il cappuccio sulle spalle, lasciando che la luce della luna gli illuminasse il volto.

Vodka impallidì nel riconoscerlo. Gli tremò la mano.

«Non è possibile, tu… Gin…»

Non poté dire né pensare nient’altro, perché improvvisamente avvertì un pizzico sul collo e tutto intorno a lui si fece nero. Cadde al suolo senza un lamento.

¤

Yugi faceva del suo meglio per restare lucido nonostante il freddo e la fame.

Non capiva bene cosa stesse succedendo e perché quell’uomo spietato – Gin, gli era sembrato che l’avessero chiamato – l’avesse portato lì.

Sapeva solo che Atem era di fronte a lui, pericolosamente vicino al loro nemico, l’uomo che li aveva spediti lì.

Da quando era entrato nel cortile con l’assassino il Faraone gli aveva rivolto una sola rapida occhiata. Qualsiasi fosse la situazione, Yugi aveva un brutto presentimento.

Vide che l’uomo al centro, ora senza maschera, stava osservando la luna.

«Ci siamo» dichiarò ad un certo punto, ma questo Yugi non riuscì a sentirlo.

L’uomo riusciva a stento a contenere l’eccitazione, ora che era finalmente ad un passo dal suo obiettivo.

Dopo tutti quegli anni di ricerche e tentativi falliti, vedeva l’immortalità davanti a sé; doveva solo estrarla dal corpo del ragazzo di fronte a lui.

Estrazione che sarebbe avvenuta molto più rapidamente, se il Faraone avesse accettato di buon grado Pandora. Era questo il motivo per cui gli aveva proposto un patto: se avesse indossato spontaneamente la pietra, avrebbe lasciato libero Yugi – almeno, questo era quel che aveva detto.

Non aveva nessuna intenzione di tener fede alla parola data, ma questo Atem poteva al massimo sospettarlo. Il capo dell’organizzazione sapeva che avrebbe rischiato tutto pur di salvare la vita del suo amico. Nonostante avesse cinquemila anni, quello spirito si faceva ancora guidare da quegli stupidi sentimenti di lealtà ed amicizia.

Non ebbe bisogno di controllare l’orologio, sentì sulla pelle che era giunto il momento.

Estrasse il pendente con Pandora e la porse al Faraone.

«È giunto il momento» annunciò. «Donami la tua anima».

Il ragazzo non protestò né disse nulla. Semplicemente prese il gioiello e l’osservò contro la luce della luna.

Sulla zona circostante si diffuse una brillante luce rossa, proveniente dall’interno della pietra.

«No!» urlò Yugi, disperato. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato in quella scena. Gin gli diede un calcio per zittirlo.

Il Faraone non si voltò verso di lui ed indossò la pietra, sotto lo sguardo pieno di desiderio del capo.

Poi successe tutto molto velocemente.

Per prima cosa, nel cortile risuonò un’imprecazione semi-soffocata, seguita da un tonfo metallico.

Yugi non capì subito; vide la pistola del suo aguzzino improvvisamente per terra, mentre il suo proprietario si osservava stupito la mano. Nel muro dietro di loro erano conficcati due strani oggetti.

Strizzò gli occhi per vedere meglio; sembravano… carte da poker?

«Che significa?»

A risuonare stavolta era stata la voce del boss, una voce gremita di rabbia ed incredulità.

«Perché sei ancora qui? Cos’è quella?» incalzò furioso, muovendo un passo verso il ragazzo.

Per Yugi non fu difficile capire a cosa si riferisse; Atem teneva in mano una specie di pistola bianca. Non sapevo che sapesse sparare, fu tutto ciò che riuscì a pensare.

Approfittò comunque della confusione per strisciare lontano da Gin, per quanto gli era possibile.

Atem armeggiò con la pistola per qualche secondo, poi la puntò contro di sé – o meglio, contro Pandora, che ancora brillava sul suo petto.

«Tu non sei il Faraone» mormorò l’uomo. Il suo volto divenne una maschera d’odio. «Ridammi la pietra, altrimenti!»

Ma il ragazzo non lo lasciò finire. «Mio padre è morto per questa…» mormorò.

La sua voce suonava diversa rispetto a poco prima. Fissò gli occhi in quelli del boss e premette il grilletto.

Il gioiello andò in pezzi che si sparsero un po’ ovunque, mentre un urlo disumano si diffuse tremendo dal capo dei corvi. «Tu…!»

Un brivido scorse lungo la schiena di Yugi – e non solo.

Tre persone avevano approfittato della confusione per entrare nel cortile, frapponendosi tra Gin e la sua vittima. Al tentativo dell’assassino di recuperare la pistola fu l’unica ragazza, Anzu, a scattare e spedirla lontana con un calcio.

Di fronte al biondo si parò un ragazzo alto e moro. Una figura che l’assassino trovò vagamente familiare.

«Di’ un po’, ragazzino» disse. «Non ti avevo ucciso?»

«Ci hai provato» rispose Shinichi Kudo con un sorriso stentato.

Atem invece, appena arrivato, si era precipitato accanto all’amico che l’ha risvegliato. «Stai bene, Yugi?»

Lui lo guardò smarrito. «Sì» rispose. Non capiva, ma non aveva dubbi; il vero Atem era quello accanto a lui.

Il ragazzo al centro, intanto, dopo aver distrutto la pietra era sparito in una nuvola di fumo bianco.

Al suo diradarsi, non c’era più Atem.

Al suo posto, un ragazzo vestito di bianco, un cilindro dello stesso colore in testa ed un monocolo sull’occhio destro, osservava con distacco il giovane uomo davanti a sé.

La causa della morte di suo padre.

Quest’ultimo non sembrava più tanto giovane, sfigurato com’era dallo shock per essere stato ingannato in quel modo e per l’odio; ha visto Pandora, la speranza di tutta la sua vita, andare in pezzi.

«Ho passato decenni a cercarla» mormorò sconvolto, la voce vibrante d’ira.

«Non li dimostri» replicò Kaito facendo due passi indietro. Poteva solo immaginare quanto fosse realmente pericoloso quell’uomo.

«La pagherai… pagherete tutti». La sua voce tornò irrealmente calma, un’aura oscura lo circondò.

Dal nero intorno a lui si materializzarono dei tentacoli che si scagliarono contro il ladro del chiaro di luna, che riuscì a schivarne un paio. Un terzo gli arrivò pericolosamente vicino, ferendogli la spalla.

Non riuscì a trattenere un urlo di dolore; non era, capì, una ferita normale, sentiva la carne andargli a fuoco. Non posso affrontarlo.

Cercò di rispondere con la sua spara-carte, ma i suoi colpi s’infransero sulla nebbia oscura che aveva circondato il suo avversario.

Su questa stessa nebbia finì anche un pallone da calcio particolarmente veloce che distrasse momentaneamente il boss.

Dannazione, l’ha schivato, poté solo pensare Shinichi. Gin aveva riflessi decisamente troppo buoni, mentre lui aveva finito i palloni.

L’assassino si avvicinava sempre più al detective; sapeva essere letale anche senza un’arma da fuoco, Kudo non aveva dubbi al riguardo e si preparò a difendersi come poteva. Dietro di lui c’era un muro, non poteva più scappare.

Anzu, nel frattempo, aveva raggiunto Yugi. A lei ed Atem bastò uno sguardo per capirsi; te l’affido, sembrò dirle il Faraone.

Raggiunse Kaito e fermò giusto in tempo il tentacolo che stava per colpirlo.

«Abbiamo un conto in sospeso» dichiarò fermandosi davanti al boss.

«Sei arrivato tardi, Faraone» sussurrò lui furioso.

Atem non ribatté. Infilò una mano in tasca e ne estrasse qualcosa.

«Non duellerò con te, Faraone, non se posso ucciderti direttamente!» urlò l’uomo scagliando tutti i suoi tentacoli neri contro lo spirito.

Sotto lo sguardo incredulo di Shinichi, i colpi vennero parati da uno scettro – era apparsa una nuova figura davanti ad Atem. «Ai tuoi ordini, Faraone» proclamò il nuovo arrivato.

«Conto su di te, Mago Nero».

Il motivo per cui Shinichi poteva permettersi di osservare lo scontro è che Gin era a terra, ferito alle gambe da due proiettili.

Chi aveva sparato, precisissimo, aveva reciso i tendini dell’assassino.

«Akai» Gin poté solo sputare questo nome con rabbia. «Non posso credere che tu sia vivo».

«Purtroppo per te» sottolineò l’agente dell’FBI, tenendolo sotto tiro con il fucile. «Allontanati da lui, Kudo».

Il detective accettò il suggerimento. Mentre passava davanti all’unica finestra che dà sul cortile, notò un movimento dietro alla tenda. Qualcuno ci spiava, capì, ma non c'era tempo per preoccuparsene, chiunque fosse stato il misterioso osservatore.

Il capo dei corvi, sempre più furioso, aveva a sua volta evocato una creatura.

Sto sognando. Per forza. Shinichi si guardò intorno per controllare che non ci fossero proiettori. Non riuscì a trovarne nessuno.

Shuichi Akai osservava impassibile la scena; se vedere due mostri materializzarsi dal nulla ed affrontarsi a colpi di magia l’aveva stupito, era riuscito a nasconderlo bene.

Kaito si era riavvicinato ad Anzu e Yugi, una mano sulla spalla ferita. «Può farcela?» chiese alla ragazza.

«Credo in lui» gli risposero in contemporanea lei e il ragazzo uguale ad Atem.

Il ladro si ritrovò ad annuire, persuaso dalla loro sicurezza.

«Non ricordi com'è finito lo scorso duello, Faraone? Non puoi vincermi!»

«Stavo per farlo, per questo mi hai mandato qui».

«Sei troppo sicuro di te» rimarcò l’uomo. «Lord Raven, distruggi il suo mago!»

L’enorme corvo si avventò sull’incantatore, ma ad avvenire fu esattamente il contrario: colpito dallo scettro, fu l’uccello a svanire nel nulla.

L’avversario di Atem tremò di rabbia.

«Non finirà così… Voi non sapete…»

Sembrò esitare un momento. «Ricomincerò da capo, se necessario!» esclamò, materializzando un’altra carta. Una che stavolta il Faraone conosceva bene.

«Attivo Altra Dimensione!»

L’aria nel cortile tremolò, una strana tensione calò su tutti i ragazzi che si erano ritrovati spettatori del duello. Un vortice violetto apparve e si avviò verso il faraone ed il suo mago, minaccioso.

«È inutile che fingi calma, Faraone; stavolta ti spedirò in un posto meno accogliente di questo!»

Atem osservò l’uomo con disprezzo. «Cerchi ancora di scappare» sentenziò. «Dimentichi che non sei l’unico a possedere una magia».

Dalla sua mano si materializzò una freccia luminosa, che superò il mago e raggiunse il vortice, attraversandolo.

«Cosa pensi di fare?» rise con cattiveria l’uomo. «La tua freccia non può niente contro…»

Non terminò la frase, perché il suo vortice iniziò ad implodere. Sprazzi di luce ne uscirono da tutte le parti, finché non sparì del tutto. «Come hai…»

«Freccia Spezza Magia» annunciò calmo il Re dei Duellanti. «È finita».

Mentre lo diceva, il Mago Nero sferrò l’ultimo attacco; il corvo crollò a terra, senza più la minima traccia di potere.

Shinichi non poteva saperlo né sospettarlo, ma la sua anima era stata reclamata dal potere di cui aveva abusato; quel corpo che avrebbe dovuto morire cinquant’anni prima non si sarebbe mai più risvegliato, il suo proprietario avrebbe vagato per sempre nel Regno delle Ombre.

Yugi guardò il suo amico con un sorriso. «È finita davvero…» mormorò sollevato.

Anzu corse ad abbracciarlo. «Sapevo che ce l’avresti fatta, Atem».

Cogliendola di sopresa, il Faraone ricambiò l’abbraccio. Il cuore di Anzu prese a battere un po’ più forte.

Shinichi raggiunse Kaito e si lasciò crollare accanto a lui.

«Devo essere pazzo».

Akai finì d’immobilizzare Gin e fece una chiamata.

Si voltò verso i ragazzi pochi minuti dopo.

«I miei colleghi saranno qui fra pochi minuti. Alcuni di voi potrebbero preferire non incontrarli» annunciò, lo sguardo posato su Kaito in particolare.

«Oh, al diavolo» sbottò però lui. «Sono quasi stato ucciso da un pazzo che evoca corvi giganti, non sarà l’FBI a spaventarmi. Piuttosto, qualcuno mi aiuta a medicare la spalla?» chiese.

La ferita, comunque, lo preoccupava già notevolmente meno; aveva smesso di bruciare nell’istante in cui l’uomo che l’aveva inflitta era caduto a terra sotto il colpo del mago.

  
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